Diario

Vivere con uno stendino in salotto

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Dopo aver abbandonato la casa di MADRE e papà, ho abitato – certe volte per poco e certe volte per molto – in tre grandi e nobili città. Le metropoli in questione sono New York, Torino e Milano.
A New York ci sono rimasta per tre mesi, che poi ti scade il visto turistico, che è quello che scegli di usare quando sei una stagista che deve tornare in Italia per laurearsi. A New York abitavo in un posto surreale e struggente, una specie di palazzo per femmine che studiano e lavorano, vicino alla Penn Station e al Madison Square Garden. Si chiama Webster Apartments, ed è una via di mezzo tra un college, un albergo, una casa di tolleranza e un ospizio. Pagavi poco meno di mille dollari al mese e avevi la tua stanza, la colazione, la cena e le pulizie. Mille dollari al mese possono sembrare una bestemmia, ma per gli standard abitativi della sfarzosa Manhattan è praticamente un dono del cielo.

Il Webster era stato inventato negli anni Venti dal signore dei grandi magazzini Macy’s, come rifugio sicuro e accogliente per le giovani donne volenterose che si spostavano nella Grande Mela per inseguire i propri sogni. Io ci sono stata nel 2009, e il regolamento era ancora quello degli anni Venti. Gli uomini li potevi far entrare, ma non salire ai piani. Ci potevi bere un tè nei salotti comuni, li potevi far venire giù a mangiare, ma se un maschio tentava di prendere un ascensore per avventurarsi nella tua camera, veniva giustiziato sul posto da un energumeno russo. Insomma, scopare era categoricamente proibito, in compenso – però -, si potevano fare un sacco di altre cose pericolose e infiammabili, tipo fumare in stanza, gettarsi dal tetto, far scadere scatole di cereali nell’armadio, fare la cacca nei bagni comuni o decidere di abitare in quel posto per tutta la vita. C’erano ragazze giovani e piene di speranza tipo me e poi c’era un plotone di settantenni e ottantenni col deambulatore. C’erano divorziate rancorosissime che non sapevano dove altro andare. C’erano matte che non uscivano mai dalla loro camera.
Comunque, a parte l’assurdità della situazione, una roba che non ha mai creato problemi è il bucato. Sul mio piano c’era la lavanderia e te andavi col tuo sacco pieno di roba puzzolente, pigliavi un misurino dell’economicissimo detersivo Tide e cacciavi tutto nella prima lavatrice libera. Poi ti ritiravi nella tua stanza, facevi un po’ di sudoku e, dopo un’oretta, tornavi indietro e traghettavi i tuoi poveri panni nell’asciugatrice. E avevi fatto il bucato. Piegavi e via, i tuoi sei metri quadri di spazio vitale erano salvi.

Poi, niente, mi sono trasferita a Torino. Quartiere San Paolo, una camera da letto che ci stava dentro solo il letto, un minibagno, un minicorridoio e una cucina-ingresso-stanza-per-vivere-quando-non-stai-dormendo. Dopo un annetto e un po’, mi sono spostata verso il centro (si sa, quando si fa una carriera travolgente nel settore dell’editoria è importante abitare vicino ai bar) e ho perso una stanza. Quella casa lì era grande come camera mia a Piacenza e, volendo, potevi pure ribaltare il letto dentro al muro, tipo Quagmire. Non c’era nessun posto dove andare, in quella casa. E continuavo a non avere un balcone. Lì almeno c’erano due finestroni che facevano entrare un po’ di luce, ma mica potevo attaccare un bastone alla ringhiera e stendere le mutande col pizzo su Corso Re Umberto. Quell’anno lì mi si congelò la caldaia e, tempo dopo, augurai la morte alla padrona di casa, tra me e me. Avete presente quelle quarantenni che vanno a fare la piega ogni due giorni, non hanno bisogno di lavorare, sono sempre stressatissime perché devono andare a prendere i bambini a scuola (e basta) e si strappano gli adduttori al corso pomeridiano di zumba? Le mamme ricche con le Hogan. Non affittate mai una casa da una mamma ricca con le Hogan. Se hai un problema non ti sapranno aiutare, ma ti faranno le pulci sul tubo della doccia. “Guardi, signora, le lascio in casa una libreria e una scarpiera… il docciatore, con tutto il rispetto, costa 8 euro e ci può anche pensare da sola”. La mamma ricca con le Hogan ti fa un favore ad affittarti la casa, lo fa di malavoglia, fingerà di aver imbiancato e ti vesserà con ogni genere di pidocchioso adempimento (spesso facoltativo)… ma non lo fa perché sa che cosa sta succedendo o perché ci tiene. Lo fa perché glielo ordina un sadico agente immobiliare che il marito le ha messo vicino, ben sapendo di aver sposato una cretina.

Comunque, ora abito a Milano e la nostra padrona di casa è una nobildonna genovese con tredici cognomi che, periodicamente, mi chiede di mandarle delle foto del mio gatto. E’ una persona adorabile. L’antica nobiltà sconfigge le parvenu con le Hogan 1789 a 0. Ha delegato tutto – di sua sponte – a una solerte agenzia che, in caso di rogne – per ora ci si è liquefatto un lavandino IKEA, con conseguente accumulo d’acqua che ha fatto corrugare il parquet della cucina, creando un sorprendente effetto zattera-pirata – interviene con piglio e decisione. La signora Eliodora, dopo aver riconosciuto che, in effetti, poteva scegliere un lavandino migliore e/o far montare un lavandino mediocre da un idraulico sobrio, ha pagato le riparazioni, compresi gli incredibili puntellamenti e incollaggi del parquet, con la pacifica rassegnazione dei veri mecenati. E Ottone le piace un casino.

Comunque.

A parte il netto miglioramento nei rapporti locatario-locatore e la felicità di quest’ultima soluzione abitativa (c’è Amore del Cuore, i metri quadri sono aumentati, c’è una lavastoviglie), anche qui a Milano – e forse anche peggio che a Torino -, il disagio da stendino non si placa. Non c’è il balcone, la “lavanderia” è angusta, e non stiamo in uno di quei palazzi dove tutti si accampano sul ballatoio e si fanno le treccine, coi tendoni di plastica verde che scrocchiano al vento, a tempo coi bonghi. Fai il bucato e stendi in salotto. Hai da stendere le lenzuola? Peggio per te, dovrai tenerti in mezzo al soggiorno una specie di catafalco umidiccio e ondeggiante, una roba imponente e minacciosa che, se per caso devi andare a fare la pipì nel cuore della notte senza accendere le luci e ti sei dimenticato che ce l’hai lì in mezzo a casa, ti farà anche venire uno stramlone.
Ora, non so voi, ma qui ci garba andare in giro con la roba pulita, ed è un festival perenne della lavatrice. Ho addirittura comprato un secondo stendino all’IKEA, un affare bianco, a tre piani, con dei bracci rotanti e una bizzarra struttura a libro. Appena entri in casa lo vedi. Lo vedi, in qualsiasi modo. Sta lì, pieno di calzini, come un parente rancoroso che ti mette in imbarazzo al pranzo di Natale: allora, come andiamo? Abiti sempre in quello strano stanzone col soppalco? Ah, certo. Io non credo che ce la farei. Insomma, è anche vero che sei a Porta Venezia, ma come si fa a cucinare di fianco al bucato. Bisognerebbe rispondere con un perentorio FOTTITI, IO VADO SEMPRE AL RISTORANTE, ma evito di mentire, quando posso.

stendino della malora
Insomma, lo stendino sta diventando il simbolo di ogni fallimento, ti fa ricordare che la vita è effimera e che non ti pagano abbastanza. Ti fa sentire in povertà, lo stendino, come il campeggio… una roba che hai accuratamente evitato anche quando ci andavano tutte le tue amiche del catechismo. Ma dai, in tenda agli scout ci si diverte un casino, vieni anche tu, siamo nel gruppo dei Furetti! Col cavolo, vacci te a fare la cacca in un buco scavato nella foresta. Sono troppo vecchia per avere uno stendino in mezzo a casa. Mi muovo troppo scompostamente per non urtarlo ogni volta che passo. Dietro allo stendino c’è questa piccola libreria bellissima che mi ha regalato Amore del Cuore al compleanno… E NON LA VEDO MAI, MALEDIZIONE! Oh, permesso, ma che buon odore di bucato che c’è in casa! PER FORZA, HO SEMPRE LO STENDINO IN SALOTTO.

Mi arrabbio sempre, ultimamente.
Credo sia una mezza sindrome di Mary Poppins. Un posto per ogni cosa e ogni cosa al suo posto. E il salotto appartiene a me. Me lo merito, un salotto. Ho finalmente un divano. Era dal 2009 che non avevo un divano. E’ scomodo, i cuscini si spostano ed è color cacchetta, ma è un divano. Quanto ancora dovrò attendere per non vedere più il diamine di stendino in mezzo ai piedi? Io non lo so. Ma voi come fate? Sono l’unica che vuole accendere un mutuo per avere una camera da destinare unicamente allo stendino? Un tempio, gli posso anche erigere un altare votivo, basta non trovarmelo più nei coglioni. E adesso che ne ho due, di stendini, faccio lavatrici a rullo, perché così non mi si accumula la roba sporca. E GLI STENDINI CHE MI INGOMBRANO L’ANIMA SI MOLTIPLICANO!

Ho bisogno di aiuto.
Ho bisogno di un castello.
Con dei terrazzamenti baciati dal sole.
Con le mura merlate.
E in cima alle mura ci metterò centinaia di stendini.
E ballerò nel mio salone. Finalmente vuoto.
Senza neanche un paio di calzette che cercano di asciugare.

La cabina armadio è sopravvalutata. Lo “studio” non è niente. La vera ricchezza è la stanza in più per lo stendino. Anzi, sono pronta alla conversione. Sono pronta a credere in qualcosa di bellissimo, di innovativo, di civile. Finalmente so che cosa voglio. IO VOGLIO L’ASCIUGATRICE.
…solo che di là non mi ci sta.
Manco quella.
Mai una gioia.
E poi si muore.

29 Comments

  1. Non voglio fare la cassandra, ma appropinquandosi la scadenza delle matrimoniadi, preconizzo una sindrome da armadio di pari intensità rispetto a quella dello stendino. Nelle case delle signore sposate gli armadi, cara lei, non bastano mai. Dove ospitare adeguatamente le tazze da brodo, lo scava lumache, i piattini da pane, oggetti essenziali da regalare alle spose di classe?

    • Le spose di classe dovrebbero anche avere un terrario per le lumache e un fondale per l’allevamento delle aragoste. Tutto in salotto insieme allo stendino.

  2. La soluzione è la lavasciuga: un solo elettrodomestico grande come una lavatrice, che fa tutto. Unieuro, un investimento tra 400€ e 600€, e passa la paura.

  3. La realtà è che la stanza per lo stendino ce l’avremmo anche, quella della lavatrice. Il nuove stendino a castello ci starebbe pure comodo. Purtroppo, però, abbiamo deciso di dedicare l’anfratto alla lettiera di Ottone, che col bucato fresco e pulito lega male.

    Questo per dover di cronaca, ne’.

    • Il sempre puntiglioso Amore del Cuore dice il vero. Abbiamo un piccolo luogo-lavanderia. Ma se Ottone fa la cacca è la fine.

  4. La mia casa non è un buco, ma il bagno/lavanderia è un buco dotato di vasca da bagno con sopra dei fili per stendere, operazione resa impossibile dalla mia bassa statura. La presenza di una stanza-rifugio per il consorte dove lui possa tenere i suoi strumenti musicali e strimpellare fa sì che io lo stendino ce l’abbia in camera da letto. Stamattina ho ovviamente rischiato la vita.
    Rifiuto l’uso dell’asciugatrice perché l’appartamento ha il riscaldamento centralizzato e la roba si asciuga in due ore (lenzuola escluse)

  5. Quando abitavo da sola io, ho investito i soldi per comprare lavatrice e asciugatrice andando a fare periodicamente il bucato in una lavanderia automatica amorosa che aveva incluso il detersivo con un profumino buonissimo e un’asciugatrice più grande del mio bagno di allora. Questo però ha comportato l’acquisto di una trentina di mutande di cotone di Tezenis per garantire la sostenibilità del periodo tra un bucato e l’altro.
    Attualmente nella casa di Milano io e moroso siamo condannati anche noi all’ingombrante compagnia di uno o due stendini in salotto.
    Bisogna però secondo me concentrarsi sul lato positivo della faccenda: se stendessi i panni fuori dalla finestra a Milano credo che farei appena in tempo a farli asciugare che dovrei rimetterli direttamente in lavatrice per togliere lo smog.
    So’pproblemiseri.

  6. Finalmente qualcuno che descrive perfettamente il vero problema del (mio) mondo!Oramai odio l’odore di lavanda che imperversa in casa a causa del bucato steso!!! Che poi…bisogna dirlo che in casa non si asciuga mai niente! Vivo intere giornate rigirando sui caloriferi maglioni/vestitini di lana/calzini ecc…un giorno smetterò di fare lavatrici e diventerò una barbona.ecco.

  7. Il mio sogno proibito? Una stanza lavanderia con scarpiere, asse da stiro sempre aperto e stendini a volontà !! Ora i miei due stendini sono uno in camera da letto (dedicato alle lenzuola) e uno nella “camera degli ospiti” (che non vengono mai ed è un semi-magazzino).
    L’asciugatrice…. mi rifiuto perchè consuma un sacco di energia e casa mia è calda sia d’inverno che d’estate…

  8. ho un minuscolo balcone, ma dato che a Greyville i panni la notte risciano di congelarsi, o di impregnarsi di umidita’ al 100%, mi sottopongo alla rotazione delle colture (camera da letto – cucina -sputo di balconcino appena esce un raggio di sole)
    noi misere, noi tapine!

  9. Io ce l’ho la stanzetta in più per lo stendino… peccato che vivendo in mansarda con le vasistas l’aria gira male, in più mettici che sta a nord… tempo due mesi e ci siamo ritrovati muffa in ogni luogo e in ogni lago, ma soprattutto dietro alla libreria (infatti l’abbiamo vista tardi)!! Ora vivo con lo smuffer dentro la borsetta e i panni li rigiro sui termosifoni ogni tot ore. E’ una vita dura ;__;
    (ah, il mio moroso fa il ciclista, quando faccio una lavatrice al giorno sono contenta! almeno è tutta roba che poi non va stirata!)

  10. Troppo carino. E troppo vero. E lo dice una che ci e’ passata (ah, se ci e’ passata!) e che finalmente, all’eta’ di 37 anni, si e’ conquistata la sua stanza dei sogni, la LAVANDERIA, quella con stendini (due alle pareti e due aggiuntivi all’occorrenza), asciugatrice e asse da stiro sempre aperto, una stanza in cui i panni entrano puzzolenti ed escono per andare nei cassetti. Una che si e’ conquistata il diritto di non avere stendini in salotto e di non aver pile di vestiti piegati da mettere via ovunque. E giuro che non ho le hogan e non faccio zumba! 😉

    • Sei un esempio per tutte noi. Ti rispettiamo profondamente. Mostraci la via!

  11. Intanto: W Ottone sempre, anche quando fa la cacca! E poi: lo stendino è il vero simbolo del nostro malessere quotidiano. Io ho rimosso i ricordi legati allo stendino in pressocchè tutte le miriadi di case in cui ho abitato. Oggi come oggi mi sveno per pagare l’affitto in una sontuosa villetta- ma piccola piccola- pressocchè nelle tane dei lupi (ameno entroterra ligure-piemontese), dove d’estate ho un giardino con una meravigliosa T di ferro con i fili su cui appendere il bucato!!! ma d’inverno, sotto metri di neve o, nei momenti miti, sotto piogge che nemmeno nella stagione dei monsoni, lo stendino si vendica, e occupa trionfalmente il living (dove c’è la stufa ma anche ogni altra forma di vita in detta casa) o la cameretta degli ospiti, così detta perchè della grandezza adatta per ospitare giusto giusto lo stendino. L’asciugatrice consuma elettricità e rovina i capi. Il barbonaggio, a tendere, mi sembra la soluzione filosoficamente migliore. Il mio amico gatto, quando torna dalle sue passegiatine tutto zuppo, si asciuga in un attimo 🙂

  12. l’Antifèscion Reply

    Ussignùr, lo stendino! COME e QUANTO lo odio.

    Nella casa/città attuale, pellegrinaggi infiniti alla lavanderia a gettoni (per l’asciugatura del bucato).
    E quello delle lavanderie è un mondo che andrebbe raccontato, te lo dico. Un mondo in cui può capitare DAVVERO di tutto (dai un’occhiata qui, se ti va: http://antifescion.blogspot.co.uk/2013/07/storie-di-ordinaria-follia.html).

    VOGLIO L’ASCIUGATRICEEE! (E un appartamento che possa contenerla, grazie)

  13. LAVASCIUGA AQUALTIS DI ARISTON is the way.
    È l’acquisto che prevedo di fare appena riuscirò a sfrattare le miei coinquiline – per adesso ci teniamo la lavatrice vecchia e sfigata.

    Perché io a dire il vero ho anche due finestre che danno su di un cortile interno corredate di tanti simpatici fili da bucato, ma non posso consultare App Meteo e Barbanera ogni volta che lavo un paio di mutande, eh. Becco sempre la pioggia.

  14. forse te l’hanno già detto. ma io per ovviare questo medesimo problema butto e ricompro tutto dopo l’uso: et voilà, basta stendini in salotto.

  15. Abito a Torino in una vecchia casa che non ha balconi o per meglio dire, ha due ipocriti balconi (!!!) alla francese. Zero posto per stendere.
    Ho investito in un ‘asciugatrice piazzata proprio sopra la lavatrice.
    E tutte le mattine dopo aver faticosamente riconosciuto la mia immagine allo specchio, mi giro e noto l’ingombrante sua presenza. E la abbraccio.

  16. Dato che sovrapporre il lenzuolo ad altri capi messi ad asciugare rallenta il processo di séchage, io con agile e fluido movimento lo metto ad asciugare sulle porte. Sì.
    Che magari c’è pure la correntina che le fa sventolare come fossero en plein air e a me pare di aver steso il bucato nell’orto, accanto alle piante dei pomodori.
    Basta ricordarsi di toglierle di corsa se suona il campanello…

      • Perché non hai mai avuto uno stendino in salotto o perché vivi bene anche con uno stendino in salotto?
        In entrambi i casi, sei una persona fortunata.
        🙂

        • No,purtroppo vivo con uno stendino in salotto e la cosa non mi rende felice 🙁 ! ma ho sempre posizionato le lenzuola sopra un intricato mix di sedie/tavolo/divano 🙂

          • Tegamini

            Magari gridando fortissimo “QUESTO È UN FORTINO!” 😀

  17. Io ho risolto così: ritiro il mio stendino, quando a riposo, dietro l’armadio della camera che ho allontanato dal muro q.b. per farlo scivolare sulle sue morbite e sinuose rotelle. Quando lo uso lo sistemo in camera così umidifica l’aria ed è lontano da occhi indiscreti, soprattutto i miei durante il giorno. Infatti stendo al mattino e quando è ora di andare a dormire è tutto asciutto e via dietro l’armadio! Per le lenzuola ne ho uno nello sgabuzzino a soffitto. ..il resto…..asciugatrice, lo confesso!

  18. Capito qui in seguito a ricerca “casa piccola stendino”, tre parole che descrivono cinque anni di vita felice a Milano, all’ombra perenne di due stendini in salotto (oddio, chiamarlo salotto….). Il problema comincia a farsi esasperante e grazie a questo post ho scoperto questa parolina magica: “asciugatrice”, vado a vedere che roba é, spero faccia al caso mio.

    • Nella casa nuova c’è… ma non ci regala una gran gioia. Stendiamo sempre indoor, ma in un’altra stanza. Il risultato, comunque, è il medesimo. 😀