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    About Me

    Francesca Crescentini è nata a Piacenza nel 1985. Non disponendo dei mezzi sufficienti per allestire una wunderkammer regolamentare, nel 2010 ha fondato Tegamini, un blog a metà tra un diario di bordo e un contenitore curioso. Dopo aver militato nel marketing editoriale e aver lavorato come digital copywriter, dal 2016 Francesca è traduttrice e content creator a tempo pieno. Vive a Milano con la sua famiglia e una quantità allarmante di piante.

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    • Mi è entrata una zolletta di zucchero nell’occhio. ❤️
    • Il concetto di “viaggiare leggeri” non si applica alle comitive che comprendono un bebè, ma tenderei a farlo diventare un punto di riferimento per come piglio le cose che succedono. Anche quando non si va da nessuna parte. Forse pretendiamo troppo dalle vacanze? C’è da esplorare, ma ti devi anche rilassare. Devi visitare tutto il visitabile, ma devi pure tenerti dei corroboranti momenti di contemplazione. E vai qua a mangiare e vai là a fare merenda. Issati fino al punto panoramico, imparati la rava e la fava del folklore locale, non essere abitudinaria SCOPRI CAMMINA OSSERVA FAI LANCIATI COL PARAPENDIO SPARATI 13 VISITE GUIDATE PROVA A CUCINARE I CANEDERLI CON UN CORSO ACCELERATO RIGOROSAMENTE IN LADINO IMMERGITI NEL LAGO FATTI DIRE I NOMI DI TUTTE LE MUCCHE MA RIGENERATI ANCHE MI RACCOMANDO GODITELA STAI TRANQUILLONA CHE POI FRA DUE GIORNI SI LAVORA. Diamine, forse si viaggia davvero leggeri quando si torna dove abbiamo già mappato tutto e dove non abbiamo più paura di perderci niente. O quando non si esige che le vacanze ci ricompensino di tutte le curiosità e di tutto il tempo che ci neghiamo durante la vita “normale”. I miei bagagli son sempre stati dei piombi totali, ma probabilmente la leggerezza a cui dovrei ambire è il puro e semplice tornare a casa meno pesante di come sono partita. 😊
    • Questo agosto si avvia a conquistare il primato del mese in cui ho letto meno forse da quando sono alfabetizzata. Come chiunque non soffra di particolari difficoltà, m’addormento in due modi: c’è il sonno deliberato e quello che ti piglia in maniera involontaria. Nel primo caso mi levo gli occhiali e li appoggio da qualche parte, nel secondo no. Non faccio in tempo ad organizzarmi, m’addormento e ciao. In questo periodo, oltre agli occhiali sulla faccia, mi si rinviene coricata con un libro sulla pancia, rigorosamente chiuso. Mi predispongo a godermi finalmente una parentesi di lettura, insomma, ma appena mi metto comoda vien giù la saracinesca. Come la vivo? Male, la vivo. È come se non fossi temporaneamente più capace di fare l’unica cosa che so fare davvero: leggere volentieri. Non mi consola il fatto di avere a disposizione un presente ricco di gioie, perché pure leggere mi fa contenta e fa parte di me. E ci metto anche sei mesi a scrivere quattro righe per raccontarmi come mi sento. Mi sembra di essere diventata un grosso minerale colorato che attende con pazienza di essere riportato alla luce. E intanto dorme, immaginandosi leggero e mobile. Non so bene cosa mi componga, ma spero ci sia qualche elemento bravissimo nell’immagazzinare energia vispa. Ne serve per “fare”, ma ne serve anche per immaginare.
    • AMAMI, SOFFICE CAMELIDE POFFOSO! 🦙 

#alpaca
    • Ho una lunga lista di storture che non volevo si riaffacciassero, ora che c’è un bambino nuovo. La prima è senza dubbio la sensazione di non essere presente, di farmi mangiare dalla risoluzione delle incombenze pratiche e di sbrigarle a ciclo continuo senza pensare, guardandomi da fuori. Ci sei, ma stai sperando di essere da un’altra parte. Ci sei, ma misuri il tempo in base a quanto credi che te ne venga sottratto. Ci sei, ma percepisci male lo spazio e ti pare che il tuo sia diventato un angolino. A questo giro mi sono accorta che il mio spazio non è una frazione di tutto lo spazio che c’è. Non ho un confine e non ho un cantuccio dove mi ripongo a intermittenza mentre faccio quello che serve fare. Non sto più vagando con una bandiera in mano senza sapere bene dove piantarla, perché da qua all’orizzonte è tutta roba mia. C’è dell’accidentato e c’è del panorama da cartolina, ma c’è in prima battuta una capacità un po’ più spiccata di rivendicare questo grande paesaggio mentre ci ruzzolo in mezzo. Credo che tanto dipenda dalla fiducia accumulata, dalla familiarità che si trova nel ripetere un gesto che abbiamo assimilato, da una visione complessiva più ampia di quello che può capitare - perché è già capitato e non va tutto inventato da capo. È come se, trovando già risposte per tamponare le falle pratiche, siano rimaste energie per esistere con più benevolenza nel presente. Con un bambino molto piccolo il tempo si deforma - non passa mai e passa velocissimo - ma se ci sono, se sono presente davvero, mi pare di non subirlo. Lo percepisco come un grande fenomeno naturale, come un temporale che si guarda da un riparo solido e asciutto. Vorrei averlo saputo costruire prima, ma vedendo quello che vedo ora - e come lo vedo - torno anche a quel che c’è stato… e finalmente mi levo di dosso i vestiti bagnati e me ne metto di nuovi. E vanno bene, perché dentro ci sono veramente anch’io.
    • Perché no, i neonati non vanno in vacanza. ❤️
    • Trovo difficile parlare di contentezza perché ho paura di causare interferenze. Somiglia un po’ a una forma di scaramanzia, forse. Sto disimparando a mettere le cose che succedono sulla bilancia e a considerare necessario che a fronte di qualcosa di brutto debba per forza arrivarmi qualcosa di felice. È una vecchia abitudine che credo dipenda dal bisogno costante di doversi meritare il buono. Guarda qua, ci ho lavorato sodo. Guarda qua, ecco la mia lista di ostacoli superati. Se penso di essere stata “brava” e di aver fatto il mio per costruire mi viene anche da credere che quel che di positivo arriva non solo risponda a un meccanismo chiaro di causa-effetto ma che abbia anche una qualità più solida e resistente. Non può sparire e non possono portartelo via, se diamo retta a questa forma di fede nella correttezza a lungo termine del destino. Ma è vero? Mi sa di no. Cosa governo, alla fin fine? Come reagisco a quel che arriva, probabilmente. E se è verificabile che certe cose sono il prodotto di sforzi mirati, ce ne sono altre che son troppo grosse - nel bello e nel brutto - per dipendere davvero da come intervengo sul cosmo. I prodigi fanno il loro senza badare a me, funzionano in un’economia diversa. I doni sono doni proprio perché arrivano senza condizioni. Mi fanno paura anche per quello, perché non dipendono da me. C’è un terrore molto specifico che si scatena quando li accolgo, ma è possibile che inneschino anche qualcosa che mi fa ancora più bene. Forse non è così sbagliato rispolverare la bilancia, perché nel provare a meritare anche quello che non speravamo arrivasse un po’ si migliora, magari, ci si prende cura con più energia e convinzione dello spicchio piccolo che davvero si controlla. Io ho sempre paura. Di tutto. E va bene, perché ho tantissimo da proteggere. Riuscirci, essere capace di farlo - quello sì, dipende da me.
    • Si sono organizzati. Comandano una legione di pupazzini sonagliosi di una tenerezza vergognosa. Siamo destinati a soccombere. ❤️

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