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Mi sono affezionata a Snapchat con una certa riluttanza. All’inizio, un po’ come tutti gli esseri umani nati prima del 2000, non avevo idea di come si usasse. Il buio. Il nulla. L’ignoto. Il mistero. È raro che una persona installi un’app e, nonostante la buona volontà, non riesca a capacitarsi del suo funzionamento… ma neanche vagamente, proprio. Mi sono sentita una cretina per giorni, mesi e secoli ma, grazie al cielo, ad un certo punto mi sono resa conto di non essere l’unica. Là fuori, infatti, è tutto un fiorire di BELLO SNAPCHAT MA NON CI VIVREI. Ma scusa, perché ti fa schifo? …perché non lo so usare.
Ecco.
Non va bene. Non è dignitoso. Che ne è stato del nostro amor proprio? Il “so di non sapere” è una mirabile e saggia ammissione dei propri limiti, ma poi bisogna fare qualcosa per risolvere l’incresciosa situazione. Riscattarsi dall’ignoranza è importante, maledizione, anche quando si tratta di padroneggiare un’applicazione per quattordicenni.
Comunque.
Dopo svariate sessioni di training – in cui amici e conoscenti hanno pigliato in mano il mio telefono e, a suon di ditate, mi hanno illustrato le funzionalità principali – e un’assidua frequentazione del blog del mirabile Stefano Perazzo – The Snapchat Journal – sono diventata autonoma e ho cominciato a produrre contenuti di cui nessuno al mondo sentiva il bisogno. Mi sono messa a seguire persone che mi stanno simpatiche, mi sono sciroppata le storie di magazine e publisherS assortiti (sezione DISCOVER, caroni) e ho usufruito – quasi sempre volentieri – degli imprevedibili momenti LIVE offerti dalla piattaforma.
Tutto molto bello.
Tutto molto ENGAGING.
Tutto molto AMAZING.

MA MAI COME I FILTRI.

Dopo analisi rigorose e meticolosissime, sono arrivata alla conclusione che – una volta comprese le funzionalità basilari dell’app – con Snapchat ci si piglia tutti bene perché ci sono i filtri scemi. 
E buonanotte.

Snapchat, facendo astutamente leva sulla megalomania delle masse e sull’inesauribile serbatoio di cialtronaggine che qualunque essere umano serba nel proprio cuore, ci allieta quotidianamente con filtri imbecilli che possiamo utilizzare per sfigurarci variamente mentre raccontiamo i fatti nostri al prossimo. Per indagare il fenomeno – che merita senza dubbio di diventare materia di tesi di laurea – mi sono chiesta come si comporterebbe un giornalista di Vice e ho deciso di collaudare i filtri più spettacolari, screenshottandomi senza pietà. L’obiettivo finale di questo inutile progetto è vagamente classificatorio: i filtri di Snapchat hanno un senso? Sono raggruppabili in filoni controllabili e gestibili? Come scegliere il filtro che più si addice ai nostri scopi?

Parliamone.

I FILTRI CHE FANNO FARE I SOLDI A SNAPCHAT

Vuoi vendere qualcosa – pure ai ragazzini? Chiedi a Snapchat di fabbricarti un filtro e di metterlo al primo posto tra quelli disponibili in una determinata giornata. A quel punto, sgancia un casino (immagino) di soldi e goditi il preoccupante show.
Coraggio, ringraziamo tutti Ariana Grande per averci dato l’opportunità di indossare un mascherone fetish da coniglia dominatrice – con tanto di luce della santità sullo sfondo e possibilità di evocare dal nulla un gigantesco bacio glitterato – e al Magnum Double per aver finalmente permesso alla panterona che è in noi di balzare allo scoperto – proprio come nello spot!

snapchat tegamini sponsored

Non so voi, ma attendo con ansia il filtro-Gardaland per potermi finalmente tramutare nel drago Prezzemolo.

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I FILTRI SFIGURANTI

Snapchat adora manomettere i nostri già disperati lineamenti.
Somigliamo a un copertone sgonfio? I filtri sfiguranti sapranno fornirci un ironico alibi. Sei una figa apocalittica ma vuoi dimostrare al mondo che non te la tiri? I filtri sfiguranti sapranno riavvicinare il tuo volto celestiale a quello di un comune mortale. Sei una persona normale? I filtri sfiguranti ti permetteranno di aggiungere un prezioso livello d’espressività ai tuoi monologhi.

snapchat tegamini filtri sfiguranti

Lo so, ho delle felpe irresistibili.
I filtri sfiguranti, almeno dal punto di vista narrativo, possono risultare utili. Il problema è che, spesso, la gente rimane intrappolata nella grottesca magia del filtro dimenticandosi, di fatto, di narrare qualcosa. Perché, amici. Perché. Il risultato? Snapchat abbonda di persone variamente modificate dal punto di vista morfologico che ridacchiano del proprio riflesso, convinte che anche noialtri dovremmo trovare la faccenda divertentissima. Ricordate: usare un filtro sfigurante con la più totale nonchalance è assai più spassoso che assistere all’increscioso spettacolo di una persona di trent’anni che passa 10 secondi a gridare NO, HO GLI OCCHIETTI PICCOLI. LA VITA!

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I FILTRI ZOOMORFI

Internet è dei gattini, ma Snapchat vuole bene a tutte le bestie del creato. E ce lo dimostra ogni giorno.
I filtri zoomorfi sono di diversi tipi. Ci sono i filtri zoomorfi a mascherone e i filtri zoomorfi minimalisti. Le due grandi famiglie sono popolate, a loro volta, da animali immaginari e da animali reali.
Ma non stiamo qui a farci troppi pipponi.

snapchat tegamini filtri zoomorfi minimalisti

I filtri zoomorfi minimalisti sono tipicamente composti da orecchie pelose e nasone. Spalancando le fauci o alzando le sopracciglia avrete altresì la possibilità di scatenare effetti secondari di rara ripugnanza. Potrete evocare lingue, zampine o tramutarvi in belve mannare e minacciose (il leprottino furibondo, nonostante io lo conosca benissimo, non smette mai di terrorizzarmi).
Tra i filtri zoomorfi minimalisti che più detesto c’è quello del segugio-leccone. Il filtro del segugio-leccone pare intramontabile. L’umanità lo ama e Snapchat, di conseguenza, non ce lo leva dai piedi.

snapchat tegamini filtri zoomorfi

Il procione, pur essendo un filtro zoomorfo minimalista un po’ meno minimalista degli altri, nulla ha a che vedere con la magnificenza dei filtri zoomorfi a mascherone. Grande è il dispiacere per non essere riuscita ad immortalare il filtro PANDA-GONFIO-CON-CORONCINA-FLOREALE, ma accontentiamoci di quel che c’è. I filtri zoomorfi a mascherone hanno la capacità di rievocare armoniosamente e realisticamente le fattezze (e di frequente anche l’habitat) del vostro animale esotico del cuore, riuscendo comunque a rendervi vagamente riconoscibili e a donarvi una certa plasticità.
Menzione speciale, all’interno della categoria, va al filtro SFINGE DORATA, che è semplicemente il più bello di sempre e che, se solo il mondo fosse giusto, dimorerebbe d’ufficio in cima alla lista – al posto di quello da CAGNA MALEDETTA, magari.
Comunque.
Non abusate dei filtri zoomorfi. O si impossesseranno di voi… e perderete l’uso del pollice opponibile.

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I FILTRI SACCHETTO IN TESTA

I filtri sacchetto in testa sono di un’invadenza rara. E mancano di garbo. Dal teschio fiammeggiante al tronco d’albero, potrete godere di una temporanea ma completa perdita d’identità. Sono filtri che possono soccorrervi in una giornata che non vi ha donato altro che brufoli, inspiegabili sfoghi cutanei e scottature devastanti ma, a parte quello, non li trovo un granché affascinanti. Molto spesso, poi, l’inquadratura fatica a contenerli e sono accompagnati da effetti sonori destinati a coprire qualsiasi altro genere di rumore, discorsi compresi.
Insomma, sono i classici filtri che a Snapchat s’inventano di venerdì pomeriggio alle sei e un quarto.

snapchat tegamini sacchetto in testa

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I FILTRI AUTOSTIMA

Per incoraggiare la produzione di contenuti e la vispa partecipazione degli utenti, Snapchat ha magistralmente deciso di puntare sulla vanità. Accanto ai filtri buffi, ai filtri per Licia Colò e ai filtri per i bambini che trovano fantastico avere la faccia ricoperta di corteccia, Snapchat ha messo a punto anche una nutrita batteria di filtri cosmetici, studiati per farci sembrare più belli. O meno brutti, a scelta.
I filtri autostima si basano su un elementare ma sacrosanto presupposto: l’attivazione della fotocamera interna del telefono è sempre un trauma. E non tutti possono permettersi di spendere un capitale in creme di Guerlain. Ma Snapchat sa. E Snapchat capisce. E Snapchat vuole aiutare anche chi, magari, non ha ancora trovato il modo di convivere serenamente con l’esuberanza delle proprie occhiaie.
Beccatevi dunque il filtro Kardashian.
I filtri autostima si avvalgono di diverse strategie. Si va dalla piallata epidermica con illuminazione a un milione di kilotoni (già utilizzata con ottimi risultati in ogni studio televisivo italiano) al trucco posticcio (con inturgidimento delle labbra), fino al filtro golden shower imperiale – con vittoriosa corona d’oro zecchino.

snapchat tegamini cosmetici

Vi amate a sufficienza per non ricorrere a questi mezzucci? Buon per voi.
Siete obiettivamente bellissimi, vi svegliate la mattina e lo specchio tenta di limonarvi? La cosa non può che farmi piacere.

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I FILTRI ACIDO

Non tutti sanno come procurarsi degli allucinogeni. O non hanno i soldi per sostenere una proficua dipendenza da sostanze psicotrope più o meno esuberanti. Snapchat, anche in questo caso, può correre efficacemente in nostro soccorso.
La famiglia dei filtri acido è vastissima, eterogenea e popolata da accrocchi non sempre ben riusciti – ma immancabilmente affascinanti.
Ci sono filtri capaci di trasformare il vostro cranio in un pomodoro gigante che, a sua volta, vomita fettine di pomodoro. C’è il filtro zombie che tutti abbiamo usato per comunicare ai nostri conoscenti di avere un forte raffreddore e/o una malattia potenzialmente letale. C’è un prezioso filtro che ti permette di rigurgitare arcobaleni. E quello che ti regala una moltitudine di sudditi adoranti con le antenne pelose.
Giuro.
Vorrei essere fatta come una mina, ma è tutto vero.

snapchat tegamini acido

snapchat tegamini acido II

All’orripilante categoria dei filtri acido appartengono anche i famigerati face-swap, che ti fanno ridere per quattro secondi – per poi gettarti del tedio più acuto. Perché un face-swap solo non basta. Il vostro amico che scopre all’improvviso il face-swap vorrà farlo con TUTTI. Voi, se potete, guardatevi bene dall’illustrargli la malaugurata funzionalità in mezzo, che ne so, a Piazza Duomo. O allo stadio. O al concerto di Adele. L’entusiasmo, solitamente, è immediato e – come ogni vera gioia – contagioso e inarrestabile. Il face-swap è come un’epidemia zombie. Non macchiatevi di favoreggiamento.

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I FILTRI CHE CI MERITIAMO, MA CHE NON CI SONO ANCORA

Ora che sappiamo (in maniera incredibilmente esaustiva) quello che esiste, soffermiamoci su quello che ci serve.
Di che cosa abbiamo bisogno?

Vogliamo un filtro con un vero unicorno – mica quella specie di mulo viola che annega nello zucchero filato.
Vogliamo i filtri a tema film e serie TV. E li vogliamo ora, visto che nel cinema girano i soldi.
Vogliamo le correnti artistiche! Pensavi di cavartela solo con la Gioconda, Snapchat?
Vogliamo più roba da mangiare. Il filtro pizza. Il filtro torta. Il filtro con le ciambelle.
Vogliamo i filtri per fare finta di essere usciti di casa, quando in realtà siamo sul divano col mal di pancia. Il concetto è estendibile anche alle vacanze: vogliamo il filtro con la spiaggia tropicale, anche se siamo a Pietra Ligure ai Bagni Ondina.
Vogliamo i filtri romanzo e i filtri tematici degli scrittori. Tipo. Franzen! Occhiali da secchione, aria di supponenza e centomila uccellini che svolazzano. Hemingway! Barba, camicia di lino, caraffa di mojito e gatti con sei dita da tutte le parti.
Vogliamo i filtri delle Fashion Week… con il make-up delle sfilate. I vestiti non ce li possiamo permettere, ma dateci almeno il trucco.
Quello che ci meriteremmo davvero, però. è un filtro CORGI – sponsorizzato, possibilmente, dalla monarchia britannica.

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Il mio amore per la cancelleria sta cominciando a produrre risultati imprevedibili. Adoro comprare quaderni bizzarri, adorabili blocchetti per gli appunti ed estrose biro dal tratto vagamente pennarelloso, ma non ci faccio mai niente. Le penne mi provocano scompensi minori, ma non c’è verso di convincermi ad aprire un quaderno BELLO e a scriverci dentro per davvero. Ho un’agenda “di servizio” che uso per annotare (A MATITA) gli impegni e la lista delle cose da fare, ma ho praticamente perso la capacità di tenere traccia di quello che mi capita o di scarabocchiare da qualche parte quello che vedo o quello che mi colpisce. Da piccola ero molto scrupolosa. Scrivevo tutto. Mi ricopiavo sul diario anche gli SMS che mi arrivavano, che con lo spazio che c’era sul 3310 mica si poteva andare avanti chissà quanto. Mettevo da parte i bigliettini, ritagliavo foto dalle riviste, immagazzinavo cartoline, catalogavo lettere e non buttavo neanche un disegno. Visto che non mi sentivo particolarmente padrona della situazione, cercavo di catalogare il catalogabile, sperando che – almeno sulla carta – le cose cominciassero ad assumere una forma vagamente comprensibile. Ora, nonostante l’accrescimento esponenziale della complessità delle mie giornate, percepisco un quaderno come qualcosa di decorativo e piacevole, più che come uno strumento in grado di aiutarmi a non prendere a capocciate il muro. Quello che continua a sembrarmi importante, però, è il bisogno di non dimenticare quello che, anche solo per un attimo, mi è sembrato speciale. E, visto che non riesco più a farlo con un quaderno vero, ho deciso di equipaggiarmi diversamente. Certo, adesso ho molti più strumenti per esternare le mie imprescindibili osservazioni e per collezionare quello che vedo, ma la sensazione è che l’universo sia vasto e che ci sia sempre qualcosa che mi sfugge. Un tweet di qua, una post su Instagram di là. E rimane comunque un gran casino. Le cose succedono, si accumulano, si disperdono e vengono dimenticate.
Ci vorrebbe un diario, ho pensato.
Ma un diario un po’ più realistico e maneggevole di quello che avevo da piccola.
Una sera, poi, il nostro amico Andrea ci ha fatto una foto. Avevamo mangiato, eravamo in giro e, in qualche modo, avevamo partecipato alla sua giornata. E siamo finiti nel suo diario. Belli tranquilli, così come eravamo. Curiosa come una bertuccia, mi sono fatta spiegare che cosa diamine stava facendo con il nostro prezioso ritratto… e ho scoperto Day One.

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Non mi pare un’app dal potenziale particolarmente rivoluzionario – è pure in giro da qualche anno -, ma mi è subito sembrata un’ottima invenzione.
A che serve?
Day One è fondamentalmente un diario. Le diverse entries si possono catalogare seguendo categorizzazioni pazze (dei sotto-diari, di fatto) o, semplicemente, creare e buttare dentro in ordina cronologico, lasciando alle label il compito di riordinare il mondo. Ogni contenuto può essere accompagnato da un piccola galleria di immagini – pescabili da rullino -, da un testo – io sono abbastanza laconica ma, volendo, uno può scriverci dentro anche Guerra e pace -, da un tag geografico – con tanto di meteo e temperatura – e da una serie di etichette che puoi inventarti a piacimento e che, fra mille anni, potranno aiutarti a ripescare quello che ti è successo.
Niente di clamoroso, insomma… ma Day One fa innegabilmente il suo sporco dovere. E mi sta regalando l’illusione di governare un po’ meglio il caos. Per ora mi sto solo divertendo a raccogliere ricordi quotidiani, ma potrei provare a inventare dei diari paralleli per gestire meglio – che ne so – quello che capita al lavoro, le menate burocratiche che ci devastano la vita – il 26 maggio hai stupidamente accettato di dare un milione di euro al tuo gestore telefonico, cretina! -, le avventure di Minicuore, una routine ginnica, la roba che leggo, i film che vedo.
E niente, tutto qua. Ve lo volevo dire. Il diario è l’invenzione più vecchia del mondo… e IL DIARIO SULLO SMARTPHONE non è sicuramente il miracolo del progresso moderno, ma mi trovo bene, che cosa devo fare. Sono una ragazza semplice. L’interfaccia di Day One mi capisce. Mi viene addirittura voglia di ricordarmi più cose, da quando uso Day One. L’ho pure pagata 4 euro e 99, questa strabenedetta app. Non compravo un’app dal giorno del mai! Che sta succedendo, mi sono rincoglionita all’improvviso o tutti quanti si ritrovano prima o poi a gestire abitudini diaristiche più o meno insensate?
Raccontatemelo, diamine.
Ho bisogno di capire se anche voi siete travolti dalle mie stesse preoccupazioni. Se temete l’oblio. Se ve ne fregate.
Avete metodi alternativi da suggerire?
Là fuori ci sono app ancor più stupefacenti di cui ignoro l’esistenza?
Ma, soprattutto, avete visto qualche quaderno bellissimo che posso ammirare, coccolare e apprezzare senza mai scriverci dentro neanche una riga perché ormai ho Day One e buonanotte al secchio?
Illuminatemi.
Ogni contributo, siatene certi, verrà catalogato con cura.