Diario

La sporta di fine anno del nido

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Dunque, per parlare di Cesare ci vorrebbe un trattato a parte. Farlo qua, in tre parole, è un’operazione complessa, un po’ come se volessimo condensare l’energia di una supernova in una bottiglietta d’acqua da mezzo litro. Qualche giorno fa siamo stati alla festicciola di fine anno del nido. Io ero la mamma designata a portare i piatti e i bicchieri, visto che non so fare niente e che le incombenze più nobili – tipo arrivare con vassoi di focaccine – erano già state prenotate. Inetta e pure lenta, insomma. Comunque. Dopo merende, scivoli e bambini che si aggeggiano a vicenda, ci hanno dato una sporta di carta piena di ogni genere di prova tangibile che potesse in qualche modo farci immaginare che cos’ha fatto nostro figlio al nido per tutto questo tempo. Ha cominciato a settembre, a un anno. Aveva all’incirca un quarto dei capelli che ha adesso e, di sicuro, anche una consapevolezza molto minore della realtà. Nella sporta ci sono diverse macchie di Rorschach – pittura con le dita -, una risma di capolavori di puro astrattismo – disegno coi pennarelli -, una scultura d’arte povera – pasta di sale – e un quaderno pieno di foto che lo ritraggono mentre travasa farine, si rotola sui tappetoni, molesta pupazzi, balla, pranza a un piccolo tavolino, impila cubi e caccia le mani in montagne di lenticchie, manco fosse Amélie Poulain. Cesare, secondo me, è cognitivamente molto superiore ad Amélie Poulain. E pure più romantico.
Ma non è di quell’incapace di Amélie che voglio occuparmi.

La sporta del primo anno di nido, ho scoperto, è uno di quei costrutti che hanno il potere di farti sentire al contempo molto felice e anche molto triste.
Perché, da una parte, sei contenta di ricevere una testimonianza tangibile di tutte le cose nuove che tuo figlio ha imparato a fare o che, più o meno incisivamente, sono entrate a far parte del suo orizzonte in continua espansione. Dall’altra, però, guardi tutti quei fogli e quelle foto e calcoli il tempo che non ci hai passato insieme. Il che, inevitabilmente, ti fa sentire ancora peggio, perché ti rendi conto che tu, da sola, l’energia di fargli fare tutto quello che ha fatto all’asilo non ce l’avresti mai avuta.

Ho atteso l’inizio del nido con una certa trepidazione, devo ammetterlo. Non ci siamo arrivati riposatissimi, all’inizio del nido. Anzi, rasentavamo la dissoluzione cellulare. Perché, per quanto l’amore più puro possa permetterti di spostare sempre un po’ più in là l’asticella di quello che puoi spremere dal tuo cervello e dalle tue membra, prima o poi – almeno per me – ti ritrovi di fronte una specie di gigantesco baratro di stanchezza psicomotoria che ti mangia quasi via anche i sentimenti. Insomma, dopo un anno passato in simbiosi, sapere di poter recuperare le mie facoltà di essere umano “singolo” è stato salvifico. Sapere di poter lavorare in un orario normale, senza dovermi precipitare al computer a fare il più possibile nelle due ore (se andava bene) di pisolino pomeridiano è stato confortante. L’inserimento all’asilo, comunque, credo lo facciano quasi più per le mamme che per i bambini. Perché quando vedi che tuo figlio si mette serenamente a razzolare in mezzo a 7 o 8 altri piccoli culoni (gli infanti sono irrimediabilmente culoni: è il pannolino, c’è poco da fare) e che, in un modo o nell’altro, la sua attenzione viene rapita da qualcosa che non sei tu, ecco, quando succede è un po’ scioccante. Perché un po’ ti meravigli della tua apparente irrilevanza (che storia è mai questa!), ma un po’ ti rassereni anche (bene, è in grado di stare in questo ambiente con altri esseri umani più o meno piccoli senza abbandonarsi a caotiche manifestazioni di disappunto!). E, in sintesi, finisci per capire che nessuno ti sta togliendo niente. E che sentirti felice per lui e per te, quando lo lasci all’asilo nelle capaci mani di una schiera di splendide professioniste, è normale e quasi doveroso. Perché non credo sia sensato – o anche solo possibile – provare invidia o risentimento nei confronti del mondo intero. Perché è esattamente il resto del mondo che tuo figlio sta incontrando, man mano che diventa grande e si stacca pian piano da te. Prima riempivo un universo. E dovevo anche essere un universo. Ora sono una favolosa galassia a forma di mamma, ma attorno a me sono apparsi innumerevoli altri corpi celesti in grado di orientare la navigazione del minuscolo pirata-Cesare.
E Cesare naviga parecchio.
È fatto così.

Ci ha da sempre fatto la grazia di dormire la notte – e con SEMPRE non intendo “oh, siamo appena tornati dall’ospedale e già mi ronfa otto ore!”, figuriamoci. Ha dormito normalmente dopo qualche mese, quando il suo stomaco ha cominciato a dargli/darci tregua – ma, quando è sveglio, è SVEGLIO. Quando vado a prenderlo al nido e lo trovo seduto che ascolta una favola provo sempre un certo stupore. Perché, quando ci siamo noi, è una specie di bomba all’idrogeno. È il genere di bambino che ti fa stancare solo guardandolo. Per osmosi, proprio. E, nonostante riesca a concentrarsi moltissimo quando c’è qualcosa che lo avvince – impastare cose colorate, fare torri precisissime di cubetti, amministrare puzzle con gli le sagomine degli animali e compagnia danzante – prova visibilmente la necessità di assorbire dall’ambiente tutto l’assorbibile. È una roba normalissima e più che legittima, ovvio, ma il risultato è che Cesare ha quasi sviluppato la facoltà di apparire in diversi luoghi contemporaneamente. O che, se io sono sul tappeto con lui e Amore del Cuore è in cucina a preparare la cena, Cesare scava un solco fra i due ambienti precipitandosi a trentordici all’ora prima da me e poi dal papà, brandendo cose importantissime che deve assolutamente farci vedere. Ha scoperto la palla e le macchinine semoventi. Ha capito che ci sono dei libri che gli piacciono di più, quindi li piglia dalla sua libreria e te li porta, così può farseli spiegare. Non parla ancora tantissimo, ma è comunque molto efficace nel comunicarci le sue esigenze. E siamo parzialmente usciti dalla fase manrovesci e sberloni (da leggersi “Cesare ci mena forte”) in favore di un più civilizzato scambio di carezze e bacini umidissimi, ma rigorosamente con lo schiocco. Cesare che mi bacia e che mi abbraccia “con intenzione” è ufficialmente una delle robe più belle mai accadute. Soprattutto se prende la rincorsa e arriva tutto trafelato. DEVO ASSOLUTAMENTE ABBRACCIARTI ORA. DEVO RICOPRIRTI DI SALIVA IN QUESTO PRECISO ISTANTE, NON POSSO ATTENDERE UN MOMENTO DI PIÙ. E, quando succede, mi rendo conto che quella sensazione di non essere più così indispensabile è autentica, ma a intermittenza. Perché lo sarò sempre, anche se pian piano stiamo imparando – tutti e due – a stare insieme come due persone “vere”, che inevitabilmente hanno dei confini. Lui cresce più in fretta di me, ma anch’io aggiungo ogni volta dei pezzetti nuovi a quello che sono, perché ogni volta è necessario inventare una soluzione, una tattica di sopravvivenza, un modo nuovo di interpretare uno stato d’animo. E sono molto più contenta adesso, credo. Anzi, forse è meglio dire che ho ricordi meravigliosi, ma non rimpiango ferocemente i primi tempi, la fase “sono un adorabile fagotto paffuto che mangia, caga, dorme a intervalli di tre ore. E più o meno basta”.
Preferisco rincorrerlo.
Preferisco sentirmi rispondere con un sonoro grugnito quando gli dico “Cesare, tieni bene il cucchiaio e non fare il maialino”.
Preferisco applaudirlo quando arriva in fondo a uno scivolo e dirgli che è bravo quando sembra aver vagamente compreso le modalità di utilizzo di uno spazzolino da denti.
Ci sono delle volte in cui vorrei anche poterlo sedare con una cerbottana? MA CERTO. Cenare alle undici di sera – perché per meritarci quelle otto ore filate di sonno bisogna passarne una con Cesare in braccio a cantargli interi repertori musicali – è un toccasana? Proprio no. Non giova allo stomaco e manco alle vertebre lombari. Uscire a cena e doversi preoccupare costantemente di prendere al volo delle fette di pizza prima che tocchino terra è l’immagine del relax? Giammai!
Ma pian piano si migliora.

Piano piano si capisce che c’è quasi sempre una trovata che può salvarti. Piano piano ti accorgi che ci sono tante cose difficili, ma che tuo figlio è un tipo piacevole, non solo un ordigno da disinnescare. Chiaro, quando lo faccio scendere dal passeggino mi sembra ancora di liberare il kraken in un placido oceano la cui serenità verrà immediatamente compromessa, ma è anche innegabile che un kraken che imperversa nel vortice acquatico creato dai suoi possenti tentacoloni rappresenti uno spettacolo imperdibile. Perché sì, Cesare è uno spettacolo. E spero tanto, con il trascorrere del tempo, di essere sempre in grado di eguagliare la gioia quasi incontenibile che sfodera quando vede un tram che sferraglia – TUTUUU TUTUUU (perché ogni veicolo è un treno) -, un cane a passeggio – BAU BAU BAU BAU BAU -, una coppietta che limona su una panchina – CIAO! CIAOCIAO! CIAO! -, una ciotola di patatine – DÀ! DÀ! (che credo sia una contrazione di DAMMELE SUBITO, STOLTA! -, il papà che torna dall’ufficio – PA PÀ (scandito con grande meticolosità) – o quando vede me, che entro pian piano nella sua classe – piena di seggiolette minuscole, tappetoni, pupazzi e costruzioni – per andarlo a prendere. E lui sembra così piccolo, in mezzo a tutta quella roba. E poi si gira, si illumina tutto e si precipita da me con le braccine spalancate. Perché partire tutti i giorni in esplorazione è un’avventura indubbiamente bellissima, ma anch’io non sono poi malaccio. E anch’io, anche se non posso più tenerlo con me tutto il santo giorno, rimango una stella un po’ più brillante delle altre, nonostante la vastità del cosmo e il continuo passaggio di comete meravigliose. Quello che spero è che capisca, in qualche modo, quanto ci stiamo impegnando. Quanto vogliamo che sia felice. E quanto siamo fieri di lui. La perfezione genitoriale è lontana e, tanto per dirne una, non abbiamo ancora una “vera” cameretta con le pareti pronte per essere riempite con gli scarabocchi bellissimi che c’erano nella sporta del nido, ma spero tanto che Cesare “senta”, ogni giorno, che stiamo facendo del nostro meglio per meritarci un bambino come lui.

17 Comments

  1. alcune perle non richieste in ordine sparso:
    – i figli sono una meraviglia. come si faceva quando non c’erano è una cosa che mi chiedo ogni giorno insieme al mio Amoredelcuore, che non si chiama ovviamente così ma ci siamo capiti. La cosa strabiliante è che il tuo di figlio è per definizione incurabilmente il meglio, per quanto quelli degli altri possano camminare prima esser più educati magari anche più belli e sciare come angeli. è proprio lui, il tuo. Ecco.
    – non cominciare nemmeno a farti le paturnie come faccio a meritarmi un figlio cosi. per fortuna per molto tempo la creatura penserà che una famiglia funziona in modo cartesiano solo nel modo in cui funziona la sua. Quindi va bene per definizione.
    – i figli sono la prova provata dell’esistenza della provvidenza e dell’angelo custode. Come diceva mia nonna: quando nasce un bel bambino, la Provvidenza gli fa il suo fagottino. Sante parole.
    – il fatto di avere tegamini come mamma, con il suo outstanding sense of humour è garanzia di spensieratezza. Sai quanti bambini farebbero la firma?
    BACI

  2. Ciao Francesca! In primis, voglio farti i complimenti per come scrivi perché é molto molto piacevole leggerti, oltretutto nonostante io non abbia figli, é stato commovente leggere ciò che scrivevi del tuo bambino, soprattutto l’ultima parte, ma anche l’analisi del come una mamma, legata al suo bambino, come tutte, capisca che non é e non deve essere l’unico mondo per il suo bambino. Mi rendo conto che questo é un meccanismo difficile da innescare, o almeno così mi sembra di notare dalle varie persone con cui ho avuto a che fare, ma lo trovo molto sensato e giusto. Sono sicura che state facendo il meglio per il vostro bambino. Un abbraccio

  3. Che meraviglioso esemplare di essere umano che sei! Così, per dire.

    P.S. trovo rispettosa e perfetta la scelta di non averlo mai offerto al tuo pubblico di follower se non raramente e tendenzialmente di nuca (anzi di ricciolo), ma ammetto di essere curiosissima di scoprire l’espressione da peste bubbonica che immagino abbia Cesare 😀

    • Non rileggo. Altrimenti ripiango. Spero solo non ci siano refusi.

  4. “ E anch’io, anche se non posso più tenerlo con me tutto il santo giorno, rimango una stella un po’ più brillante delle altre, nonostante la vastità del cosmo e il continuo passaggio di comete meravigliose.”
    A questo passaggio mi sono letteralmente esplose le lacrime.
    Cara Tegamini, ti seguo da tanto, ma sempre silenziosamente. Quello che scrivi, non so perché, mi riguarda sempre da vicino – proprio come se lo scrivessi io. Stavolta mi hai davvero toccata nel profondo. Sono mamma da quasi sei mesi. E, ultimamente, abbandonata quella nebulosa mentale data dagli ormoni e dall’assenza totale di sonno, vacillo tra il “mio lavoro mi piace” e il “voglio stare per sempre con mia figlia”, tra il “ci torno a lavorare!” e il “ma poi come faccio a vivere i suoi progressi?”. Ti dirò, ora non ho una soluzione, forse è presto per pensarci. Ma i dubbi e i vacillamenti sono tutti dovuti proprio al fatto che ora mi sento il Tutto della mia bimba – e la paura di non esserlo più è tanta (e lo so, sbaglio). Nel frattempo, ti ringrazio per questo tuo post, perché magari fra qualche mese tornerò a rileggerlo e sono sicura mi darà la spinta giusta per fare la scelta giusta.

  5. ti ho letto con molta attenzione e ho letto esattamente quello che avrei voluto scrivere io ( se ne fossi in grado). hai espresso con precisione il mio sentire di quanto ho lasciato la mia bambina alle varie baby sitter poi alla scuola dell’infanzia.Oddio la lascio, come farà senza di me chi la terrà per mano, nessuno come me….e poi scoprire che ce la fa benissimo da sola, o meglio con altre persone, e ci rimani male, ma sei anche contenta perché pensi di star crescendo una personcina indipendente. e poi renderti conto che avrà sempre bisogno di te e tu di lei ed è meraviglioso perché saremo sempre due cuori intrecciati. Anche ora che ha 29 anni(non ridere ti prego!!!!)

  6. Io adoro come scrivi, veramente , come fai a tradurre in parole così bene ciò che provo anche io come mamma e come essere umano ? Non lo so , ma mi commuove questa cosa

  7. Cara Francesca,
    Questo post mi è piaciuto per la sua tenerezza e pure per il suo realismo che però hai reso così bene che spero anche io in futuro, di essere una stella più luminosa delle altre nella galassia che il mio futuro/i bambino/i percorrerà 🙂
    L’amore viene fuori ad ogni riga, Cesare è un bambino fortunato con due cuoroni come voi!
    Bene, ora vado a prendere un altro pacchetto di fazzoletti che uno l’ho già finito!
    Un abbraccio, Chiara:)

  8. Che bello, ho lavorato per circa vent’anni in un asilo nido come aiutante, tuttofare, visto che ero socia della coop che lo gestiva, e sentire parole positive sull’ambiente e sul personale del nido fa sempre piacere, perché non è facile avere un sorriso per tutti, tutti i giorni, non è facile amare tutti i bambini allo stesso modo anche se si “deve”. Soprattutto non è facile avere a che fare con tutti i genitori, più giovani e inesperti o più vecchi e sapientoni, ce ne sono ovviamente di tutti i i tipi e devi relazionarti con tutti, essere gentile e socievole. Ogni giorno devi inventarti qualcosa per far divertire/imparare i bimbi, stratagemmi per farli mangiare, per non farli piangere, per farli dormire o per non farli litigare, è un lavoro di cuore e di testa, perché la responsabilità è tanta, e quando arrivi a casa vuoi solo un momento per te e ascoltare il silenzio (povere quelle educatrici che a casa hanno pure pargoli loro che li aspettano bisognosi di attenzioni). E poi a volte ti senti dire:” che bello il tuo lavoro rimarrei anche io li a giocare con voi tutto il giorno”, ecco si è il lavoro più bello del mondo, ma non è così facile. Anche assemblare quella sporta di fine anno con disegni e foto richiede tempo e dedizione durante tutti i mesi, quindi grazie a te e a tutti quei genitori che pensano che il nido sia bello. Petchè un posto in cui crescere insieme ai propri figli, non un parcheggio, non un posto dove delegare agli altri l’educazione dei bambini, non un luogo dove qualcuno vuole rubarti qualcosa…. Non si se mi sono spiegata. Grazie

  9. Che lacrimoni grossi così. Grazie da parte di un’altra galassia.

  10. Gaia ha fatto un anno da poco e mi sono ritrovata più volte a pensare esattamente la stessa cosa: di quanto sia stato bello aspettarla e avere tra le mani questo fragile ranocchio affamato, ma di quanto sia incredibilmente più bello poter interagire con lei e vederla diventare grande – ora è qui che si sforza di dire “luna”. È stato bello averla piccola, ma non mi mancherà.
    E inizia il nido a luglio.

  11. Benefattori del nido presenti: primogenita in procinto di finire la materna e secondogenito al termine del secondo anno di nido. Entrambi hanno iniziato a 6-7 mesi e come puoi immaginare qua con le sportine del nido ci riempiamo i container. La sensazione che ho avuto e che tuttora provo quando ci consegnano il malloppo di foto è molto simile alla tua, ovvero un misto di “educatrici sante subito” + “ommioddio, mio figlio/a ha una vita fuori casa, un sacco di amici e mille attività molto più produttive delle mie” + ” sono una pessima madre e quello che fa in una mattina io non lo inventerei in un decennio”. Però loro frequentano felici, a casa si dilettano in altre cose e vederseli correre incontro a fine giornata è di sicuro un gran bel momento. Prepara spazio contenitivo, che il materiale prodotto aumenta esponenzialmente con gli anni 😉

  12. Cesare è proprio un bambino fortunato ad avere una mamma come te, sono parole piene d’amore, oltre che lucide ed equilibrate. Ho sempre pensato che tantissimi genitori causano dei danni incredibili ai figli perché li crescono come delle appendici, o li fanno per colmare dei vuoti o per convenzione sociale. Ma le tue parole mi fanno riacquistare fiducia nel genere umano (:

  13. Cesare…questo animaletto mitologico che sfoggia riccioli invidiabili da qualsiasi angolazione li si guardi…Cesare, il Tatone… io ti seguo su Instagram e ormai sei un appuntamento giornaliero, commento poco e in maniera sempre stringata, ma siccome ho un bimbo poco più grande del tuo mi son presa la briga di leggere il post e commentare. Ammetto, non ho versato fiumi di lacrime, ma il groppone in gola mi è venuto. Perché a Settembre Ale inizierà l’asilo (da anticipatario!) e se da un lato non vedo l’ora, dall’altro è come se si siglasse in maniera tangibile che sì, cresce. Fin’ora al mattino hanno badato a lui i nonni, fonte inesauribile di entusiasmo e giochi e saper fare. Sai quante volte ho detto a mia suocera “sai, sa fare questa cosa nuova” e lei mi ha risposto “ah, si , da parecchio” e io ci son rimasta malissimo? Quante volte mi son sentita inadatta perché io, QUELLA cosa, non avrei mai pensato di spiegargliela? Però, un po’per rassegnazione, un po’perché ho imparato a digerire la cosa, ora sono felice che siano stati i nonni ad insegnargli determinate cose, a pulire le fragole, a fare “ah!” quando ha finito di bere…perché lui li ricorderà con affetto anche per queste cose. Come Cesare ricorderà qualcosa delle maestre anche per tutti i giochi e i lavoretti che gli han fatto fare. E’ bello vederli crescere, rendersi conto dei progressi, capire che “finalmente”non sono più un tutt’uno con noi ma hanno il loro spazio, i loro gusti, le loro idee. Ci si scontra anche per gli stessi motivi, credo faccia parte del pacchetto. Ricorderete con affetto anche gli scontri. Spero (per me!). E sono certa, così, a pelle, che lui trovi te e Amoredelcuore perfetti così come siete, anche se non avete ancora una cameretta pronta, anche se, anche se…. siete mamma e papà, tanto basta. Tra l’altro mica due qualunque, come si fa a non impazzire per una mamma che si inventa le storie coi PU-PAZZI? Un abbraccio

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