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Che avete comprato al Black Friday?
Io niente.
Ho solo accumulato desideri e frustrazioni, come al solito.

Prima di procedere con gli aggeggi che ho amato questa settimana, ecco una piccola nota metodologica – che si è resa necessaria a questo giro e che potrebbe servire anche nelle prossime puntate di questa PRODIGIOSA rubrica. Tutto quello che avete visto nelle puntate precedenti è frutto di desideri purissimi, spontanei e non sollecitati. Ma mi sta capitando, ormai spesso, di essere contattata per inserire questo o quel prodotto nei post di Weekly Wishlist. Non è successo, fino a questo momento, che mi garbasse davvero qualcosa di quello che mi veniva segnalato e, dunque, ho declinato con grazia. Di recente, però, sono stata più fortunata e ho effettivamente trovato roba sensata e coccosa, che poteva benissimo far parte di una Weekly Wishlist. Dato che non si tratta di “ritrovamenti autonomi” ma di una reazione positiva a uno stimolo proveniente da altre entità, i prodotti che approdano in Wishlist in questo modo verranno serenamente segnalati con un sobrio * accanto al nome del brand. E ogni Wishlist che conterrà uno o più prodotti di questo tipo finirà anche nella categoria “Collaborazioni”. Perché è una forma di pubblicità. E niente, va detto. Senza problemi.
Perdonatemi per il mammozzone burocratico, ma faccio del mio meglio per essere una pia donna e mantenere un rapporto di mutua comprensione e rispetto nei confronti di chi investe il proprio tempo per venire a leggere cosa scrivo.

Procediamo?
Forza e coraggio!

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Tra i numerosi accidenti che hanno funestato le mie ambizioni per il Black Friday c’è sicuramente anche questa nuova e GESTIBILISSIMA passione per la roba fatta di seta al 100%. E che sarà mai. Ma prenditelo un foulard di Silken Favours, capirai! E invece no. Bisogna procedere con cautela, perché le stampe pazze sono troppe e ci si mette un attimo a sviluppare una dipendenza. Silken Favours è un marchio londinese che produce anche cuscini clamorosi e abbigliamento stravagante, privilegiando i motivi complicati e gli animalini adorabili. Ci sono sciarpe tempestate di corgi reali, gattini, colibrì, ghepardi o ogni genere di creatura che l’onnipotente ha mandato in terra. In pratica sono riusciti a sintetizzare in camicioni e foulard tutto quello che adoro, premurandosi anche di pensare a un’eccezionale composizione tessile.
La sofferenza è grande.
VOGLIO DIRE, SONO CONIGLIETTI.

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Non so dove voglio andare d’inverno con dei fiori in testa – presto, che qualcuno mi porti su una spiaggia tropicale – ma nulla può impedirmi di voler bene alle coroncine di Mon Lisa. Sono fatte a mano, si annodano civilmente sulla nuca (o dove siete più comode) e possono finirci sopra gli aggeggi più disparati. Pon-pon compresi – perché fa freddo, ovviamente. E nulla scalda il cranio come una fila di pon-pon, si sa.

Un post condiviso da Mon Lisa (@monlisaofficial) in data:

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Ma torniamo per un attimo al pragmatismo. Pensiamo alle vestaglie. La vestaglia, come chiunque abbia avuto la pazienza di sciropparsi una mia giornata su Stories o su Snapchat sa bene, è in assoluto il capo d’abbigliamento che utilizzo con più frequenza – e con più amore. Ne ho solo due e finiscono forsennatamente in lavatrice a turno, perché non posso assolutamente affrontare l’inverno senza infagottarmici dentro e trovarmele entrambe da lavare sarebbe inaccettabile. Per limitare l’ansia, dunque, ho deciso di ampliare il parco vestaglie, lavorando sull’esperienza accumulata per trovare un modello a) pratico, b) poffoso, c) con le maniche non troppo largone (perché non posso continuare a travolgere roba e devo potermele tirare su senza troppi sbattimenti quando lavo culetti o riempio la lavastoviglie, d) calda come un piumone ma non voluminosa come un piumone, e) collo-friendly, perché sono vecchia e mi ci avvolgo fino al naso e amo sotterrarmi nella morbidezza fino agli zigomi VA BENE, d) dotata di tasche dove inserire bavaglini, biscotti, telefoni, calzini numero 21 che trovo in giro per casa, fazzoletti, ROBA CHE SERVE. Ebbene, frugando sul sito di Cotonella* ho trovato la terza vestaglia. Ha tutto. Potrebbe funzionare. È lei. Ha pure un gioioso motivo natalizio e le tasche a forma di CUORINI. Dobbiamo incontrarci, vestaglia. Cingimi! RALLEGRIAMO INSIEME IL FOCOLARE DOMESTICO.

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Ce l’hanno tutte. Ma la voglio comunque.

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La storia è semplice. Un coniglietto torna a casa con la sua mamma a sera tarda. La mamma lo porta in braccio, mentre lui sonnecchia e osserva quello che succede intorno a loro. I movimenti della città. Gli altri. Le luci. Le piccole azioni che accompagnano una giornata che finisce. Perché la domanda che dobbiamo farci, quando andiamo a dormire, è sempre la stessa: che cosa significa sentirsi davvero a casa, al sicuro? Com’è sentirsi amati?
Il libro si chiama The Way Home in the Night ed è scritto/disegnato da Akiko Miyakoshi. E io ho pianto solo a leggere la sinossi.

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Una lampada a forma di diplodoco. A chi non serve, dopotutto?

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L’ultimo oggetto del desiderio di questa settimana è qualcosa di glorioso. TheFabLab, in un momento di indubbio genio, ha deciso di sfornare degli umarell da scrivania. Per chi non vivesse a Milano o non avesse mai sentito questo termine, gli umarell sono i vecchi che guardano i cantieri. Quelli che si posizionano davanti a un qualsiasi scavo/ponteggio/transenna/opera urbanistica in fase di realizzazione e osservano i lavori in corso con le mani dietro la schiena, pronti a dispensare suggerimenti utili agli esasperatissimi operai. Ebbene, da oggi potrete piazzarvi un umarell sulla scrivania e avere anche voi un anziano – progettato e stampato in 3D – che vi fissa mentre lavorate. Sono in visibilio. E sono certissima che la mia produttività ne gioverebbe.

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Nell’impossibilità di trovare qualcosa che possa competere con l’umarell, direi di chiuderla qui. Alla prossima Weekly Wishlist e felici desideri a tutti! :3

(Preparatevi a un massiccio tornado di foto eterogenee, euforie, videini riassuntivi, difficoltà d’abbigliamento e strane capigliature. Pronti? In carrozza!).

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Agatha Christie era una signora portentosa. Autrice di un’ottantina di romanzi – fra i più amati e venduti di sempre – e viaggiatrice instancabile – in un’epoca in cui le signore che andavano a spasso da sole venivano osservate con un certo sospetto, soprattutto se erano felicemente divorziate -, ha intrigato e incuriosito milioni di lettori e spettatori che, negli anni, si sono goduti le sue storie anche a teatro, al cinema e in tv.

One must do things by oneself sometimes…Either I cling to everything that’s safe and that I know, or else I develop more initiative, do things on my own.

Durante la Prima Guerra Mondiale lavorò come infermiera – faccenda che le permise di imparare nozioni disparatissime sui veleni – ed esordì nel 1919 con Poirot a Styles Court. Nel 1925 sparì misteriosamente da casa per vendicarsi in maniera FAVOLOSA del marito che la cornificava e nel 1928 partì per conto suo a bordo dell’Orient Express, girando in lungo e in largo l’impero britannico con la sua fidatissima macchina da scrivere. I viaggi di Agatha sull’Orient Express sono stati parecchi e ciascuno l’ha aiutata a raccogliere pezzettini di varia ispirazione per scrivere il suo giallo (forse) più celebre, pubblicato nella sua interezza nel 1934 dopo essere uscito a puntate l’anno prima sul Saturday Evening Post.

All my life I had wanted to go on the Orient Express. When I had travelled to France or Spain or Italy, the Orient Express had often been standing at Calais and I had longed to climb up into it.

A parte gli EVVIVA che Agatha Christie mi ispira, le sono anche molto debitrice – un po’ come lo sono tutti i suoi discendenti, che la signora Christie continua egregiamente a mantenere. Senza di lei, infatti, non sarei mai finita a Londra a mangiare tartine sull’Orient Express e, con ogni probabilità, nemmeno mi sarei ritrovata a zampettare su un red carpet per la prima di un film in cui Kenneth Branagh sfoggia dei baffi a dir poco maestosi.

Ma andiamo con ordine, che qua l’entusiasmo potrebbe travolgerci come una tempesta di neve nella località turca di Çerkezköy.

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Assassinio sull’Orient Express è appena diventato un film – il secondo LUNGOMETRAGGIO tratto dal romanzo, dopo quello del 1974 diretto da Sidney Lumet – con un cast vastamente stellare e un gran tifo da parte della Agatha Christie Foundation – che gestisce con puntiglio l’eredità letteraria di della scrittrice, assicurandosi che ogni trasposizione delle sue opere sia molto bella e rispettosa del materiale originale. Il film uscirà in Italia il 30 novembre, mentre il libro è già reperibilissimo ed è stato puntualmente ristampato da Mondadori.

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Per l’arrivo del film nelle sale, la 20th Century Fox ha ben deciso di caricare un gruppo di bookblogger europee (sconfinatamente più celebri di me) su un vero Orient Express parcheggiato alla stazione di St Pancras. Non è il treno che è stato utilizzato per le riprese – Kenneth Branagh ha insistito per farsene fabbricare uno come diceva lui, con una resa scenica RAGGUARDEVOLE -, ma se come me vi siete dilettati per svariati anni col pendolarismo potrete facilmente comprendere lo stupore che un susseguirsi di vagoni con poltrone vellutate (GIREVOLI) e lampadari di cristallo è in grado di generare. Mai avrei pensato di prendere un aereo per andare a vedere un treno, ma si è poi scoperto che ho fatto benissimo.

Dopo aver ingurgitato l’equivalente del mio peso in champagne – senza comunque perdere la dignità, anche se ci ho mangiato insieme solo una tartina al salmone di rara precisione geometrica – e aver ammirato con una certa soggezione la macchina da scrivere da viaggio che Agatha Christie utilizzava quando andava in giro per il mondo – macchina da scrivere presidiata da un affabile energumeno che ci ha giustamente vietato di toccarla e/o di rovinarla sbavandoci sopra come dei labrador -, abbiamo fatto amicizia con James Prichard, bisnipote dell’illustrissima autrice e presidente/CEO dell’Agatha Christie Foundation. Che lavoro fa? Questo.

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Con il signor Prichard abbiamo discusso di baffi e della caratterizzazione di Poirot – che in questo film vince anche una sorta di backstory e una presentazione quasi da supereroe -, di quanto sarebbe bello vedere Meryl Streep che interpreta Miss Marple e del lavoro che serve per rendere interessante e “cinematografico” un romanzo che si svolge principalmente su un treno popolato di gente che dialoga, si arrovella e pensa, senza roba che esplode all’improvviso.

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James Prichard ci ha anche comunicato la sua immensa felicità per un ritorno al cinema così sontuoso per Agatha Christie, ma anche un po’ di rammarico per il destino della bisnonna. Perché il giallo è un genere quasi sempre considerato “inferiore” rispetto alla Grande Letteratura, ma quando uno scrittore è sostenuto dall’acume, dall’inventiva e dall’inesauribile ingegno di un’Agatha Christie, sarebbe molto liberatorio poter fare a meno delle categorizzazioni o della condiscendenza che, troppo spesso, accompagnava e accompagna le donne che scrivono. Insomma, Agatha Christie si merita di più. E un film così “potente” è un’occasione grandiosa per avvicinare nuovi lettori a un’eredità letteraria che merita di essere approfondita. 

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Dopo aver declinato il quattordicesimo bicchiere di vino (scandalizzando il cameriere), mi sono goduta l’albergo per ben un’ora e ventitré minuti. E ho pure scoperto di avere 75 £ “caricati” sulla camera (GRAZIE, 20th CENTURY FOX, QUESTA È SIGNORILITÀ) e pure un certo appetito. Mi devo cambiare-truccare-pettinare per non fare una figura eccessivamente imbarazzante su un red carpet, santo il cielo, ma HO FAME. Abbandonandomi a uno dei sogni più fastosi mai elaborati durante la mia vita adulta, dunque, ho chiamato il servizio in camera. E visto che i miei entusiasmi sono solitamente paragonabili a quelli di una bambina di quarta elementare, anche l’ordinazione è stata conforme alla mia età interiore. Ti hanno messo al Mayfair Hotel – che è tipo il Gesù degli alberghi di Londra – e tu chiami il servizio in camera perché vuoi un fish & chips. Che leggiadria. 

Quando per la prima volta nella vita hai la facoltà di avvalerti del servizio in camera ma resti un’ignorante. Un post condiviso da Francesca Crescentini (@tegamini) in data:

Dopo essermi doverosamente alimentata, ho fatto del mio meglio per prepararmi. Sono dovuta salire in ginocchio sul piano del lavandino perché lo specchio era troppo lontano e non ci vedevo a truccarmi. Ho anche pensato “ecco, adesso cadi, sbatti la testa sul marmo di Carrara e muori”, ma me la sono cavata senza riportare contusioni. Ero abbastanza in ansia per l’abbigliamento perché A) Faceva un gelo porco, B) Di solito sto a casa in vestaglia e non ho idea di come ci si debba presentare su un red carpet quando non fai l’attrice ma nemmeno vuoi sembrare la Piccola Fiammiferaia della Val Padana. L’ho risolta avvalendomi delle seguenti componenti:

– Vestito di Guess da ancella delle Olimpiadi dell’oscurità comprato in 9 minuti quando ormai avevo perso le speranze. Costava 129 euro ma mi hanno fatto il 25% di sconto perché quando fai la tessera di Guess ti accolgono con un -25% di default sul primo acquisto. Mi sono sentita incredibilmente intelligente e ho sperato con tutte le mie forze che la gente finisse per pensare che era il vestito più inestimabile del mondo.
– Giacca di Blumarine in vellutino nero che mi ha comprato MADRE al primo anno di università perché dovevo andare al compleanno di una mia amica ricca che ci aveva invitate in Costa Azzurra. Una giacca che ha dieci anni ma il velluto è tornato di moda quindi CIAO, sono una principessa russa e non butto via niente.
– Jimmy Choo glitterate che mi sono messa al mio matrimonio e poi mai più. Mi si erano spellati i tacchi nel prato ma, se andate in Rinascente e spiegate il problema, Jimmy Choo vi ordina un altro paio di tacchi e poi vi manda dal suo scarparo di fiducia che ve li cambia. Ecco, io ho fatto tutte queste manovre nell’autunno del 2014, convinta che sarebbero stati sforzi inutili, ma invece no, un posto dove andare in giro con le Jimmy Choo l’ho trovato di nuovo. Ora le rimetto nella scatola – in attesa di ritirare il Nobel per la Letteratura che un giorno vincerò.
– Pochette da sera con fiocco di vernice che si comprò MADRE negli anni Settanta nella speranza che mio padre la portasse a ballare. La uso da quando a ballare ho cominciato ad andarci io visto che era nuova.
– Collana di Trifari del secolo scorso che ho trovato da una signora che vendeva gioielli vintage in un vicolo di Ortigia e che mi risolve con grazia qualsiasi AUTFIT che abbia una qualche tendenza al dorato.

Poi niente, ho visto passare Penélope Cruz e mi sono ricordata che sono di Piacenza. E che non sono capace di pettinarmi.

Un post condiviso da Francesca Crescentini (@tegamini) in data:

Uno non lo direbbe, ma i red carpet sono cruentissimi. Anche se stai alla Royal Albert Hall. Da una parte ci sono quelli che hanno il biglietto (più o meno regalato) per assistere alla prima del film. E transitano su una loro corsia mentre dei tizi enormi e furibondi li incitano continuamente a spicciarsi e a non fermarsi per fare foto da mettere su Instagram. E con “li incitano” dovete immaginarvi dei pastori sardi che gridano cose irripetibili alle loro pecore per incanalarle verso l’ovile, solo che le pecore si sono impegnate per vestirsi bene e hanno lo smartphone. Dal lato opposto c’è un’altra corsia, riservata agli attori e alla gente importante che deve parlare con tantissimi giornalisti, ordinatamente confinati dietro a una transenna. Simmetricamente al transennone dei giornalisti ce n’è un altro, dietro al quale è relegata la gente che vuole bene a Johnny Depp e vuole vederlo e/o sventolargli in faccia dei grandi cartelli con scritto JOHNNY MARRY ME.  

Un post condiviso da Francesca Crescentini (@tegamini) in data:

Noi avevamo un pass molto grosso che diceva SOCIAL e ci hanno messe in una specie di arena circolare in mezzo alle due corsie, ai piedi di un palco dove a intervalli di dieci minuti salivano svariati fenomeni del cinema mondiale, reduci da una lenta transumanza – irta di domande e convenevoli – lungo la transenna dei giornalisti.
Non credo di essermi mai trovata in una posizione così bizzarra.
Io, con Judi Dench a tre gradini di distanza. Ero così felice che mi sono anche dimenticata di vergognarmi per quest’immane fortuna. Si sono materializzati Willem Dafoe (è la coccosità in persona), Daisy Ridley (CHE LA FORZA SIA CON TE, CUORINA), Josh Gad, Johnny Depp (che benissimo non stava), Kenneth Branagh (che è talentuoso… ma pure un gran bell’uomo – mi sia concesso dirlo), Santa Rosalia, Optimus Prime e pure la Madonnina di Civitavecchia. Sono tristissima perché Michelle Pfeiffer è arrivata prima di noi e non sono riuscita a volerle bene anche da vicino, ma tutto sommato va bene così – che diamine dovrei dire a Michelle Pfeiffer. Come ci si approccia a Michelle Pfeiffer. Nemmeno Batman l’aveva capito, figuratevi io.

Comunque.

Visto che dubito di aver spiegato in maniera comprensibile tutto quello che è capitato, ho messo insieme un po’ di clippine delle Instagram Stories che ho concitatamente prodotto durante la giornata/serata e le ho piazzate qui: 

Ma il film com’è, alla fin fine?
Ma lo devo vedere?
Ma se non ho letto il libro?
Il film è pensato per presentare al grande pubblico – anche quello completamente ignaro dell’esistenza di Hercule Poirot nel panorama letterario dell’universo – il mondo di Agatha Christie. È sontuoso e visivamente bellissimo, e Kenneth Branagh fa del suo meglio per non tenervi inchiodati sul treno troppo a lungo, anche se il ritmo non è sempre scoppiettante – ogni indagine ha dei tempi tecnici, alla fin fine. È stupendo vedere così tanti attori di talento che lavorano insieme a un progetto così complesso, così come è apprezzabilissima la cura maniacale per i dettagli e per i dialoghi. Ma così, tanto per dirvela in due parole. Io, in tutta onestà, al cinema ci andrei anche solo per vedermi due ore di baffi giganti.

Grazie a Mondadori, 20th Century Fox e alla Agatha Christie Foundation per avermi invitata a girellare per Londra in compagnia di Agatha Christie – riuscendo nella difficile impresa di farmi rivalutare il trasporto su rotaia. E grazie anche al cuoco del Mayfair Hotel che alle 23.40 mi ha preparato un club sandwich col pollo, il bacon croccante e l’uovo fritto.

Un post condiviso da Francesca Crescentini (@tegamini) in data:

Che dire… rifacciamolo presto.
Magari per il prossimo caso di Poirot.
:3

Non ho idea di cosa regalerò alla gente che amo e non so nemmeno se farò l’albero di Natale – in questa casa abitano un bambino di un anno e un gatto di sette chili, la vedo grigia -, ma sono assai intenzionata ad industriarmi per i vostri futuri acquisti festivi. Perché si pensa che regalare un libro sia una roba facile, ma non è vero niente. Visto che donare un romanzo o un’ambiziosa opera di narrativa è molto complicato, ho deciso di cominciare con una lista di libri dall’aspetto avvincente e dal pregevole contenuto. C’è un po’ di tutto, tematicamente parlando, e l’idea è quella di farvi trovare qualcosa di adatto ai gusti più disparati ma anche di farvi fare una bellissima figura. Perché nessuno vuole essere quello che, ogni santo anno, distribuisce calzini ai propri congiunti. Smettetela con queste calze, donate un libro fantasmagorico, bizzarro e super interessante!

Cominciamo?
Cominciamo.

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Lettering creativo (ma non solo)

La mia calligrafia è un susseguirsi di bruchi (giuro, in pratica scrivo tutte le lettere uguali e non si capisce niente) e sono pure mancina, il che non può essere che un’aggravante. Tra le numerose ambizioni che albergano nel mio cuore, dunque, c’è anche quella di migliorare quest’incresciosa situazione. Ebbene, ho scoperto che esiste un tenerissimo manuale di lettering – con tanto di esercizi – che dovrebbe sospingermi verso un’esistenza costellata di quaderni pieni di svolazzi armoniosissimi.

Per chi?
Fan del bullet-journal (e dei diari in generale), autori di bellissimi bigliettini di auguri, principi e principesse, ambiziosi estimatori dell’home-decor-fai-da-te.

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Atlas Obscura
Guida alle meraviglie nascoste del mondo

L’Atlas Obscura è la vita. E basta. È una guida-wunderkammer, divisa per continenti, ai posti più bizzarri del mondo, alle stramberie geografiche più estreme e alle usanze più insolite di popoli di ogni genere. Troverete catacombe, costruzioni abbandonate, bar senza senso, sagre dimenticate, musei assurdi, manifestazioni naturali rarissime e angoli pressoché inesplorati. Ogni meta è abbondantemente illustrata e raccontata con il gusto autentico della scoperta.

Per chi?
Viaggiatori incalliti, amici che disprezzano i villaggi turistici, matti, curiosi e sognatori.

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Errico Buonanno e Luca Mastrantonio
Notti magiche – Atlante sentimentale degli anni Novanta

 Una raccolta di nostalgie e ricordi degli anni Novanta, corredata da una gran quantità di immagini che vi faranno tornare in mente i poster che tenevate in camera alle medie. Da Lady Diana ai Backstreet Boys, dalla Smemoranda a Non è la Rai, un viaggio televisivo, musicale e “sociologico/consumistico” nel decennio che ha segnato – nel bene e nel male – il nostro immaginario.

Per chi?
Amici nati negli anni Ottanta che, presto o tardi, hanno irrimediabilmente posseduto un Tamagochi. E non l’hanno mai dimenticato.

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J. K. Rowling, Harry Potter e il prigioniero di Azkaban
Con le illustrazioni di Jim Kay

Jim Kay sta alacremente proseguendo nelle gigantesche operazioni di illustrazione dell’intera saga di Harry Potter e, quest’anno, siamo arrivati al terzo volume. È cromaticamente un po’ più cupo dei precedenti (il che non mi pare strano, devo dire), ma suscita altrettanta meraviglia.

Per chi?
Per chi è cresciuto con questi libri e si merita un’edizione bellissima da sbandierare a destra e a sinistra. E anche per i maghi del domani.

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La mini-collana Piccole donne, grandi sogni
di Maria Isabel Sánchez Vergara

Una serie coccosamente illustrata per raccontare, in poche pagine, le vicende biografiche di alcune donne particolarmente degne d’ammirazione. I primi quattro librini sono dedicati ad Agatha Christie, Coco Chanel, Frida Kahlo (lo so, lo so, Frida è ovunque – portate pazienza) e Amelia Earhart.

Per chi?
Bambine (e signore) ribelli che si sono già lette le favole della buonanotte, donne che – com’è doveroso – fanno il tifo per le altre donne.

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Edward Sorel, I diari bollenti di Mary Astor

Amici, quando un libro Adelphi ha una copertina così vuol dire che dev’essere capitato qualcosa di rivoluzionario. Vi rimando all’esaurientissimo articolo di Rivista Studio per approfondire ogni pagina del libro, ma qui sarò breve. Edward Sorel – celeberrimo disegnatore e grafico americano – ricostruisce e illustra una storia vera, quella del controverso processo “a luci rosse” di Mary Astor, trascinata in tribunale dal marito cornuto per la custodia della figlia. Le rivelazioni della Astor, attrice non di primissimo piano ma adorata dall’autore per una vita intera, fecero tremare l’intero establishment hollywoodiano di metà anni ’30. I suoi diari, insieme a una montagna di articoli scandalistici dell’epoca, sono serviti a Sorel per ripercorrere e riversare in queste pagine la sua turbolenta e labirintica vicenda, riportando al contempo alla ribalta un mondo luccicantissimo… che non c’è più.

Per chi?
Gente che a casa ha un bel mobile-bar, gente che non legge Gente, gente che non si rassegna a imboccare il viale del tramonto, gente che ama il cinema – con un po’ di nostalgia.

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Simon Stålenhag, Loop

Per spiegarla sinteticamente, dovrei dire che Loop è una distopia scandinava pittorico-narrativa, post-bellica e anche un po’ nuclearizzata. Visto che non sarebbe chiarissimo, temo sia meglio espandere un po’ il concetto. Il libro racconta un mondo parallelo, quello di una piccola cittadina svedese al confine con il più grande acceleratore di particelle mai costruito al mondo. Il progetto Loop, attivo tra il 1954 e il 1969, ha lasciato alle sue spalle un paesaggio bizzarro e surreale: robot abbandonati che si aggirano nella neve, enormi impianti industriali dall’aria assai cinematografica, boschi pieni di dinosauri, relitti arrugginiti. A raccontarci quel che rimane del Loop, vent’anni dopo, saranno dei ragazzi cresciuti all’ombra di questo sconfinato cimitero industriale, tra scienza e immaginazione.
Illustrazioni favolose e struggenti. Livello massimo di allucinazione collettiva.

Per chi?
Orfani di Asimov, lettori di fantascienza ormai annoiati dalla fantascienza, ingegneri, meccanici, costruttori di intelligenze artificiali.

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The Legend of Zelda. L’arte di una leggenda

Un librone grossissimo, illustratissimo e completissimo su Zelda. È una sorta di enciclopedia ufficiale – con tanto di bolla papale della Nintendo – sul mondo di Zelda e sulla creazione di personaggi, meccaniche e ambientazioni. Visto che uno dei temi principali è anche “the art of”, troverete anche una vagonata di immagini, studi e meraviglie visuali che hanno contribuito a farvi invasare con Zelda.

Per chi?
Amiche e amici videoludici, nostalgici, splendidi geek e aspiranti game-designer.

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H. P. Lovecraft, Il Necronomicon
(a cura di Giuseppe Lippi)

Siamo abituati a dare in escandescenze per la bellezza delle edizioni estere di una determinata opera, ma capita raramente che un’edizione italiana ci sconvolga in maniera particolare. Ecco, adesso c’è un Necronomicon INCREDIBILE anche per noi, curato e assemblato da Giuseppe Lippi, che è un po’ il gran sacerdote di Lovecraft nel nostro paese.

Per chi?
Per i più coraggiosi estimatori della letteratura fantastica – il Necronomicon, dopotutto, è il libro che conduce il lettore alla pazzia – e per gli adoratori di Cthulhu (anche se per evocarlo davvero conviene orientarsi su questo).

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Mamma, mi racconti la tua storia?

Non credo che MADRE sia il tipo, ma magari la vostra mamma sì. Se avete una genitrice predisposta, un’idea del genere potrebbe scatenare cose assai belle. Come funziona. Il libro è una sorta di diario pieno di domande a cui la vostra mamma dovrà rispondere, più spazi in cui appiccicare fotografie e importanti pezzetti di carta. Le domande sono raggruppate in quattro macro-sezioni (“Quando eri piccola e sei diventata grande”, “Quando ti sei innamorata e sei diventata mamma”, “Il tempo libero e le cose che ami” e “Chi sei diventata”) che, nel loro complesso, hanno lo scopo di restituire un ritratto dell’essere umano che conoscete come mamma ma che, nel passato più o meno recente, ha amato, dimenticato, gioito o superato difficoltà. Ha vissuto, insomma. E magari ha voglia di prendersi un po’ di tempo per riordinare i ricordi, facendosi dare una mano da questo libro. Per affidarveli e regalarveli FOREVER.
Se la cosa vi garba, c’è anche una versione per sorelle e per amiche.

Per chi?
Ma per la vostra mamma, ovvio!

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The Art and Soul of Blade Runner 2049

Il nuovo Blade Runner mi è piaciuto molto. Non riesco ancora bene a capire se sia capitato perché è effettivamente un gran film o perché sono semplicemente rimasta ipnotizzata. Comunque sia, una cosa è chiara: Blade Runner di Villeneuve è una felicità per gli occhi – e mi immagino che debba esserlo anche un art-book dedicato al film. Li adoro, gli art-book dei film. Li desidero sempre ma poi non me li compro mai. Dobbiamo invertire questa stupida tendenza. Prima del 2049, magari.

Per chi?
Minimalisti, estimatori della fantascienza, groupie di Ryan Gosling, amici delle macchine volanti, fidanzate olografiche.

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Ti saluta STOCAZZO!

Dei primi due pregevoli volumi di questa STRABILIANTE serie di coloring-book avevo già parlato qui, ma ora è d’obbligo tornare sull’argomento per segnalare due gloriose nuove uscite: Enlarge your pencil! (40 categorie porno da colorare) e il beneamato Ti saluta STOCAZZO!, con 40 nuove parolacce e ingiurie su cui sfogare tutta la vostra ira repressa.

Per chi?
Amici di birrette, collezioniste di pennarelli assetate di vendetta, fan di Calciatori Brutti, compagni e compagne di banco.

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Petunia Ollister, Colazioni d’autore

Petunia Ollister è un’istituzione dell’Instagram librario e la sua rubrica #bookbreakfast appare ogni settimana anche su Robinson di Repubblica. Poco tempo fa è uscito il suo libro, che raccoglie le sue colazioni letterarie più belle, accompagnate da ricette e citazioni. Fa venire molta fame. E anche molta voglia di leggere.
P.S. La copertina diventa una tovaglietta.

Per chi?
Social fotografi in cerca di spunti per leggere qualcosa di nuovo, aspiranti pasticcere, bibliofili che si portano i libri anche a tavola.

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Detlef Bluhm, I gatti e le loro donne

Cinquanta quadri che contengono almeno un gatto e una donna, accompagnati da un fascinoso mini-excursus artistico che contestualizza l’opera e il ruolo dei felini ritratti. La selezione dei dipinti è super trasversale, quindi troverete epoche e correnti artistiche diversissime – ma comunque assai miagolanti.

Per chi?
Gattare e gattari, assidui frequentatori di mostre, gente che tenta invano di dipingere il proprio gatto e che ama i saggi artistici dal taglio originale.

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 Every Child Is My Child. Storie vere e magiche di piccola, grande felicità

Una raccolta di favole, scritte da una quarantina di personaggi molto amati della televisione, della musica, della cultura e dello spettacolo italiano e illustrate da altrettanti artisti, per aiutare concretamente i bambini siriani. Tutti i proventi del libro verranno devoluti a favore della costruzione di una scuola al confine con la Turchia, là dove di storie positive e racconti pieni di gioia c’è parecchio bisogno. Perché i più piccoli hanno già sofferto abbastanza. Ed è ora di cambiare le cose.

Per chi?
Per chi ha bimbi che necessitano di una storia della buonanotte e per chi crede che il futuro dei più piccoli sia anche una nostra responsabilità.

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Dolci americani

Non immaginatevi uno di quei libroni da cucina super patinati con la copertina rigida e intenti più “espositivi” che pratici, perché questa raccolta di ricette somiglia di più a una rivista… e punta all’utilità, anche se credo contenga le foto più belle che io abbia mai visto scattare a un pezzo di torta. Ci sono tutti i grandi classici della pasticceria americana – cheesecake, donut, pancake, tortazze di mele e compagnia danzante – spiegate in maniera agile ed efficace.

Per chi?
Gente che vive da California Bakery, fan di unicorni e arcobaleni, potenziali concorrenti di Bake Off Italia (ma anche pasticceri del tutto inetti), frequentatori dell’hashtag #foodporn.

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Paleoart

Di questo libro avevo già parlato nella mia lunghissima wishlist Taschen, ma non posso esimermi dal piazzarlo anche qui. Un po’ perché in una lista di tomoni arroganti non può mancare un titolo Taschen e un po’ perché trovarmelo sotto l’albero mi farebbe di certo versare copiose lacrime. Comunque, Paleoart è un viaggio visivo nella rappresentazione artistico-scientifica della preistoria. È pieno di dinosauri incredibili e di paesaggi vecchi di milioni di anni – così come siamo riusciti ad immaginarli e a farli rivivere sulla carta.

Per chi?
Addestratori di velociraptor, registi di kolossal, aspiranti paleontologi, paesaggisti, Chris Pratt.

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Elena Ferrante, L’amica geniale

Il Natale è una calamita per i cofanetti e le edizioni rilegate, abbellite e rimpolpate. E quest’anno tocca alla quadrilogia dell’Amica geniale. Non c’è molto altro da aggiungere, a parte NINO SARRATORE MERDA.

Per chi?
Gente in cerca di un bel polpettone da leggere, ragazze che pensano di avere un fidanzato che fa schifo (così si consolano), futuri telespettatori che vogliono arrivare preparati alla serie, cofanettari incalliti.

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Abbiamo finito? Direi di sì.
Felice shopping festivo. E ricordate: regalate i libri splendidoni, che sono anche facili da impacchettare.

Per ulteriori ispirazioni, date un occhio all’archivio dei #LibriniTegamini o alla nutritissima categoria Libri.

Perbacco, sono stata travolta da innumerevoli eventi. Sono andata in gita in località piuttosto incredibili, sono finita a Londra a vedere la prima di un film – ma così, a sorpresa – e ho circa 97 post da sfornare con una certa rapidità. Ma inizierò da quello meno rilevante, tanto per non darla vinta all’efficienza che dovrebbe invece governare l’esistenza di un essere umano adulto e razionale.
Che cosa vale la pena desiderare, di questi tempi?
Scopriamolo istantaneamente!

Il 50% circa delle interazioni suscitate dalle mie magistrali Instagram Stories consiste in domande sui rossetti – a me, nota icona beauty. Come ormai anche i sassi sanno, però, sono una devotissima estimatrice delle tinte labbra di Kat Von D. Ho un rosso “classico”, un rosso più scuro da pseudo-panterona e un NIUD che ha suscitato entusiasmi quasi sconfinati. E io, che pensavo che i NIUD fossero una roba inutile. Che stolta!
Comunque, il mio NIUD da giorno è il Lolita II… e ho recentemente scoperto che la Kat ha anche lanciato un cofanetto speciale dedicato alla gamma Lolita. Ci sono le due tinte – la mia è quella un po’ più terracotta, ma c’è anche il Lolita base che vira al rosino -, le matite labbra, l’ombretto e il rossetto “originale”. Costa 104 bombe ma mi pare la vita. E, cosa ancor più importante, è roba CHE MI STA BENE. Gridiamo al miracolo e rompiamo i porcellini.
P.S. – Sì, le tinte labbra seccano leggermente. Quelle di Kat Von D molto meno delle altre, ma sono comunque tinte. Se voi però vi mettete questo (un po’ prima) il bene trionferà.

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La cerniera del mio zaino con gli unicorni si è sfondata. E, in qualità di libera professionista che può teoricamente andare a lavorare dove e come le pare, avrei bisogno di uno zaino capiente, resistente e carino dove cacciare il computer e i materiali di sopravvivenza quotidiana. Il folle progetto prevede anche la riesumazione della bicicletta bellissima che Amore del Cuore mi ha donato un paio di estati fa e che ho usato pochissimo perché A) temevo che me la ciccassero e B) ad un certo punto ero gravida e non mi sembrava il caso di andare velocissimo sul pavé. Ora non so bene dov’è che voglio andare in inverno con una bicicletta e un computer nello zaino, ma mi è venuta lo stesso questa fissa insensata. Credo solo per giustificare la necessità di un nuovo zaino, ma non vorrei azzardare spiegazioni eccessivamente realistiche. Comunque, Pijama è un brand che conosco già da qualche anno e che sforna regolarmente borse e custodie per device di ogni genere. Usano un neoprene resistente più o meno come il kevlar e lo stampano in mille fantasie pazze, il che per me va BENISSIMO. Ora c’è una nuova linea – la Metron – con un nylon studiato appositamente e un po’ di sano minimalismo super funzionale. Ciao, zaino Metron a zig-zag, mi stai molto simpatico. Sono certa che potremmo diventare grandi amici.

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Mi emoziono relativamente poco per gli addobbi di Natale. Ma quest’anno vorrei un Ugly Christmas Sweater come si deve. E mi sto industriando per tempo. Sono molto indecisa tra quello di Stranger Things e quello di quel rompicoglioni di Kylo Ren. Sono entrambi orripilanti e li adoro come non mai.

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I libri che mappano scientificamente l’irreale e il fantastico mi affascinano sempre un sacco. È uscito per Utet un nuovo oggetto bizzarro che credo sarebbe saggio consultare, il Dizionario dei luoghi letterari immaginari  di Anna Ferrari. Il prezioso tomo cataloga e raccoglie i luoghi mitologico-inesistenti più celebri della tradizione occidentale, compilando un’avventurosa carrellata fra generi, epoche e opere diverse. Mi sto già emozionando.

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Com’era il cielo quando avete incontrato il vostro personalissimo Amore del Cuore? O quando avete preso una decisione di cui andate particolarmente fieri? E com’era, anche, in una giornata di rara e irripetibile felicità? The Night Sky permette di scegliere una data significativa della vostra esistenza e di trasformarla in una mappa stellare – riproducendo il cielo che si vedeva in quel posto e in quel preciso momento. La mappa si potrà poi personalizzare e stampare, per appendervela in casa nella commozione generale. Ma non è tutto molto tenero? Mi viene quasi un po’ da piangere. Il cielo di Minicuore! Il cielo delle Matrimoniadi! Sto proprio diventando una vecchia signora sentimentale.

Un post condiviso da The Night Sky (@thenightskyio) in data:

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Cuori a profusione, per il momento.
Vado a scrivere la roba che avrei dovuto scrivere più o meno ieri, invece di cercare maglioni natalizi ripugnanti con sopra i demogorgoni e dei ragazzini in bicicletta. Ah, devo pure consegnare un libro entro il 10.
Andrà proprio tutto bene.

Una delle mie più longeve fissazioni è Cléo Ferin Mercury. Torno periodicamente sul sito per sincerarmi che la meraviglia sia ancora tutta lì e per scoprire quali nuovi animalini sono stati aggiunti alla collezione. Il brand è specializzato, infatti, in sciarpe di seta (e/o altri materiali altrettanto meritevoli) a forma di bestiole… con tanto di zampine e codine. La mia più recente passione è il giaguaro albino. Ma amo molto anche le maglie in seta e cotone con le maniche piene di felini. Per chi odia i gatti, comunque, ci sono cerbiatti, lupi, panda, roditori, bassotti e un intero serraglio.

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Ma addentriamoci ancor di più nel tunnel zoologico! Minna Parikka fabbrica ormai da anni delle scarpe da ginnastica provviste di orecchie da coniglio e codino poffosino. Ce ne sono di centomila tipi – inclusi i mocassini e gli anfibi -, ma sono dell’idea che, se decidi di comprarti un paio di sneakers da coniglio, il minimo che puoi fare è sceglierle glitterate e puntare alla massima assurdità.

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Mi sto invasando con Italian Stories. È una sorta di mappa/catalogo di workshop artigianalissimi, contro il logorio della vita moderna. Si può scegliere l’area geografica da raggiungere e il materiale con cui lavorare (vetro, ceramica, oro, lana e che ne so, CARAMELLE GOMMOSE)… e sfogliare le esperienze prenotabili in un sacco di laboratori artistici e artigiani. C’è di tutto. Crea il tuo timbro personalizzato! Crea un piccolo arazzo! Scolpisci una polena per il tuo vascello fantasma! La vita, veramente. I laboratori sono più o meno avventurosi, potrete fare il burro in malga o imparare la serigrafia in contesti urbanissimi. Dipende un po’ da voi. Io inizierei con il giro alla fattoria degli alpaca e il mini-corso sulla tintura della lana di queste bestie prodigiose che amo ormai da tempo immemore. Anche se l’ideale, devo dirlo, sarebbe imparare una cosa nuova tutte le settimane. Ci attrezzeremo.

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Ho scoperto che Soviet Visuals ha anche un negozio e ora voglio tutte le magliette del programma spaziale russo. Questa è quella dello Sputnik.

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Non so cosa facciate voi, ma io mi strucco con l’acqua micellare. Ieri ho fatto un giro all’eventone di Sephora per la presentazione delle novità natalizie – già, sono molto efficienti – e ho scoperto che FaceD ha inventato un’acqua micellare in spray. Il flacone è gigante – 200 ml – e l’acqua si spruzza direttamente in faccia. Rimuove anche le matitazze più nere e, in teoria, dovrebbe rendere più efficienti le operazioni, riducendo anche un po’ lo spreco – il dischettino di cotone non si berrà più i 3/4 del prodotto, per dire. C’è dentro anche un po’ di acido ialuronico, che male non fa mai.

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Minimum Fax, di questi tempi, sforna saggi molto interessanti. Il 12 ottobre esce La gente di Leonardo Bianchi, una specie di viaggio nel risentimento collettivo, un’indagine sull’indignazione e sulle sue derive – quasi sempre grottesche e completamente disgiunte da un qualsiasi principio di realtà. Una riflessione sulla rabbia perenne e sull’incapacità ormai conclamata di indirizzarla in maniera costruttiva.

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Il gigantesco e problematico WHAT IF alla base di questa distopia super meritevole della nostra attenzione è il seguente: che cosa succederebbe se, all’improvviso, le ragazze si svegliassero con la capacità di friggerti le palle degli occhi con una scossa elettrica? E se, non paghe, fossero in grado di risvegliare il medesimo potere nelle donne più grandi di loro?
Mica è una domanda da poco.

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Ebbene, in The Power, Naomi Alderman esplora le ramificazioni e le implicazioni di questo imprevedibile cambio di paradigma, interrogandosi sulle conseguenze di una drastica redistribuzione della “forza”. Il titolo italiano del romanzo è molto astuto, ma credo che Ragazze elettriche sia molto più che una storia di femmine che si trovano di punto in bianco con il coltello dalla parte del manico. The Power è, a tutti gli effetti, una riflessione sul potere e sulle sue manifestazioni, sull’esercizio e sulla gestione morale (e pratica) della possibilità di prevalere, in maniera anche cruentissima.

Ma procediamo con ordine.

La Alderman assegna – con grande accortezza – la sua storia a quattro narratori, incaricati di mostrarci un lato della storia ciascuno (con le debite contaminazioni dovute al procedere della trama). Allie, una ragazza cresciuta da una serie sterminata di terrificanti genitori adottivi e approdata, alla fine, tra le grinfie di una coppia di ferventissimi cattolici, non meno spregevoli. Roxy, figlia “bastarda” di un boss londinese. Jocelyn, figlia insicura di una funzionaria pubblica che scalerà le gerarchie amministrative americane. E Tunde, giovanissimo reporter nigeriano che farà della documentazione del “movimento delle donne” il suo principale campo d’azione.
Quando la scintilla del potere comincerà a sconvolgere il mondo, questi quattro personaggi ci accompagneranno alla scoperta delle conseguenze sociali, mediatiche, politiche e religiose del fenomeno, dalla quotidianità alle grandi rivoluzioni.
Si comincia con un’ondata di vendetta che ci appare quasi doverosa – schiave sessuali che si ribellano ai loro carcerieri, vittime di abusi che trovano finalmente il modo di difendersi dai propri aguzzini, donne imprigionate dalle costrizioni di società pesantemente patriarcali che conquistano la propria indipendenza, alla faccia della religione e delle imposizioni della tradizione – e si prosegue con un lento e inesorabile rovesciamento dei ruoli – alla tv sono le donne a parlare dei “temi importanti”, mentre gli uomini si siedono su uno sgabello a sbattere le ciglia e a fare commenti sciocchini, quando proprio ci si disturba ad interpellarli; gli uomini si rifugiano in oscuri forum virtuali a meditare ritorsioni e a sviscerare teorie complottiste; la stessa idea di Dio si riconfigura in favore di una Madre onnipotente… e così via -, fino a raggiungere il punto di non ritorno, il paradosso della violenza cieca e del ristabilirsi di un ordine in cui la forza crea distanze, coercizione e sottomissione.

Insomma, il romanzo della Alderman non è una distopia girl-power, fa un po’ di più. Disegna una nuova faccia della medaglia e la ribalta di nuovo. Esplora le sfaccettature del potere e dell’idea di sopraffazione risalendo ai meccanismi che ci fanno sentire “in diritto” di sopraffare. Riporta a galla pregiudizi e ruoli canonici per smascherarne la piccolezza, senza prevedere un’assoluzione. Le colpe dei padri ricadono sulle figlie. E nemmeno le figlie sono innocenti, ora che possono far sentire la propria voce, camminare per una stradina buia senza avere paura e difendersi da chi vorrebbe schiacciarle. Che cosa diventiamo, quando ci scopriamo capaci di tutto?
The Power è un romanzo ambizioso, spesso brutale e sorprendente per inventiva e vastità della ragnatela delle cause e degli effetti che riesce a costruire. Spaventa per la sua razionalità, per la plausibilità della traiettoria distruttiva che traccia – ricordandoci comunque quello che fa schifo del nostro presente.
Rassicurante e super confortante? No, nemmeno per le ragazze.
Spietato ma incredibilmente interessante? Sì, per tutti.

 

Direi di cominciare senza particolari indugi o tentennamenti con un accadimento che mi sta lacerando l’anima. Sono anni che mi ripeto DEVI DEPLORARE LE CAPSULE COLLECTION DI MOSCHINO DEVI DEPLORARLE – ieri, però, è uscita quella dei Minipony.
Delle Barbie posso fregarmene.
Di Duffy Duck pure.
Degli orsetti anche.
Ma chiedermi di rinnegare i Minipony è troppo. Non ce la faccio. Costa tutto tantissimo – e ben ci sta, così impariamo a dar corda a Jeremy Scott, che giustamente sta lì per infinocchiarci e lucrare su quel che ci è più caro, frugando spietatamente nei nostri ricordi d’infanzia… perché questi sono i Minipony anni ’80-’90, non quelli iper spigolosi che ci sono adesso -, ma è molto difficile non affezionarsi.
Bendatemi, turatemi le orecchie e legatemi all’albero maestro.

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Volete consolarvi? Maglietta di Primark altrettanto coccosa a 6£. E senza l’invasiva e fastidiosa scrittona MOSCHINO. Tié.

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In questi giorni, poi, è uscito per la Penguin A Galaxy of Her Own: Amazing Stories of Women in Space. Raccoglie i profili di cinquanta donne che hanno contribuito a farci arrivare nello spazio, o ad esplorarlo, o a studiarlo. Astronaute, scienziate, ricercatrici che mi piacerebbe conoscere meglio – perché accontentarsi di una stanza tutta per sé, quando possiamo ambire all’intera galassia?

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Come ben sapete, non posso particolarmente contare su un uomo che mi faccia le foto. Ma ogni tanto sarebbe utile. Leggendo il blog della saggia Arianna Chieli, però, ho scoperto che esistono cover che si appiccicano ai vetri e agli specchi. E che rimangono lì. Foto a parte, sarebbe comodo averne una anche per poter agevolmente documentare le gesta di Minicuore mentre mangia la pappa, visto che i miei genitori richiedono continuamente dirette su FaceTime delle complesse operazioni. Investimento sensato e nemmeno troppo esoso? Per una volta sembrerebbe di sì.

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Le t-shirt ricamate a mano di Melidé sono già arcinote e di certo non hanno bisogno del mio entusiasmo, ma ho scoperto che ce n’è anche una di Stranger Things. E non posso che rallegrarmene tantissimo.

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Un libro muto aveva già fatto capolino sul mio Instagram, ma non ero ancora andata a spulciare per bene il sito di Slow Design, che li produce in collaborazione con una tipografia artigianale fiorentina. Che cos’è un libro muto? Un libro con copertina e legatura regolamentari… ma con le pagine bianche. Un libro-quaderno, insomma. L’assortimento è vasto, deliziosamente antiquato e la qualità della carta è ottima – li ho palpati tutti da Rigadritto in Brera, sbavando copiosamente. Prendiamocene sei scatoloni.

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Non so che cos’abbia di speciale la spiaggia, ma in spiaggia si legge a una velocità supersonica. Nessun altro luogo, contesto o stato d’animo è vagamente paragonabile. Mi stendo al mare e, nonostante il sudore, gli esuberanti COCCOBELLI – l’argomento di vendita dell’estate 2017 era il seguente: COCCOBELLO TI TIRA IL PISELLO! -, le anziane che enumerano a gran voce i loro guai e i bambini che protestano perché secondo le loro madri non è praticamente MAI il momento di fare il bagno, ecco – nonostante tutti questi insormontabili ostacoli, io leggo. Molto rapidamente.

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Qui, in ordine di apparizione, troverete tutti i libri – non molto voluminosi, perché avevo bisogno di una botta d’autostima – che ho fagocitato al mare nelle due ore scarse che mi è talvolta capitato di trascorrere in spiaggia mentre Minicuore dormiva e i nonni o il papà vegliavano su di lui.

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Michele Mari, Leggenda privata
Einaudi

Mai ci fu libro meno ombrellonabile di questo, ma in Sardegna sono riuscita a portarmi in spiaggia un Millennio, quindi nulla può più spaventarmi. Comunque. Leggenda privata è un’autobiografia labirintica che procede per mostri e ossessioni, passioni (più o meno disdicevoli) e spettri in agguato nell’ombra. Se amate Mari – come non posso esimermi dal fare – questo libro diventerà uno dei vostri incubi più interessanti. Quel che è certo è che non guarderò mai più un uovo sodo con gli stessi occhi.

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Silvia Bencivelli, Le mie amiche streghe
Einaudi

Silvia Bencivelli – giornalista scientifica – ha scritto un libro per mandare garbatamente a quel paese chi, all’improvviso, decide di abbandonarsi all’irrazionalità più assoluta. Dalla dieta del gruppo sanguigno ai rituali esoterico-alternativi per far girare dalla parte giusta i bambini podalici, dai vaccini all’oroscopo, Alice – la protagonista – passa in rassegna le stupidaggini più clamorose del nostro tempo, nel tentativo (forse troppo ottimistico) di aiutarci a rinsavire e di rispondere a una domanda dalle conseguenze potenzialmente devastati: perché, di grazia, LA GENTE crede a queste colossali cretinate? È un libro godibile e arguto, che risponde a un nobile intento. Vorrebbe essere un romanzo, ma non mi sembra che ci riesca moltissimo. Prendetevi quel che c’è di buono.

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Tiziana Lo Porto e Daniele Marotta, Superzelda
Minimum Fax

Si sa, ai casi editoriali ci arrivo sempre con almeno un paio d’anni di ritardo. Comunque, Superzelda è la biografia disegnata di Zelda Fitzgerald, donna imprevedibile e turbolenta, appassionata e anticonformista, splendente e folle – sia in senso metaforico che clinico. Avrei potuto dire “Zelda Fitzgerald, la moglie di Francis Scott Fitzgerald”, ma un “moglie di” con lei non avrebbe funzionato. È una storia di creatività, difficoltà quotidiane, squilibri, talento, inquietudini e violente oscillazioni, scritta e disegnata a partire da un grande lavoro di documentazione e ricostruzione. Com’era davvero Zelda? Chissà, forse non lo sapeva nemmeno lei. Con questo libro, però, mi piace pensare di essere riuscita a conoscerla almeno un po’. Magari di sfuggita, a una festa che dura da tre giorni.

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Mohsin Hamid, Exit West
Traduzione di Norman Gobetti
Einaudi

C’è già un #LibriniTegamini, ma ripetere quanto questo libro sia straordinario non fa mai male. Hamid esplora il tema della migrazione e della fluidità delle società globali attraverso una storia d’amore che nasce nel momento meno propizio, in un paese sull’orlo del baratro, spaccato da una guerra civile che spazzerà via ogni speranza di normalità. I due protagonisti, come tanti altri, scelgono di abbandonare il loro mondo per avventurarsi verso l’ignoto, attraversando clandestinamente una delle tante “porte” che conducono verso un altrove incerto. È un romanzo prezioso, saggio e umanissimo… e sospetto sia anche la cosa più bella che leggerò quest’anno.

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Lars Gustafsson, Il pomeriggio di un piastrellista
Traduzione di Carmen Cima Giorgetti
Iperborea

La nuova collana Luci – con copertine infallibilmente bellissime – raccoglie i titoli che hanno contribuito, negli anni, a fare la storia di Iperborea. Il pomeriggio di un piastrellista è una specie di trionfo di mestizia scandinava. Racconta la giornata di “lavoro” di un vecchio piastrellista solitario, impegnato a sistemare un bagno in una casa sinistra e apparentemente disabitata. È una storia di abbandono e rimpianto, isolamento e bottiglie vuote, equivoci e menti ingarbugliate dal tempo. Non sono in grado di capire se mi sia piaciuto o no… perché non capita spesso di trovare un libro capace di emanare una malinconia così contagiosa.

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 Paolo Cognetti, Sofia si veste sempre di nero
Minimum Fax

C’è un #LibriniTegamini, ma diciamo due cose anche qui. Sofia si veste sempre di nero è un romanzo di formazione, credo. O una raccolta di racconti. O una riflessione collettiva sui legami che stringiamo e su come ciascuno di noi scelga di costruirsi un rifugio sicuro. Ogni capitolo è affidato a un personaggio o a una voce diversa. Tutti, in qualche modo, hanno fatto parte della vita di Sofia e, nel raccontarla – inseguendola, fraintendendola, allontanandola o salvandola -, spalancano una finestrella sul loro mondo, sui compromessi che hanno accettato e sui tentativi di afferrare un po’ di felicità. O di pace, almeno. Bello? Bello.

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Rusell Hoban, La ricerca del leone
Traduzione di Adriana Motti
Adelphi

Un padre che fugge dalla vita che ha sempre conosciuto e un figlio che lo insegue, cercando la propria strada. Due personaggi che si spostano, divergendo per poi ritrovarsi, sulla mappa di un mondo che sembra non avere più zone inesplorate o misteri da scoprire – leoni a parte. La ricerca del leone è un romanzo che trasforma la quotidianità in mito, in una fiaba avventurosa che ridisegna confini e luoghi per rovesciare all’esterno – e rivestire di denti e pelliccia dorata – i nodi irrisolti che ci appesantiscono il cuore. È un libro strano e misterioso… e non somiglia a nient’altro.

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Hanif Kureishi, Uno zero
Traduzione di Davide Tortorella
Bompiani

Un anziano regista malmessisimo – sedia a rotelle, pannolone, bava alla bocca e compagnia danzante – si ritrova in casa un ambiguo figuro che procede spedito a trombargli l’adorata moglie, puntando al patrimonio. Waldo, però, non è un vecchio scemo… e non ha la minima intenzione di tollerare in silenzio lo scempio che si sta consumando sotto al suo naso. La vendetta, per quanto caotica nel metodo e dolorosa da infliggere, sarà inesorabile. È un libro amarissimo che contiene una specie di compendio dei nostri istinti più bassi: nessuno è innocente (e nessuno sembra esserlo mai stato, specialmente in amore) e da tutti, prima o poi, potrete attendervi una battuta devastante o una perla di limpidissimo cinismo.

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Laura Pugno, Sirene
Marsilio

A ogni pagina di Sirene mi sono domandata MA CHE DIAVOLO STO LEGGENDO. Non sono uno spirito facilmente impressionabile, ma PORCA MISERIA CHE COSA STA SUCCEDENDO. Ebbene, in un futuro imprecisato dove l’umanità cuoce sotto a un sole malevolo che divora l’epidermide, la gente campa male e la Yakuza (che vi devo dire) prospera. Samuel, il nostro valoroso protagonista, lavora in uno stabilimento dove le sirene vengono allevate e macellate. Perché sì, ci sono le sirene, le sirene non somigliano per niente ad Ariel – sono solo vagamente umane e non capiscono niente – e le sirene sono buonissime da mangiare. Anzi, tutti hanno completamente perso la brocca per le sirene. Samuel, un bel giorno, decide di accoppiarsi con una sirena dell’allevamento – SAMUEL SANTO IDDIO SANTISSIMO -, devastandosi irrimediabilmente la vita e innescando una catena di eventi che non faranno che confondervi, terrorizzarvi e spappolarvi il cervello ancora di più. Non so come abbia fatto Laura Pugno a inventarsi un simile mindfuck-zoologico-apocalittico-tarantinian-manghesco, ma mi sono divertita moltissimo. Anche se mi è venuto da vomitare a più riprese.

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Yasmina Reza, Felici i felici
Traduzione di Maurizia Balmelli
Adelphi

Mogli, mariti, figli, amici, amanti. Una galleria di personaggi che si muovono sul grande palcoscenico della nevrosi quotidiana. Ogni capitolo è affidato a un personaggio diverso e ogni storia contribuisce a stringere o azzoppare legami, fiducia e speranze, in una sorta di gigantesco mulinello di tradimenti, confidenze e compromessi. Un romanzo “teatrale”, che racconta con allegra amarezza tutto quello che non osiamo dire. Nemmeno sottovoce.

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 Donatella Di Pietrantonio, L’Arminuta
Einaudi

Che meraviglia. Che splendida scoperta. L’Arminuta è un libro vivissimo, pieno di una grazia terribile. La farò breve: siamo in Abruzzo. Una ragazzina di tredici anni, un bel giorno, viene scaricata con una valigia in mano sulla soglia di una casa mai vista prima. È la casa della sua famiglia, una famiglia povera e numerosa che non l’ha cresciuta ma che ora è chiamata a riprendersela, una famiglia di perfetti sconosciuti. L'”Arminuta” – la ritornata – dovrà venire a patti con una realtà di cui non sospettava l’esistenza, ricucendo lo strappo dell’abbandono e ritrovando un po’ di terra da mettere sotto ai piedi. È un romanzo affascinante e doloroso, tenace e sanguigno, scritto in una lingua precisa e schietta, ricca di registri e sfumature diverse, di sapori e di ricordi amari. Una gioia.

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E questo è quanto, cari tutti.
Avete letto qualcosa di bello quest’estate? Consigliate! Consigliate!

Per un lungo periodo della mia vita ho cercato di ignorare i libri Taschen, un po’ come Ulisse che supera lo scoglio delle Sirene riuscendo a non gettarsi in acqua come un miserabile marinaio boccalone. Io idem, all’incirca. Osservo le copertine tenendomi a debita distanza. Se un libro Taschen si manifesta inavvertitamente nel mio perimetro d’azione mi auguro fortissimo che sia INCELLOFANATO – e quindi impossibile da sfogliare. Non mi sono iscritta alle newsletter, non visito il sito e, tendenzialmente, provo a fingere che Taschen non esista. Perché non mi fido delle mie capacità di autocontrollo… e non ho la certezza di uscirne indenne. Potrei venir trascinata in un glorioso gorgo di folli tomi giganteschi che acquisterei a un ritmo sostenutissimo e caparbio – pur non avendo un tavolino di design su cui appoggiarli -, fino alla rovina definitiva.
Il destino, però, trama ai miei danni.
Durante una delle mie peregrinazioni pomeridiane con passeggino da spingere, infatti, sono capitata davanti alla libreria Taschen di via Meravigli. E una sorta di campo magnetico mi ha risucchiata al suo interno. Ho istantaneamente adocchiato un libro STRABILIANTE e ho mandato il seguente messaggio ad Amore del Cuore, approfittando di una ricorrenza a dir poco pretestuosa: BENE AMORE GRANDE IL 15 MAGGIO È L’ANNIVERSARIO DEL NOSTRO INCONTRO QUINDI REGALAMI MOONFIRE.
Moonfire, per capirci, è questo:

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Norman Mailer ha raccontato la missione dell’Apollo 11 in un lungo reportage commissionato da LIFE Magazine. Il reportage, ampliato e rivisto, è poi diventato un libro – Of a Fire on the Moon – che rimane una delle cronache più straordinarie dello sbarco sulla Luna e della sua genesi. Taschen ha preso gli articoli di Mailer e li ha accompagnati a una miriade di fotografie (spesso inedite) pescate direttamente dagli archivi della NASA, producendo la meraviglia che è Moonfire – che ora soggiorna felice sul ripiano d’onore della mia libreria.
La gioia.
La saggezza.
La beltà.
Ma per quanto Moonfire riuscirà a placare il mio entusiasmo per Taschen? Non per molto. Soprattutto perché mi sono abbandonata, quasi doverosamente, a una delle attività che mi riescono meglio al mondo (e che più al mondo riescono a farmi desiderare lo status di ricchissima ereditiera nullafacente): la compilazione di assurde wishlist.
Il catalogo Taschen offre, a livello tematico, cose felici praticamente per tutti. Qui ci sono i miei preferiti – ammassati con un improbo sforzo di sintesi che mi ha condotta a una già dolorosa autocensura. Volete vedere altro? Spulciatevi il resto – ricordando di farvi legare all’albero maestro.

 

t1

100 Illustrators
Una ricognizione internazionale sul meglio dell’illustrazione contemporanea.

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t2

20th Century Fashion
Cent’anni di industria della moda raccontati in 400 campagne pubblicitarie della Jim Heimann Collection.

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t3

Alchemy & Mysticism
Le nozioni base dell’alchimia e una storia iconografica del misticismo cristiano, fino all’arte Romantica. Medicina, miracoli, santi e cabalisti.

*

t4

William Blake. The Drawings for Dante’s Divine Comedy
Le 102 illustrazioni di William Blake per la Divina commedia sono conservate in sette diverse istituzioni. E poi c’è questo libro che le riunisce tutte.

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t5

CCCP. Cosmic Communist Constructions Photographed
Frédéric Chaubin ha scovato e fotografato 90 edifici sovietici costruiti tra gli anni ’70 e ’90 – in un’epoca di relativa rinascita per l’immaginazione e la fantasia progettuale dell’URSS. Il risultato è un viaggio che riporta alla luce una fanta-architettura quasi surreale, raccontando le aspirazioni impossibili di un sistema prossimo al collasso.

*

t6

Ingressi di Milano
Che cosa si nasconde dietro ai portoni di Milano? Una guida – con tanto di indirizzi esatti, mappette e saggi artistico-architettonici – per esplorare gli ingressi dei palazzi più (o meno) celebri della città.

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t7

Expanding Universe
Le immagini catturate da Hubble – oltre a rappresentare una vittoria indiscussa della tecnica – hanno cambiato il nostro modo di studiare e di comprendere l’universo. Questo libro, uscito in occasione del venticinquesimo anniversario del telescopio, raccoglie le foto più affascinanti e quelle più rilevanti dal punto di vista scientifico.

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t8

Her Majesty
Che vi devo dire, The Crown ha lasciato il segno.

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t9

Living in the Countryside
Perché un giorno manderò tutti a stendere e mi ritirerò in campagna a fare marmellate come una vera signora.

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t10

Mad Men
Un cofanetto curato da Matthew Weiner in persona per ripercorrere e commentare le sette stagioni della serie. Ci sono le foto dal set, le battute più memorabili, Don Draper che non lavora mai, Peggy che si risente, gente che beve alle 9 del mattino, il guardaroba DI DIO di Betty e le interviste a chi ha lavorato al programma, dagli sceneggiatori ai costumisti. In sintesi, la gloria.

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t12

Menu Design In America
Uno degli obiettivi più nobili della mia esistenza è avere una cucina straordinariamente luminosa con un bel muro da riempire di menu incorniciati, tutti quelli che ho scovato e rubato negli anni nei ristoranti in cui ho mangiato. Perché i menu sono una forma d’arte, c’è poco da fare.

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t13

Mucha
La vita e le opere del mio maestro preferito dell’Art Nouveau.

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t14

The Complete Costume History
Auguste Racinet pubblicò la sua “enciclopedia della moda” tra il 1876 e il 1888. Originariamente era un’opera in sei volumi, che affrontava gli stili e le tradizioni sartoriali dei popoli di tutto il mondo ripartendoli in base alla cultura di provenienza e ai modelli più riconoscibili. Taschen ha riproposto il libro di Racinet in versione originale, tavole comprese.

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t15

The Book of Symbols
350 saggi per esplorare gli aspetti psicologici, artistici, religiosi e culturali dei simboli, per capirne meglio il significato e, soprattutto, per comprendere perché alcuni oggetti, immagini o codificazioni finiscono per diventare archetipi o contenitori di messaggi più vasti.

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t16

The World of Ornament
 Un libro-reference che combina due blasonatissime enciclopedie decorative del diciannovesimo secolo (quella di Racinet, ancora lui, e quella di Auguste Dupont-Auberville). Ampio spettro e ampio orizzonte temporale, dagli antici egizi all’arte dell’Ottocento. Quanta bellezza.

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Ma il libro che desidero di più – e che avrà agilmente la precedenza su tutti gli altri – è PaleoartL’arte di rappresentare i dinosauri è un’impresa colossale e affascinantissima, perché ci chiama a immaginare con precisione qualcosa che arriva ai giorni nostri in maniera incompleta, frammentaria e “ridotta”. È un’arte fallibilissima, che ha spesso colmato le lacune attingendo alle leggende e a un immaginario truculento e sensazionalistico, ma è anche la storia dell’incontro tra scienza e disegno – e dei mille modi che abbiamo escogitato per rievocare creature praticamente impensabili.

t17

Non è forse strabiliante?
Non è adattissimo a me?
Non me lo merito, forse?
L’anniversario di matrimonio è vicino. Preparo già il messaggio per Amore del Cuore.

I libri non fanno tutti lo stesso lavoro. Ci sono libri che vogliono mostrarci quello che non c’è – portandoci anche molto lontano – e ci sono libri che sembrano accontentarsi di quello che abbiamo già. I primi, spesso, costruiscono per noi interi universi dalle caratteristiche più o meno fantasiose e spericolate. I secondi, invece, fanno i modesti – ma può capitare che ci raccontino qualcosa di ancor più prezioso, scegliendo forse il modo più difficile. Perché lo sappiamo tutti com’è fatta una Panda. Sappiamo tutti com’è una casa piena di soprammobili o com’è fatto un paio di anfibi. Non sembra, ma raccontare il quotidiano in maniera meticolosa e “credibile”, con i suoi dettagli, le sue minuscole epifanie e le sue piccolezze, è molto complicato. Ma ogni tanto ci vuole.
Ecco, Il giro del miele di Sandro Campani è proprio uno di quei libri lì. Racconta la storia di una manciata di abitanti di un paese dell’Appennino tosco-emiliano. Ci sono boschi pieni di funghi da raccogliere, cani nevrastenici che abbaiano senza sosta, una falegnameria mandata avanti da due artigiani, abiti da sposa cuciti a mano, il bar in piazza. Tutto comincia – o ritorna – quando Davide bussa alla porta di Giampiero nel cuore della notte, finalmente pronto a raccontargli che cosa è andato storto. Giampiero era l’apprendista di Uliano, il padre di Davide, nella falegnameria dove lui giocava da piccolo ma che non ha voluto (o saputo) ereditare una volta diventato grande. Giampiero ha visto Davide innamorarsi di Silvia, sposarsi con lei – nonostante fossero così diversi – e vivere qualche anno di luminosissima felicità. E Davide ha visto gli affari di Giampiero rallentare sempre di più, fino a un incendio che gli ha portato via una mano e parecchie speranze. Chi si sfoghi con chi davanti al camino acceso non è chiaro e non è nemmeno importante. Ma c’è una bottiglia di grappa e la volontà, almeno da parte di Davide, di non arrendersi. Perché ha molto da farsi perdonare. E le parole giuste, spesso, vengono in mente sempre troppo tardi.

Campani Il giro del miele Tegamini

È una storia comune, una storia di provincia. C’è un matrimonio che si sfascia, una lince in agguato nel bosco, una lunga serie di discorsi mai affrontati, soldi che non bastano e che finiscono per metterti nei guai. Ci sono mogli, mariti, figli e sorelle che lavano la macchina, partono per un pic-nic in riva al lago, lavorano in una fabbrica di torte, incontrano soci poco raccomandabili, comprano un’ape regina che governi le nuove arnie o fanno trenta chilometri tutti i sabati per andare in piscina. Potremmo esserci tutti quanti, in questo libro. E parlare proprio come Campani fa parlare i suoi personaggi. La lingua è bellissima. Pulita, semplice, punteggiata di modi di dire e sfumature dialettali che sembrano invitarti al tavolo con Davide e Giampiero, come se da un momento all’altro arrivasse qualcuno a offrirti una fetta di torta.
Non è un romanzo fatto di avventure sconvolgenti e luoghi impossibili – …insomma, si arriva appena fuori Bologna, un po’ in collina. Ma di strada, senza spostarsi troppo dal soggiorno di Giampiero, se ne fa parecchia.
Una sorpresa meravigliosa.