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Come già ben sappiamo, gestire le proprie estremità durante i mesi di maggior calura (sempre che la calura si palesi, quest’anno) è una faccenda delicata, ma non del tutto utopica.
Nel 2018 ho fatto amicizia con Scholl, collaudando con estremo benessere sia la collezione primavera-estate che quella invernale. La missione, in generale, era un po’ quella di raccontare al mondo che una scarpa può essere sia comoda che gradevolissima alla vista e che Scholl sta applicando con ottimi risultati le sue tecnologie calzaturiere pro-confort anche a modelli più fru-fru, perché pure i nostri piedi sono meritevoli di considerazione.
Ebbene, anche nel 2019 continuerò a collaborare con Scholl – evviva! – e in questo post ho cercato di radunare tutti i modellini primavera-estate che sarei felice di mettere e che, spero, mi accompagneranno a spasso nei prossimi mesi.
Ulteriore notizia degna di nota, in coda al post troverete un codice sconto per far del bene anche ai vostri piedi e completare i vostri AUTFIT con sandali, ciabattine e/o degni zoccoli. Spero potrà esservi utile. :3

Cominciamo?
Cominciamo.

Mi sento molto capita da questa collezione. DICHIARIAMOLO SUBITO. C’è parecchia roba che splende, rifrange e luccica. O che fa molto peplo e monte Olimpo, come nel caso delle Chrysilla, le infradito dorate lì a sinistra. Se lo spirito da amazzone anima anche le vostre membra, date un occhio pure alle Alma.

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Ma vogliamo non infervorarci un po’ anche con le stampe zoologiche? Dedicandoci magari ai rettili? Ecco. Quelle a destra sono le Allyson. Metallizzate e pitonatine.
Per chi si sentisse un po’ più zebrona, invece, segnalo le Greeny galoppanti. Ma delle Greeny parleremo anche più avanti, visto che la capsule ha una storia avvincente sul fronte materiali ed ecologia.

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Il Team Perline, invece, ha deciso di schierare baldanzosamente le Chantal. Hanno un salutare tacco di 4 cm (come la maggior parte dei sandali Scholl) e il listellino regolabile davanti. Buon punteggio anche sul fronte plausibilità di sera.

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La mia nuova fissazione per i pantaloni da samurai (perché sì, anche a 34 anni ci si può accorgere di star bene con un modello che mai al mondo avevamo preso in considerazione prima) richiede calzature adeguate al dojo. Che poi va bene, nel dojo si entra scalzi, ma ci siamo capiti… è più una questione filosofico-visiva. Per il samurai in servizio ci sono le Malindi, mentre per il samurai in libera uscita c’è un modello simile, ma TUTTO ROSA e con il fiocco.

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Ma perché abbandonare la fantascienza e snobbare le cromature? Le Cynthia ci sono in varie versioni – argentatine o in oro rosa, tipo – ma le mie preferite sono queste qua a sandaletto, con il cinturino anche sul tallone. Per vederle tutte, vi consiglio vivamente un’esplorazione sul sito.

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Anche le Glam sono al vostro servizio sia in qualità di infradito che di ciabatta glitterata degna della miglior palla da discoteca. Le combinazioni si ramificano, comunque. Perché c’è glitter a base nera, glitter rosa e glitter argentato. Il glitter, in generale, ci capisce. Io voto per le Glam 2 a base nera perché rispondono maggiormente al mio bisogno di unicorni.

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Visto che sul sito vi conviene andare comunque a vedere tutto quello che è sfuggito a me – perché troppo abbagliata dagli scintillii metallici -, andateci armate di codice sconto.
Con CUORONI20 ci sarà il -20% su tutta la collezione SS19. Il codice funzionerà per due settimane (a partire dal 27 maggio). Si potrà usare solo sull’e-commerce e non è cumulabile con altre offerte.
Spero gradirete. Scholl è felice di replicare l’esperimento visto che la volta scorsa ne avete usufruito con entusiasmo.
Per il resto, buone esplorazioni, buone passeggiate e felici giretti estivi. 🙂

I giretti estivi del tardo pomeriggio sono impagabili. Fa meno caldone, ci si può meravigliare a lungo del magico (per quanto astronomicamente spiegabilissimo) fenomeno della luce che resiste fino alle nove passate, è lecito bere dei MOITI, c’è un po’ di margine di manovra per entrare nei negozi e le zanzare non sono ancora in pieno assetto da combattimento.
Che paciosità.
Trovando particolarmente corroboranti tutti questi preziosi fattori ambiental-geografici, una delle mete che preferisco è la zona di Porta Genova – Navigli e dintorni, insomma. I Navigli sono vispi e celano angoletti di rara gioia? MA VA. CHE SCOPERTA. GUARDA CI HAI CAMBIATO LA VITA. SVOLTA! STUPORE, PROPRIO!
Ebbene, poterci arrivare a piedi da casa è una fonte di perpetua felicità. E, dopo averli perlustrati in lungo e in largo, è anche assai piacevole rendersi conto di aver individuato dei solidi punti di riferimento. Quindi sì, mi piace vagare sui Navigli. Ci vado regolarmente e mi fermo pure in cima ai ponti per fare le foto. Insieme alle giapponesi con la visiera, alle fashion blogger col cestino di paglia e agli scandinavi che si mettono a tavola alle 17.45. E buon per me.

Come forse già saprete, poi, ho fatto amicizia con Scholl… in nome di una deambulazione più confortevole ma comunque esteticamente appagante. Visto che l’approccio del primo post è stato un po’ più “metodologico” – vedi: perché siamo qui e perché ci stiamo occupando con gioia di queste calzature -, per il secondo articolo ho deciso di affrontare il collaudo uno spirito decisamente più turistico, raggruppando qui le mie mete preferite del circondario Navigli. Anche perché, diciamocelo con sincerità, i ciottoli tondi che ci sono in terra sono molto belli, ma camminarci su è la morte. Idem per la pavimentazione della Ripa: pavé sconnessissimo CON BINARI. Insomma, quale luogo migliore per mettere definitivamente alla prova dei sandali (non eccessivamente “sportivi”) e per sfornare una listina di luoghi meritevoli da visitare? 
Ma strutturiamoci.

  • Approccio generale al quartierino
  • Posticini per bere
  • Posticini per mangiare
  • Posticini dove spendere dei soldi
  • Coordinate sandalesche

Che programma, gente. Che programma.

Approccio generale al quartierino

Per vagare sul Naviglio si può arrivare con la metro da Porta Genova o iniziare il giro da Piazza Ventiquattro Maggio, ma la cosa importante, secondo me, è passeggiarselo tutto. Prima da un lato e poi dall’altro. Aggiungendoci pure via Vigevano e relative traverse. Dopo un primo moto di insofferenza verso la fila di bar super attrezzati per gli aperitivi-mangiatoia, vi troverete in più degna compagnia. E numerosi locali o negozi – che sicuramente dimenticherò di elencare qui – sapranno sorprendervi, spuntando anche un po’ all’improvviso. Per beneficiare del mercatino sul Naviglio Grande, poi, tenete d’occhio il calendario. Di sabato ci sono le bancarelle, ma il mercatone “vero” dell’antiquariato c’è solo l’ultima domenica del mese.

Posticini per bere

Ora, quand’ero all’università puntavo a spendere poco e a riempirmi il piatto di cous-cous mollicci, frittate umide, patate al forno salatissime e pizzette gommose. Seduta su un cubo di legno ben poco ergonomico o su uno sgabello tagliachiappa. Ma il tempo dei baracci è finito. Sono una signora, ormai. Se esco, voglio bere un cocktail pieno di ingredienti super curati, preparato come si deve e, possibilmente, accomodandomi in un luogo ameno. Inizio dal MAG perché risponde a tutte queste caratteristiche (più gli arredi pazzi e il menu che vi arriva dentro a improbabili libri da bancarella) e perché le foto le abbiamo fatte lì. Mica scemi.

Sandalini Floralie con le pietruzze e un WONKY EYE non provocato dal bicchiere di bianco, giuro. Tutta farina del mio sacco. 

Non tocco terra coi piedi, ma che ilarità!

Alternative altrettanto valenti per quando non trovate posto al MAG: il Banco sul Naviglio Grande e Ugo in via Corsico.

Posticini per mangiare

Non sto più dietro alle nuove aperture con il ritmo di una volta, perdonatemi. Ma sono comunque riuscita a sviluppare un mini-elenco di preferiti. Sarò banale, ma Temakinho mi piacerà in eterno. Nippo-brasiliano, roll buonissimi e non noiosoni, più il sacrosanto diritto di pasteggiare a caipiroske: la vita. Bisogna prenotare settantasei anni prima e hanno una “turnazione” che un po’ mette l’ansia, ma si mangia bene e c’è gioia.
Cambiando genere, un posto in cui siamo tornati diverse volte – con prole al seguito, anche – è The Brisket. Barbecue texano originale (quindi carne cotta a bassa temperatura per tantissimo tempo) e menu composto esclusivamente da succulento confort-food. Non siamo mai capitati nel tavolone di pietra fosforescente, ma vi auguro di finirci.
Pizza? I Capatosta sul Naviglio Grande (per la pizza napoletana), Berberè in via Vigevano (se dovete invitare fuori Wes Anderson) e Spontini che affaccia sulla Darsena (se digerite bene e se vi incuriosiscono le istituzioni milanesi).
Varie ed eventuali? Tokyo Table per salvarvi dagli OLIUCHENIT ciabattoni, The Meatball Family per polpette VIULENTE (è il ristorante di Abatantuono e va bene per serate cicciarde) e Taglio, una salumeria/bistrot/ristorante dove ci schieriamo anche per il brunch.
E, visto che non ho mai dimenticato il panino con le panelle che ho mangiato a Catania, sto scalpitando per far visita a FUD in via Casale. Ha aperto pochi giorni fa, ma penso abbia già migliorato la vita di innumerevoli milanesi.

Non mi sono ancora giocata la didascalia definitiva (anche a nome dei miei piedi tozzissimi): CHE BENESSERE.

Posticini dove spendere dei soldi

Dunque, mi pare doveroso cominciare da un cortile. Alzaia Naviglio Grande numero 4. A parte il contesto scenograficissimo e ricco di rampicanti, troverete lo stupefacente Così Cozy – un negozio di oggettistica e design vintage con un occhio particolare all'”americana” – e Anthropology, abbigliamento e accessori super selezionati e molto MODAH…ma non banali. Vado a frugarci sempre perché vendono uno dei miei brand preferiti per le stampe assurde (Nice Things Paloma S.). All’inizio di Vicolo dei Lavandai, poi, c’è Minuit. Non so bene come descriverlo, Minuit. Potrei risolverla rapidamente dicendo che non solo mi metterei tutto quello che vendono, ma che andrei anche volentieri a viverci dentro.
E le librerie? Non facciamoci mancare niente. All’angolo con via Corsico c’è la sede storica del Libraccio – il primo punto vendita è stato proprio quello -, che si è ormai espanso coprendo più o meno un centinaio di vetrine. Potrete frugare nella libreria dell’usato malridotto ma affascinante, nella libreria specializzata in illustrati e libri d’arte e nel negozio “delle novità”. Se siete più affezionati a fumetti, graphic novel e manga (e magari sclerate pure per il merchandising e i Funko Pop), all’angolo con via Casale c’è SuperGulp, un’altra istituzione cittadina.

Ciao, sono la foto che spezza un paragrafo lungo.

Spostandoci sulla Ripa, poi, il luogo magico per eccellenza è Nipper. Antiquariato, modernariato, design storico, aggeggi meccanici, tecnologie più o meno arcaiche. Si va dalle macchine da scrivere alle pompe di benzina, dai grammofoni alle insegne al neon. Gioia grande. Tornando ai vestiti, poco più in là c’è Lo Show Room, un negozio all’apparenza piuttosto anonimo (se paragonato ai fantasmagorici rivenditori di vintage della Ripa) ma pieno di capi estrosi e di ottima qualità. L’ultima volta che ci sono passata mi sono arrabbiata tantissimo perché il vestito FAVOLA con le gru piumate che volevo era ovviamente già stato venduto. Me lo dovevo comprare subito, maledizione.
Sul fronte via Vigevano, invece, il mio nuovo posto preferito è Tenoha, lo store-ristorante giapponese. Spazio meraviglioso, assortimento avvincentissimo di prodotti artigianali importati – dalle ceramiche ai tenugui – e un doveroso occhio di riguardo alla cancelleria. L’approccio è minimalista e non kawaii, ma direi che non possiamo lamentarci. Sempre in via Vigevano ci sono I See – occhialeria celeberrima per la sua vetrina e per l’estroso approccio all’ottica – e, al 35, Garden K, un raccoglitore di curiosità e capi quasi unici.
E direi di concludere assegnando l’ambito Premio Eclettismo a Brandstorming, un “collettore” di proposte handmade. Gioielli, prodotti in tessuto, artigianato artistico e, in generale, oggetti con una storia da raccontare.

Thinking of patatine.

Coordinate sandalesche

I sandali che mi hanno magistralmente sostenuta in questa lunga passeggiata navigliesca sono i Floralie della collezione primavera/estate 2018 di Scholl. Pietruzze fru fru e tecnologia Gelactiv che ammortizza i passi. Data la conformazione a salamella dei miei piedi, temevo un po’ il cinturino frontale. È piuttosto sottile e, di solito, i cinturini così provocano risultati sanguinosi. Ebbene, ne sono uscita indenne. E la pavimentazione impossibile del Naviglio mi è testimone.

Perdonatemi, non sono una piedista. Ma voi guardate le scarpe. 

Orbene, spero di avervi fornito qualche utile (e soprattutto rapido) spunto per girellare da queste parti. Senza maciullarvi i piedi, possibilmente.
:3

***

Credits
Trucco: Le Feltrin
Foto: Christian Fregnan

 

Chi bazzica da queste parti già da un po’ conosce bene le difficoltà calzaturiere che mi assalgono puntualmente all’inizio di ogni stagione estiva, protraendosi implacabilmente fino al sopraggiungere dell’autunno. Me ne lamentavo nel lontano 2016, ma il trascorrere dei mesi non ha di certo eliminato il problema. Perché sarà anche vero che il tempo lenisce ogni ferita, ma l’antico adagio non si applica alle bolle che ti vengono quando ti metti i sandali per la prima volta – o per le ennemila volte successive, se è per quello. Trovare dei sandali che non mi affettino le estremità è una delle grandi missioni della mia vita – insieme alla ricerca del pantalone nero perfetto -, perché ho i piedi di margarina e un’andatura che evidentemente produce attriti ancora sconosciuti alla biodinamica. I due fattori, combinati, mi condannano a trascorrere l’estate con la borsetta piena di cerotti e il cuore che trabocca d’odio sincero per tutte le commesse che mi hanno mentito con i loro solertissimi GUARDI POI DIVENTANO MORBIDE SONO DAVVERO COMODE LE HO PRESE ANCH’IO.
Brava, buon per te.
Io sembro una vittima dell’Enigmista.

Comunque.

Siamo qui per due ragioni, principalmente.
Uno. La vita è troppo breve per avere mal di piedi. Ed è ora di smetterla di zoppicare sul selciato cittadino, offrendo spettacoli splatter agli incolpevoli passanti e sognando di poter tornare a casa il più presto possibile per potersi finalmente dedicare a pediluvi ristoratori.
Due. La vita è troppo breve per andare in giro con le scarpe brutte. E qui penso non siano necessarie ulteriori elaborazioni del concetto.

tegamini.francescacrescentini.scholl.shoes.loveeverystep.christianfregnanHo tagliato i capelli di ben tre dita, io ve lo dico.

Quando hai una grana che ti pare non abbia soluzione, tendi a diventare molto ricettiva. Accogli consigli di ogni genere, riponi una fiducia del tutto inedita nelle esperienze altrui, ti apri al metodo sperimentale con la speranza incrollabile di chi ha ricevuto una condanna ingiusta.
Ecco, io ho deciso di dare retta a Scholl. E di provare a farmi soccorrere da loro. Sarò (mio malgrado) molto sincera: avevo delle riserve. Perché Scholl, in casa mia, corrispondeva agli zoccoli che MADRE ha portato per decenni al mare e in campagna. O, al massimo, alle scatole gialle che vedevo nel negozio di ortopedia a cinquanta metri da casa, quando andavamo a comprare una pancera nuova per mia nonna Lelia. Insomma, che le scarpe Scholl fossero comode e ben studiate era universalmente risaputo, ma non ero molto fiduciosa riguardo alla componente estetica. Perché sì, sono una ragazza superficiale e nella vita ho spesso comprato calzature ingestibili solo perché erano incredibilmente carine – per poi lamentarmene con veemenza. Che devo fare, ognuno ha le sue aree di imbecillità.
Ma torniamo al processo decisionale.
Scholl mi ha proposto un bel progetto, ma tentennavo un po’. Poi mi hanno mandato il catalogo primavera/estate e mi sono resa conto che potevo anche smetterla di preoccuparmi come una Paris Hilton qualunque. Perché la collezione è molto bella, molto “varia” e sicuramente adatta anche a chi ha meno di ottantaquattro anni. Anzi, è una collezione studiata principalmente per sostenere chi macina chilometri dalla mattina alla sera, con l’ambizione di rincasare coi piedi interi e, possibilmente, di potersi servire di calzature gradevolissime alla vista.
E mandatemi queste scarpe, allora. Se mi risolvete il problema vi sarò grata per l’eternità.

Il primo modello che ho collaudato è questo qua. Si chiamano Elara e sono di un colore incredibilmente allegro per i miei tetri standard. Quando c’è fiducia può capitare. Ma no, basta scarpe nere, datemi quelle rosine!

tegamini.schollshoes.milano.christianfregnanCi siamo a lungo interrogati sulla possibilità di utilizzare la poltroncina, ma non volevamo essere troppo invadenti col gentile e ospitale fioraio.

tegamini.francesca.crescentini.schollshoes.feltrin.milano.navigli2.christianfregnan

Come tutte le calzature Scholl, anche le mie possono fregiarsi di dettagli studiatissimi. Progettazione biomeccanica – sono loro che si adattano a voi e non il contrario, favola! -, soletta antiscivolo, altezza del tacco anti-mal di schiena, mille test sulla calzata, tecnologia Bioprint per la suola – che favorisce la stabilità supportando bene l’arco del piede – e zeppa che sembra di legno ma che in realtà è leggerissima – perché è di sughero naturale. Sono adatte anche a chi ha la pianta larga – tipo me, che ho dei piedi che sembrano pale per la pizza.

francesca.crescentini.tegamini.scholl.scarpe.christianfregnanQui mi stavo domandando perché mai l’anno scorso non ho comprato una borsa di paglia.

tegamini.francescacrescentini.schollshoes.milano.IG.christianfregnanMADRE mi diceva sempre di guardare bene dove mettevo i piedi. Sono una figlia molto obbediente.

Visto che la mia indole è scrupolosa e diffidente, ho deciso di testare le Elara su varie superfici. Milano offre infinite opportunità di inciampo e ci mette quotidianamente alla prova con terreni sconnessi, pavé, sassetti tondi e marciapiedi sbilenchi. La passeggiatina è stata piacevole, ammortizzatissima e assai confortevole. Le fasciotte dei sandali sono di una morbidezza che non vi so ben raccontare. Per la prima volta nella vita, poi, ho avuto l’opportunità di intrattenere gli astanti mettendomi in posa in mezzo alla strada come una che sa quel che fa. Nella mia testa risuonava costantemente la voce di Paolo Bonolis che commenta la sfilata finale di Ciao Darwin, ma ho deciso di procedere a testa alta, limitandomi a scoppiare a ridere di tanto in tanto.

tegamini.francesca.crescentini.schollshoes.feltrin.milano6.christianfregnanUn sentito ringraziamento alla Ka alle mie spalle, che ha un po’ rovinato la poesia.

tegamini.francesca.crescentini.schollshoes.milano.feltrin.christianfregnanGuarda là, la pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno!

tegamini.francescacrescentini.schollshoes.loveeverystep.milan.IG.christianfregnanModello Giuditta. E qui Paolo Bonolis risuonava potente nel mio cranio.

tegamini.francescacrescentini.schollshoes.milan.IG.christianfregnanCercare su Google “rimozione forzata Ka”.

tegamini.francescacrescentini.schollshoes_official.librini.christianfregnanLasciarsi sospingere in via Scaldasole da solide brame libresche – segnalo edizione ambitissima della “Regina dei dannati” di Anne Rice sulla panchetta lì fuori.

Insomma, sono contenta e mi sono trovata bene. Non avrò mai un futuro da modella, ma di sicuro potrò contare su un paio di scarpe rispettose delle mie estremità e del mio bizzarro senso estetico. Il che è molto positivo, visto che Scholl mi farà compagnia per un po’ di tempo. Abbiamo in programma un’altra avventura sul Naviglio – perché se riesci a percorrere quella pavimentazione senza impazzire sai di poter fare qualsiasi cosa – e, più avanti, anche il collaudo della collezione autunno/inverno. Nel frattempo, però, pensiamo al caldo che incombe. Volete farvi del bene? Date un occhio alla collezione estiva. È la volta buona che riusciremo tutte quante a sentirci carine facendo a meno dei cerotti. Estate, non ti temo!

***

Credits
Foto del pazientissimo e ADORABILE Christian Fregnan.
Trucco della portentosa Anna, una metà delle Feltrin.
Il fioraio bellissimo è Clori, in piazza Sant’Eustorgio.

Ci sono tantissimi problemi geopolitici e macroeconomici di cui potremmo discutere in maniera proficua e costruttiva – ma perché affrontare questioni di spessore, quando si può parlare di piedi? Perché tendere al progresso e all’elevazione intellettuale, quando possiamo invece rimanere saldamente ancorati al terreno e soffermarci sulle nostre estremità?
C’è tutto un mondo, alla fine delle nostre gambe.
I piedi sono importanti.
I piedi ci permettono di spostarci da un luogo all’altro.
I piedi ci offrono indirettamente una possibilità di felicità.
Perché, avendo dei piedi, ci servono necessariamente delle scarpe.
E le scarpe, da che mondo è mondo, sono il bene.
A meno di particolari impulsi feticistici o di un impiego nel settore calzaturiero, ai piedi non è che si pensi poi un granché. D’inverno si tende a combattere strenuamente contro pozzanghere e geloni – cercando, al contempo, un paio di stivali in grado di non soffocarci i polpacci -, ma lo sforzo di mantenimento è oggettivamente piuttosto contenuto. Bene, ho dei piedi. Li terrò al caldo, mi taglierò le unghie e prenderò in giro gli stivali UGG. Per tutto il resto, se ne riparla a giugno.
Giugno.
Quando comincia a fare caldo.
Quando, all’improvviso, ti viene in mente di tirare fuori i sandali.
L’inizio dell’estate è il fatidico momento in cui, rivolgendo lo sguardo al suolo, ci rendiamo conto della gravità della situazione. 
Magari voi avete dei piedi bellissimi. Ma io no, purtroppo. Non solo i miei piedi somigliano a delle sciagurate spatole da cucina, ma sono pure assai delicati. Magari voi vi cacciate su il primo paio di scarpe aperte che trovate e riuscite a deambulare dignitosamente per la città. Ma io no, purtroppo.
Io sembro Gesù sul Golgota.

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Ma soffermiamoci un attimo sulle tipiche fasi dell’approccio al sandalo estivo.

Che il sandalo sia vecchio o nuovo, poco cambia. Certo, la situazione si aggrava leggermente in presenza di calzature sconosciute alla mia fragile anatomia, ma una ciabatta dell’anno scorso non risolve il dramma – ve lo assicuro.
Ma che succede.
Apri la finestra e t’accorgi che fa caldo. Travolta dal tipico entusiasmo da clima mite che rinnegherai puntualmente appena le temperature supereranno i 23 gradi – la prima volta che esci senza maglione sei felice come una crostata e inneggi alla meraviglia della bella stagione (SUCA, JON SNOW! L’INVERNO QUA È PASSATO!) una settimana dopo sudi come un cinghiale e vuoi solo arruolarti come mozzo su una rompighiaccio -, MA DICEVAMO. Galvanizzata dal tepore, deciderai di buttare sottosopra la scarpiera e di ripescare i tuoi sandali preferiti. Dopo aver constatato che i tuoi piedi sono brutti come te li ricordavi (faccenda sulla quale, tuo malgrado, non puoi intervenire tempestivamente) e che, tutto sommato, non hai degli artigli da velociraptor, decidi di indossare i maledetti sandali e di affrontare baldanzosamente la giornata.
Nel tragitto tra casa tua e la fermata del tram inizierai a percepire un leggero fastidio. Come un presagio di sventura.
Arrivata in ufficio, un po’ claudicante, raggiungerai la tua sedia e ti ci abbandonerai con gratitudine – accogliendo di buon grado la prospettiva di rimanerci per le successive otto ore (centordici ore per chi lavora in un’agenzia pubblicitaria).
In pausa pranzo, però, costretta a uscire dall’edificio per procurarti del cibo, ti renderai inesorabilmente conto che qualcosa di molto grave sta accadendo.
Percepisci dell’attrito.
Percepisci del calore appiccicaticcio.
Percepisci l’incubazione di un dolore lancinante.
Ma non guardi. Perché se guardi nell’abisso anche l’abisso guarderà dentro di te.
Durante il pomeriggio, dopo aver constatato che la sedia è dotata di tre rotelle girevoli, valuterai l’opportunità di farti spingere al cesso da una collega particolarmente comprensiva. Ma andrai a fare la pipì autonomamente, come una bambina grande. E non perché sia la soluzione più dignitosa. Ti alzerai e camminerai solo perché la tua collega è in riunione da un cliente.
Tornata a casa – strisciando sulla pancia come un pinguino imperiale -, cercherai di levarti i sandali. Ma non ci riuscirai.
I listelli, infatti, dopo aver generato una molteplicità di bolle e averne salutato l’inesorabile esplosione con sadico compiacimento, sono riusciti a superare gli strati più superficiali di epidermide e derma per raggiungere, finalmente, la carne viva. O l’osso… lì dipende da quant’era brava la commessa che v’ha venduto le scarpe. Signorina, questa pelle qua… mi sembra un po’ dura. MA SI FIGURI. DIVENTANO UN GUANTO. SI AMMORBIDISCONO SUBITO. IL PELLAME È DI OTTIMA QUALITÀ, LE PARE. MEIDINITALY. CI FA IL CAMMINO DI SANTIAGO SUONANDO L’ORGANETTO. CI FA ROCCIA, COME UNO YAK. NON SI PREOCCUPI, LE SFRUTTERÀ TUTTA L’ESTATE!
E voi là. Monche. In una pozza di sangue.
Dopo aver separato – con l’intervento di un’équipe chirurgica dell’ospedale San Raffaele – il sandalo dal vostro piede, avrete tutto il tempo per contemplare il mesto spettacolo. Vi troverete di fronte a un panorama di tagli trasversali, talloni sanguinanti, bozzi, aree inspiegabilmente variopinte (in base al colore della vostra calzatura), sudorini calcificati, vesciche in vari gradi di deterioramento, impronte da cinturino mordace, dita affettate.
Uno schifo di merda. Che vi fa pure un male senza senso.
Zoppe ma furibonde, vi recherete scalze in farmacia e acquisterete una fornitura di cerotti, Compeed, garze e protesi di ultima generazione – carbonio ultraleggero, microchip, sensori di parcheggio -, nella speranza di poter in qualche modo gestire il problema. Prevenire è meglio che curare, certo, ma che ne sapevate. Scarpe vecchie? Pensavate di esservi abituate. Scarpe nuove? Non c’è modo di stabilire con sufficiente certezza dove il sandalo deciderà di colpire. E poi quando te le provi in negozio sono sempre così comode. È una cazzo di congiura – sicuramente ordita dai tedeschi per farsi finalmente dire MA CERTO, AVETE RAGIONE VOI A METTERVI LE CIABATTE COI CALZETTONI BIANCHI DI SPUGNA.
Comunque.
Nonostante i rattoppi, il vostro supplizio sarà destinato a continuare. Perché le scarpe del delitto mica potete rimettervele subito, ma manco con gli alluci foderati di cuscinetti al silicone. Per consentire alle ferite fresche di rimarginarsi più o meno correttamente, frugherete nella scarpiera alla ricerca di un altro paio di sandali da utilizzare.
E il ciclo si ripeterà.
Scarpa dopo scarpa, bolla dopo bolla, settimana dopo settimana, sandalo dopo sandalo, i vostri piedi si trasformeranno in un abominio epidermico non dissimile dalla faccia di Freddy Krueger. E, quando le vostre piastrine – ormai esauste, sfinite e disilluse – saranno riuscite ad assicurarvi un livello gestibile di resistenza plantare (generando una specie di tessuto cicatriziale in grado di sopportare ogni scarpa aperta in vostro possesso), riaprirete la finestra e scoprirete che è settembre.
L’estate è finita.
E ogni sforzo è stato vano.
Ancora una volta.