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Da piccola piccola dormivo a stella marina, con le braccia per aria, fuori dalle coperte. Ad un certo punto, però, ho avuto molta paura e ho iniziato a dormire a siluro, con le braccia lungo i fianchi, le gambe strette strette e la coperta fin sul naso. Il siluro ha perseverato per buona parte dell’infanzia e per tutta l’adolescenza, salvo episodi di grave e scomposta ubriachezza. Poi sono andata a vivere da sola, in una casa molto silenziosa. A dormire quasi sempre da soli, in un letto matrimoniale di una casa che sai benissimo che non diventerà mai casa tua e pure in un’altra città, si peggiora. Il siluro è diventato un bruco e ho cominciato a dormire di fianco, arrotolata al secondo cuscino, o usando il secondo cuscino come una diga. Delle mattine mi svegliavo con le coperte di tutte e due le piazze sulla groppa e un ginocchio sotto l’ascella. Mi ricordo che in quella prima casa avevo paura della ventola, perchè gracchiava in momenti che non avevano senso, parecchio dopo che ero stata in bagno. Poi capitava che ci fossero delle falene grossissime che iniziavano a sbatacchiare tra il lampadario e il soffitto, solo che lì distesa al buio non lo sai che è una falena, pensi che è una cosa emersa dal più profondo e sconfortante dei pozzi del caos e ci metti un quarto d’ora a decidere di andare a vedere, brandendo una racchetta da tennis. Se lì, con solo una mano fuori dalle coperte per trovare l’interruttore della luce e ti domandi se colpendo qualcosa con una racchetta da tennis convenga utilizzare il manico o il telaio. Quando fai due metri e vedi che è una falena, poi, capisci che ha più senso se vai a prendere uno strofinaccio.
In questa seconda casa, invece, mi sono trovata meglio, perchè c’è il traffico. Anche chiudendo le persiane e la finestra, rimane il sottofondo di binari del tram e di macchine che ribaltano in pieno i tombini. C’è anche un portone pesantissimo che sbatte sempre, tipo ponte levatoio pieno di tarme, e parecchia gente che credo percuota il proprio cane mentre lo porta fuori a concimare la pista ciclabile, perchè questi cani fanno molti versi un po’ allarmanti. Nonostante il sottofondo, un po’ d’arancio del lampione e tutte le cose mie che avevo finalmente intorno senza troppa provvisorietà, però, le braccia ho continuato a tenerle sotto la coperta, in ogni tipo di stagione. L’estate è rassicurante, perchè ti sembra che la luce riesca a rimanere nell’aria più a lungo, ma l’inverno è meglio, perchè il piumone sconfigge il lenzuolo quando gli pare. E’ molto più corazzato, il piumone.
Poi mi sono innamorata davvero e sono due anni abbondanti che quando vado a letto ritrovo le braccia dove le avevo lasciate quand’ero piccola. Solo che adesso può succedere che si addormentino anche loro, messe lì sopra la testa. Fa piuttosto ridere, anche, soprattutto quando si addormentano tutte e due. Quando te ne parte uno solo non è grave, usi il braccio buono per agitare in giro quello che non ti senti più, ma quando ti partono entrambi ti devi mettere a sedere, puntarti i gomiti nella pancia e buttarti giù di schiena sul letto, tirandoti dietro tutte le braccia. Capita che ti arrivino due mani morte e formicolanti in faccia, ma lo fai un paio di volte e sei a posto, anche se non ti senti proprio benedetto dall’intelligenza. Comunque, ora non importa più dove sono, o la stagione, i motorini smarmittoni o i gatti arrabbiati o il silenzio più spaventoso, perchè dormire con le braccia fuori mi sembra una grande fortuna. Mi fa idea di famiglia, con tutti i bozzoli e le cose felici che ci sono dentro. Mi fa pensare che probabilmente sono dove dovrei essere. Mi fa casa, proprio.