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Niente, non mi sono accorta in tempo che prima di Long Island – in libreria per Einaudi con la traduzione di Giovanna Granato – c’era Brooklyn, sempre di Colm Tóibín, e sono partita con il sobborgo sbagliato ma, se proprio mi impegno e provo a far tesoro di questa svista, posso rivelarvi in serenità che sta in piedi anche per conto suo. Saranno gli amori che si sviluppano su strane strutture poligonali, probabilmente: partono sbilenchi, che sarà mai approcciarli a metà strada.

Il problema che qua si palesa all’istante è un signore incollerito che suona alla porta di casa per informare Eilis Lacey che lui, fra nove mesi, le scaricherà sullo zerbino un neonato. O una neonata, quel che è. A lui in ogni caso non interessa, perché non è roba sua. La moglie gravida sì, ma il padre della futura creatura è il marito di Eilis, idraulico italoamericano che in casa loro doveva aver trovato parecchio da fare. Eilis cade dal pero e, fra lo sbalordimento e una quieta collera, informa l’invadentissimo clan di Tony che non ha la minima intenzione di occuparsi della prole illegittima altrui. Lei i suoi figli li ha già cresciuti e per quell’amore ha già sacrificato radici e accumulato rimpianti. Anzi, sai che c’è? Visto che nessuno mi tratta come un essere umano degno d’ascolto o di rispetto io torno per un po’ a casa mia in Irlanda, che mia madre e mio fratello son due decenni che mi vedono solo in foto.

Al paesello d’origine, Eilis ritrova dinamiche che sembrano cristallizzate nel tempo, ma scopre anche che il mondo non sta di certo lì ad aspettarti. L’unico che, per quanto può saperne lei, non ha messo su casa ma si è limitato a gestire con successo un pub, è Jim, l’uomo che in gioventù l’aveva quasi convinta a non attraversare l’oceano per costruirsi una vita con Tony. 
Mi avrà dimenticata? Che effetto mi farà rivederlo? Ma possibile che sia ancora scapolo? E cosa diamine ci fa la mia antica migliore amica a gestire una friggitoria fetente? È troppo tardi per pensare che si possa ricominciare?

Tóibín imbastisce un polpettone sentimentale da manuale, lasciandosi sostenere anche dal fascino “vintage” dell’epopea dell’emigrazione, con nostalgie, distanze siderali che gridano NON TI PERDERÒ ANCORA e frizioni inevitabili tra luoghi d’origine e luoghi che si scelgono con grandi atti di fede ma che, forse, ci rigetteranno sempre. Le macchinazioni del cuore restano però ingovernabili e quel che di interessante c’è qui è l’innesto dell’amore in una realtà che si considera già consolidata, chiusa, definitiva. Tutti e tutte hanno un percorso, molto da perdere e un rigoglioso giardino di illusioni da coltivare, oltre a un ramificato sistema di responsabilità da amministrare. Il fatto che Tóibín non metta nessuno in una posizione “facile” e che non permetta a nessun cuore di straripare e di crederci troppo regala al romanzo una cruda franchezza che ci fa deporre i bandieroni del tifo in favore di interrogativi ben più tremendi e ricchi: ma io….. che cosa farei? Quanto stupida mi sentirei? Sto amando una persona reale o l’idea di possibilità che ancora riesce a farmi intravedere? Perché ci ostiniamo? Perché facciamo finta di non capire?
A peggiorare le cose, per i personaggi, c’è l’abile gestione di Tóibín delle asimmetrie informative: in un piccolo paese dove per strada ti fanno la radiografia, il sotterfugio è una scorciatoia per il quieto vivere, ma anche una comodissima e ragionevole scusa per non affrontare mai la realtà. Noi, leggendo, sappiamo e vediamo tutto… e possiamo scuotere il capo con una saggezza che mille volte avremmo voluto sfoggiare nella vita vera. Cosa combiniamo, invece? Dei gran casini. Come Eilis, Tony, Jim e la volenterosa vedova che frigge. Forse, sperando, si sbaglia sempre. Ma è in quei traballanti spiragli che combattiamo davvero per la felicità.

[Long Island si può serenamente leggere, ma lo trovate in versione audio anche su Storytel.]

Credo che il target di (Non) disponibile di Madeleine Gray – in libreria per Mondadori con la traduzione di Alessandra Castellazzi – sia la gente che va a impelagarsi in relazioni extraconiugali di rara mestizia. Ma di quelle proprio con pesanti asimmetrie informative, numerose e continue promesse, illusioni a grappolo, perdita della dignità, vergogna diffusa, sotterfugi, codardia… è tutto troppo spiacevole per non ispirarci moti di crudeltà meschina mista a perentori MA SVEGLIATI TIRATI INSIEME DAI PER LA MISERIA strillati al libro.
Che nella vita abbiate o meno ricoperto il ruolo di amante o tenuto in piedi una tresca clandestina, Hera vi farà imbestialire. E no, non sto producendo spoiler perché è già tutto in bandella.

Che succede, a grandi linee?
Una ragazza totalmente impantanata – vuoi per contesto e tare generazionali, vuoi per personalissimi inghippi irrisolti – trova finalmente lavoro in un’agenzia/redazione e, pur volendosi appendere al lampadario per il tedio professional-esistenziale che prova, conosce un collega più grande di lei e gli appalta il suo cuore, il suo futuro, ogni ambizione di felicità e una porzione significativa della sua anima. Lui, flagellandosi a ripetizione e caricandola pure dei sensi di colpa che un vertebrato come si deve eviterebbe di delegare, ci sta.
Ma ha una moglie.
Quanto è probabile che la lasci?

Vorremmo rimuovere a colpi di scarpone da sci le fette di Parmacotto – *noadv* – che foderano gli occhi di Hera, ma poterla osservare scuotendo il capo e mormorando POVERACCIA GUARDA CHE ROBA è una paradossale forma di consolazione.
Se siamo state delle zerbine anche noi – come è probabile – proveremo solidarietà e sollievo, sentendoci anche delle divinità saggissime PERCHÉ ADESSO NON MI SI FREGA PIÙ BASTA È FINITA HO CAPITO. Se siamo immerse fino al collo nelle ruvide setole dello zerbino che siamo diventate, invece, Hera potrebbe risultare d’ispirazione e indicarci le uscite di sicurezza.
Non so se invitarvi o no a seguire il sentiero luminoso, perché la prolungata disfatta di una mia simile non mi rallegra, come mai ho ricavato sollazzo o lezioni preziose dai miei, di magoni. Non ho voglia di provare pena per Hera, così come non vorrei mai ispirare pietà. Ma è anche vero che ci si arrabbia e si “partecipa” se una storia ci fornisce il materiale adatto per farlo – e Hera, nostro malgrado, qualcosa riesce a dirci. Anche se vorremmo turarci le orecchie. 

Che la saga di Blackwater possa saldamente militare in un campionato a parte credo sia ormai assodato, anche se viene spontaneo e istintivo perseverare nel paragone o comporre una specie di mappa di gradimento della McDowell-produzione. Ora, Katie non è Gli aghi d’oro – per nostra fortuna – ma non è nemmeno un miracolo. Di buono ha il ritmo, una certa inventiva – anche se molto orchestrata – e il consueto centro di gravità femminile che ribalta un po’ i rapporti di forza “tradizionali”.

Si parte da una piccola cittadina del New Jersey, dove le Drax – madre e figlia – cercano di arrivare a fine mese tra fatiche inenarrabili e ben poche speranze d’ascesa sociale. Sono in balia del padrone di casa – il consueto RICCO SENZA CUORE DEL PAESE – e cercano di gestire la loro indigenza con dignità. Arriva, a un certo punto, la lettera del nonno invalido – che ha fondamentalmente disconosciuto la figlia quando s’è sposata con uno che lui riteneva un cialtrone -, padrone di una florida fattoria. È prigioniero di questi Slape, parenti acquisiti che lo tengono prigioniero in attesa che crepi per spazzolargli via tutti i soldi che ha da parte. Philo Drax, la nipote, parte per soccorrerlo… e da lì cominceranno i guai.

I tre Slape sono dei delinquenti sociopatici a conduzione matriarcale che si rapportano al mondo con bestiale disinvoltura. Sanguinari, illetterati e gretti, esistono in una dimensione tutta loro e non temono né il biasimo del mondo civilizzato né eventuali castighi giuridici (o divini). Sono avversari agghiaccianti e imprevedibili, proprio perché non pensano come membri funzionali della società e la infestano come parassiti. Punta di diamante della combriccola è Katie, una ragazza dell’età della nostra assennata e “buona” Philo Drax. Katie è dotata di sconvolgenti poteri divinatori e ama molto prendere la gente a martellate – con gran gusto di McDowell, che le fa fare roba francamente irripetibile.

Il romanzo segue Philo nel suo tentativo di riequilibrare la bilancia della giustizia e ci accompagna anche alla scoperta dell’abisso che separa le classi sociali dell’America del tempo, dalle cittadine industriali a New York, grande metropoli tritacarne che dispensa fortune e immense sciagure. 
Non è male, secondo me. Ma non è nemmeno un capolavoro di acume… e penso dipenda dagli Slape. Cosa ci insegnano le storie dei serial killer? Quelle più interessanti – per quanto nefaste – obbediscono a un “progetto”, a una motivazione di fondo, a un’idea. Gli Slape non possono contare su nulla di tutto questo. Sono un male puro, quasi casuale, esagerato e forse anche ridicolo. Posso accettare di essere presa a martellate… ma mi devi dire perché.

[Il romanzo è in liberia per Neri Pozza nella traduzione di Elena Cantoni, accompagnato dal consueto (e sontuoso) trattamento grafico di Pedro Oyarbide, ma potete anche trovarlo in versione audio su Storytel, con la voce di Antonella Civale. Vi ricordo sempre che a nostra disposizione ci sono 30 giorni di collaudo gratuito offerti da Storytel. Il periodo di prova si può attivare qui.]

Di Juniper & Thorn avevo cominciato a sentir parlare durante il vivacissimo BUZZ di lancio di Ne/oN – l’imprint di schieramento fantastico delle Edizioni e/o -, ma mi sono convinta a procedere solo dopo averlo ritrovato nella Ghinea di dicembre, ben sviscerato nel pezzo di Diletta Crudeli. Non mi aspettavo di certo una garrula passeggiata per i prati, ma sono rimasta comunque piuttosto sorpresa dalla piega gore che accompagna la parabola di Marlinchen e delle sue sorelle. Nell’economia generale della faccenda, però, quella crudeltà così fisica e pesante ha perfettamente senso, quindi mettiamocela in saccoccia e pedaliamo.

Che succede?
Partendo da una fiaba dei fratelli Grimm – già di loro più che avvezzi alla truculenza, pienamente espressa nel Ginepro -, Ava Reid costruisce un altrove che richiama l’Est Europa, in bilico tra antichi e nuovi paradigmi. La città di Oblya, come racconta anche Reid in questa succulenta intervista, è ispirata all’Odessa del primo Novecento, la perla di un impero in cui sono confluiti popoli diversi, tradizioni radicate e impulsi rivoluzionari di industrializzazione e modernizzazione.
In questo posto liminale e ribollente, l’ultimo stregone del regno vive con le sue tre figlie in una casa totalmente separata dalla società, in una sorta di bolla in cui sopravvivono i valori e i codici del vecchio mondo. Zmiy Vashchenko ha spazzato via la sua unica concorrente, trasformandola in un vomitevole grumo di serpi ma, prima di lasciarsi sopraffare, la temibile Titka Whiskers l’ha maledetto: dormirai ma non ne ricaverai alcun ristoro, mangerai ma continuerai ad aver fame, sarai attorniato dalle tue figlie ma non saprai più nutrire alcun affetto per loro!
La maledizione funziona a meraviglia e lo stregone perdurerà tra mille tormenti, asserragliato nella sua fortezza come il relitto di un universo destinato a scomparire e campando sostanzialmente alle spalle delle tre sorelle, streghe anche loro. Le maggiori sono bellissime – Undine prevede il futuro guardando in uno stagno che le restituisce il suo magnifico riflesso, mentre Rosenrot è un’erborista straordinaria – mentre l’ultima, Marlinchen, divinatrice della carne, non ha niente di speciale. Anzi, le viene continuamente ripetuto che è brutta, sgraziata, ordinaria e indegna d’amore.
Tutte e tre ricevono a ripetizione clienti in cerca di prodigi e, per pochi soldi, mandano avanti la baracca, di fatto prigioniere dei capricci e delle imposizioni del padre, che servono senza devozione alcuna ma nel perenne terrore che possa rendere le loro vite ancora più insostenibili. Marlinchen fa la serva per tutta la famiglia, tollerando angherie costanti, le intemperanze dei mostri che popolano il giardino e anche il peso di un potere che le permette solo di mostrare quel che c’è e mai di mutare concretamente la realtà, anche se molto ce ne sarebbe bisogno.
È davvero possibile, però, stritolare a tal punto l’orizzonte da soffocare ogni slancio verso la libertà?  Vashchenko è un tiranno che amministra con grande talento manipolatorio il suo controllo sulle figlie. Non solo le limita fisicamente, confinandole alla casa e al giardino, ma fa tutto quel che può per lasciarle nell’ignoranza, sia della storia che della contemporaneità. I poteri delle tre sorelle sono innati e “funzionanti”, ma lo stregone li dipinge in pianta stabile come ridicoli, in confronto ai suoi. Non trasmette alcuna conoscenza, non offre spiragli o futuro. Soddisfare i bisogni del padre – la fame incessante dello stregone ha la precedenza su tutto – è l’unico compito ammissibile, per le tre sorelle. Ma Vashchenko sarà abbastanza formidabile da tenerle rinchiuse per sempre?

Il romanzo di Reid è ricchissimo di stratificazioni. Ci si può cercare dentro l’alba dell’industria e del sapere “scientifico” che spazza via la superstizione per proporre un avvenire luminoso – almeno per i pochi che stanno in cima alla catena alimentare. Lo si può vedere come una mastodontica operazione di gaslighting e di violenza domestica sistematizzata, la si può leggere come una storia di riscatto e di liberazione a carissimo ma necessario prezzo, fatta di alleanze innaturali e di sopraffazioni meschine. Marlinchen è l’anello di congiunzione tra mente e corpo, un po’ perché il suo potere legge nella carne quello che per il pensiero è quasi impossibile da sopportare, ma anche perché è sulla sua pelle e nella sua coscienza che si compie la trasformazione più drastica, agghiacciante e decisiva. Ci si salva quando si smette di vedere (e di vedersi) con gli occhi di chi vuole tenerti buona, si decide per sé quando si trova il coraggio di immaginare quello che ti è stato portato via.

Insomma, Juniper & Thorn ha saputo atterrirmi più per l’atmosfera ricattatoria e bieca di casa Vashchenko – e del luccicante teatro di Oblya – che per le secchiate di sangue che a più riprese mi sono arrivate in faccia. Se siete in cerca di un bel groviglio da interpretare, cattivo come una fiaba classica ma assai più capace di parlare al presente, accostatevi con coraggio al cancello dello stregone. 

[Juniper & Thorn si può leggere nella traduzione di Giorgia Demuro per Ne/oN e si può anche ascoltare su Storytel, come ho fatto io. Un collaudo? Ecco qua il solito mesetto di prova gratuita.]

A cosa serve la storia? Dipende. Sapere da dove veniamo può indicarci con più chiarezza la strada verso il futuro, impartendoci sonore lezioni e fornendoci strumenti preziosi, nella speranza di non ripetere tragici errori. Approfondire le proprie radici collettive può rendere il presente più comprensibile, spingendoci ad affrontare il domani con solide consapevolezze e granitici punti di riferimento. Decifrare il passato per spiegare l’oggi, insomma, con l’auspicio che all’orizzonte esista un domani “migliorato”, più giusto e trasparente, più ricco e felice. Queste interpretazioni ottimistiche e speranzose non tengono però conto di molti chi. In Suoni ancestrali di Perrine Tripier – in libreria per E/O con la traduzione di Alberto Bracci Testasecca – la “fonte” di un improvviso slancio collettivo verso l’approfondimento storico si rivelerà cruciale. 

Ci troviamo in un nebuloso regno marittimo governato da un imperatore teatralissimo e troppo fanciullesco per destare sospetti di particolare pericolosità. Il regno è dotato di una società ordinata, di università e di una popolazione poco incline ai colpi di testa. Non si capisce bene che cosa s’insegni a scuola, però, visto che il regno sembra non conoscere le proprie reali origini. Ci sono miti e filastrocche, ma i testi e i reperti consultabili coprono un arco temporale non troppo remoto e su cosa sia capitato prima c’è ancora del gran mistero. Il Dipartimento di Storia tormenta da anni la costa sabbiosa, cercando non si sa bene quale antenato. Un bel giorno, però, una duna ingiustamente snobbata restituisce una città… e dona un’occasione d’oro all’imperatore. Che si tratti della capitale perduta dei Morgondi, i leggendari avi del nostro popolo? I valorosi guerrieri delle fiabe sono tornati per indicarci la via!
L’imperatore alza le tasse, convoglia una barca di soldi agli scavi e pesca la più autorevole delle archeologhe/storiche del Dipartimento per documentare le operazioni e per riferire in regolari bollettini pubblici i progressi dello squadrone. L’imperatore desidera tantissimo che i guerrieri che hanno fin a quel momento riposato in mezzo a conchiglioni sonori, gabbie toraciche di balene immani, colonnati meravigliosi e spade cesellate siano proprio i Morgondi che intende lui – valorosi eroi, sapienti giustizieri di mostri, antichi parenti di cui andar fieri e che, col loro fulgido esempio, possano restituire ulteriore lustro al regno… e alla sua notevole persona. 

Martabea, che di solito piglia seriamente il suo lavoro e che, al contrario dell’imperatore, viene dalla campagna e ha sempre sperato di potersi emancipare dal pantano delle sue origini, viene installata in un villone, spesata, servita e coccolata. Certo, ogni tanto le tocca infilare una frase goffa e pomposa dell’imperatore nelle sue cronache, ma le pare un prezzo relativamente piccolo da pagare per far parte di quell’impresa gloriosa, che tanto pare già giovare al regno e parecchio anche alla sua carriera. Il popolo gioisce di ogni scoperta, i Morgondi sono stupendi, lode all’imperatore!
C’è dell’altro, però? Purtroppo sì. 

Tripier affida a Martabea un compito ingrato. La rende inevitabilmente sensibile alle lusinghe di un insperato privilegio e le sbatte poi in faccia una verità che polverizza ogni umana decenza. Non vi racconto cos’altro troveranno, nella città dei Morgondi, ma facciamoci bastare un’osservazione basilare: può capitare, nella peggiore delle ipotesi, che la storia sia di chi la scrive. In questo libro, così come spesso è capitato anche “fuori”, nel mondo che conosciamo noi, il materiale storico è interpretabile come leva di potere e di controllo. I miti sono formidabili e la nostra suggestionabilità, di fronte una “bella storia”, è una tentazione più che ghiotta e un terreno competitivo prezioso. Si sceglie cosa raccontare e a chi, si sceglie cosa omettere e cosa distorcere. Si sceglie per convenienza, compromesso, paternalismo – perché un buon imperatore sa sempre che cosa è meglio per il suo fiducioso popolo. Martabea si muove lungo il confine scivoloso che separa la verità dalla propaganda, i fatti dalle fandonie strumentali. Cosa sarà disposta a sacrificare?

Suoni ancestrali è un oggetto intrigante. Si legge alla svelta e non vi donerà particolari stupori a livello di scrittura o guizzi strutturali, ma funziona se ci si lascia interrogare. Martabea e la manciata di personaggi che la circondano sono piccoli segnaposto e “simboli”, più che esseri umani dotati di rotondità. Che siano così – e che anche il contesto sia sbozzato – può bastarci, perché il punto non è il “chi” e non è il “dove”, ma quel che conta è che la storia, morgonda o meno, possa diventare manipolabile. E che esista sempre, da qualche parte, qualcuno a cui conviene credere alla versione del più forte.

Che gioia, arrivano le vacanze! Leggerò un sacco! Ho programmi ambiziosissimi! Nulla turberà la mia pace e scalfirà i miei propositi!
E invece niente.
Nella vita sì, ci son stati periodi di ferie in cui sono riuscita a godermi romanzoni di ogni tipo, ma quest’anno mi sono un po’ inchiodata. E che accade quando mi inchiodo? Cerco di divertirmi, tendo a lanciarmi in esperimenti strampalati e assecondo incontri fortuiti. Con Cinque lame spezzate di Mai Corland sono un po’ in anticipo sull’uscita italiana, ma conto che questi pensierini torneranno buoni fra poco e potranno accompagnare chi vorrà cimentarsi. Ho visto spuntare l’edizione in inglese – Five Broken Blades – dallo zaino dell’ufficio del mio consorte e l’ho immediatamente assalito con OH MA GUARDA IL TAGLIO COLORE MA CHE ROBA BAROCCA MA COS’È MA DA DOVE VIENE MA COSA SUCCEDE MA LO FAI TE. Ebbene sì, lo fa lui. Esce a fine gennaio per Magazzini Salani – con la traduzione di Benedetta Gallo.
L’ho letto subito? Già.
Farò spoiler? Giammai.

Quel che occorre sapere è che il re di Yusan è spietato e immortale. La sua dinastia ha riunificato il regno servendosi di reliquie prodigiose di un antico imperatore dragonesco – non ci sono draghi in circolazione, però, possiamo tirare un sospiro di sollievo – e ha sempre governato col pugno di ferro, un acuto disprezzo per il popolino e una sempre corroborante spolverata di misoginia. Cinque lame spezzate è la cronaca di una complicata macchinazione che dovrebbe portare al cruento assassinio del re. Chi sono i mandanti? Dipende. Che vogliono guadagnarci? Dipende. È possibile uccidere un re immortale? Dipende.
In questo vasto cumulo di variabili aleatorie, Corland spedisce all’avventura una specie di Suicide Squad che, dai quattro angoli del mondo conosciuto, cercherà di convergere verso un obiettivo condiviso. C’è un miscuglio interessante di talenti, potenziali leve di vendetta e opportune capacità, perché abbiamo un principe esiliato, una ladra, un picchiatore a cottimo, una spia di palazzo, un nobile rampollo e una bellissima assassina velenosa – letteralmente. I volenterosi congiurati procedono a coppie e, ovviamente, coltivano obiettivi segreti, si nascondono a ripetizione informazioni vitali, tramano, trucidano e brigano. Ma imparano anche a conoscersi, esplorano antiche relazioni, si amano, si guardano le spalle a vicenda e costruiscono nuove alleanze.

Come fila? Fila via bene, perché Corland ha preso un’ottima decisione: ogni capitolo è affidato a un punto di vista diverso. Non ci sono miracoli di tono – a parte un paio di casi, infatti, il registro non viaggia su uno spettro che rispecchia la varietà dei personaggi – ma è sfizioso che la storia proceda offrendoci a turno uno spiraglio sulle motivazioni segrete e sui sentimenti dei membri del gruppo. Chi legge ha un quadro della situazione decisamente più sfaccettato rispetto a chi fa parte della brigata e il finale è buono, perché tende a sorprendere sia loro che stanno dentro al romanzo che voi che state fuori per i fatti vostri. 

A cosa somiglia? Come in questi casi, forse a tutto e forse a niente.
L’ambientazione è un grande collage di suggestioni diverse, perché diversi sono i luoghi di provenienza dello sgangherato manipolo e perché Corland – nata a Seoul ma statunitense d’adozione – ha deciso di attingere a leggende e folklori con fluidità e contaminazioni, evitando approcci monolitici.
L’aspetto romance non è prioritario o particolarmente invasivo – anche perché poter disporre delle “sottotrame” di un ventaglio non minuscolo di personaggi vivacizza la faccenda. C’è il mistero, c’è la politica, ci sono terrificanti relazioni di potere e a ognuno viene assegnata una motivazione credibile – ci si pesta su parecchio ogni volta che cambia il punto di vista, ma almeno non ci disorientiamo.
Le sequenze di spavalda azione – per quanto Corland cerchi sempre di trasformarle in occasioni di avanzamento o cambiamento relazionale – mi son sembrate l’aspetto più deboluccio, ma è anche vero che l’azione tende a non convincermi quasi mai. Datemi due mesi di rogne di palazzo e sarò felicissima di risparmiarmi briganti lungo la strada, trappole e PUGNI NELLE MANI.

Mi sono sentita intrattenuta? Certo. E attendo con trepidazione l’inevitabile (e forse inesorabile) seconda puntata.

Le tradizioni che riesco ad alimentare con assiduità non sono tante ma resiste l’abitudine di radunare quello che ho letto più volentieri nell’anno appena trascorso. Avrò letto tanto? Avrò letto poco? Chi se ne importa. Chi mai dovrebbe stabilirlo, poi? Ho letto con curiosità e con la speranza costante di scoprirmi meravigliata, quello sì. Ricordiamo volentieri quello che ci fa stare bene, quello che ci accompagna al momento giusto e che sa parlarci, assecondando magari di sguincio bisogni invisibili, domande strane e necessità ondivaghe. Vale per quel che combiniamo stando al mondo – coltivando relazioni e cercando di modificare condizioni che ci sembrano avverse – e vale perfettamente anche per un bilancio di lettura. I miei preferiti del 2024, insomma, sono libri che hanno saputo accompagnarmi con sollecitudine, sorprendendomi e – spesso – dimostrandomi che si trova qualcosa anche quando non capiamo bene che cosa diamine stiamo cercando. 

In che ordine li piazziamo? In ordine di apparizione, da gennaio a dicembre, rispettando il mio ordine cronologico di lettura.
Sono libri di cui ho già parlato? Certo che sì. Troverete quindi degli agevoli rimandi ai pensierini originari. 


Nino Haratischwili
L’ottava vita (per Brilka)
Marsilio
Traduzione di Giovanna Agabio

Il mio ingresso nel 2025 non può competere per ricchezza e foliazione con questo mattone monumentale, ma ricordo con affetto il mio coraggio di un anno fa. Non ne è servito poi molto: L’ottava vita fila via molto più liscio della tumultuosa storia familiare – e Storia collettiva – che racconta.
Per approfondire: ecco qua.


Alba De Céspedes
Quaderno proibito
Mondadori

Nel 2024 mi pare si sia deciso che era il momento di riscoprire Alba De Céspedes – con tanto di incoronazioni chic. Fortunate quelle che l’hanno letta “in diretta”, fortunate noi che ci siamo arrivate dopo.
Ecco qua il pezzo – purtroppo non sponsorizzato da MiuMiu, ma pace.

 


Barbara Kingsolver
Demon Copperhead
Neri Pozza

Traduzione di Laura Prandino

In quota “piace tantissimo a tutti quindi sicuramente a te verrà il nervoso e arriverà ad assalirti la forte tentazione di detestarlo per ripicca”. E invece no. Demon Copperhead è un prodigio di tono e di equilibrio – perché solo se c’è un’accorta gestione della “voce” si può trovare accettabile una simile quantità di sfighe strutturali e di pessime decisioni intenzionali.
Per conoscere meglio Demon, ecco qua.


Christine Coulson
One Woman Show
Particular Books

Si può raccontare la vita di una donna immaginandola come un’opera esposta in un museo, servendosi soltanto delle didascalie che solitamente accompagnano reperti, quadri, sculture e artefatti? In determinate circostanze sì… e diventa potentissimo se la forma accompagna una precisa funzione metaforica. Un gioiello.
Per capirci qualcosa – interni compresi – vi rimanderei qui.

 


Nicoletta Verna
I giorni di Vetro
Einaudi

Il Ventennio, la guerra, la Resistenza. Una storia di “paese”, di potere, di sopraffazione, di compromessi impossibili e di strenua e fierissima opposizione. Sarebbe ora che il disgusto per quel passato diventasse davvero patrimonio comune… e sarebbe bello non doverlo manco più ripetere, perché dovrebbe essere il minimo sindacale della civiltà.
Qua trovate anche una video-ricognizione con telecronaca.

 


Ann Patchett
Tom Lake
Ponte alle Grazie

Traduzione di Michele Piumini e Valeria Gorla

Tre figlie ormai grandi tornano a casa nel Michigan per raccogliere ciliegie e sbrogliare quelli che considerano grandi segreti di famiglia. Perché la mamma ha abbandonato una promettente carriera di attrice? Come è possibile che sia finita qua a zappare? Ma, soprattutto, sarà vero che il passato è obbligatoriamente la dimensione del rimpianto?
Per indagare ulteriormente, ecco qua. 


Antonio Franchini
Il fuoco che ti porti dentro
Marsilio

Quante madri, in questo 2024. Quella di Antonio Franchini è una sorta di idra multiforme, un paradosso ambulante, una forza d’invasione che deforma lo spazio e i sentimenti. Inevitabilmente, però, è anche una protagonista memorabile.
Per fare amicizia con Angela Izzo – che con voi non vuole avere niente a che fare – ecco qua.

 


Melissa Panarello
Storia dei miei soldi
Bompiani

Solo chi di soldi ne ha tantissimi trova volgare occuparsene. Per il resto del mondo, i soldi sono un argomento necessario. Per chi scrive, possono diventare la chiave per raccontare tutto quello che cerchiamo di nascondere. Una bella sorpresa e un gioco di specchi fascinosissimo.
Ecco qua Clara T. e la scrittrice a cui aveva prestato la faccia.

 


Sally Rooney
Intermezzo
Einaudi

Traduzione di Norman Gobetti

Dopo Dove sei, mondo bello ho tirato un sospiro di sollievo, lo ammetto.
Qua mi diffondo un po’ di più (senza spoiler) – trovate anche un contenutone video.

 

 


Aurélien Ducoudray, Guillaume Singelin
The Grocery
BAO Publishing

Traduzione di Francesco Savino

Zerocalcare è bravo anche a curare le collane? A giudicare dalla prima uscita dei suoi Cherry Bomb mi viene da dire di sì. Un’epopea malavitosa di rara truculenza e stratificazione, con una ricchezza visiva e tematica che produrrà vertigini e visceralissime reazioni.
Ecco qua un po’ di materiale in più.


E il 2025? Chissà. Vediamo che succede. Felici e propizie letture anche a voi.

 

Sì, c’è un mischione iconografico perché l’avevo originariamente letto in inglese ma Respiro è ormai apparso anche in italiano e questa qua è l’edizione Sperling&Kupfer con la traduzione di Christian Pastore.

Dunque, Ted Chiang è una specie di antropologo della fantascienza, un architetto di paradossi e un acuto studioso delle relazioni tra tecnologia, linguaggio e umanità.
In questa raccolta – sostenuta da idee brillantissime ma anche da una scrittura super fascinosa, eclettica e camaleontica – troviamo pappagalli che parlano, strutture tribali (e cognitive) modificate dall’avvento della scrittura, dispositivi che immagazzinano i nostri ricordi (TUTTI), prismi che possono metterci in comunicazione con i nostri equivalenti in realtà alternative, tate meccaniche, antichi alchimisti che viaggiano nel tempo, software allevati per anni come bambini, aggeggi che annullano il libero arbitrio, scienziati robot che si dissezionano da soli per capire come funziona l’universo.
Ogni scenario è ricco di vaste conseguenze ed è ancoratissimo a una realtà che ci appartiene, perché popolata da personaggi che decifrano il mondo, si domandano chi sono, cercano di prendere decisioni e mettono in discussione quello che sanno. È un tuffo nelle profondità della nostra potenziale relazione con la tecnologia, del legame tra vita e pensiero, tra mente e limiti imposti dal tempo e dal corpo. Vorrei aver letto Chiang prima di vedere Black Mirror. Mi hai rovinato Black Mirror, Chiang. Sei molto più bravo te.

Non so se riuscirò mai a ricordarmi nell’ordine giusto le creature che popolano il titolo di questo illustrato tenererrimo di CharlieMackesy – uscito per Salani con la traduzione di Giuseppe Iacobaci –, ma quello che posso affermare per certo è che a esplorare il mondo ci sono un bambino che un po’ teme la solitudine, una talpa fiduciosa e tondeggiante che può contenere quantità industriali di torta, una volpe di poche parole che impara pian piano a mettere da parte le sue diffidenze e un cavallo saggio che si finge meno magico di quello che è. Vanno a zonzo insieme, si palleggiano con semplicità e grazia grandi dubbi esistenziali, chiedono aiuto quando ce n’è bisogno e, soprattutto, ci raccontano l’amicizia con un candore che squaglia il cuore e lascia aperto uno spiraglio di speranza, nonostante si stenti spesso ad accogliere le proprie fatiche e a concedere agli altri un po’ di fiducia. Anche i grandi hanno bisogno di sentirsi dire che andrà tutto bene? Secondo me sì. E pure piuttosto di frequente. È un libro? Di sicuro. Ma è anche un fuocherello capace di confortare – a ogni età. 

Ci siamo. Lo so, l’immagine di copertina di queste guide ai doni di Natale editorial-letterari diventa di anno in anno più grottesca, ma dispongo di un senso dell’umorismo davvero elementare e mi basta pochissimo per divertirmi. Parto con la solita tiritera delle premesse metodologiche.

Cosa troverete in questo listone? Le strenne. Le strenne si configurano come idee-regalo efficaci perché sono libri dal perimetro tematico molto chiaro e perché sono tendenzialmente degli oggetti “belli”. Insomma, edizioni curate che offrono una buona risposta a un interesse dichiarato e manifesto. Ogni anno faccio il possibile per coprire un ampio ventaglio di argomenti ma, in quanto frutto di una selezione soggettiva, tendono a finirci inevitabilmente dentro delle proposte che rispondono anche alle mie fissazioni e alle mie curiosità. Mi auguro possano coincidere con quelle delle persone a cui vi va di fare un regalo… o con le vostre.

Al fondo del post troverete ulteriori collegamenti per esplorare le liste degli anni passati e vi esorto a spulciare ben bene anche gli eventuali paragrafetti che concludono le singole “schede”, perché anche lì troverete suggestioni e indicazioni aggiuntive. Non sono stata lì a contare, ma quella di quest’anno è largamente la lista più nutrita che mi sia capitato di comporre. Spero possa essere d’aiuto.

[Sì, la lista contiene dei link di affiliazione. Nulla vi vieta di prendere nota dei titoli e di andare a procurarveli nella vostra libreria di fiducia o nei luoghi che frequentate abitualmente, ci mancherebbe altro.]

Procedo.


Hjörleifur Hjartarson & Rán Flygenring
Il libro segreto degli elfi d’Islanda
IPERBOREA

Traduzione di Silvia Cosimini

Per chi ha già esplorato gli sconvolgenti paesaggi vulcanico-ghiacciati e per chi continua a sognare d’andarci, una mattissima ricognizione di un pezzo molto significativo del folklore islandese: gli elfi. Che fanno, dove si nascondono, come interagiscono con gli esseri umani, di quali prodigi o iatture sono responsabili. Un curiosissimo viaggio che mescola racconto, illustrazione, meta-contributi, epoche e registri diversi per coltivare miti e comprendere come continuino a persistere nella storia culturale del presente.

Paesaggi gelati e incontri che squarciano il velo della realtà? Possiamo orientarci anche su Susanna Clarke – già dal mondo acclamatissima per Jonathan Strange & il signor Norrell (stupendo) e per Piranesi (lo dovrei leggere ma non ci sono ancora arrivata). Anche Il bosco d’inverno (Fazi) fa parte del medesimo universo e racconta di una ragazza inquieta – come tutte le sante – che comprende meglio la natura e le bestie di quanto capisca le persone. È smilzissimo ma deliziosamente illustrato e sia per formato che per copertina ricorda le fiabe di Coralie Bickford Smith.
Altre fantasticherie? L’Ippocampo sta creando una mini-collana illustrata per mappare le entità leggendarie: streghe, fate, mostri, draghi.


Laura Pasquini
Il diavolo | Storia iconografica del male
CAROCCI

La festività che celebra la nascita del Bambin Gesù potrebbe essere quella meno opportuna per presentarsi con un tomo riccamente illustrato che indaga la parabola iconografica del demonio, ma chi sono io per moralizzarvi. Anzi, sono prontissima ad accompagnarvi fino all’Albero della Conoscenza e a indicarvi la mela più matura. Pasquini parte dalla remotissima antichità per approdare al presente e, tra code puntute e lingue di fuoco, ricostruisce il percorso figurativo del diavolo e le molte facce che nel corso dei secoli ha deciso di “indossare” per tentarci. Una magnifica panoramica per il più temibile degli avversari.

Un corollario? Di diavoli Gustave Doré ne ha sicuramente raffigurati parecchi… e non solo nel “suo” Inferno dantesco. Per ritrovarli e per esplorare il vasto rapporto di Doré con il mitologico e il fantastico c’è un volumone notevole uscito per l’Ippocampo.


The Christmas Book
PHAIDON/MARSILIO ARTE

Tradizione, folklore, immaginario pop, giocattoli, addobbi, abeti, pacchetti, renne, musica… il Natale è un costrutto multiforme in cui convergono usanze, fede, riti turbocapitalistici e speranze umane d’ogni sorta. The Christmas Book – ideato da Phaidon e pubblicato qui in Italia in una co-edizione con Marsilio Arte – ambisce a raccontarci che cos’è (e che cos’è diventato) il Natale a partire da una sterminata molteplicità di contributi visivi commentati, dalla storia dell’arte alla pubblicità, dal cibo ai riti collettivi.


Giulia Depentor
Dinastia | Alla ricerca della tua storia di famiglia tra segreti e misteri
FELTRINELLI

La ricerca autoriale di Giulia Depentor si è in prevalenza concentrata sui cimiteri e sulla valenza culturale dei riti funebri. Non sarà un tema particolarmente festoso, va bene, ma è senza dubbio curioso e ricchissimo di spunti, storia e sorprese. Anche Dinastia si occupa di memoria, incoraggiandoci però a ricostruire le gesta dei trapassati attraverso gli strumenti della genealogia e parecchio spirito investigativo. Insomma, in questo libro troverete Depentor che va volenterosamente alla ricerca dei suoi avi ma anche una guida pratica per far luce sulla vostra storia “dinastica”.


Jens Andersen
Lego | Una storia di famiglia
SALANI

A Ole Kirk Kristiansen, falegname di campagna, dobbiamo molte gioie, anche se la “sua” Lego era incomparabilmente più piccola di quella che conosciamo oggi. Tutto inizia in Danimarca nel 1934 e, tra innovazioni, invenzioni geniali e abbondante spirito d’adattamento, nasce un impero – rigorosamente fatto di mattoncini. Questo libro, autorizzato e benedetto dagli stessi Kristiansen, ricostruisce la storia delle tre generazioni che hanno contribuito al successo planetario della Lego, tra cronaca aziendale e saga di famiglia.


Sofia Coppola
Archive
MACK BOOKS

Dalle Vergini suicidePriscilla, questo tomone poderoso – curato dalla stessa Coppola – raccoglie i materiali più significativi che hanno accompagnato la regista durante la produzione dei suoi film. Alla conclusione di ogni lavoro, Coppola inscatolava tutto quello che le era servito in fase di sceneggiatura, riprese, definizione della scenografia, costumi, bozzetti, foto scattate sul set e memorabilia di ogni genere. Ecco, dopo aver accumulato parecchi scatoloni, ha deciso di aprire il suo notevole archivio e di riorganizzare i reperti più salienti in questo libro.

E in italiano cosa c’è? Potete orientarvi felicemente su Sofia Coppola: Forever Young di Hannah Strong, uscito per Il Saggiatore. 


Kate Strasdin
Il diario di Mrs Anne Skyes | Una vita in abiti e stoffe
FELTRINELLI

Traduzione di Mariagiulia Castagnone

Strasdin è una storica della moda e, nel 2016, ha ritrovato in fondo a un vetusto baule un album unico nel suo genere. Iniziato nel 1838 da una giovane donna inglese assai meticolosa, l’album conteneva numerosissimi scampoli di stoffa “commentati”. Tra annotazioni biografiche, viaggi, coordinate spaziotemporali e occasioni mondane ben catalogate, Strasdin ha studiato a fondo l’album per ricomporre in questo libro la parabola personale della sua proprietaria e lo spaccato sartorial-sociale di un’epoca intera.

Vogliamo intripparci ulteriormente con orditi, trame e filati? Da Gribaudo trovate anche La grammatica dei tessuti di Michela Finaurini. Potrebbe interessarvi un’incursione negli archivi inestimabili del Musée de l’Impression sur Étoffes di Mulhouse – già luogo di pellegrinaggio per chiunque crei abiti? Ci ha pensato Taschen con i due volumi di The Book of Printed Fabrics | From the 16th century until today
Ulteriore corollario: ci sono persone di vostra conoscenza che vogliono approcciarsi al lavoro a maglia? Perfetto, qua c’è Knit, knit, knit! di Sara Menetti (Feltrinelli), un manuale illustrato sull’arte di sferruzzare. Volete imparare a rammendare a livello squisitamente pratico ma volete anche assimilare i valori filosofico-conservativi legati al rammendo? C’è Con ago e filo. Un manuale per rammendare abiti, abitudini e cuori di Sonya e Nina Montenegro (Quinto Quarto).


Camilla Sernagiotto
Senza scadenza | L’intramontabile packaging made in Italy
ULTRA

Per il Team Nostalgia e per chi ama esclamare “ah, ai miei tempi saltavamo i fossi per il lungo!” ma anche per chi nutre un più che legittimo interesse per il packaging e per la grafica commerciale, Senza scadenza è un’avvincente enciclopedia visiva dei prodotti più caratteristici della storia industriale italiana.

Delle amarene Fabbri vi intriga più il lettering che la confezione? Non c’è problema, pure quello è assolutamente fondamentale e potrete approfondirne numerosi aspetti in Thinking with type. Tipografia e progettazione grafica: una guida critica di Ellen Lupton per Quinto Quarto.


Fornasetti | Memorie del futuro
ELECTA

La bellezza devastante dell’immaginario fornasettiano non ha bisogno di particolari presentazioni. Piero fonda il marchio negli anni Quaranta e Barnaba, il figlio, ne raccoglie l’eredità, valorizzando gli archivi paterni e traghettando il marchio verso i vasti orizzonti internazionali. Tra arte, design, fantasia originalissima e soluzioni disallineate, quello di Fornasetti è un universo creativo unico. Questo librone è un po’ il “greatest hits” del marchio, una retrospettiva museale sfogliabile e anche un buon premio di consolazione, visto che le seggiole con lo schienale a forma di capitello io non me le posso ancora permettere anche se le amo di un amore puro, sconfinato e assoluto.


Matthew Shindell
La luna. Miti, scienza e mappe
EINAUDI
Traduzione di Daniele A. Gewurz

I Saggi Einaudi hanno una gabbia molto riconoscibile e codificata. Sì, sono dei libroni rigorosi e spesso sono accompagnati da apparati iconografici d’eccezione, ma capita molto di rado di imbattersi in un esemplare di questo tipo, sia per formato che per veste grafica “indipendente”. La luna è un compendio eclettico del sapere astronomico accumulato dall’umanità a proposito del nostro nobile satellite ma anche un viaggio nella leggenda e nel mito, una spedizione – corredata da mappe e da un notevole dispiegamento di forze visive – fatta di scienza, storia, arte e suggestioni popolari. Tifo indiavolato per i Saggi fuori formato.


Elizabeth Stamp
150 librerie da vedere almeno una volta nella vita
24ORE CULTURA

Qua vorrei dire SENTI ELIZABETH FAREMO IL POSSIBILE POTRESTI ANCHE NON METTERLA GIÙ COSÌ PERENTORIA ma la verità è che vorrei prendere in mano questa guida ragionata delle librerie più piacevoli e avvenenti del mondo e salire sulla prima metro per Linate. Turismo bibliofilo, ce lo meriteremmo.

Orizzonti geografici leggermente meno ambiziosi ma comunque suggestivi? C’è Andare per i luoghi dell’editoria di Roberto Cicala per “Ritrovare l’Italia”, meravigliosa collana del Mulino che molte peregrinazioni mirate potrebbe ispirare.


Peter Brown
Il robot selvaggio
SALANI

Traduzione di Dida Paggi

Non infilo quasi mai della narrativa-narrativa nei listoni delle strenne perché quelli sono suggerimenti che rispondono a tutto un altro ordine di criteri, per quanto mi riguarda. Può accadere nel caso di edizioni speciali di particolare pregio – spesso per i classici – o per libri che penso contengano una lucina eccezionale che può davvero far bene in maniera indiscriminata praticamente a tutti. Il robot selvaggio ci ha trasformati in fagotti singhiozzanti al cinema, ma vi farei volentieri notare che la storia comincia da qui. Per chi ha amato il film e vuole il libro da coccolare ma anche per chi non sa niente del film e ha semplicemente bisogno di una storia dotata di cuore.


A cura di Maria Luisa Frisa
I racconti della moda
EINAUDI

Mentre continuiamo a gridare NON È AZZURRO È CERULEO!11!!1 e cerchiamo di capire perché all’improvviso dobbiamo tutte quante rimetterci i mocassini, la moda sta già pensando a come dovremo vestirci l’anno prossimo. Di moda si parla per strada, nei camerini, sulla stampa più o meno specializzata, in ogni più remoto angolo dei social, alle conferenze sul clima, nei consigli d’amministrazione e nelle aule universitarie. Vuoi che non se ne parli nei libri? Frisa raccoglie in quest’antologia “tematica” una selezione di racconti – decisamente illustri -, contributi e inchieste che ben si collocano in uno dei tanti vortici propulsivi che rendono la moda una forza viva, pronta a investirci con la sua carica estetica, artistica e sentimentale.

Bonus track: Alessandro Michele che dialoga con Andrea Coccia e ci spiega da dove vengono tutti gli incantesimi che in questi anni ha disegnato.


A cura di Michela Dentamaro
Crear sé stessa – Vol.I | Storia della moda raccontata dalle scrittrici

RINA EDIZIONI

Restiamo nel territorio della moda con un altro progetto antologico davvero fascinoso, frutto di un lavoro improbo d’archivio e arricchito dalla prefazione di Olga Campofreda, da numerose illustrazioni originali e da un inserto cartamodellistico. Questo primo volume (a cui ne seguirà un altro) raccoglie una selezione di scritti e articoli di moda firmati da autrici italiane usciti dagli anni ’70 dell’Ottocento agli anni ’20 del Novecento. Sibilla Aleramo, Mara Antelling, Contessa Lara, Rosa Genoni, Marchesa Colombi, Olga Ossani, Matilde Serao… tutte si sono cimentate con il racconto di stili, tendenze, abbigliamento e muliebri occupazioni. I giornali “da donna” erano relegati ai gradini più bassi della catena alimentare e giudicati privi di una vera rilevanza culturale – che novità, vero? – ma hanno configurato uno spazio d’azione inedito per l’affermazione professionale delle voci femminili, trasformandosi anche in un’arena di riflessione autentica sulla condizione della donna nella società. Testimonianze preziose e rivelatorie, che possono continuare a parlarci anche oggi.


Nick Pachelli
The Tennis Court | A Journey to Discover the World’s Greatest Tennis Courts
WORD UNITED

Dunque, da quando me lo sono regalato in settembre non pare sia uscita un’edizione italiana, ma facciamo che siamo tutta gente di mondo e possiamo apprezzarlo lo stesso. The Tennis Court è un progetto fotogiornalistico che raccoglie circa 200 ragguardevoli campi da tennis, che Pachelli ritrae e descrive dagli angoli più imprevedibili del pianeta. Ci sono gli stadi degli Slam ma anche i circoli celebri, i campi geograficamente remoti e i più insoliti. Il risultato è una celebrazione visiva del tennis come luogo d’incontro, impresa sportiva e atto estetico. Beccati questo, padel.

Altri suggerimenti per rallegrare chi apprezza questo sport? Il tennis come esperienza religiosa di David Foster Wallace, il tomone principesco che Roger Federer ha composto con Assouline come biografia visuale della sua carriera, un abbonamento al Tennis Italiano – storica rivista mensile ben rilanciata da Fandango -, Open di Andre Agassicosì non m’accusate di dimenticanze illustri e Vite brevi di tennisti eminenti di Matteo Codignola (Adelphi).


Miranda Smith
Un dinosauro al giorno
NORD SUD

Non ho la minima intenzione di confinare i dinosauri alle proposte editoriali per l’infanzia, soprattutto se possono farci compagnia per 365 giorni in tutta la loro multiforme varietà. Questo atlante illustrato ci farà fare amicizia, scheda per scheda, con un dinosauro al giorno per un anno intero. Sì, ne scoprirete di nuovi. Sì, quelli che già amate verranno a salutarvi.

Saggistica divulgativa in area dinosauresca? Vi rammento volentieri Steve Brusatte e il suo Ascesa e caduta dei dinosauri (UTET) o La storia della vita in 25 fossili di Donald R. Prothero (Aboca Edizioni). Oppure Dinosauri eccellenti. Da Ciro a Sophie, storie di celebrità estinte di Willy Guasti (Gribaudo).


Riccardo Falcinelli
Visus | Storie del volto dall’antichità al selfie
EINAUDI

Falcinelli prosegue nella sua godibilissima e autorevole operazione visivo-divulgativa con Visus, un’indagine (supportata dal consueto e abbondante apparato iconografico) sulla rappresentazione del volto in arte, scultura, fotografia e “nuovi” mezzi. I modi che scegliamo per raffigurare qualcosa sono sempre il prodotto di un contesto storico, di una deliberata decisione simbolica e di obiettivi precisi. E leggere le immagini con gli strumenti giusti non può che aiutarci a decodificare il mondo.

Cos’è uscito prima, sempre a cura di Falcinelli? Cromorama – dedicato al colore e ai suoi significati – e Figure – che decodifica l’immagine con occhio simbolico-compositivo.
Un valido corollario? Volti nel tempo. Una storia del ritratto fotografico (Einaudi) di Phillip Prodger.


Bram Stoker
Dracula
Illustrazioni di Christian Quesnel
L’IPPOCAMPO

Dopo aver ospitato diversi classici illustrati da Benjamin Lacombe, L’Ippocampo sta facendo spazio ad altri artisti, soprattutto sul fronte della letteratura “fantastica”. Disponiamo di Araya, insomma, ma eccoci qua anche con il Dracula di Quesnel – una strenna da manuale.

Altri classici in “belle” edizioni? Sbizzarritevi comodamente con la collana Bur Deluxe – che sembra più un nome da elettrodomestici di fascia altissima, ma tant’è.
Un classico incendiario riproposto in una versione che è anche un bell’oggetto? Eccovi questo Fahrenheit 451 di Bradbury negli Oscar Cult, con il taglio colore e una fascetta da non buttare via dopo tre secondi. Che fa Einaudi? Il classico che torna quest’anno in una nuova traduzione e in versione Supercorallo-cofanetto è I demòni di Dostoevskij (a cura di Manuela Guercetti). Altri cofanetti? Ponte alle Grazie ha riunito Il racconto dell’ancella I testamenti qui, mentre E/O ha appena sfornato quello della quadrilogia dell’Attraversaspecchi – vi segnalo l’oggetto con fini di solerte informazione, perché io non mi sono mai imbarcata nella lettura – e trovate sempre anche i sei volumi della saga di Blackwater di McDowell per Neri Pozza.


Mariano Tomatis
Il mio libro di magia
TLON

Mariano Tomatis è un prodigio. Non avrei altro da aggiungere ma mi sento di produrre comunque un piccolo spiegotto su questa guida. Sì, contiene indicazioni pratiche su come cimentarsi nell’arte dell’illusionismo e propone anche una riflessione valente sul rapporto tra “performance” (più o meno magica) e pubblico di ricezione, per imparare a divertirsi con gli altri all’interno di una relazione di scambio e collaborazione – invece di propendere per l’approccio della presa per il culo. La magia può (e dovrebbe) essere “gentile”? Certo, se si basa sulla ricerca dello stupore e non della mera manipolazione della credulità altrui.

Vi appassionano le figure enigmatiche – e volete proseguire lungo magici sentieri? Francesca Diotallevi ha romanzato Gustavo Rol.


Wudz Factory
1997 | Il libro-game dei misteriosi anni Novanta
WUDZ

Un professore scompare e noialtri dobbiamo trovarlo. Siamo in una cittadina enigmatica e sì, siamo negli anni Novanta – con tutto quello che ne consegue a livello di immaginario musicale, cinematografico, pop e televisivo. Il fatto che un libro che omaggia gli anni Novanta – e che contiene un mistero da risolvere, irto di scelte difficili e decisioni da prendere – assuma la forma di un libro-game che somiglia a una VHS mi sembra più che ragionevole.

Vi piacciono i libro-game? Non posso non ricordarvi con grande affetto quelli di SioJohnnyfer Jaypegg e il tesoro degli alieni commestibili coloratissimiJohnnyfer Jaypegg e il problema dei tre corgi. Se vi è piaciuta la serie di Netflix e al posto dei corgi volete mettere dei corpi celesti, vi ricordo che la trilogia di Cixin Liu – che vale come una laurea onoraria in astrofisica – è disponibile anche in un unico volumone.


Sylvanian Families
Il mondo di Sylvanian Families
NORD SUD

Visto che abbiamo lambito l’Area Nostalgia, ne approfitterei per traslocare nel coccoloso universo delle Sylvanian Families, meticolosamente mappato ed esplorabile in ogni suo più recondito anfratto grazie a questo illustratone ufficiale. Sono più che sicura che al timone dell’azienda che produce queste bestioline da tempo immemore ci siano le bestioline stesse, che si fingono inanimate solo per confonderci.

Bonus track: c’è anche il libro gemello con gli adesivi e un’ambientazione natalizia molto garrula.


Ilide Carmignani – Elena Battista
Saltare nelle pozzanghere
Illustrazioni di Anna Godeassi
RIZZOLI

Imbattersi in uno di quei famigerati termini intraducibili dovrebbe essere l’incubo di ogni traduttore o traduttrice, ma Carmignani e Battista hanno deciso di prenderla con filosofia e hanno collezionato qui, attingendo dalle lingue straniere più disparate, una dadolata di parole “dense”, composite e guizzanti che, pur non avendo un diretto corrispettivo in italiano, hanno l’ambizione di catturare la felicità.

Vogliamo fare irruzione nello studio di una traduttrice? C’è Silvia Pareschi che ci invita volentieri nel suo.


A cura di Margaret Atwood e Douglas Preston
Quattordici giorni
PONTE ALLE GRAZIE

Traduzione di Guido Calza

Allora, qua c’è una gustosa spiegazione “strutturale” da fornire. Quattordici giorni è un romanzo collaborativo. Anzi, un romanzo che produce una cornice che contiene dei racconti. È stato idealmente paragonato al Decameron, anche perché è ambientato durante la (nostra) pandemia e i personaggi che si riuniscono per raccontarsi delle cose sono tutti inquilini del medesimo palazzo. Siamo a New York e una portinaia appena entrata in servizio trova il “registro” compilato dalla custode che l’ha preceduta, una sorta di cronaca della vita e delle tribolazioni dello stabile. Decide di proseguire l’opera, registrando le storie che i condomini si scambiano per quattordici settimane ritrovandosi sul tetto. Conflitto! Mistero! Dramma! Le storie del volume sono state affidate a penne illustri – tra cui Emma Donoghue, Dave Eggers, Diana Gabaldon, Tess Gerritsen, John Grisham, Erica Jong, Celeste Ng, Meg Wolitzer… Non saprete chi ha scritto cosa, lì per lì, perché tutto contribuisce alla costruzione corale e la curatela di Atwood e Preston assicura fluidità e incastri efficaci.


Feltrinelli ha scandagliato il suo vastissimo catalogo per assemblare due cofanetti prepotentemente regalabili.

Il primo ambisce a fornire le basi per la costruzione di una biblioteca personale ed è stato battezzato Ritratto del lettore da giovane. 10 libri per affacciarsi al mondoIl secondo risponde al nome di Amore scuote l’anima mia. 10 libri per leggere il proprio cuore ed è zeppo di classici che esplorano il sentimento amoroso.


Un angolino per prodotti che non son proprio dei libri-libri ma possono esservi utili per organizzare quello che leggete o la vostra esistenza? Eccoci!
Il reading journal escogitato da Ilenia Zodiaco è qua. Mentre qua c’è quello progettato da Blackie Edizioni – nel loro territorio trovate pure l’agenda 2025. Un’altra agenda letteraria? C’è sempre quella di Clichy.
Ve lo dico un giorno sì e l’altro pure ma per amor di completezza ribadiamolo: si possono donare anche gli abbonamenti a Storytel.

Non avete trovato niente di utile? Potrei scusarmi per non aver perfettamente mappato tutto lo scribile umano e potrei dispiacermi per non essere stata d’aiuto. Ma potrei anche dirvi:

Abbiamo finito? Abbiamo finito, ma vi piazzerei qua le edizioni passate dei listoni natalizi – che è anche un osservatorio interessante a livello “macro”:

Qui c’era una lista dedicata ai piccoli e alle piccole, anche. Se cercate narrativa, fumetti e saggistica e avete bene in mente gusti e inclinazioni potete spulciare con gioia la sezione libri, mentre qua nella vetrina c’è (quasi) tutto quello che man mano leggo, segnalo o ho approfondito sul blog.

Non litigate coi parenti e se vi sembra di non essere capaci di fare i pacchetti pensate sempre ai miei. Sono più brutti dei vostri, ve lo garantisco.
Felici doni libreschi e grazie ancora per l’attenzione. :3