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Snapchat

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Snapchat è un aggeggio social-piattaformoso che consente alla gente di postare video della lunghezza massima di dieci secondi per raccontare un po’ quello che ne hanno voglia. I video spariscono dopo 24 ore – insieme alla “Storia” quotidiana in cui sono confluiti – e possono essere liberamente commentati da chi li guarda – sempre che l’utente in questione abbia “aperto” i messaggi privati e non vi abbia bloccato. Anche i messaggi spariscono, una volta visualizzati, a meno che non riteniate necessario salvarli – schiacciandoci sopra un dito finché non vi esce SALVATO – o screenshottarli per la posterità. Se salvate sono fatti vostri, se screenshottate si vede.
E fin qua, favola.

fetch

Ma sono tutti in grado di gestire saggiamente la magica possibilità di commentare le storie altrui? 
Non sempre. O non moltissimo. 
Anzi, facciamo così: ci sono margini di miglioramento.
Non so bene come sia accaduto, ma su Snapchat c’è parecchia gente che sembra divertirsi a guardare quello che racconto. Di conseguenza, ricevo moltissimi messaggi ogni giorno. Non è una gara a chi riceve più messaggi, che sia super chiaro. Le gare mi fanno pietà e chi si alza al mattino con il chiodo fisso di ACCUMULARE FOLLOWER dovrebbe stare a letto e ciao.

not happening

Il “moltissimi” messaggi quotidiani che mi ritrovo nella schermatina della chat è un dato propedeutico allo spiegone.
Perché?
Il “moltissimi” ci assiste in due modi.
UNO) mi ha aiutata ad elaborare una casistica piuttosto esaustiva (per quanto soggettiva) sull’argomento.
DUE) le persone non sono sempre in grado di mettersi nei panni altrui su un social che non fornisce indicatori numerici “pubblici”. Snapchat non è Facebook, dove un contenuto è visibilmente accompagnato da MIPIACE esplicitamente conteggiati e da una discussione pubblica. Snapchat permette un’interazione diretta molto ricca, ma non abbiamo idea di che cosa succede “a casa” di chi riceve i nostri commenti. E quasi sempre non abbiamo nemmeno modo di “conoscere” chi è che sta effettivamente parlando con noi – faccenda che, in un contesto di scarsa trasparenza, non può che complicare le cose.
Per rendere la faccenda ancor più incasinata, dirò anche che sono una di quelle persone che risponde pubblicamente a domande che potrebbero essere di un qualche interesse per la collettività (mostrando ai popoli del mondo il messaggio originale e partendo da lì) e che c’è anche una rubrica, che si chiama #LibriniTegamini, in cui consiglio – sempre a beneficio di tutti – libri da leggere a chi me li chiede.

interesting

Alla luce di tutta questa roba veramente estenuante che v’ho raccontato, vorrei dunque offrirvi qualche consiglio molto sereno e sincero per chiacchierare civilmente e allegramente con le gente che vi piace guardare su Snapchat.
Non è una predica, non è un “decalogo del bon-ton di Snapchat”, non è un “se fai così vedrai che starai simpatico a tutti” e non è neanche un VI DICO COME STARE AL MONDO PERCHÉ IO LO SO E VOI SIETE SCEMI. È una fenomenologia – personalissima – di quello che trovo inopportuno e che preferirei non dover vedere più. 
Condividerete il mio fastidio? Bene, mi fa piacere.
Vi sembrerò antipatica e insensbile? Ancora meglio. Vuol probabilmente dire che appartenete alla ristretta fascia di utenti che non sa distinguere un commento carino, spassoso e interessante da una bestialità. E leggere questa roba potrebbe esservi d’aiuto – o potrebbe convincervi a non seguire più quella rompicoglioni di Tegamini. Win-win, insomma.

good friend

Bene.

“Domandare è lecito, rispondere è cortesia”, diceva mia nonna – che in vita sua parlava all’incirca con 14 persone complessivamente. Se diamo la possibilità alle persone di parlarci, è saggio ed educato rispondere alle domande e ai commenti che ci arrivano. Ma il grado di “complessità” e di ricchezza della risposta non è qualcosa su cui vi consiglio di sindacare. Perché è possibile che il vostro commento sia un po’ sciocco o non offra particolari spunti di dialogo. Ed è anche possibile che il vostro commento sia poco educato.

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Ci sentiamo tutti degli irripetibili fiocchi di neve, ma forse sarebbe più opportuno commentare di meno ma commentare quando abbiamo effettivamente qualcosa da dire (rispettando chi ci legge e tenendo presente che la gente non può e non deve perdere tempo dietro alle scortesie).
Esempi.

Inviare un HAHAHAHAHA ad ogni snap di una storia, per un totale di 23 HAHAHAHAHA consecutivi. Mettervi allegria mi fa piacere, ma contenetevi, ve ne prego. Adoro gli HAHAHAHA, ma ne basta uno. Giuro che capirò.

shall we not

Volete delle precisazioni su qualcosa che avete visto?
Non siamo su Depop.
Marca? Negozio? Prezzo? Mi fai la foto dell’etichetta? Non benissimo. E soprattutto, molto spesso, dimostra una scarsa propensione all’ascolto. Se mi compro una cosa bella e mi prendo la briga di farla vedere su Snapchat, è assai probabile che vi spieghi da dove viene e come procurarvela. Se poi volete domandarmi che taglia ho scelto perché non avete idea di come veste quel brand (quesito sacrosanto e dubbio amletico perenne), c’è modo e modo. Ciao Tegamini, quel maglione lo voglio tantissimo anch’io! Ne vale la pena? Veste piccolo o dici che me la cavo con la S? A quel punto, vi risponderò probabilmente con una dettagliata nota vocale in cui vi racconterò pure come si chiama la pecora che ha fornito la lana per quel maglione. Marca? Negozio? Prezzo? Vi risponderò con un monosillabo.

rules

Approfondire una questione rispondendo volentieri a delle domande poste con educazione è bello e civile, ma non vi autorizza ad utilizzare le persone come un motore di ricerca. Se, ad esempio, vi informo che il rossetto VAVAVOOM lo trovate da Sephora, non chiedetemi di individuare il punto vendita più vicino alla vostra abitazione. Non chiedetemi di decifrare per voi il funzionamento dei resi di Asos. O di mandarvi l’URL di un sito che, se vi interessava così tanto, potevate screenshottare negli snap precedenti. Insomma, se vi interessa sapere qualcosa di facilmente reperibile utilizzando Google per un secondo, non chiedete a un’altra persona di farlo per voi.

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Ma come dobbiamo intendere la faccenda dell’educazione?
Snapchat non è certamente il luogo adatto ad ospitare slanci d’eccessiva formalità – Baronessa Tegamini, anche Voi qui a corte! Qual diletto! Mi rallegro della Vostra compagnia e Vi esorto ad avvalerVi dei miei servigi in caso di periglio o di necessità. Vostro sempre devotissimo. -, ma non deve nemmeno diventare la sagra del cappone ripieno di Campiofiorito.
Un minuscolo accorgimento per partire con il piede giusto? Provate a presentarvi, se è la prima volta che scrivete a una persona – acquisterete all’istante 1000 punti serenità e farete una gentilezza a chi vi legge.
È un po’ che “parlate” con una persona che seguite? Non ci sarà certo bisogno di sciorinare convenevoli ogni volta, ma non date mai per scontato che l’universo intero abbia precisamente in mente chi siete, che numero di scarpe portate e qual è il vostro colore preferito. Siate pazienti, insomma. E mettete gli altri nelle condizioni di capirvi il più possibile.

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Ah, nel “non è educato” inserirei anche la casistica dei maniaci ai giardinetti. Non c’è bisogno di ricevere foto inopportune per aver voglia di unirsi al programma di protezione testimoni dell’FBI. È sufficiente uno sconosciuto che ha la brillante idea di scriverti “vorrei una tua ciocca di capelli per poterti clonare e tenere sempre qua con me”.
Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro.

phone

Un’altra cosa ESTREMAMENTE spiacevole sono gli utenti che parlano male degli altri. In chat. Con te. Senza che voi abbiate fornito loro alcun appiglio o input.
Un conto è dire pubblicamente “GIANLUIGI NON LO SOPPORTO” e ricevere dei commenti in merito – ve la siete cercata? Gestitevi i “Ma che cazzo dici, Gianluigi è fantastico! Sei una stronza” o i “Gianluigi non piace neanche a me” – e ben altro è leggere, dal niente, una cattiveria gratuita su un’altra persona. Pensate di risultare simpatici? Credete di poter creare una qualche specie di “alleanza” fondata sulla disapprovazione nei confronti del Gianluigi di turno? Siete in cerca di “complicità”? Complimenti, avete appena fatto una figuraccia.

tell her

C’è una persona con cui vi piace chiacchierare e che COL TEMPO avete imparato a conoscere un po’ meglio? Potete provare a condividere la vostra opinione su Gianluigi. Ma scrivere al primo che passa che Gianluigi è un coglionazzo non è saggio, non è piacevole da leggere e, soprattutto, nessuno ve lo ha chiesto. Se dovete proprio parlare di un’altra persona, parlatene in positivo. Altrimenti tacete.

shut up

Non pretendete che gli altri parlino di quello che pare a voi. Vi siete inventati un bellissimo # che state cercando di far girare – con la malcelata speranza, spesso, che giri un po’ anche il vostro nome? Non spammatelo a caso. Tegamini si interessa di libri, unicorni e soprammobili imbecilli? Ottimo! Mandiamole 10 snap in chat in cui la esortiamo insistentemente a partecipare a un # dedicato agli attrezzi agricoli! Tegamini non ha parlato di attrezzi agricoli nonostante la mia mirata segnalazione? Tegamini se la tira!
Caso B.
Tegamini non ha partecipato al mio # dedicato ai libri fotografici sui soprammobili a forma di unicorno? Ma se ne parla sempre di quelle cose lì? Tegamini se la tira!
Nel primo caso non meravigliatevi. Mica a tutti interessano gli attrezzi agricoli. Che cosa vi dovrei dire? Che maneggio la vanga con grazia? Che ne so io di vanghe. Me lo state dicendo solo per approfittarvene, e la cosa non vi fa onore.
Nel secondo caso, invece, è probabile che la persona che vorreste coinvolgere non abbia avuto il tempo di reagire ai numerosi stimoli – anche se pertinenti – che le sono arrivati. O, molto semplicemente, non ha voglia di parlarne. O la vostra richiesta, anche se sensata, era un po’ troppo invadente. Insomma, segnalate quello che vi sembra appropriato, ma non attendetevi matematicamente una reazione. Potreste non essere gli unici, quel giorno, ad aver fatto la stessa cosa.

really

Vagamente collegato al punto precedente, c’è la faccenda dell’approfittarsene, soprattutto quando una persona si dedica a sfornare una rubrica in cui si menzionano direttamente altri utenti o si postano richieste in cui il nickname è abbondantemente visibile. Ora, io tendo a non pensar male della gente, ma se mi domandi un libro in chat e io ti rispondo con un suggerimento ben motivato cinque minuti dopo, mi aspetto un “Grazie” o un’eventuale richiesta di ulteriori chiarimenti (“Hai altro da consigliare di questo autore?”, “Ma è molto triste e dici che mi ammazzo a pagina 30?”, “Va bene anche per il mio fidanzato che non è mai uscito dal tunnel dei Librogame?”) e non un “Ma scusa, non mi fai il video pubblico come agli altri?”.

idiot

Una persona ha appena detto che è contenta? Non commentate con un panegirico sull’ineluttabilità del destino e sulla sorte fatale che attende tutti noi.
Una persona si rallegra perché il suo bambino dorme? Non commentate con un “Adesso te la passi bene, ma vedrai quando mette i denti! Vedrai quando va all’asilo, quanti MORBI si prende! Vedrai quando arriva l’adolescenza e comincerà a sputarti in faccia!”.
Una persona dichiara il proprio amore per il marito, la moglie, il fidanzato, la fidanzata, il compagno, la compagna? Non commentate con un “Adesso tutto ok, ma vedrai! Anche le cose più belle finiscono”.
Insomma, se uno è triste provate a incoraggiarlo, se vi sembra opportuno. Ma se uno è felice lasciatelo stare, se proprio non vi va di partecipare alla sua gioia. Non possiamo mica andare in giro con una mano sui coglioni 24 ore al giorno, per la miseria.

ghhhh

Seguite da qualche mese una persona che non parla mai della sua vita sentimentale? O del lavoro? O dei suoi genitori? Potrebbe essere un orfano single e disoccupato con dei traumi inscalfibili. O potrebbe non aver voglia di affrontare quegli argomenti. Se dopo qualche tempo vi accorgete che ci sono cose che un determinato utente NON DICE, non provate a tirargliele fuori con domandine “simpatiche” in chat. Avrà i suoi buoni motivi e, soprattutto, non è obbligato a dirvi più di quello che si sente di dire. Osservate, ascoltate e provate ad adeguarvi al “limite di condivisione” che il vostro utente del cuore ha deciso di tracciare.

obsessed

Vi sembra che vi sia rimasto ben poco da commentare?
Correggete il tiro e provate anche a mettervi nei panni degli altri. E, alla luce della limitata casistica che ho avuto voglia di raccogliere, non biasimate chi “chiude” le chat. Mi sembra che ci siano dei presupposti più che validi.
Ve la cavate già bene?
Continuate felicemente così. Chiacchierate. Fotografate beluga. Parlate di quello che vi piace e che vi rende felici. Approfondite quello che vi sta a cuore. Chiedete consigli VERI a chi pensate possa aiutarvi. Condividete quello che sapete se pensate possa servire.
Snapchat non è una gara di popolarità. Non è la Corrida di Corrado e non è nemmeno una scuola elementare. Prendetevi il tempo per pensare davvero a quello che scrivete. Vi aiuterà a stabilire delle relazioni più positive, piacevoli e divertenti. E credo si starebbe un po’ tutti meglio.

taco bell

Il regno è in festa.
Unicorni grassissimi fluttuano serafici.
La pizza cresce sugli alberi.
Minicuore dorme una notte intera.
Ogni calza spaiata ritrova la sua compagna.
Le zanzare si estinguono.
Gli zucconi decidono – in massa – di abbandonare i social.
Tutti leggono un sacco.
Lazzari apre a Milano.
E io sono in finale ai Macchianera Internet Awards 2016 in ben due categorie: “Miglior Snapchatter” e “Miglior sito letterario”.
Ma siete matti?

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I Macchianera li ho sempre osservati con curiosità, ma anche con un certo distacco. Perché non mi è mai sembrato che potessero riguardarmi “direttamente”. Votavo gioisamente per i miei preferiti – perché si tifa volentieri – e tornavo a farmi gli affari miei. Cioè, nella vita ci vuole anche un po’ di realismo, no? Ai Macchianera c’è la Ferragni, c’è la gente che va in televisione, ci sono quelli seri. A te chi ti conosce, ma che cosa vuoi.
E niente.
Anche quest’anno non mi sono posta il problema. Ma guarda, sono partite le candidature. Bene, divertitevi. Io sto qua, mangio un Saccottino e vi guardo. E poi, venerdì, è saltato fuori che in finale c’ero anch’io. 
Non sono particolarmente portata per i discorsi strappalacrime, ma mi sono davvero commossa. Zero campagna elettorale, zero CIAO RAGA VOTATEMI, zero mobilitazioni di amici e parenti. Non ho dovuto stampare neanche un santino da sindaco di provincia. E in finale ci sono finita lo stesso, grazie a voi. Evidentemente, là fuori, siete numerosi, molto cari, super organizzati e, lasciatemelo dire, completamente pazzi.
A questo punto, dunque, direi che devo impegnarmi almeno un po’. Insomma, visto che fin qui mi ci avete portata mi pare il caso di vincere qualcosa.

Ecco un paio di fulminee istruzioni per l’uso, un mini “come voterò io” e la scheda per esprimere le vostre garbate preferenze.

Come si fa? 
Vi rimando al regolamento, ma le cose importanti da sapere sono tre. Per votare ci vuole un indirizzo e-mail valido. Si può votare fino al 26 novembre. Bisogna votare per almeno 10 categorie. Io posso levarvi parzialmente d’impiccio: mi trovate nella 10 (“Miglior Snapchatter”) e nella 22 (“Miglior sito letterario”).
E le altre?
Io voterò così – categorie 10 e 22 a parte. Quelle sono per voi.

2. Miglior personaggio – Influencer: ALBERTO ANGELA
4. Miglior articolo: “Il reparto degli uomini rotti” di Enrico Sola
5. Miglior community: Team Divano
7. Miglior tweeter – Periscope: @dueditanelcuore
(10. Miglior Snapchatter: SCEGLI ME SCEGLI ME)
12. Miglior trasmissione TV: Pechino Express
17. Miglior testata giornalistica online: Il Post
20. Miglior sito cinematografico: BadTaste
(22. Miglior sito letterario: CI SONO IO CI SONO IO EVVIVA)
23. Miglior sito fashion&beauty: Stylosophique
25. Miglior foodblogger: Ilaria Mazzarotta

Ve la sentite?
Ecco qua la scheda per votare. Se vi fa ansia, potete andare a compilarla anche qui.

 

E dovrei aver finito di ammorbarvi. Vi ringrazio ancora con trasporto – e un’incredulità che mai mi abbandonerà – e, per chi sarà nei paraggi, ci si vede il 3 dicembre alla premiazione. Io sarò quella che non aveva niente da mettersi.

Le ferie si avvicinano, le ciabatte di gomma non vedono l’ora di portarci in spiaggia e i parei sventolano all’orizzonte. Insieme al consueto mantra del “quest’estate non faccio niente: mangio, mi riposo, non guardo le mail dell’ufficio e nuoto con la tavoletta” riaffiora anche un grande classico, il sempreverdissimo LEGGERÒ UN CASINO. Perché, come al solito, siamo assolutamente convinti che d’estate si possa finalmente leggere tutto quello che in una vita intera abbiamo più o meno volontariamente trascurato. Non è detto che ci si riesca, ma quel che conta è partire con le migliori intenzioni – e una trolley pieno di romanzi da imbrattare di crema solare.
Visto che non di sola caccia ai Pokémon può vivere l’uomo, mi sento in dovere di sostenere i buoni propositi dei villeggianti di ogni latitudine spiattellando la mia ambiziosa reading list e illustrandovi molto volentieri quello che sto combinando su Snapchat.

Parto da Snapchat, che è la roba meno importante a livello geopolitico.

Pur continuando a detestare il filtro-cagna, Snapchat sta cominciando a piacermi davvero e – in barba ad ogni più rosea previsione – ho scoperto che è un buon posto dove parlare di libri. Anzi, dove consigliare cose da leggere agli altri esseri umani – esseri umani che, inspiegabilmente, sembrano fidarsi di quel che dico.
All’inizio mi limitavo a fare due chiacchiere sull’ultimo libro che avevo letto e a sistemarlo sullo scaffale – scatenando una reazione a catena di roba che si sposta e polvere che si alza – ma, in qualche settimana, l’intera faccenda si è trasformata in #LibriniTegamini, una rubrica giornaliera in cui frugo nella libreria di casa e faccio del mio meglio per rispondere alla precisa richiesta (o alle domande) di chi vuole scoprire letture nuove.
Chi vuole un consiglio può felicemente scrivermi un messaggio – spiegandomi in rapidità i suoi gusti e che cosa sta cercando – e io, nella prima “puntata” utile di #LibriniTegamini provo a scovare il libro giusto per quella persona.
Cioè, niente che un libraio normale non faccia già da millenni… ma tant’è: #LibriniTegamini prospera e la gente SCRINSCIOTTA copertine con un’abnegazione che non cessa di commuovermi.
Ma perché ve l’ho detto?
Un po’ perché sono felice che #LibriniTegamini funzioni, ma anche un po’ perché potrei soccorrervi tempestivamente mentre vi aggirate per la Feltrinelli di Finale Ligure in cerca di un libro capace di surclassare il Novella 2000 della vicina d’ombrellone.
Non sono ancora abbastanza colta per sconfiggere la micidiale combo Gente più materassino gonfiabile in omaggio, ma se vi va di divertirvi con #LibriniTegamini (e di sorbirvi le fandonie che racconto quotidianamente), su Snapchat mi chiamo Tegamini e potete trovarmi qui.
Per il resto, c’è chi prende anche appunti.


Ma veniamo alla mia irrinunciabile wishlist estiva
– ovvero, due settimane al mare e un irragionevole milione di pagine.
Che cosa butterò in valigia – facendola poi portare ad Amore del Cuore?
Ecco qua.

***

Julian Fellowes, Belgravia

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Pubblicato a puntate su un’apposita applicazione a partire dal mese di gennaio di quest’anno – iniziativa assai vittoriana, devo dire -, Belgravia dovrebbe essere uno splendido polpettone storico-romantico pieno di balli, intrighi di società, collane di perle, uniformi tintinnanti, cannonate e personaggi arguti che si mandano a quel paese. L’autore è Julian Fellowes – quello di Downton Abbey e Gosford Park, per capirci -, quindi credo ci si possa fidare.
Io leggerò la versione “integrale” in inglese, ma il libro c’è anche in italiano – pubblicato da Neri Pozza e tradotto da Simona Fefè.

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Elena Varvello, La vita felice

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Per stemperare la spensieratezza delle barzellette del Cucciolone – che non fanno ridere, maledizione -, un romanzo di formazione dall’aria misteriosa e tagliente.
Il protagonista è un ragazzo di sedici anni che, ormai cresciuto, ricorda la fatidica estate che gli ha azzoppato per sempre la vita. Dovrebbero esserci rapimenti, un padre pazzo, cotte adolescenziali e oscuri segreti.
Gettiamo i Cuccioloni oltre l’ostacolo e vediamo che cosa succede.

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Ransom Riggs, La casa per bambini speciali di Miss Peregrine

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Una sperduta isola gallese, una schiera di scherzi della natura, un nonno che nessuno prende sul serio, mostri, nazisti e un ragazzo che parte dalla Florida per indagare sul passato bizzarro – e tremendamente reale – della sua famiglia.
Tim Burton ci ha fatto un film (in uscita a dicembre), ma voi potrete dire di essere arrivati prima… e criticare spietatamente tutto quello che vedrete – anche se, a dire il vero, l’atmosfera somiglia troppo a quella di Big Fish per trasformarsi in un conclamato schifo.
In italiano lo trovate da Rizzoli, con la traduzione di Ilaria Katerinov.

***

Ben Lerner, 10:04

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Va bene, di trentenni in crisi esistenziale che vivono a New York coltivando ambizioni letterarie e inanellando fallimenti amorosi e variegate goffaggini ne abbiamo visti passare parecchi, ma hanno sempre il loro fascino. Nello specifico, il trentenne di Ben Lerner riesce addirittura a sfondare come scrittore, ma ciò non basterà a metterlo al sicuro. Malattia potenzialmente mortale diagnosticata in un momento poco propizio? C’è. Migliore amica che vorrebbe essere fecondata senza però diventare la tua compagna? Presente. Certezze che si sgretolano? Ovvio.
Facciamoci venire l’ansia e buonanotte.
Potete leggerlo in inglese o regalarvi l’edizione italiana di Sellerio.

***

Elena Ferrante, Storia della bambina perduta

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La serie dell’Amica geniale è piaciuta a così tanta gente che ci ho messo all’incirca vent’anni a decidere di cominciarla. Ero certa che avrei deplorato ogni pagina, ma mi sono tragicamente invasata. Dopo i primi tre romanzi, però, ho deciso di prendermi una pausa: l’odio per Nino Sarratore, infatti, era semplicemente troppo per proseguire. Riuscirò a scoprire come finisce la storia senza lanciare il libro in mare? Staremo a vedere.

***

La vostra sporta dei libri è ancora vuota e non sapete dove sbattere il cranio? Lasciatevi soccorrere da #LibriniTegamini.
La vostra wishlist finirà per somigliare alla mia? Felice di esservi stata utile.
Leggerete qualcosa di diverso? Raccontatemelo senza indugi.
Per il resto, tanti cuorini. Ricordatevi la protezione 30 e non buttatevi in acqua con la pancia piena di focaccia.

Mi sono affezionata a Snapchat con una certa riluttanza. All’inizio, un po’ come tutti gli esseri umani nati prima del 2000, non avevo idea di come si usasse. Il buio. Il nulla. L’ignoto. Il mistero. È raro che una persona installi un’app e, nonostante la buona volontà, non riesca a capacitarsi del suo funzionamento… ma neanche vagamente, proprio. Mi sono sentita una cretina per giorni, mesi e secoli ma, grazie al cielo, ad un certo punto mi sono resa conto di non essere l’unica. Là fuori, infatti, è tutto un fiorire di BELLO SNAPCHAT MA NON CI VIVREI. Ma scusa, perché ti fa schifo? …perché non lo so usare.
Ecco.
Non va bene. Non è dignitoso. Che ne è stato del nostro amor proprio? Il “so di non sapere” è una mirabile e saggia ammissione dei propri limiti, ma poi bisogna fare qualcosa per risolvere l’incresciosa situazione. Riscattarsi dall’ignoranza è importante, maledizione, anche quando si tratta di padroneggiare un’applicazione per quattordicenni.
Comunque.
Dopo svariate sessioni di training – in cui amici e conoscenti hanno pigliato in mano il mio telefono e, a suon di ditate, mi hanno illustrato le funzionalità principali – e un’assidua frequentazione del blog del mirabile Stefano Perazzo – The Snapchat Journal – sono diventata autonoma e ho cominciato a produrre contenuti di cui nessuno al mondo sentiva il bisogno. Mi sono messa a seguire persone che mi stanno simpatiche, mi sono sciroppata le storie di magazine e publisherS assortiti (sezione DISCOVER, caroni) e ho usufruito – quasi sempre volentieri – degli imprevedibili momenti LIVE offerti dalla piattaforma.
Tutto molto bello.
Tutto molto ENGAGING.
Tutto molto AMAZING.

MA MAI COME I FILTRI.

Dopo analisi rigorose e meticolosissime, sono arrivata alla conclusione che – una volta comprese le funzionalità basilari dell’app – con Snapchat ci si piglia tutti bene perché ci sono i filtri scemi. 
E buonanotte.

Snapchat, facendo astutamente leva sulla megalomania delle masse e sull’inesauribile serbatoio di cialtronaggine che qualunque essere umano serba nel proprio cuore, ci allieta quotidianamente con filtri imbecilli che possiamo utilizzare per sfigurarci variamente mentre raccontiamo i fatti nostri al prossimo. Per indagare il fenomeno – che merita senza dubbio di diventare materia di tesi di laurea – mi sono chiesta come si comporterebbe un giornalista di Vice e ho deciso di collaudare i filtri più spettacolari, screenshottandomi senza pietà. L’obiettivo finale di questo inutile progetto è vagamente classificatorio: i filtri di Snapchat hanno un senso? Sono raggruppabili in filoni controllabili e gestibili? Come scegliere il filtro che più si addice ai nostri scopi?

Parliamone.

I FILTRI CHE FANNO FARE I SOLDI A SNAPCHAT

Vuoi vendere qualcosa – pure ai ragazzini? Chiedi a Snapchat di fabbricarti un filtro e di metterlo al primo posto tra quelli disponibili in una determinata giornata. A quel punto, sgancia un casino (immagino) di soldi e goditi il preoccupante show.
Coraggio, ringraziamo tutti Ariana Grande per averci dato l’opportunità di indossare un mascherone fetish da coniglia dominatrice – con tanto di luce della santità sullo sfondo e possibilità di evocare dal nulla un gigantesco bacio glitterato – e al Magnum Double per aver finalmente permesso alla panterona che è in noi di balzare allo scoperto – proprio come nello spot!

snapchat tegamini sponsored

Non so voi, ma attendo con ansia il filtro-Gardaland per potermi finalmente tramutare nel drago Prezzemolo.

***

I FILTRI SFIGURANTI

Snapchat adora manomettere i nostri già disperati lineamenti.
Somigliamo a un copertone sgonfio? I filtri sfiguranti sapranno fornirci un ironico alibi. Sei una figa apocalittica ma vuoi dimostrare al mondo che non te la tiri? I filtri sfiguranti sapranno riavvicinare il tuo volto celestiale a quello di un comune mortale. Sei una persona normale? I filtri sfiguranti ti permetteranno di aggiungere un prezioso livello d’espressività ai tuoi monologhi.

snapchat tegamini filtri sfiguranti

Lo so, ho delle felpe irresistibili.
I filtri sfiguranti, almeno dal punto di vista narrativo, possono risultare utili. Il problema è che, spesso, la gente rimane intrappolata nella grottesca magia del filtro dimenticandosi, di fatto, di narrare qualcosa. Perché, amici. Perché. Il risultato? Snapchat abbonda di persone variamente modificate dal punto di vista morfologico che ridacchiano del proprio riflesso, convinte che anche noialtri dovremmo trovare la faccenda divertentissima. Ricordate: usare un filtro sfigurante con la più totale nonchalance è assai più spassoso che assistere all’increscioso spettacolo di una persona di trent’anni che passa 10 secondi a gridare NO, HO GLI OCCHIETTI PICCOLI. LA VITA!

***

I FILTRI ZOOMORFI

Internet è dei gattini, ma Snapchat vuole bene a tutte le bestie del creato. E ce lo dimostra ogni giorno.
I filtri zoomorfi sono di diversi tipi. Ci sono i filtri zoomorfi a mascherone e i filtri zoomorfi minimalisti. Le due grandi famiglie sono popolate, a loro volta, da animali immaginari e da animali reali.
Ma non stiamo qui a farci troppi pipponi.

snapchat tegamini filtri zoomorfi minimalisti

I filtri zoomorfi minimalisti sono tipicamente composti da orecchie pelose e nasone. Spalancando le fauci o alzando le sopracciglia avrete altresì la possibilità di scatenare effetti secondari di rara ripugnanza. Potrete evocare lingue, zampine o tramutarvi in belve mannare e minacciose (il leprottino furibondo, nonostante io lo conosca benissimo, non smette mai di terrorizzarmi).
Tra i filtri zoomorfi minimalisti che più detesto c’è quello del segugio-leccone. Il filtro del segugio-leccone pare intramontabile. L’umanità lo ama e Snapchat, di conseguenza, non ce lo leva dai piedi.

snapchat tegamini filtri zoomorfi

Il procione, pur essendo un filtro zoomorfo minimalista un po’ meno minimalista degli altri, nulla ha a che vedere con la magnificenza dei filtri zoomorfi a mascherone. Grande è il dispiacere per non essere riuscita ad immortalare il filtro PANDA-GONFIO-CON-CORONCINA-FLOREALE, ma accontentiamoci di quel che c’è. I filtri zoomorfi a mascherone hanno la capacità di rievocare armoniosamente e realisticamente le fattezze (e di frequente anche l’habitat) del vostro animale esotico del cuore, riuscendo comunque a rendervi vagamente riconoscibili e a donarvi una certa plasticità.
Menzione speciale, all’interno della categoria, va al filtro SFINGE DORATA, che è semplicemente il più bello di sempre e che, se solo il mondo fosse giusto, dimorerebbe d’ufficio in cima alla lista – al posto di quello da CAGNA MALEDETTA, magari.
Comunque.
Non abusate dei filtri zoomorfi. O si impossesseranno di voi… e perderete l’uso del pollice opponibile.

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I FILTRI SACCHETTO IN TESTA

I filtri sacchetto in testa sono di un’invadenza rara. E mancano di garbo. Dal teschio fiammeggiante al tronco d’albero, potrete godere di una temporanea ma completa perdita d’identità. Sono filtri che possono soccorrervi in una giornata che non vi ha donato altro che brufoli, inspiegabili sfoghi cutanei e scottature devastanti ma, a parte quello, non li trovo un granché affascinanti. Molto spesso, poi, l’inquadratura fatica a contenerli e sono accompagnati da effetti sonori destinati a coprire qualsiasi altro genere di rumore, discorsi compresi.
Insomma, sono i classici filtri che a Snapchat s’inventano di venerdì pomeriggio alle sei e un quarto.

snapchat tegamini sacchetto in testa

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I FILTRI AUTOSTIMA

Per incoraggiare la produzione di contenuti e la vispa partecipazione degli utenti, Snapchat ha magistralmente deciso di puntare sulla vanità. Accanto ai filtri buffi, ai filtri per Licia Colò e ai filtri per i bambini che trovano fantastico avere la faccia ricoperta di corteccia, Snapchat ha messo a punto anche una nutrita batteria di filtri cosmetici, studiati per farci sembrare più belli. O meno brutti, a scelta.
I filtri autostima si basano su un elementare ma sacrosanto presupposto: l’attivazione della fotocamera interna del telefono è sempre un trauma. E non tutti possono permettersi di spendere un capitale in creme di Guerlain. Ma Snapchat sa. E Snapchat capisce. E Snapchat vuole aiutare anche chi, magari, non ha ancora trovato il modo di convivere serenamente con l’esuberanza delle proprie occhiaie.
Beccatevi dunque il filtro Kardashian.
I filtri autostima si avvalgono di diverse strategie. Si va dalla piallata epidermica con illuminazione a un milione di kilotoni (già utilizzata con ottimi risultati in ogni studio televisivo italiano) al trucco posticcio (con inturgidimento delle labbra), fino al filtro golden shower imperiale – con vittoriosa corona d’oro zecchino.

snapchat tegamini cosmetici

Vi amate a sufficienza per non ricorrere a questi mezzucci? Buon per voi.
Siete obiettivamente bellissimi, vi svegliate la mattina e lo specchio tenta di limonarvi? La cosa non può che farmi piacere.

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I FILTRI ACIDO

Non tutti sanno come procurarsi degli allucinogeni. O non hanno i soldi per sostenere una proficua dipendenza da sostanze psicotrope più o meno esuberanti. Snapchat, anche in questo caso, può correre efficacemente in nostro soccorso.
La famiglia dei filtri acido è vastissima, eterogenea e popolata da accrocchi non sempre ben riusciti – ma immancabilmente affascinanti.
Ci sono filtri capaci di trasformare il vostro cranio in un pomodoro gigante che, a sua volta, vomita fettine di pomodoro. C’è il filtro zombie che tutti abbiamo usato per comunicare ai nostri conoscenti di avere un forte raffreddore e/o una malattia potenzialmente letale. C’è un prezioso filtro che ti permette di rigurgitare arcobaleni. E quello che ti regala una moltitudine di sudditi adoranti con le antenne pelose.
Giuro.
Vorrei essere fatta come una mina, ma è tutto vero.

snapchat tegamini acido

snapchat tegamini acido II

All’orripilante categoria dei filtri acido appartengono anche i famigerati face-swap, che ti fanno ridere per quattro secondi – per poi gettarti del tedio più acuto. Perché un face-swap solo non basta. Il vostro amico che scopre all’improvviso il face-swap vorrà farlo con TUTTI. Voi, se potete, guardatevi bene dall’illustrargli la malaugurata funzionalità in mezzo, che ne so, a Piazza Duomo. O allo stadio. O al concerto di Adele. L’entusiasmo, solitamente, è immediato e – come ogni vera gioia – contagioso e inarrestabile. Il face-swap è come un’epidemia zombie. Non macchiatevi di favoreggiamento.

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I FILTRI CHE CI MERITIAMO, MA CHE NON CI SONO ANCORA

Ora che sappiamo (in maniera incredibilmente esaustiva) quello che esiste, soffermiamoci su quello che ci serve.
Di che cosa abbiamo bisogno?

Vogliamo un filtro con un vero unicorno – mica quella specie di mulo viola che annega nello zucchero filato.
Vogliamo i filtri a tema film e serie TV. E li vogliamo ora, visto che nel cinema girano i soldi.
Vogliamo le correnti artistiche! Pensavi di cavartela solo con la Gioconda, Snapchat?
Vogliamo più roba da mangiare. Il filtro pizza. Il filtro torta. Il filtro con le ciambelle.
Vogliamo i filtri per fare finta di essere usciti di casa, quando in realtà siamo sul divano col mal di pancia. Il concetto è estendibile anche alle vacanze: vogliamo il filtro con la spiaggia tropicale, anche se siamo a Pietra Ligure ai Bagni Ondina.
Vogliamo i filtri romanzo e i filtri tematici degli scrittori. Tipo. Franzen! Occhiali da secchione, aria di supponenza e centomila uccellini che svolazzano. Hemingway! Barba, camicia di lino, caraffa di mojito e gatti con sei dita da tutte le parti.
Vogliamo i filtri delle Fashion Week… con il make-up delle sfilate. I vestiti non ce li possiamo permettere, ma dateci almeno il trucco.
Quello che ci meriteremmo davvero, però. è un filtro CORGI – sponsorizzato, possibilmente, dalla monarchia britannica.