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tié, ti sferzo col fuoco, Dio dall’ingombrante copricapo!

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Va detto che siamo arrivati in ritardo e abbiamo perso per sempre i primi dieci minuti. È successo perchè ci siamo andati a sedere nella sala sbagliata, quella del Re Leone 3D. E niente, ce ne siamo accorti solo quando il sole è sorto sulla savana. Quel cinema ha seri problemi di segnaletica, non ci sono i numeri sulle porte, non c’è uno straccio di foglio di carta appeso, i tizi che ti rifilano gli occhialini indicano la direzione molto vagamente… e che dovevamo pensare, siamo andati dritti dritti da un’altra parte. E in quattro, che se c’eravamo solo io e Amore del Cuore capirai, era tutto normale. Arrivati nel posto giusto, però, il film ci ha accolti bene: un traditore – compaesano di Teseo – siede a gambe divaricate con la schiena appoggiata contro il muro. L’hanno frollato e seviziato ben bene, ha pure la faccia sfigurata da tre sfregi verticali, dalla fronte al mento. Davanti a lui, un energumeno con una struttura cornuta in testa si prepara ad assestargli una martellata nelle palle. Perchè Iperione non gradisce i guerrieri di dubbia moralità e ancor meno gradisce la loro eventuale progenie.

fate luogo, sono la Dea Atena, la mia chioma splende di saggezza!

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Coglioni spiaccicati a parte, Immortals racconta della lotta tra l’eroe Teseo – atletico contadino, figlio di chissà chi – e il malvagio re Iperione – uomo dalla faccia disastrata – intenzionato a liberare i Titani, nemici giurati degli Dei dell’Olimpo. I Titani sono rinchiusi nelle viscere del monte Tartaro, dentro a una gabbia che sembra un po’ un biliardino e un po’ una di quelle lavapiatti cubiche dei bar. Per infrangere le catene che imprigionano i Titani, all’affabile Iperione occorre un arco supersonico, forgiato da Marte e diventato esageratamente leggendario, così leggendario da essere finito non si sa dove. E chi mai potrà ritrovarlo? Il segreto è custodito da quattro gnocche veggenti, sacerdotesse illibate col dono della profezia. O meglio, una sola è il vero oracolo, le altre tre fungono da scudi umani, in un gran turbinio di vesti scarlatte con lo spacco.

I Puffi sono una di quelle cose dell’infanzia che non smetteranno mai di perseguitarti. Un po’ come il compito in classe degli articoli e delle preposizioni, con la maestra che si aspettava di vedere un cerchiolino rosso intorno agli articoli e un cerchiolino blu intorno alle preposizioni, una roba semplice e lineare, assolutamente diversa dalla pagina piena di tragedia che avevi consegnato tu, zeppa di cerchiolini verde pisello intorno a tutte le piccole parole di due o tre lettere. I Puffi sono anche un po’ come quei ricordi che sono imbarazzanti di riflesso, perchè se stai scavando fossili dalla riva limacciosa dell’Arda e ti rendi conto che un tuo compagno si è fatto la cacca addosso, là in mezzo, con un secchiello pieno di conchiglie del periodo Devoniano in mano, non serve che la cacca sia tua, ti senti tremendamente male lo stesso. E una volta, in seconda elementare, avevo pure scritto “dorata” con l’apostrofo, come se l’universo fosse interamente composto di minuscoli mattoncini fatti con le orate.
Ma insomma, chi se ne importa.
Era per dire che i Puffi sono pericolosi. Ti fanno ricordare un tempo lontano in cui potevi stupidare senza tante preoccupazioni, perchè pomeriggi trascorsi ad ascoltare un cane rosa di nome UAN o un dodo di pezza domiciliato in un albero azzurro non possono che trasformarti in una persona piuttosto ridicola. A mia discolpa dirò che non ero poi così fissata coi Puffi. I cartoni li guardavo quando capitava, ma la sigla mi piaceva moltissimo e la ballavo senza sosta sul tappeto del salotto. L’altra cosa che avevo era il camper Puffi… che non usavo per i Puffi ma per trasportare un fantasmino di tulle che avevo chiamato L’ANIMA DANNATA.

MADRE (flagello dei mondi) – Tata, cos’hai lì nel camioncino dei Puffi?
MINI-TEGAMINI – ….L’ANIMA DANNATA!


Comunque. Visto che mi regalavano il biglietto, la settimana scorsa sono andata all’anteprima dei Puffi. C’eravamo io, Amore del Cuore e un centinaio di bambini sadici. Che i bambini siano sadici un po’ lo sospetti… ma lo scopri con assoluta certezza solo quando nei film iniziano a capitare cose cruente, rigorosamente non funzionali alla trama. Gargamella viene travolto da un autobus? Puffetta conficca le sue scarpine col tacco nelle cornee di Birba? Tontolone inciampa e scivola, provocando una devastante reazione a catena che distrugge mezza Pufflandia? Ecco, bambini in visibilio. Bambini che saltano sulle poltrone, che si spellano le manine d’applausi sbilenchi con un entusiasmo che neanche gli antichi romani al Colosseo. I bambini vogliono vedere fratture esposte, tombini aperti, carriolate di viscere, maledizioni infrangibili, teste mozzate e fiamme di drago, altrochè principesse coi pettirossi in testa.
Ma cerchiamo di capire che cosa succede in questo benedetto film.

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Parliamo di Transformers. Perchè sono solo fittiziamente adulta e perchè sono andata a vedere il terzo film, Dio mi perdoni.
C’è un mio amico che ha tatuato sul collo del piede destro il simbolo degli Autobot e sul collo del piede sinistro quello dei Decepticon. Ma tatuaggi belli, con un sacco di dettagli, colori brillanti, cromature ed effetti speciali. Nonostante la validità artistica dei piedi del mio amico, credo che dovrebbe inizare a valutare una rimozione… perchè odio ammetterlo, ma gli esuli di Cybertron stanno diventando dei rugginosi rompiballe.
Mi ricordo che al primo film dei Transformers ero andata con a dir poco tutti i miei compagni di classe. Eravamo animati da uno stupore autentico, presi benissimo: ogni volta che qualcosa si trasformava – vuoi anche una caffettiera – finivamo per emettere sonori Ooooh e Aaaaah, ma proprio col cuore. Gli uomini poi erano perennemente a bocca aperta, perchè se l’OooooAaaaaah non era per una trasformazione, era per Megan Fox piegata a novanta su un cofano, baciata da un sole iper-contrastato e accarezzata dal vento.
Comunque. Se, a livello gnocca, l’appeal del franchise-Transformers resta pressochè inalterato – Shia LaBeouf riesce, sovvertendo ogni legge della natura e del buonsenso, a trombarsi un’altra creatura palesemente fuori dalla sua portata, la fidanzata di Jason Statham poi -, sul fronte robotico si procede spediti verso un baratro senza fondo. Sintomo evidente dello sfacelo, è il deterioramento dell’eroe della saga, il coraggioso paladino della concordia uomo-macchina, il piú grosso degli Autobot, quello col vocione piú tonante, quello da temere e riverire. Optimus Prime era tutto questo… E pure con qualche parafango in piú. Mi sarei buttata nel fuoco, se me l’avesse chiesto Optimus Prime. Avrei sfidato Megatron armata di minipimer, se me l’avesse chiesto Optimus Prime.
Ecco. In Transformers 3, Optimus Prime diventa un camion da trasporto pomodori.