Libri

Colson Whitehead racconta “I ragazzi della Nickel”

Pinterest LinkedIn Tumblr

Tra gli autori che, in questi anni, meglio hanno saputo raccontare la storia e le radici del pregiudizio razziale negli Stati Uniti troviamo sicuramente Colson WhiteheadLa ferrovia sotterranea era – e continua ad essere – un romanzo sconfinato e complesso che ha saputo dare tangibilità, anima e concretezza alla leggendaria rete clandestina destinata ad accogliere e “redistribuire” gli schiavi di colore che fuggivano dalle piantagioni del Sud. Il nuovo romanzo di Whitehead, I ragazzi della Nickel, ha una diversa collocazione temporale, ma torna a prendere ispirazione da una vicenda che, questa volta, è malauguratamente reale. La Nickel è, infatti, il calco letterario della Dozier School for Boys, un riformatorio per minorenni gestito dallo stato della Florida e rimasto operativo dal 1900 al 2011. Analisi assai articolate hanno portato alla luce l’atroce passato di abusi perpetrati dall’istituzione “rieducativa” ai danni dei giovani detenuti, con tanto di cimitero clandestino dove venivano fatti scomparire i cadaveri dei ragazzi uccisi o morti in seguito a maltrattamenti, isolamento e violenze.

Domande?
Molte.
Temi?
Complessi e numerosi.
E con chi ne parliamo?
Con l’autore, incontrato agli inizi di settembre durante la tappa milanese del suo tour per la presentazione del libro. I virgolettati di Whitehead scaturiscono da un paio di giri di domande collettivi – perché sì, ero in numerosa e ottima compagnia.

Ma ci vuole un po’ di introduzione.
Il personaggio che, suo malgrado, ci farà oltrepassare i cancelli della Nickel è un ragazzo di colore di Tallahassee – Florida. Elwood, abbandonato dalla madre alle cure della nonna, è uno studente molto promettente, che inizia a muovere i primi passi nel movimento dei diritti civili. L’idealismo di Elwood è fervido. È un ragazzo serio, che studia e lavora, in attesa di cominciare a frequentare l’università. In che anni siamo?

La Dozier – modello per la Nickel – è stata chiusa nel 2011. Potevo scegliere di ambientare il romanzo in un anno qualsiasi, ma ho scelto il 1963 perché è l’anno in cui il movimento per i diritti civili raggiunge una certa massa critica e una vera risonanza. Allo stesso tempo, anche la segregazione, nel ’63, arriva al suo apice. Elwood sceglie Martin Luther King come paladino. L’ottimismo e la fiducia di Elwood, contrapposti al pessimismo e allo scetticismo di Turner – l’amico che conoscerà alla Nickel -, rispecchiano la condizione del panorama politico del tempo, sospeso tra possibilità di cambiamento e disillusione.

La nonna di Elwood lavora in un albergo della città e, in mancanza di alternative, lascia il nipote in cucina durante i suoi turni. Tra i lavapiatti e i camerieri, il piccolo Elwood intravede un potenziale spaccato di futuro, ma sceglie di immaginare una strada diversa. Un giorno, vince una scommessa e si porta a casa un’enciclopedia, dimenticata da qualcuno – un commesso viaggiatore, magari – in una delle stanze dell’albergo. Ma la sorpresa sarà amara. I volumi sono bianchi, ad eccezione del primo, che veniva forse usato come campione da esibire ai potenziali acquirenti. È un episodio crudele, ma emblematico.

È sempre importante trovare un gancio che mi permetta, all’inizio, di capire meglio i miei personaggi. L’enciclopedia rappresenta tutto quel mondo di possibilità che, nel ’63, sono precluse a un ragazzo di colore. Sarà un episodio cruciale per Elwood, ma non lo danneggerà nella costruzione idealistica della sua personalità.

La storia si muove su due piani temporali. C’è l’approdo di Elwood alla Nickel e la sua permanenza in riformatorio, ma c’è anche uno spaccato di futuro.

Sì, i capitoli degli anni successivi sono un tentativo di indagare come si può sopravvivere a un’esperienza traumatica, ricostruendo un’identità coerente.

Elwood finisce alla Nickel per una sfortunata fatalità – e sua nonna non può permettersi di pagare un avvocato valido che sbrogli la questione. Il destino gioca a suo sfavore, insomma, ma pare che il destino tenda ad essere meno clemente con chi è più povero, più svantaggiato e con la pelle più scura rispetto alla classe dominante.

Alla Nickel ci sono anche degli “studenti” bianchi. Il fattore determinante che accomuna tutti è proprio la povertà, anche se l’attitudine al pregiudizio della polizia statunitense è riscontrabile anche nell’epoca contemporanea. Anch’io sono stato fermato e ammanettato senza ragione, mentre ero in giro per i fatti miei. Non si può mai sapere. Svolti l’angolo e puoi ritrovarti in un universo completamente diverso, come è capitato a Elwood.

Chi vince, negli Stati Uniti di oggi, tra la fiducia di Elwood e il disincanto di Turner?

Turner, di certo. Ci ritroviamo con un presidente che vorrebbe colpire un tornado con delle bombe atomiche. I migliori ideali della nazione si stanno deteriorando e ci troviamo di fronte a una continua umiliazione dello spirito umano. È difficile mantenere un atteggiamento come quello di Elwood. Ne usciremo… e Trump non sarà presidente per sempre, anche se è stata proprio la situazione politica attuale a spingermi a scrivere questo romanzo. Mi sono sempre misurato con generi molto diversi fra loro. Parlo di razza e di razzismo, ma anche di città e di cultura pop. Il prossimo libro sarà un crime ambientato ad Harlem negli anni ’60. I miei ultimi due lavori [La ferrovia sotterraneaI ragazzi della Nickelsono quelli che contengono il minor numero di battute in assoluto. Nel prossimo romanzo non ci saranno così tanti personaggi brutalizzati una pagina sì e l’altra pure. [Ride]

Come è possibile che la Dozier sia stata chiusa solo nel 2011?

Ho sentito parlare per la prima volta della Dozier nel 2014, durante gli scavi che hanno riportato alla luce i cimiteri. Per un giorno se n’è occupata anche la stampa nazionale, a parte le emittenti della Florida. La Dozier ha aperto i battenti nel 1900 e la prima denuncia è arrivata nel 1903. Per farla chiudere, però, sono serviti 111 anni. È successo perché a nessuno interessano i ragazzi poveri o i ragazzi di colore. Non sono stati i politici a commettere direttamente degli abusi, ma li hanno coperti, voltandosi dall’altra parte per non ostacolare il profitto – perché queste scuole ne generano, grazie a fabbriche di mattoni, lavori di tipografia, agricoltura… Vicende come questa diventano possibili quando chi detiene il potere ha la facoltà di vessare chi di potere non ne ha.

Sia La ferrovia sotterranea che I ragazzi della Nickel si basano su una solida ricostruzione storica. Qual è il metodo di lavoro?

Per La ferrovia sotterranea sono partito da una struttura astratta – le basi erano la ferrovia e gli stati ad essa collegati. Poi ha preso vita Cora. Ho voluto che la protagonista fosse una donna, perché nel caso della schiavitù il genere ha implicazioni fortissime. Dopo aver delineato una trama inizia il lavoro di ricerca. Per I ragazzi della Nickel ho utilizzato alcuni diari, degli articoli e una ricerca della South Florida University. Ho immaginato Elwood prima di Turner… un personaggio come Elwood richiedeva in modo piuttosto naturale la presenza del suo opposto.

E cosa succede quando i romanzi passano in traduzione all’estero? [Il libro, per l’Italia, è stato tradotto dalla meravigliosa Silvia Pareschi].

Non so valutare le traduzioni, ma sono sempre molto felice di dare una mano, se serve. Per La ferrovia sotterranea, che è molto complesso dal punto di vista lessicale, avevo creato un documento in condivisione con i traduttori di tutti i paesi. Silvia, durante il lavoro, mi ha fatto alcune domande e le ho risposto volentieri. Spesso si rivela necessario, perché uso di frequente slang di altre epoche e anche termini specifici relativi a un ambiente particolare, come la piantagione nel caso della Ferrovia.

I ragazzi della Nickel è un romanzo “breve”, rispetto alla grande mole della Ferrovia. È stato più facile o più difficile?

Per questo libro ho cercato ispirazione nel lavoro di Mohsin Hamid e Julie Otsuka, nella loro capacità di condensare una storia vasta in un romanzo stringato. Cosa metti? Cosa togli? Te lo domandi continuamente… e la loro tecnica è stata di grande aiuto.

Un romanzo può essere un buon modo per innescare il cambiamento, per spingere le persone ad agire?

So che ho deciso di scrivere I ragazzi della Nickel per elaborare questo mio sentimento di impotenza. Avevo bisogno di capire meglio che cosa era successo ai ragazzi rinchiusi là dentro, soprattutto a quelli di colore. Forse dedicarsi alla beneficienza e alle donazioni – due attività che svolgo – sono un modo più efficiente di contribuire alla causa rispetto allo scrivere romanzi. [Ride]

Whitehead non è stato tenero nei confronti dell’amministrazione statunitense – e ci mancherebbe altro -, ma gli abbiamo chiesto anche come vede l’Europa…

L’Europa è malmessa come il resto del mondo. I governi di estrema destra stanno salendo al potere ovunque. E tutti affrontano il tema dell’immigrazione con strategie quasi sempre crudeli e inefficienti.

Un film che descrive bene gli USA di oggi?

Mad Max. Fury Road. 

Impeccabile, direi. 🙂

***

Ecco qualche pensierino sulla Ferrovia sotterranea, per completare l’opera.

Qui, invece, I ragazzi della Nickel.

2 Comments

  1. Ciao Francesca, ho finito proprio ieri il romanzo, mi ricordavo che avevi conosciuto l’autore, tu l’hai letto? Avevo iniziato a leggerlo in inglese, ma diversamente dal solito l’ho trovato un po’ difficile e quindi ho iniziato ad affiancare la lettura in italiano. Confermo che la traduzione è davvero bella e leggerlo tradotto non gli toglie carattere. Niente, a me questa storia ha devastato ed è un altro piccolo tassello che va a costruire la mia conoscenza della cultura nera americana, ce n’era bisogno… consiglieresti altre letture, sia di Whitehead che di altri autori di colore?

Write A Comment