Ebbene, l’eterno ritorno della settimana del Salone sta per investirci con tutta la sua dirompente potenza. Il sindaco ha profetizzato ingorghi e traffico, ma ce la caveremo egregiamente: a Rho Fiera ci si arriva meglio prendendo la metropolitana. E dov’è che vogliamo andare (anche)? Proprio lì. Che cosa succederà di bello quest’anno? Ci sono novità? Appuntamenti peculiari da segnalare? Imprese creative spigliatissime? Mobilio francamente incredibile da ammirare? Temi? Correnti? Idee? La risposta generale è SÌ MOLTO. La risposta precisa è ecco qua una guida sintetica e funzionale all’edizione 2024 del Salone del Mobile. Spero vi tornerà utile per razionalizzare visite, scovare tesori inattesi e orientarvi meglio nella miriade di proposte a disposizione.
Procedo?
Procedo.
LOGISTICA DI BASE
Dal 16 al 21 aprile il Salone del Mobile vi attende a Rho Fiera con i suoi 1900 e passa espositori internazionali.
Qui trovate le informazioni principali per spostamenti, biglietti e orientamento.
Qui si può scaricare l’app ufficiale che vi aiuterà a pianificare i giretti e a navigare i padiglioni grazie a una mappa interattiva. Potrete anche contrassegnare gli stand da visitare – e l’app vi consiglierà il percorso più efficace per arrivarci – e creare un archivio/promemoria dei pezzi che più hanno catturato il vostro interesse, fra i numerosi che troverete dotati di QR code d’approfondimento. Inoltre, mostrando il vostro biglietto (disponibile in app) agli ingressi dei vari stand, a fine fiera riceverete un video showreel che ricapitolerà tutti gli espositori a cui avete fatto visita.
Visualizza questo post su Instagram
La novità grande di quest’edizione? Gli spazi sono stati completamente riprogettati, razionalizzati e “umanizzati” – è il caso di dirlo. Gli espositori saranno raggruppati per aree tematiche ben discernibili, i percorsi sono stati allargati e troverete qua e là anche oasi di quiete e installazioni che vi aiuteranno a “decomprimere”.
Per iniziare a discernere i raggruppamenti tematici, ecco qua un ricapitolone concettuale dei padiglioni.

LE INSTALLAZIONI
Il Salone può diventare in maniera ancora più incisiva un punto d’incontro tra design, cultura e arte? Altroché. Ecco qua le tre grandi installazioni che troverete nell’edizione di quest’anno.
“Interiors by David Lynch. A Thinking Room”
[Padiglioni 5-7]
David Lynch ha saputo immaginare stanze al confine tra realtà e simbolo, dentro e fuori, sogno e materia. Le due stanze “del pensiero” che ha progettato per il Salone – e che sono state materialmente realizzate dal Piccolo Teatro – continueranno ad abitare questo confine affascinante. Cosa ci troveremo, a parte quiete e vuoto? Una poltrona di legno, degli strumenti per scrivere o disegnare, delle nicchie che ospitano immagini enigmatiche, uno specchio, un orologio, dei cilindri di ottone e del doveroso velluto blu. Che ci combineremo? È il mistero che Lynch ci affida.
Vi va di approfondire? Ecco un’intervista ad Antonio Monda, che ha curato l’installazione e può giurarci che Lynch si diverte a piallare il legno.
“Under the surface” – Emiliano Ponzi
[Padiglione 10]
Date un occhio alla vostra libreria e troverete di sicuro qualche copertina disegnata da Emiliano Ponzi. Artista della sintesi e mago dei microcosmi, Ponzi ci invita a visitare un paesaggio sommerso – realizzato con Accurat e Design Group Italia – e a riflettere sull’importanza dell’acqua come risorsa vitale. Stupore scenico ma anche dati sul consumo idrico da lasciar filtrare lungo il percorso, perché unendo meraviglia “immersiva” e data visualization diventa più semplice affrontare anche grandi questioni del nostro tempo.
Per sviscerare meglio l’approccio, ecco qua un’intervista alla squadra creativa.
“All You Have Ever Wanted to Know About Food Design in Six Performances”
[Spazio centrale EuroCucina – Padiglioni 2-4]
Come si fa a riflettere sul cibo? Bisogna disporre di uno spazio per maneggiarlo/prepararlo ma anche di un posto in cui rifletterci su, ascoltando o leggendo chi sta indagando quel che mangiamo in senso storico, economico, spirituale, filosofico, emotivo, materiale. Questa, insomma, più che un’installazione visitabile è una sorta di festival fatto di una “grande” performance giornaliera (dalle 9.30 alle 17.30) e di un palinsesto di talk e interventi collegati che animeranno la Food Design Arena (ogni giorno alle 14.30). L’intero “impianto” è affidato a sei magazine internazionali indipendenti che hanno fatto della cucina e del cibo il loro punto focale. Ve li elenco agilmente qui, lasciandovi anche il link per esplorare la proposta di ogni magazine per questo spazio: Family Style (USA), Linseed Journal (UK), The Preserve Journal (Austria), Magazine F (Sud Corea), Farta (Portogallo), L’Integrale (Italia).
I tre “pilastri” della proposta culturale allargata del Salone, insieme al calendario completo delle tavole rotonde e degli eventi è consultabile qui.
Dopo l’ottimo debutto del 2023, il bookshop del Salone sarà affidato nuovamente alle edizioni Corraini (padiglione 14). E sì, un bookshop così io lo considero una meta, un’esperienza suggestiva, un ANDATECI. Lo spirito eclettico, autorevole e giocoso è quello delle librerie che Corraini ha presidiato per anni felicissimi qui in città: in vendita troverete volumi di ogni genere e provenienza dedicati a illustrazione, arte e design – sia per “grandi” che per piccoli -, ma anche riviste, oggettistica, pezzi unici, curiosità, rari reperti, cartoleria e grafiche.









Blythe è il prodotto di una dinastia di madri che la società civile disapproverebbe. È sopravvissuta a un’infanzia infelice e al rifiuto costante, senza avere gli strumenti “anagrafici” necessari per decodificare i patimenti delle donne della sua famiglia. All’università conosce un ragazzo e, per la prima volta, riesce a immaginare un futuro tollerabile – anzi, un futuro felice. Sono innamorati, lui è convinto che in lei si nasconda una madre meravigliosa e lei ha un gran bisogno di crederci, di meritarsi questa vasta fiducia. Nasce Violet, ma Blythe ci capisce poco. Si ritrova inchiodata a casa – è Fox che lavora mentre lei prova a dedicarsi alla scrittura – con una neonata che pare richiedere più di quanto lei possa ragionevolmente darle. Nulla di quanto aveva immaginato trova specchio nella quotidianità con Violet, ma mostrarsi capace e padrona della situazione, dar prova di essere degna di quell’immagine di madre esemplare così cara al marito ha il sopravvento sulla realtà dei fatti. Chissà, magari Blythe esagera. Magari è lei che non ci sta dentro. Violet non sarà mica così terribile, dai. Perché la devi sempre dipingere a tinte così fosche? Verrebbe quasi da pensare che non le vuoi bene… ma sarebbe una mostruosità bella e buona. Sei un mostro, Blythe?
Demon nasce senza tante cerimonie sul pavimento di una casa mobile, da una diciottenne con già alcuni percorsi di disintossicazione (non molto ben riusciti) alle spalle. L’unico dono che il destino pare tributargli sono dei vicini che diventano una sorta di seconda famiglia. Pure loro sono hillbilly da manuale, ma in confronto a Demon e a sua madre – privi di mezzi, privi di radici, di direzione o di magici piani a lungo termine – sembrano il Rotary Club di Corso Magenta. Demon oscilla tra un’iperconsapevolezza della propria condizione di svantaggio “materiale” e una struggente capacità di assorbimento delle disgrazie. Non solo cerca di cavarsela, ma resta “intero”, anche se chi dovrebbe prendersi cura di lui non si dimostra mai all’altezza della situazione, anzi.
1950. Valeria Cossati compra un quaderno e comincia a usarlo per registrare gli accadimenti della sua vita. Scrive sentendosi in colpa, nascondendosi e nascondendolo, un po’ perché il tempo che dedica al quaderno è tempo sottratto ai doveri domestici e un po’ perché quello che scopre, scrivendo, è un grumo indigesto e contraddittorio di sincerità fin troppo limpide. Valeria ha di poco superato i quaranta e ha due figli grandi, un lavoro in ufficio e un marito. La famiglia la assorbe e la riassume, la definisce e la mangia, le garantisce un presente solido ma le impedisce di immaginarsi diversa… almeno fino all’arrivo di quel quaderno, comprato d’impulso e destinato a diventare l’unico posto in cui coltivare la solitudine necessaria a rimettere in moto i pensieri. Scrivere nel quaderno diventerà per Valeria un esercizio di identità, un’operazione di auto-smascheramento e di reazione autentica ai tanti urti minimi di una quotidianità fatta di automatismi, conformismi e rospi inghiottiti in silenzio.
Che succede? Siamo a New York nel 1882 e un abisso separa i rispettabilissimi benestanti dalla feccia tignosa dei bassifondi – zone in cui una casa, oggi, costa centordicimila paperdollari al metro quadro… ricordarlo mi pare sempre divertentissimo. Le due categorie umane sono qua rappresentate dalla stirpe dell’inflessibile giudice Stallworth – repubblicano di ferro e fan sfegatato delle impiccagioni – e dalla famiglia di Black Lena Shanks, ricettatrice astuta, potente e a suo modo assai rispettata. Lei e il giudice hanno dei trascorsi non proprio idilliaci e sarà un omicidio all’apparenza casuale – come tanti se ne verificano nei quartieri del vizio – a riportare a galla gli antichi rancori. Gli Stallworth mirano a migliorare la propria posizione ergendosi ad arbitri assoluti di virtù, scatenando una campagna pubblica contro il malaffare del Triangolo Nero. Black Lena, che non ama il clamore e vuole continuare serenamente ad occuparsi degli affaracci suoi, dovrà mettere il proprio acume al servizio della vendetta. Tra oppiomani catatonici, gioielli, bambini inquietanti, gole tagliate, bische, mignottoni, dame di carità, scrofolosi e materassi infestati dai pidocchi, l’ombra lunga del Triangolo Nero finirà per lambire i quartieri altolocati, smascherando l’ipocrisia e la grettezza dei più ferventi difensori della rettitudine.














Ani e Bianca si sono avvicinate per rendere più sopportabile il presente e per ricostruire un’idea di famiglia, in un posto dove si arriva spogliate di legami pregressi, identità e futuro. Sono raccoglitrici di sale, prigioniere di un gigantesco campo di lavoro in cui centinaia di altre donne “indesiderabili” (e pericolose per il rigido ordine pubblico del regime) si spaccano la schiena in un susseguirsi di giorni sempre uguali, guardate a vista da sorveglianti armati e private di ogni prospettiva di fuga, cambiamento, libertà.
Che succede, in sintesi?