Animalini

Il poffoso alpaca

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Sono assolutamente certa che la rubrica “Gli animali ti guardano” diventerà un MUST. A livello galattico.
Lo scopo di questo inutile agitarsi di dita sulla tastiera è il seguente: divulgare preziose nozioni zoologiche e incoraggiare l’armonia tra le creature.
Ma veniamo al dunque.
L’alpaca.

L’alpaca è una bestia bella, nonostante somigli a un collage di stivali Ugg.
Tecnicamente, è un camelide. Come il lama, la vigogna, il guanaco e la coperta più morbida che avete in casa. È un camelide che rumina e rimescola vegetali in ben tre stomaci. Per non stramazzare, l’alpaca ha bisogno di mangiare almeno un chilo d’erba al giorno, il che non è poi una cosa così esorbitante… ho visto bambini mangiare ben più di un maschio adulto d’alpaca nel pieno del vigore. La saltellante popolazione degli alpaca si divide in due razze, Huacaya e Suri. Visto che non ho la più pallida idea di cosa questa demarcazione comporti, direi di passare dignotosamente oltre.
Visto che sono così pelosi, gli alpaca hanno scelto di vivere sulle Ande peruviane, boliviane e cilene, ad altitudini arroganti di 3.000-5.000 metri sul livello del remoto mare. Da buon animale andino, l’alpaca ha il vezzo di sputare fortissimo su cose e persone, caratteristica che ha spinto l’uomo, sin dall’alba dei tempi, a servirsi del gagliardo e apparentemente innocuo camelide come bestia da tosare e non da cavalcare o da trascinare per chilometri in salita con roba pesante sulla schiena. Non escludo che  qualche stolto montanaro avesse provato a lanciare la moda dell’alpaca da soma. È certo che l’incauto morì sputacchiato.
Se immerso in acqua saponata, l’alpaca non infeltrisce. La sua lana, che può assumere una ventina di colorazioni naturali – tra cui sicuramente il rosa confetto, il turchese, il blu cobalto e il mimetico verde prato -, non contiene la volgare lanolina, sostanza responsabile della legnosità dei maglioni di tutti noi poveri bastardi.
L’alpaca viene tosato a primavera, circa un minuto prima che crepi di caldo sotto il peso del suo manto. Un alpaca maschio è in grado di produrre circa 4 chili di lana all’anno. 4 chili di lana d’alpaca sospetto riempiano uno sgabuzzino di dimensioni ragguardevoli. Costruzioni imponenti sono state erette in prossimità di recinti e fattorie per contenere tutta la lana ricavata dalla tosatura delle greggi. La necessità di questi fabbricati finisce spesso per mettere a repentaglio la redditività di breve periodo dell’allevamento dell’alpaca, costituendo anche una forte barriera all’ingresso di nuovi competitor nel settore. Quindi, l’allevamento dell’alpaca è una faccenda oligopolistica.
Mettere al mondo un mini-alpaca non è affare da poco. Le femmine partoriscono un solo piccolo l’anno, anche perchè la gestazione dura undici mesi e mezzo e resta poco altro da fare, a parte tentare di non morire di noia e cercare di non ruzzolare dalle pendici di qualche declivio. Alla nascita, accolta con belati di giubilo e sollievo – traducibili con “era ora, che diamine” –  i cuccioli sanno già ordinare al ristorante, applicare correttamente il teorema di Weierstrass, assemblare bestemmie composte, risolvere cubi di Rubik, suonare Chopin e sferruzzare variopinti ponchos con lana proveniente dal loro stesso giovane deretano.
L’alpaca non ha nemici nel mondo naturale. Nessuno vuole mangiarli. Nessuno prova gusto nel trucidarli. Nessuno dissemina tagliole per tranciare loro i robusti stinchi. Tutto questo accadeva molte lune fa, quando gli alpaca non volavano.

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15 Comments

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    • Rotolano fino al mare in cerca di refrigerio. E poi affondano.

  7. Se hai preso il titolo della rubrica “gli animali ti guardano” da Ghostbusters ti sposo.
    O ti offro una birra da litro, vedi un po’ tu cosa preferisci.

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