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Ci siamo, il Natale sta per assalirci.
Cosa donare ai consanguinei?
Cosa regalare a chi ha saputo conquistare il nostro affetto?
Un libro va sempre bene? Giammai! Funziona se lo si sceglie con cura e se risponde con allegra puntualità a un interesse o a una passione – e magari anche a una più che legittima inclinazione estetica. Insomma, questo fanno le strenne: sono libri belli o edizioni pazze e preziose, sono libri ben delimitati dal punto di vista tematico, sono libri estrosi che si lasciano associare volentieri alle fissazioni e alle curiosità dei destinatari. La premessa metodologica di queste liste festive è sempre la stessa, ma trovo sensato ripeterlo anche per il 2025.
In caso di ulteriori necessità esplorative, al fondo trovate i rimandi anche alle edizioni passate di queste carrellatone.  
Ultima nota e poi si parte: liberissimi e liberissime di segnarvi su un pezzo di carta le proposte che troverete qua dentro per andarvele a comprare in libreria, senza necessariamente avvalervi dei link (sì, sono affiliati).
A posto? A posto.
Sproniamo le renne, si parte!


Margaret Atwood
Le nostre vite. Una specie di autobiografia
(Ponte alle Grazie)

Traduzione di

Che ci si meravigli (e spaventi) con le sue ancelle o che ci si addentri nella testa delle temibili Zie di Gilead o che la scintilla per Atwood si sia messa a crepitare partendo da un altro tra i suoi innumerevoli romanzi, Le nostre vite è l’avventura definitiva e rallegrerà di certo chi già coltiva una sana fandom per l’autrice canadese, che qui si racconta con franchezza, godibilissima perfidia e grande generosità.

P. S. Se vi va di donare Il racconto dell’ancellaI testamenti, ecco qua uno splendido cofanetto.


Renaud Roche & Laurent Hopman
Le guerre di Lucas. Episodio II
(BAO Publishing)

Potremmo litigare per ore sulla parabola filmica dell’universo di Star Wars – quale trilogia “nuova” ha maggiormente suscitato il vostro sdegno? Come è stato possibile concepire quella cazzata dei midichlorian? Vogliamo parlare di Jar Jar Binks? Come diamine hanno resuscitato l’imperatore Palpatine?  – ma l’impatto di George Lucas sui nostri immaginari e sulla storia del cinema resterebbe saldo e indubitabile. Roche e Hopman hanno iniziato a raccontare il making-of di A New Hope nel primo volume delle Guerre di Lucas e proseguono qui il viaggio. Auspico per questa serie un’estensione su nove tomi, ma vediamo come si mette. Se la forza scorre potente in casa vostra, ficcateli entrambi sotto l’albero.

P. S. L’ultimo set Lego di Star Wars che ho costruito potrebbe essere un buon elemento d’accompagnamento.


Sofia Fabiani
Il dolce. Basi e ricette di pasticceria
(Gribaudo)

Per la rubrica “i social hanno fatto anche cose buone”, eccoci qua a impiastricciarci di pastafrolla con @cucinarestanca. È di certo una proposta editoriale più “tecnica” rispetto ai suoi libri precedenti – Cucinava sempreCucinare stanca. Manuale pratico per incapacy – e che conferma la sua ferrea competenza e la rara capacità di renderla accessibile. Insomma, funzionerà benone per chi vuole partire dai fondamentali della pasticceria e lanciarsi in esperimenti estrosi dopo aver imparato almeno a camminare. E un cuore a Sofia.

Altri spunti legati alle cibarie?
Per chi vuole fare il pane c’è questo bel manuale a fumetti di Ken Forkish e Sarah Becan (Quinto Quarto). Robin Ha vi insegna – sempre a fumetti – a cucinare koreano. Volete semplicemente ammirare dei meloni e delle angurie stupende? C’è un’enciclopedia a tema che ha tutte le fattezze di un coffee-table smorfioso. A tal proposito, vi rammento che è sempre possibile scoprire ricette strabilianti e contemporaneamente fare del bene ai civili palestinesi con l’ebook di Cocomero & Friends.


Coco Wyo
Posticini carini – Colora la tenerezza
(Magazzini Salani)

Per Coco Wyo è partito un sommovimento internazionale di fulgido amore – che ha inevitabilmente generato anche una valanga di copycat orrendi generati dall’IA. Senza lasciarci ingannare, dunque, che fa il collettivo Coco Wyo? Ha rivitalizzato l’ormai saturo mercato dei coloring book proponendo innanzitutto degli angoletti confortevoli e degli ambienti armoniosi – per quanto zeppi di roba – in cui sarebbe bello poter sostare. Oltre a Posticini carini, troverete anche Soffici cuccioliCoccole a Natale. Forse mi starò rincoglionendo, ma sono assolutamente rapita. SOFFICI CUCCIOLI CAPITE?!


Marion Montaigne
I nostri mondi perduti
(BAO Publishing)

Che Zerocalcare ficcasse prima o poi una graphic novel piena di dinosauri nella collana Cherry Bomb – che sta curando per BAO – era un po’ il segreto sogno di tutti quanti. Ebbene, ci siamo. I nostri mondi perduti è una vastissima ricognizione paleontologica che mescola storia della scienza e cultura pop, divulgazione e cruente dispute evoluzionistiche. Ottima idea, Zerocalcare.

Altri dinosauri? C’è Andrea Cau – esimio paleontologo – con Il dilemma dei dinosauri, un saggio a tratti dolorosissimo che spiega per filo e per segno da dove vengono le bestie a sangue caldo di Jurassic Park e perché non dovremmo prenderle per buone. Lo so, è un duro colpo… ma è anche un efficace spaccato di storia recente della paleontologia. Volete saperne di più? Qua ci siamo noi che facciamo una chiacchiera.

Preferite continuare a crogiolarvi nel vostro affetto per Spielberg? Ecco una latta di schiuma da barba da usare come borraccia – sì, è quella che Dennis Nedry voleva riempire di embrioni di dinosauro. Capolavoro.
Ma abbiamo anche un libro sul making-of di Jurassic Park A FORMA DI VHS.

Potrei andare avanti delle ore, ma preferisco concludere il capitolo dinosauri con questa lista tematica che contiene sia proposte per grandi che per piccoli.


Dante
Divina Commedia | Inferno
(Blackie edizioni)

Blackie continua ad alimentare la sua collana/progetto dei Classici Liberati e, dopo IliadeOdisseaGenesi, ci manda allegramente all’Inferno con Dante e tutti i suoi illustri peccatori. L’idea, come sempre, è quella di accompagnare a un’opera fondamentale una serie di apparati che possano attenuarne gli aspetti potenzialmente ostici e “farci mondo” attorno.

Volete recuperare un’iconografia così solida da essere quasi diventata “canonica” per la Commedia? L’Ippocampo ne ha ficcata parecchia in Fantastico Gustave Doré, librone-retrospettiva della sua produzione più visionaria.


Mary Shelley feat. Minalima
Frankenstein
(L’Ippocampo)

Vista l’ondata d’entusiasmo collettivo per i “mostri” classici, segnalo il ritorno dei Minalima alla loro collana di preziosi illustrati pieni zeppi di trovate cartotecniche. Da quel che m’è parso di capire dalla quarta, il testo di quest’edizione dovrebbe essere quello del 1818. Parte dall'”originale” del 1818 anche il Frankenstein illustrato da Marco Calvi e tradotto da Tiffany Vecchietti uscito per ReBelle Edizioni – che vi segnalo con ancora più entusiasmo.

Servono approfondimenti sulla genesi dell’opera? Kathryn Harkup ha ricostruito la parabola biografica di Mary Shelley in La nascita di Frankenstein (Utet), mettendo particolarmente in risalto il precipitato delle conoscenze scientifiche dell’epoca nel romanzo.

Per la falange del cinema, invece, Guillermo del Toro ha raccolto in un libro la storia produttiva del “suo” Frankenstein. Come i migliori art-book cinematografici, è un oggetto di rara beltà… anche se chi ha amato con passione il recente adattamento forse s’accontenta anche di una semplice foglia secca.

Altri spunti per donare dei classici in edizioni illustrate di grande formato? Dall’Ippocampo trovate la collana Papillon Noir che fa proprio quello. Per ora ci sono Cime tempestoseIl grande GatsbyIl ritratto di Dorian Gray
Volete stare sul perturbante? Bur ha sfornato Weird, una nuova collana dalla veste grafica molto gagliarda. Al momento ci trovate Ann Radcliffe con I misteri di UdolphoFosca di Tarchetti, Il re in giallo di Robert W. Chambers e Alle porte dell’incubo di Poe.


Jonathan Wilson
La piramide rovesciata – La Bibbia della tattica nel calcio
(Limina)

Chi apprezza il GIUOCO del pallone non potrà che accogliere con gioia questo autorevole saggio che è sia una “storia del calcio” che una ricognizione tattica e un atlante cultural-sportivo. Ci troverete dentro filosofie, grandi allenatori, campioni, colpi di genio e, forse, anche lo scheletro della squadra perfetta.

Se in casa (come la sottoscritta) avete una persona abbonata alla Riserva, segnalo anche Il mito dei bomber di provincia del prode Emanuele Atturo (Einaudi).


Adriano Panatta & Paolo Bertolucci
La telefonata – Gli Slam del 2025
(Fandango)

Intanto che ci occupiamo di sport, mi pare sensatissimo pensare al tennis e a chi il tennis lo ama – o ha imparato ad apprezzarlo di recente. Fa niente se noi c’eravamo già, bisogna accogliere volentieri anche i tifosi e le tifose dell’ultima ora. Panatta e Bertolucci a tennis ci hanno giocato con gloriosi risultati e ormai da un pezzo si dedicano al commento del loro sport, ritagliandosi anche un podcast divertentissimo in cui un po’ parlano dei tornei più importanti del circuito e un po’ si prendono per il culo. Ecco, in questo libro ci sono gli Slam del 2025, più o meno come li abbiamo ascoltati.

Ma qualcosa su specifici campioni? Limina vi soccorre, per il momento, con NovakAlcaraz, entrambi di Mark Hodgkinson.

Il tennis come esperienza estetica? Emanuele D’Angelo di Broken Rackets ha sfornato Paradise Courts, un volume fotografico avvenente e smorfiosissimo che censisce i campi da tennis più belli del mondo.


Masato Tanaka & Shuzen Iwata
La storia universale in infografica
(Vallardi)

Traduzione di Nicola Emanuele Jacchia

Mia personalissima fissazione, gli atlanti e/o i libri divulgativi con i grafici, le mappette e le illustrazioni MAI MANCHERANNO IN QUESTI LISTONI. Qui, con l’ausilio di inesauribili trovate visive e coccosi personaggetti tondeggianti, si parte dalla preistoria per approdare alla storia novecentesca e ai più recenti disastri, sintetizzando l’impossibile e producendo una piacevole infarinatura che incoraggia approfondimenti ulteriori.

Se vi garba il genere o sapete a chi potrebbe garbare, vi segnalo anche Le operazioni della Seconda Guerra Mondiale in 100 mappe della premiata ditta Lopez-Aubin-Bihan per l’Ippocampo.
Illustrazioni vispe per spiegarsi meglio? Ci sono anche nel saggio di Alessandro Maccarrone per Blackie, L’infinito piacere della matematica. Là fuori, evidentemente, c’è qualcuno che la capisce e sa addirittura renderla comprensibile.


Ximo Abadìa
Verticale – Storia illustrata dell’arrampicata
(Quinto Quarto)

Amiche e amici in fissa con l’arrampicata? Congiunti, sodali d’escursione, gente che ama scarpinare in salita – e non solo perché al rifugio c’è la polenta da mangiare? Perfetto, abbiamo un illustrato pronto a raccontarci la perigliosa e affascinante storia dell’esplorazione montana, dai primi geloni alle più recenti competizioni canonizzate.

Un libro potenzialmente affine? Visionario ribelle, la storia di Yvon Chouinard, fondatore di Patagonia.
Un libro che si tuffa in un ambiente tradizionalmente percepito come opposto alla montagna? Ecco qua Mare di Piotr Karski – sempre edito da Quinto Quarto. È uno di quegli albi ibridi che possono essere apprezzati da bambini, grandi, medi, tutti quanti. Oltre a raccontare mari e oceani con imprevedibile creatività, contiene anche numerosissime attività buffe da svolgere.


Marracash
Qualcosa in cui credere – La mia trilogia
(Rizzoli Lizard)

Niente, al Marrageddon è poi finita che non ci sono andata perché quando avevamo comprato i biglietti non avevamo valutato che in casa ci sarebbe stato un bambino di un paio di mesi da accudire e a sentire Marra ci sono andati mio marito e il mio giovane cognato. Io no, a casa col Dadani. Al di là delle mie vicissitudini personali, i musicisti tendono a far uscire dei libri che sono più assimilabili a gadget fotografici che a qualcosa che si può leggere davvero, ma questo malloppo di Marracash è un oggetto che credo gli faccia onore e che aggiunge tassellini degni d’interesse a Persona, a Noi, loro, gli altri e a È finita la pace. Se ascoltate Marra o cercate qualcosa per chi lo apprezza e ha apprezzato la sua recente trilogia musicale, Qualcosa in cui credere è uno spunto validissimo.

Per chi invece era con me a sudare a San Siro con delle bottigliette rigorosamente senza tappo (e senza ghiaccio) di vodka lemon in mano, ricordo sempre che esiste un’autobiografia di Gabry Ponte. SI VOLA. 😀
Intanto che ci siamo: lo sapevate che anche Max Pezzali ha raccontato la sua storia in un libro? Si chiama I cowboy non mollano mai


Flavio Parisi
Tokyo è una grande cucina – I giapponesi si conoscono a tavola
(Utet)

Di Flavio Parisi s’era già parlato da queste parti per il suo primo lavoro Giappone-centrico – Cadere sette volte, rialzarsi otto era una riflessione sull’apprendimento di una lingua ostica mentre si vive in un posto affascinante e anche profondamente “alieno”. In questo nuovo libro si torna a Tokyo per raccontare il paese e i suoi abitanti attraverso la cucina, le abitudini a tavola e la convivialità. Il cibo è un potente veicolo culturale e mangiare in Giappone è senza ombra di dubbio un’esperienza mistica.

Ci sono splendidi viaggi in cantiere? Eriko Kawasaki aka Erikottero può soccorrervi con Easy Japan (Longanesi), un manuale linguistico dalla spiccata vocazione pratica che saprà anche darvi una mano nel decifrare comportamenti e forme di cortesia. Non sono usciti ieri, è vero, ma sia I love Tokyo che I love Japan della Pina restano delle piacevolissime guide.

Vi risparmio le librerie con l’inevitabile gatto saggio, le botteghe di quartiere dove tornare ad apprezzare il senso della vita, i baretti e i negoziucci che garantiscono rinascite personali ma credo sia il caso di salutare con favore il ritorno di Antonietta Pastore – pioniera della traduzione letteraria dal giapponese all’italiano – al tema della vita in Giappone. Seguito ideale di Leggero il passo sui tatamiDove vuole andare, sensei? (Einaudi) è un nuovo reportage sentimental-pratico che abbraccia una lunghissima frequentazione diretta – cominciata nel 1974 e mai interrotta.
Un altro graditissimo ritorno? C’è Laura Imai Messina con Le parole della pioggia, illustrato da Emiliano Ponzi.

E i manga? Da vecchia ciabatta quale sono, non posso non menzionare l’edizione completa per i 30 anni di I cortili del cuore di Ai Yazawa.


Roberto Alajmo – Marco Carapezza
Avventure postume di personaggi illustri
(Sellerio)

Per la quota cimiteriale – che mai deve mancare -, un saggio snello e favolosamente folle sulle vicissitudini di dieci salme ragguardevoli. Gente che da viva ha fatto la storia e che, da morta, si sarebbe forse meritata un destino meno rocambolesco.

Approfitto dell’atmosfera vagamente sinistra di questo blocco per rammentare che è uscito un nuovo romanzo di Michele MariI convitati di pietra, una storia che affosserà per sempre la già scarsa reputazione delle rimpatriate del liceo.


Iacopo Bruno & Francesca Leoneschi
Inseparabili
(Rizzoli)

Nelle profondità di un oceano sconosciuto, un piccolo polpo piange il padre scomparso e abbandona il regno per ripescare la sua anima da un abisso scurissimo. Sempre là sotto, lo spettro di una bambina che ha perso il cuore in un naufragio cerca consolazione. Si incontreranno? Certo. I disegni di Iacopo Bruno, qui, meriteranno tutto il vostro più sincero stupore.

Un altro romanzo – teoricamente per ragazzi – che può allietare sia per inventiva che per cura dell’edizione? Cesare vi consiglia L’ordine dei Senzasonno di Isaak Friedl per Giunti.


Stefano Zuffi
Animali dipinti
(24Ore Cultura)

Per le bimbe e i bimbi di Michel Pastoureau, un atlante ragionato degli animali nell’arte. Attraversando epoche e tradizioni pittoriche, Zuffi cataloga le bestie dalla simbologia più nutrita, inserendole nel loro habitat iconografico di riferimento e offrendoci numerosi capolavori da ammirare.

Più scienza e meno arte? Roberta Ragona – aka Tostoini – ha firmato per Aboca Fossili viventi – Le straordinarie creature del passato che vivono tra noiPer un approccio estremamente attivo e partecipato all’evoluzione, invece, c’è Evolution Book. Estinguiti o sopravvivi, un libro a bivi che vi spronerà a decidere che bestia diventare – e a capire perché certe creature proprio non ce l’hanno fatta.


Daniel Keyes
Fiori per Algernon
(Nord)

Uscito nel 1966, il topolino Algernon e il “suo” scienziato riappaiono per Nord tirati a lucidissimo con il trattamento superlusso. Labirintico taglio colore! Risguardi matti! Un modo intelligente per rinfrescare un romanzo che vale la pena continuare a leggere.

A proposito di romanzi che appaiono con particolare cura nel confezionamento – e che possono tornarvi utili nel caso ci sia già dell’apprezzamento per le autrici: Noi di Christelle Dabos (e/o) e Katabasis di R. F. Kuang (Mondadori).


Jane Austen
I capolavori
(Newton Compton)

Per i 250 anni dalla nascita dell’autrice sono state più che legittimamente sfornate numerose proposte editoriali, spesso e volentieri rivolte a un pubblico giovane, vispo e assai abituato al taglio colore di cui sopra, alle copertine gradevoli da vedere e a un impianto di publishing meno polveroso rispetto a quello che noi rognosi e rognose millennial abbiamo esperito. In questo filone si inserisce anche il cofanetto completo delle opere di Jane Austen prodotto da Newton Compton con la curatela di Felicia Kingsley – cofanetto che da ragazzina, ve lo dico, mi sarebbe parecchio piaciuto ricevere. E invece.

Vogliamo esplorare la vicenda biografia di Jane Austen? Carolina Capria la ripercorre con precisione, affetto e passione in Per sempre tua: il mondo infinito di Jane Austen (Gribaudo).
Vogliamo frazionare i romanzi di Jane Austen per potercene gustare un frammento tutti i giorni? Liliana Rampello ha curato Un anno con Jane Austen (Neri Pozza), una raccolta di 365 scene memorabili, dialoghi e citazioni.
Servono strumenti per orientarsi meglio? Ecco qua la mappa letteraria di Orgoglio e pregiudizio (il Saggiatore).


Daniel Wallace
Big Fish
(il Saggiatore)

Traduzione di Silvia Lalia

Sempre ci accapiglieremo su trasposizioni e adattamenti, ma risalire ai materiali originali di film molto fortunati o emblematici è sempre un esercizio fascinoso. Ebbene, anche Big Fish arriva da un libro… ci uniamo al circo?

Altri recenti e curiosi esempi? Abbiamo K-PAX di Gene Brewer (Accento)Ammazzati amore mio di Ariana Harwicz per Ponte alle Grazie – da cui è stato tratto Die My Love, in arrivo al cinema – e Lezioni di chimica di Bonnie Garmus (di cui si era parlato anche qui).
Attori che scrivono? Minimum Fax ha appena tradotto The Book of Elsewhere di Keanu Reeves e China Mieville. Per approfondire vi rimando qui.


Ludovica Lugli
Le chiavi magiche
(Utet)

Ludovica Lugli ha scelto un sottotitolo pacato e modesto, che fa così: “Indagine di una lettrice su Elsa Morante e i suoi romanzi”. Non sta mentendo, perché Le chiavi magiche è esattamente un viaggio nei libri di Morante, in quello che ci hanno lasciato e in quello che potevano dirci sia di lei che della sua epoca, ma a quel “lettrice” avrei aggiunto “lettrice molto accorta, molto acuta, molto sveglia, proprio una brava lettrice”. Veniva lungo? Sì, ma ci voleva.

Un approccio più “visivo” al Morante-verso? Per Einaudi è uscito Album Morante, un volume curato da Emanuele Dattilo che raccoglie lettere, fotografie e parecchi materiali inediti che ricostruiscono il mondo e il contesto personale e culturale dell’autrice.
Un altro volumone fotografico einaudiano – che si posiziona saldamente nel solco della nostalgia mondana e cinematografica? Francesco Piccolo ha firmato e “organizzato” Paparazzi, una raccolta di un’ottantina di scatti emblematici dell’epoca d’oro della “dolce vita”. Non vogliamo scansarci da Cinecittà? Olivia Laing torna al romanzo con Lo specchio d’argento (il Saggiatore) e sceglie di ambientarlo proprio lì, sul set del Casanova di Fellini.


Jean Jullien
This Is Not a Book
(Phaidon)

“Qual è il tuo libro preferito?”: quando me lo chiedono rispondo sempre che è impossibile deciderlo, ma sto seriamente valutando di usare Jullien come grimaldello universale. È questo, il mio libro preferito. Tié.

Un rimedio alla domanda opposta? Quale mai sarà il peggior libro del mondo? Auroro Borealo ci viene in soccorso con Il libro brutto dei libri brutti (Blackie).


Mi sono di certo dimenticata almeno 37 tomi che in realtà avrei voluto includere ma spero vivamente di avervi risolto qualche grana – o almeno di avervi indicato una valida pista. Se ci avete preso gusto o vi va di espandere le opzioni, qui trovate le edizioni passate dei listoni di Natale:

Per i bambini e le bambine, vi incoraggio a consultare questa lista, la carrellata tematica sui mezzi di trasporto e i mezzi pesanti, la raccolta degli atlanti (e dintorni) e il focus sugli insetti.
Per un approccio estremamente funzionale e sintetico a quello che di consultabile c’è qui sul blog nella sezione LIBRI o nei circoletti dell’Instagram, ecco il link generale a tutte le vetrine. Sì, le aggiorno man mano e senza soluzione di continuità.

Vi bacio, vi ringrazio per l’attenzione e vi auguro efficaci soluzioni a ogni dilemma regalifero. Evviva!

La passione del mio bambino più piccolo per i mezzi pesanti, i mezzi di trasporto, i mezzi da lavoro e per ogni macchinario che serve per mandare avanti un cantiere o una fattoria è ormai acclarata. Potremmo con serenità definirci veri cultori del genere e i tempi sono maturi per raccogliere qualche spunto in questo devastante ambito d’interesse. L’editoria ci soccorre? Assolutamente sì. Qua di seguito trovate una selezione di libri che il mio umarell alto un metro ha apprezzato e continua a sfogliare con inesauribile fascinazione.


La mia prima biblioteca | I veicoli
(Sassi Junior)

Perché restringere il campo, quando si può esordire con un compendio completo? I cofanetti tematici della Prima Biblioteca sono numerosi e funzionano così: ogni libretto contiene una storia orecchiabil-descrittiva e imprescindibili disegni.


Veicoli – I miei primi 50 veicoli tattili
(Edizioni del borgo)

Una catalogazione ragionata che raccoglie ben 50 veicoli e ha il pregio di illustrarne le componenti fondamentali con pratiche didascalie – insomma, si impara come si chiamano i mezzi ma anche come si chiamano i pezzi.


Alza e scopri | Ruspe e trattori
(Giunti)

Per bambine e bambini che non s’accontentano dei disegni ma bramano anche materiali fotografici. Le finestrelle creano fondamentalmente una doppia pagina capace di contenere anche il John Deere più poderoso.


Scorri e gioca | Il cantiere
(Gallucci)

Perché limitarsi a osservare una betoniera quando si può girare una rotellina e MESCOLARE IL CEMENTO. Focus edilizia (ma senza appalti truccati) con un elemento interattivo per pagina.


Libri sonori | Tutti a bordo! – La ruspa
(Usborne)

Se un camion pieno di calcinacci fa manovra è molto importante che produca anche un fragoroso PII-PII-PII. Ecco, qua i vostri figli e le vostre figlie potranno assistere agli sforzi di numerosi animali-muratori immergendosi nel paesaggio sonoro del cantiere.

I pompieri. Dolci storie sonore. Ediz. a colori

Lasciandoci guidare dalla componente sonora, vi farà piacere sapere che esistono diverse proposte fra le Dolci storie sonore di Sassi, che è una collana nata per farci sentire il cinguettio dei pettirossi nel bosco ma, occasionalmente, ospita anche della roba che fischia e sferraglia. Abbiamo I treni, I pompieri (importanti e amatissimi perché guidano mezzi incredibili e spengono il fuoco) e Il cantiere.


Richard Scarry 
Tutto ruote
(Mondadori)

Non credo occorra spiegare perché Richard Scarry è la vita, la gioia, la meraviglia – anche quando si occupa di veicoli. Sarà un balsamo per la vostra anima esausta.


Tom Schamp
Il più folle libro illustrato con tutti i veicoli del mondo di Otto
(Franco Cosimo Panini)

Del medesimo illustratore disponiamo del libro folle di “base” e anche di quello dedicato ai colori, ma qua si è specializzato in marchingegni semoventi. L’approccio è quello caratteristico di Schamp, minuzioso e fantasiosissimo con un cerca-trova a fare da filo conduttore.


Esploriamo insieme | Macchine da lavoro
(Usborne)

Un altro glorioso cantiere che ha il pregio di offrire numerose finestrelle e un gatto rosa da cercare (anche se inspiegabilmente ama avvicinarsi ai cingoli dell’escavatore).


Mezzi di trasporto. Trova le risposte alle tue domande. Scopri di più. Ediz. a colori

Mezzi di trasporto
(Editoriale Scienza)

Qui sarebbe più auspicabile disporre di una personcina che legge già da sola perché la complessità è sicuramente maggiore, ma le illustrazioni possono garbare anche ai più piccoli. Si sviluppa in verticale per schede sovrapposte e risponde a domande campali, dai veicoli spaziali alle motorette.


Elena Pullé – Giuseppe Orlando 
Il grande libro dei trasporti
(Electa Kids)

Un atlante (anche in questo caso molto ben illustrato) che approccia i mezzi di trasporto per “ambienti”. Invece di proporvi un paginone di navi o un paginone di treni, insomma, esplorerete il porto e la stazione. O l’aeroporto e la base spaziale.


Alastair Steele – Ryo Takemasa
Treni. Una storia visuale del trasporto su rotaie
(Clichy)

No, non è un libro concepito per l’infanzia ma se state allevando aspiranti macchinisti – so che ci siete – e se come la sottoscritta tendete ad essere molto “presenti” durante la lettura è una proposta che garantisce fascinazione.


Scopri e ascolta | Bruuum! – Il mio primo libro sonoro della città
(Gallucci)

Rientro nei ranghi con questa combo di interattività. Ambientazione cittadina con suonini da ascoltare E finestrelle da scorrere per animare la scena. Funziona sempre.


Luogo Comune
Il grande libro delle ruote
(Sinnos)

Mentre mi attrezzo per aggiungere alle pareti dell’ufficio una collezione intera di opere di Luogo Comune – siamo a una, al momento -, mi rallegro anche con questa sua incursione nel mondo delle ruote. È un atlante che raggruppa i veicoli per tipologia tracciandone anche la storia, dalle carrozze alle Cadillac retró.
Preferite le navi? Si è occupato anche di quelle.

Del medesimo editore, anche se illustrati da mani diverse, il libro degli autobus e il libro dei treni.


Per comodità, ho raggruppato tutto anche qui nella vetrina. Vi conviene tenerla d’occhio per futuri e inevitabili aggiornamenti. Guidate con prudenza!

 

Di Matrescenza di Lucy Jones abbiamo parlato, ma mi sembra più che opportuno segnalare anche il lavoro di Francesca Bubba, sia perché si concentra sul contesto della maternità in Italia e anche per come sceglie di farlo. I dati che riguardano il nostro paese diventano una chiave interpretativa per moltissimi dei crepacci in cui continuiamo a essere spinte – mentre ci dicono che è ora di spingere, signora – ma anche un punto di partenza per costruire uno scenario diverso. Se dati ed evidenze esistono – per fenomeni medici, socio-economici e lavorativi -, esistono anche per combinarci qualcosa e per aggiungere la maternità tra le molte “opzioni” a nostra disposizione, come soggetti indipendenti e realmente nelle condizioni di scegliere.

Preparati a spingere – in libreria per Rizzoli e anche ascoltabile su Storytel – è un saggio che usa il corpo (anche quello di chi scrive) per parlare del sistema in cui quei corpi sono inseriti, delle aspettative che deformano l’esperienza della maternità e la caricano opportunisticamente di nozioni produttive, d’efficienza e di nobili sacrifici che restringono il nostro orizzonte d’azione, invece di allargarlo. In questi orizzonti piccoli prosperano solitudini che diventano terreno fertile per reti di sostegno fittizie, predatorie e francamente spaventose – che Bubba indaga e mappa. Parecchie sono le pagine che vi faranno arrabbiare, ma vi ritroverete anche a maneggiare quella legittima reazione con un’accresciuta consapevolezza – e forse con un carico più leggero sulle spalle. Non perché le storture strutturali sono magicamente scomparse, ma perché chiamarle col loro nome – e trascinarle alla luce del sole perché le si possa vedere e riconoscere – è l’inizio di un sentiero che va percorso insieme.

Niente, non mi sono accorta in tempo che prima di Long Island – in libreria per Einaudi con la traduzione di Giovanna Granato – c’era Brooklyn, sempre di Colm Tóibín, e sono partita con il sobborgo sbagliato ma, se proprio mi impegno e provo a far tesoro di questa svista, posso rivelarvi in serenità che sta in piedi anche per conto suo. Saranno gli amori che si sviluppano su strane strutture poligonali, probabilmente: partono sbilenchi, che sarà mai approcciarli a metà strada.

Il problema che qua si palesa all’istante è un signore incollerito che suona alla porta di casa per informare Eilis Lacey che lui, fra nove mesi, le scaricherà sullo zerbino un neonato. O una neonata, quel che è. A lui in ogni caso non interessa, perché non è roba sua. La moglie gravida sì, ma il padre della futura creatura è il marito di Eilis, idraulico italoamericano che in casa loro doveva aver trovato parecchio da fare. Eilis cade dal pero e, fra lo sbalordimento e una quieta collera, informa l’invadentissimo clan di Tony che non ha la minima intenzione di occuparsi della prole illegittima altrui. Lei i suoi figli li ha già cresciuti e per quell’amore ha già sacrificato radici e accumulato rimpianti. Anzi, sai che c’è? Visto che nessuno mi tratta come un essere umano degno d’ascolto o di rispetto io torno per un po’ a casa mia in Irlanda, che mia madre e mio fratello son due decenni che mi vedono solo in foto.

Al paesello d’origine, Eilis ritrova dinamiche che sembrano cristallizzate nel tempo, ma scopre anche che il mondo non sta di certo lì ad aspettarti. L’unico che, per quanto può saperne lei, non ha messo su casa ma si è limitato a gestire con successo un pub, è Jim, l’uomo che in gioventù l’aveva quasi convinta a non attraversare l’oceano per costruirsi una vita con Tony. 
Mi avrà dimenticata? Che effetto mi farà rivederlo? Ma possibile che sia ancora scapolo? E cosa diamine ci fa la mia antica migliore amica a gestire una friggitoria fetente? È troppo tardi per pensare che si possa ricominciare?

Tóibín imbastisce un polpettone sentimentale da manuale, lasciandosi sostenere anche dal fascino “vintage” dell’epopea dell’emigrazione, con nostalgie, distanze siderali che gridano NON TI PERDERÒ ANCORA e frizioni inevitabili tra luoghi d’origine e luoghi che si scelgono con grandi atti di fede ma che, forse, ci rigetteranno sempre. Le macchinazioni del cuore restano però ingovernabili e quel che di interessante c’è qui è l’innesto dell’amore in una realtà che si considera già consolidata, chiusa, definitiva. Tutti e tutte hanno un percorso, molto da perdere e un rigoglioso giardino di illusioni da coltivare, oltre a un ramificato sistema di responsabilità da amministrare. Il fatto che Tóibín non metta nessuno in una posizione “facile” e che non permetta a nessun cuore di straripare e di crederci troppo regala al romanzo una cruda franchezza che ci fa deporre i bandieroni del tifo in favore di interrogativi ben più tremendi e ricchi: ma io….. che cosa farei? Quanto stupida mi sentirei? Sto amando una persona reale o l’idea di possibilità che ancora riesce a farmi intravedere? Perché ci ostiniamo? Perché facciamo finta di non capire?
A peggiorare le cose, per i personaggi, c’è l’abile gestione di Tóibín delle asimmetrie informative: in un piccolo paese dove per strada ti fanno la radiografia, il sotterfugio è una scorciatoia per il quieto vivere, ma anche una comodissima e ragionevole scusa per non affrontare mai la realtà. Noi, leggendo, sappiamo e vediamo tutto… e possiamo scuotere il capo con una saggezza che mille volte avremmo voluto sfoggiare nella vita vera. Cosa combiniamo, invece? Dei gran casini. Come Eilis, Tony, Jim e la volenterosa vedova che frigge. Forse, sperando, si sbaglia sempre. Ma è in quei traballanti spiragli che combattiamo davvero per la felicità.

[Long Island si può serenamente leggere, ma lo trovate in versione audio anche su Storytel.]

Credo che il target di (Non) disponibile di Madeleine Gray – in libreria per Mondadori con la traduzione di Alessandra Castellazzi – sia la gente che va a impelagarsi in relazioni extraconiugali di rara mestizia. Ma di quelle proprio con pesanti asimmetrie informative, numerose e continue promesse, illusioni a grappolo, perdita della dignità, vergogna diffusa, sotterfugi, codardia… è tutto troppo spiacevole per non ispirarci moti di crudeltà meschina mista a perentori MA SVEGLIATI TIRATI INSIEME DAI PER LA MISERIA strillati al libro.
Che nella vita abbiate o meno ricoperto il ruolo di amante o tenuto in piedi una tresca clandestina, Hera vi farà imbestialire. E no, non sto producendo spoiler perché è già tutto in bandella.

Che succede, a grandi linee?
Una ragazza totalmente impantanata – vuoi per contesto e tare generazionali, vuoi per personalissimi inghippi irrisolti – trova finalmente lavoro in un’agenzia/redazione e, pur volendosi appendere al lampadario per il tedio professional-esistenziale che prova, conosce un collega più grande di lei e gli appalta il suo cuore, il suo futuro, ogni ambizione di felicità e una porzione significativa della sua anima. Lui, flagellandosi a ripetizione e caricandola pure dei sensi di colpa che un vertebrato come si deve eviterebbe di delegare, ci sta.
Ma ha una moglie.
Quanto è probabile che la lasci?

Vorremmo rimuovere a colpi di scarpone da sci le fette di Parmacotto – *noadv* – che foderano gli occhi di Hera, ma poterla osservare scuotendo il capo e mormorando POVERACCIA GUARDA CHE ROBA è una paradossale forma di consolazione.
Se siamo state delle zerbine anche noi – come è probabile – proveremo solidarietà e sollievo, sentendoci anche delle divinità saggissime PERCHÉ ADESSO NON MI SI FREGA PIÙ BASTA È FINITA HO CAPITO. Se siamo immerse fino al collo nelle ruvide setole dello zerbino che siamo diventate, invece, Hera potrebbe risultare d’ispirazione e indicarci le uscite di sicurezza.
Non so se invitarvi o no a seguire il sentiero luminoso, perché la prolungata disfatta di una mia simile non mi rallegra, come mai ho ricavato sollazzo o lezioni preziose dai miei, di magoni. Non ho voglia di provare pena per Hera, così come non vorrei mai ispirare pietà. Ma è anche vero che ci si arrabbia e si “partecipa” se una storia ci fornisce il materiale adatto per farlo – e Hera, nostro malgrado, qualcosa riesce a dirci. Anche se vorremmo turarci le orecchie. 

Che la saga di Blackwater possa saldamente militare in un campionato a parte credo sia ormai assodato, anche se viene spontaneo e istintivo perseverare nel paragone o comporre una specie di mappa di gradimento della McDowell-produzione. Ora, Katie non è Gli aghi d’oro e non è di sicuro un miracolo. Di buono ha il ritmo, una certa inventiva – anche se molto orchestrata – e il consueto centro di gravità femminile che ribalta un po’ i rapporti di forza “tradizionali”.

Si parte da una piccola cittadina del New Jersey, dove le Drax – madre e figlia – cercano di arrivare a fine mese tra fatiche inenarrabili e ben poche speranze d’ascesa sociale. Sono in balia del padrone di casa – il consueto RICCO SENZA CUORE DEL PAESE – e cercano di gestire la loro indigenza con dignità. Arriva, a un certo punto, la lettera del nonno invalido – che ha fondamentalmente disconosciuto la figlia quando s’è sposata con uno che lui riteneva un cialtrone -, padrone di una florida fattoria. È prigioniero di questi Slape, parenti acquisiti che lo tengono prigioniero in attesa che crepi per spazzolargli via tutti i soldi che ha da parte. Philo Drax, la nipote, parte per soccorrerlo… e da lì cominceranno i guai.

I tre Slape sono dei delinquenti sociopatici a conduzione matriarcale che si rapportano al mondo con bestiale disinvoltura. Sanguinari, illetterati e gretti, esistono in una dimensione tutta loro e non temono né il biasimo del mondo civilizzato né eventuali castighi giuridici (o divini). Sono avversari agghiaccianti e imprevedibili, proprio perché non pensano come membri funzionali della società e la infestano come parassiti. Punta di diamante della combriccola è Katie, una ragazza dell’età della nostra assennata e “buona” Philo Drax. Katie è dotata di sconvolgenti poteri divinatori e ama molto prendere la gente a martellate – con gran gusto di McDowell, che le fa fare roba francamente irripetibile.

Il romanzo segue Philo nel suo tentativo di riequilibrare la bilancia della giustizia e ci accompagna anche alla scoperta dell’abisso che separa le classi sociali dell’America del tempo, dalle cittadine industriali a New York, grande metropoli tritacarne che dispensa fortune e immense sciagure. 
C’è di che leggere e di che sbalordirsi, ma non si maneggia un capolavoro di acume… e penso dipenda dagli Slape. Cosa ci insegnano le storie dei serial killer? Quelle più interessanti – per quanto nefaste – obbediscono a un “progetto”, a una motivazione di fondo, a un’idea. Gli Slape non possono contare su nulla di tutto questo. Sono un male puro, quasi casuale, esagerato e forse anche ridicolo. Posso accettare di essere presa a martellate… ma mi devi dire perché.

[Il romanzo è in liberia per Neri Pozza nella traduzione di Elena Cantoni, accompagnato dal consueto (e sontuoso) trattamento grafico di Pedro Oyarbide, ma potete anche trovarlo in versione audio su Storytel, con la voce di Antonella Civale. Vi ricordo sempre che a nostra disposizione ci sono 30 giorni di collaudo gratuito offerti da Storytel. Il periodo di prova si può attivare qui.]

Di Juniper & Thorn avevo cominciato a sentir parlare durante il vivacissimo BUZZ di lancio di Ne/oN – l’imprint di schieramento fantastico delle Edizioni e/o -, ma mi sono convinta a procedere solo dopo averlo ritrovato nella Ghinea di dicembre, ben sviscerato nel pezzo di Diletta Crudeli. Non mi aspettavo di certo una garrula passeggiata per i prati, ma sono rimasta comunque piuttosto sorpresa dalla piega gore che accompagna la parabola di Marlinchen e delle sue sorelle. Nell’economia generale della faccenda, però, quella crudeltà così fisica e pesante ha perfettamente senso, quindi mettiamocela in saccoccia e pedaliamo.

Che succede?
Partendo da una fiaba dei fratelli Grimm – già di loro più che avvezzi alla truculenza, pienamente espressa nel Ginepro -, Ava Reid costruisce un altrove che richiama l’Est Europa, in bilico tra antichi e nuovi paradigmi. La città di Oblya, come racconta anche Reid in questa succulenta intervista, è ispirata all’Odessa del primo Novecento, la perla di un impero in cui sono confluiti popoli diversi, tradizioni radicate e impulsi rivoluzionari di industrializzazione e modernizzazione.
In questo posto liminale e ribollente, l’ultimo stregone del regno vive con le sue tre figlie in una casa totalmente separata dalla società, in una sorta di bolla in cui sopravvivono i valori e i codici del vecchio mondo. Zmiy Vashchenko ha spazzato via la sua unica concorrente, trasformandola in un vomitevole grumo di serpi ma, prima di lasciarsi sopraffare, la temibile Titka Whiskers l’ha maledetto: dormirai ma non ne ricaverai alcun ristoro, mangerai ma continuerai ad aver fame, sarai attorniato dalle tue figlie ma non saprai più nutrire alcun affetto per loro!
La maledizione funziona a meraviglia e lo stregone perdurerà tra mille tormenti, asserragliato nella sua fortezza come il relitto di un universo destinato a scomparire e campando sostanzialmente alle spalle delle tre sorelle, streghe anche loro. Le maggiori sono bellissime – Undine prevede il futuro guardando in uno stagno che le restituisce il suo magnifico riflesso, mentre Rosenrot è un’erborista straordinaria – mentre l’ultima, Marlinchen, divinatrice della carne, non ha niente di speciale. Anzi, le viene continuamente ripetuto che è brutta, sgraziata, ordinaria e indegna d’amore.
Tutte e tre ricevono a ripetizione clienti in cerca di prodigi e, per pochi soldi, mandano avanti la baracca, di fatto prigioniere dei capricci e delle imposizioni del padre, che servono senza devozione alcuna ma nel perenne terrore che possa rendere le loro vite ancora più insostenibili. Marlinchen fa la serva per tutta la famiglia, tollerando angherie costanti, le intemperanze dei mostri che popolano il giardino e anche il peso di un potere che le permette solo di mostrare quel che c’è e mai di mutare concretamente la realtà, anche se molto ce ne sarebbe bisogno.
È davvero possibile, però, stritolare a tal punto l’orizzonte da soffocare ogni slancio verso la libertà?  Vashchenko è un tiranno che amministra con grande talento manipolatorio il suo controllo sulle figlie. Non solo le limita fisicamente, confinandole alla casa e al giardino, ma fa tutto quel che può per lasciarle nell’ignoranza, sia della storia che della contemporaneità. I poteri delle tre sorelle sono innati e “funzionanti”, ma lo stregone li dipinge in pianta stabile come ridicoli, in confronto ai suoi. Non trasmette alcuna conoscenza, non offre spiragli o futuro. Soddisfare i bisogni del padre – la fame incessante dello stregone ha la precedenza su tutto – è l’unico compito ammissibile, per le tre sorelle. Ma Vashchenko sarà abbastanza formidabile da tenerle rinchiuse per sempre?

Il romanzo di Reid è ricchissimo di stratificazioni. Ci si può cercare dentro l’alba dell’industria e del sapere “scientifico” che spazza via la superstizione per proporre un avvenire luminoso – almeno per i pochi che stanno in cima alla catena alimentare. Lo si può vedere come una mastodontica operazione di gaslighting e di violenza domestica sistematizzata, la si può leggere come una storia di riscatto e di liberazione a carissimo ma necessario prezzo, fatta di alleanze innaturali e di sopraffazioni meschine. Marlinchen è l’anello di congiunzione tra mente e corpo, un po’ perché il suo potere legge nella carne quello che per il pensiero è quasi impossibile da sopportare, ma anche perché è sulla sua pelle e nella sua coscienza che si compie la trasformazione più drastica, agghiacciante e decisiva. Ci si salva quando si smette di vedere (e di vedersi) con gli occhi di chi vuole tenerti buona, si decide per sé quando si trova il coraggio di immaginare quello che ti è stato portato via.

Insomma, Juniper & Thorn ha saputo atterrirmi più per l’atmosfera ricattatoria e bieca di casa Vashchenko – e del luccicante teatro di Oblya – che per le secchiate di sangue che a più riprese mi sono arrivate in faccia. Se siete in cerca di un bel groviglio da interpretare, cattivo come una fiaba classica ma assai più capace di parlare al presente, accostatevi con coraggio al cancello dello stregone. 

[Juniper & Thorn si può leggere nella traduzione di Giorgia Demuro per Ne/oN e si può anche ascoltare su Storytel, come ho fatto io. Un collaudo? Ecco qua il solito mesetto di prova gratuita.]

A cosa serve la storia? Dipende. Sapere da dove veniamo può indicarci con più chiarezza la strada verso il futuro, impartendoci sonore lezioni e fornendoci strumenti preziosi, nella speranza di non ripetere tragici errori. Approfondire le proprie radici collettive può rendere il presente più comprensibile, spingendoci ad affrontare il domani con solide consapevolezze e granitici punti di riferimento. Decifrare il passato per spiegare l’oggi, insomma, con l’auspicio che all’orizzonte esista un domani “migliorato”, più giusto e trasparente, più ricco e felice. Queste interpretazioni ottimistiche e speranzose non tengono però conto di molti chi. In Suoni ancestrali di Perrine Tripier – in libreria per E/O con la traduzione di Alberto Bracci Testasecca – la “fonte” di un improvviso slancio collettivo verso l’approfondimento storico si rivelerà cruciale. 

Ci troviamo in un nebuloso regno marittimo governato da un imperatore teatralissimo e troppo fanciullesco per destare sospetti di particolare pericolosità. Il regno è dotato di una società ordinata, di università e di una popolazione poco incline ai colpi di testa. Non si capisce bene che cosa s’insegni a scuola, però, visto che il regno sembra non conoscere le proprie reali origini. Ci sono miti e filastrocche, ma i testi e i reperti consultabili coprono un arco temporale non troppo remoto e su cosa sia capitato prima c’è ancora del gran mistero. Il Dipartimento di Storia tormenta da anni la costa sabbiosa, cercando non si sa bene quale antenato. Un bel giorno, però, una duna ingiustamente snobbata restituisce una città… e dona un’occasione d’oro all’imperatore. Che si tratti della capitale perduta dei Morgondi, i leggendari avi del nostro popolo? I valorosi guerrieri delle fiabe sono tornati per indicarci la via!
L’imperatore alza le tasse, convoglia una barca di soldi agli scavi e pesca la più autorevole delle archeologhe/storiche del Dipartimento per documentare le operazioni e per riferire in regolari bollettini pubblici i progressi dello squadrone. L’imperatore desidera tantissimo che i guerrieri che hanno fin a quel momento riposato in mezzo a conchiglioni sonori, gabbie toraciche di balene immani, colonnati meravigliosi e spade cesellate siano proprio i Morgondi che intende lui – valorosi eroi, sapienti giustizieri di mostri, antichi parenti di cui andar fieri e che, col loro fulgido esempio, possano restituire ulteriore lustro al regno… e alla sua notevole persona. 

Martabea, che di solito piglia seriamente il suo lavoro e che, al contrario dell’imperatore, viene dalla campagna e ha sempre sperato di potersi emancipare dal pantano delle sue origini, viene installata in un villone, spesata, servita e coccolata. Certo, ogni tanto le tocca infilare una frase goffa e pomposa dell’imperatore nelle sue cronache, ma le pare un prezzo relativamente piccolo da pagare per far parte di quell’impresa gloriosa, che tanto pare già giovare al regno e parecchio anche alla sua carriera. Il popolo gioisce di ogni scoperta, i Morgondi sono stupendi, lode all’imperatore!
C’è dell’altro, però? Purtroppo sì. 

Tripier affida a Martabea un compito ingrato. La rende inevitabilmente sensibile alle lusinghe di un insperato privilegio e le sbatte poi in faccia una verità che polverizza ogni umana decenza. Non vi racconto cos’altro troveranno, nella città dei Morgondi, ma facciamoci bastare un’osservazione basilare: può capitare, nella peggiore delle ipotesi, che la storia sia di chi la scrive. In questo libro, così come spesso è capitato anche “fuori”, nel mondo che conosciamo noi, il materiale storico è interpretabile come leva di potere e di controllo. I miti sono formidabili e la nostra suggestionabilità, di fronte una “bella storia”, è una tentazione più che ghiotta e un terreno competitivo prezioso. Si sceglie cosa raccontare e a chi, si sceglie cosa omettere e cosa distorcere. Si sceglie per convenienza, compromesso, paternalismo – perché un buon imperatore sa sempre che cosa è meglio per il suo fiducioso popolo. Martabea si muove lungo il confine scivoloso che separa la verità dalla propaganda, i fatti dalle fandonie strumentali. Cosa sarà disposta a sacrificare?

Suoni ancestrali è un oggetto intrigante. Si legge alla svelta e non vi donerà particolari stupori a livello di scrittura o guizzi strutturali, ma funziona se ci si lascia interrogare. Martabea e la manciata di personaggi che la circondano sono piccoli segnaposto e “simboli”, più che esseri umani dotati di rotondità. Che siano così – e che anche il contesto sia sbozzato – può bastarci, perché il punto non è il “chi” e non è il “dove”, ma quel che conta è che la storia, morgonda o meno, possa diventare manipolabile. E che esista sempre, da qualche parte, qualcuno a cui conviene credere alla versione del più forte.

Che gioia, arrivano le vacanze! Leggerò un sacco! Ho programmi ambiziosissimi! Nulla turberà la mia pace e scalfirà i miei propositi!
E invece niente.
Nella vita sì, ci son stati periodi di ferie in cui sono riuscita a godermi romanzoni di ogni tipo, ma quest’anno mi sono un po’ inchiodata. E che accade quando mi inchiodo? Cerco di divertirmi, tendo a lanciarmi in esperimenti strampalati e assecondo incontri fortuiti. Con Cinque lame spezzate di Mai Corland sono un po’ in anticipo sull’uscita italiana, ma conto che questi pensierini torneranno buoni fra poco e potranno accompagnare chi vorrà cimentarsi. Ho visto spuntare l’edizione in inglese – Five Broken Blades – dallo zaino dell’ufficio del mio consorte e l’ho immediatamente assalito con OH MA GUARDA IL TAGLIO COLORE MA CHE ROBA BAROCCA MA COS’È MA DA DOVE VIENE MA COSA SUCCEDE MA LO FAI TE. Ebbene sì, lo fa lui. Esce a fine gennaio per Magazzini Salani – con la traduzione di Benedetta Gallo.
L’ho letto subito? Già.
Farò spoiler? Giammai.

Quel che occorre sapere è che il re di Yusan è spietato e immortale. La sua dinastia ha riunificato il regno servendosi di reliquie prodigiose di un antico imperatore dragonesco – non ci sono draghi in circolazione, però, possiamo tirare un sospiro di sollievo – e ha sempre governato col pugno di ferro, un acuto disprezzo per il popolino e una sempre corroborante spolverata di misoginia. Cinque lame spezzate è la cronaca di una complicata macchinazione che dovrebbe portare al cruento assassinio del re. Chi sono i mandanti? Dipende. Che vogliono guadagnarci? Dipende. È possibile uccidere un re immortale? Dipende.
In questo vasto cumulo di variabili aleatorie, Corland spedisce all’avventura una specie di Suicide Squad che, dai quattro angoli del mondo conosciuto, cercherà di convergere verso un obiettivo condiviso. C’è un miscuglio interessante di talenti, potenziali leve di vendetta e opportune capacità, perché abbiamo un principe esiliato, una ladra, un picchiatore a cottimo, una spia di palazzo, un nobile rampollo e una bellissima assassina velenosa – letteralmente. I volenterosi congiurati procedono a coppie e, ovviamente, coltivano obiettivi segreti, si nascondono a ripetizione informazioni vitali, tramano, trucidano e brigano. Ma imparano anche a conoscersi, esplorano antiche relazioni, si amano, si guardano le spalle a vicenda e costruiscono nuove alleanze.

Come fila? Fila via bene, perché Corland ha preso un’ottima decisione: ogni capitolo è affidato a un punto di vista diverso. Non ci sono miracoli di tono – a parte un paio di casi, infatti, il registro non viaggia su uno spettro che rispecchia la varietà dei personaggi – ma è sfizioso che la storia proceda offrendoci a turno uno spiraglio sulle motivazioni segrete e sui sentimenti dei membri del gruppo. Chi legge ha un quadro della situazione decisamente più sfaccettato rispetto a chi fa parte della brigata e il finale è buono, perché tende a sorprendere sia loro che stanno dentro al romanzo che voi che state fuori per i fatti vostri. 

A cosa somiglia? Come in questi casi, forse a tutto e forse a niente.
L’ambientazione è un grande collage di suggestioni diverse, perché diversi sono i luoghi di provenienza dello sgangherato manipolo e perché Corland – nata a Seoul ma statunitense d’adozione – ha deciso di attingere a leggende e folklori con fluidità e contaminazioni, evitando approcci monolitici.
L’aspetto romance non è prioritario o particolarmente invasivo – anche perché poter disporre delle “sottotrame” di un ventaglio non minuscolo di personaggi vivacizza la faccenda. C’è il mistero, c’è la politica, ci sono terrificanti relazioni di potere e a ognuno viene assegnata una motivazione credibile – ci si pesta su parecchio ogni volta che cambia il punto di vista, ma almeno non ci disorientiamo.
Le sequenze di spavalda azione – per quanto Corland cerchi sempre di trasformarle in occasioni di avanzamento o cambiamento relazionale – mi son sembrate l’aspetto più deboluccio, ma è anche vero che l’azione tende a non convincermi quasi mai. Datemi due mesi di rogne di palazzo e sarò felicissima di risparmiarmi briganti lungo la strada, trappole e PUGNI NELLE MANI.

Mi sono sentita intrattenuta? Certo. E attendo con trepidazione l’inevitabile (e forse inesorabile) seconda puntata.

Le tradizioni che riesco ad alimentare con assiduità non sono tante ma resiste l’abitudine di radunare quello che ho letto più volentieri nell’anno appena trascorso. Avrò letto tanto? Avrò letto poco? Chi se ne importa. Chi mai dovrebbe stabilirlo, poi? Ho letto con curiosità e con la speranza costante di scoprirmi meravigliata, quello sì. Ricordiamo volentieri quello che ci fa stare bene, quello che ci accompagna al momento giusto e che sa parlarci, assecondando magari di sguincio bisogni invisibili, domande strane e necessità ondivaghe. Vale per quel che combiniamo stando al mondo – coltivando relazioni e cercando di modificare condizioni che ci sembrano avverse – e vale perfettamente anche per un bilancio di lettura. I miei preferiti del 2024, insomma, sono libri che hanno saputo accompagnarmi con sollecitudine, sorprendendomi e – spesso – dimostrandomi che si trova qualcosa anche quando non capiamo bene che cosa diamine stiamo cercando. 

In che ordine li piazziamo? In ordine di apparizione, da gennaio a dicembre, rispettando il mio ordine cronologico di lettura.
Sono libri di cui ho già parlato? Certo che sì. Troverete quindi degli agevoli rimandi ai pensierini originari. 


Nino Haratischwili
L’ottava vita (per Brilka)
Marsilio
Traduzione di Giovanna Agabio

Il mio ingresso nel 2025 non può competere per ricchezza e foliazione con questo mattone monumentale, ma ricordo con affetto il mio coraggio di un anno fa. Non ne è servito poi molto: L’ottava vita fila via molto più liscio della tumultuosa storia familiare – e Storia collettiva – che racconta.
Per approfondire: ecco qua.


Alba De Céspedes
Quaderno proibito
Mondadori

Nel 2024 mi pare si sia deciso che era il momento di riscoprire Alba De Céspedes – con tanto di incoronazioni chic. Fortunate quelle che l’hanno letta “in diretta”, fortunate noi che ci siamo arrivate dopo.
Ecco qua il pezzo – purtroppo non sponsorizzato da MiuMiu, ma pace.

 


Barbara Kingsolver
Demon Copperhead
Neri Pozza

Traduzione di Laura Prandino

In quota “piace tantissimo a tutti quindi sicuramente a te verrà il nervoso e arriverà ad assalirti la forte tentazione di detestarlo per ripicca”. E invece no. Demon Copperhead è un prodigio di tono e di equilibrio – perché solo se c’è un’accorta gestione della “voce” si può trovare accettabile una simile quantità di sfighe strutturali e di pessime decisioni intenzionali.
Per conoscere meglio Demon, ecco qua.


Christine Coulson
One Woman Show
Particular Books

Si può raccontare la vita di una donna immaginandola come un’opera esposta in un museo, servendosi soltanto delle didascalie che solitamente accompagnano reperti, quadri, sculture e artefatti? In determinate circostanze sì… e diventa potentissimo se la forma accompagna una precisa funzione metaforica. Un gioiello.
Per capirci qualcosa – interni compresi – vi rimanderei qui.

 


Nicoletta Verna
I giorni di Vetro
Einaudi

Il Ventennio, la guerra, la Resistenza. Una storia di “paese”, di potere, di sopraffazione, di compromessi impossibili e di strenua e fierissima opposizione. Sarebbe ora che il disgusto per quel passato diventasse davvero patrimonio comune… e sarebbe bello non doverlo manco più ripetere, perché dovrebbe essere il minimo sindacale della civiltà.
Qua trovate anche una video-ricognizione con telecronaca.

 


Ann Patchett
Tom Lake
Ponte alle Grazie

Traduzione di Michele Piumini e Valeria Gorla

Tre figlie ormai grandi tornano a casa nel Michigan per raccogliere ciliegie e sbrogliare quelli che considerano grandi segreti di famiglia. Perché la mamma ha abbandonato una promettente carriera di attrice? Come è possibile che sia finita qua a zappare? Ma, soprattutto, sarà vero che il passato è obbligatoriamente la dimensione del rimpianto?
Per indagare ulteriormente, ecco qua. 


Antonio Franchini
Il fuoco che ti porti dentro
Marsilio

Quante madri, in questo 2024. Quella di Antonio Franchini è una sorta di idra multiforme, un paradosso ambulante, una forza d’invasione che deforma lo spazio e i sentimenti. Inevitabilmente, però, è anche una protagonista memorabile.
Per fare amicizia con Angela Izzo – che con voi non vuole avere niente a che fare – ecco qua.

 


Melissa Panarello
Storia dei miei soldi
Bompiani

Solo chi di soldi ne ha tantissimi trova volgare occuparsene. Per il resto del mondo, i soldi sono un argomento necessario. Per chi scrive, possono diventare la chiave per raccontare tutto quello che cerchiamo di nascondere. Una bella sorpresa e un gioco di specchi fascinosissimo.
Ecco qua Clara T. e la scrittrice a cui aveva prestato la faccia.

 


Sally Rooney
Intermezzo
Einaudi

Traduzione di Norman Gobetti

Dopo Dove sei, mondo bello ho tirato un sospiro di sollievo, lo ammetto.
Qua mi diffondo un po’ di più (senza spoiler) – trovate anche un contenutone video.

 

 


Aurélien Ducoudray, Guillaume Singelin
The Grocery
BAO Publishing

Traduzione di Francesco Savino

Zerocalcare è bravo anche a curare le collane? A giudicare dalla prima uscita dei suoi Cherry Bomb mi viene da dire di sì. Un’epopea malavitosa di rara truculenza e stratificazione, con una ricchezza visiva e tematica che produrrà vertigini e visceralissime reazioni.
Ecco qua un po’ di materiale in più.


E il 2025? Chissà. Vediamo che succede. Felici e propizie letture anche a voi.