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Vivienne Westwood

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[Sì, come copertina del post ho scelto un evocativo fotogramma del camino di Netflix, pietra miliare delle feste nella nostra abitazione.]

Poche tradizioni si confermano salde – almeno da queste parti – come il listone dei libri da donare e/o farvi donare a Natale.
Il consiglio metodologico è sempre lo stesso: basiamoci un po’ meno sul mero dato demografico – AKA “cosa regalo a mia figlia che ha 24 anni?” – e cerchiamo di riflettere meglio su interessi spiccati, passioni manifeste e ambizioni esplorative dei destinatari e delle destinatarie. Un dono funziona se asseconda il cuore di chi lo riceve, credo, e la vivace produzione editoriale limitrofa al Natale – la vasta schiera delle famigerate “strenne” – è qua per assisterci con gran lena.

In vista delle feste faccio del mio meglio per assemblare lenzuolate di consigli in grado di inserirsi in maniera chiara in un determinato tema o filone, privilegiando magari le edizioni un po’ più “importanti” del consueto. Troverete dunque libri di grande formato, argomenti disparatissimi e anche parecchi illustrati. L’auspicio generale è di far felice chi aprirà il pacchetto (anche se fate schifo a fare i pacchetti, tipo me) e anche di farvi fare bella figura.

Visto che i libri non scadono, per completezza vi incoraggio anche a consultare le edizioni precedenti delle guide natalizie. Trovate qua quella del 2020 e qua quella del 2019.

Procediamo? Procediamo, che nel mondo c’è scarsità di carta.

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Mateusz Urbanowicz
Botteghe di Tokyo
(L’ippocampo)

Arrivato in Giappone nel 2016 per lavorare come illustratore di sfondi per uno studio d’animazione di Tokyo, Urbanowicz ha esplorato in lungo e in largo la città armato di macchina fotografica, catturando tanti di quelli che sulle guide turistiche che piacciono alla gente che piace tendono ad essere classificati come “posticini caratteristici”. Ha iniziato a disegnare, con poetica meticolosità, le facciate delle botteghe che più l’avevano colpito, alimentando gradualmente una collezione che nel tempo si è espansa fino a riempire questo meraviglioso volume. Diviso per quartieri, Botteghe di Tokyo è sia un esercizio visivo di rara bellezza che una guida alle numerose attività commerciali, spesso minuscole, che sembrano rievocare un’altra epoca e riportarci a una dimensione di familiare accoglienza e antiche stratificazioni.

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Irene Cuzzaniti
La casa verde. Piante e composizioni per ogni stanza
24 Ore Cultura

Sono innegabilmente diventata una gattara delle piante. Balcone, salotto, camera da letto… non c’è ambiente che venga risparmiato dalla mia furia verdeggiante. In questo adorabile manuale illustrato – che va benone anche per chi è alle prime armi -, Irene Cuzzaniti ci fornisce le informazioni base per cominciare a fare amicizia con le piante e per scegliere quelle più adatte ai nostri spazi. Il volume è diviso per ambienti domestici e propone anche numerosi tutorial ben fotografati e spiegati per destreggiarvi tra diversi progetti ornamental-orticoli, dai centrotavola al terrario aperto per i cactus.

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Tracy Turner & Andrew Donkin
La storia del mondo in 25 città
(Nord Sud)

Dall’antica Menfi alla San Pietroburgo degli zar (in odore di sanguinosa deposizione), diecimila anni di storia globale condensati in 25 mappe “parlanti”, per esplorare le città diventate simbolo di una precisa epoca o di un balzo “evolutivo” potenzialmente rivoluzionario per il genere umano. Un volume visivamente splendido – curato dal British Museum – che soddisfa curiosità topografiche e sintetizza con puntualità gli aspetti più salienti di civiltà, popoli e snodi geopolitici irripetibili.

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Art Spiegelman
Maus
Cofanetto in 2 volumi

(Einaudi)

Stile Libero ospita già da lunghissimo tempo Maus nel suo ricco catalogo e, negli anni, sono usciti anche diversi materiali “extra”, che completano l’universo di Art Spiegelman aggiungendo tasselli sempre preziosi alla sua opera più emblematica. È uno di quei libri per cui vale la pena sprecare l’abusata definizione di “necessario” e, se l’idea è quella di tramandarci un’opera fondamentale e di passare il testimone della memoria a chi ancora non ha avuto occasione di leggerlo, una nuova edizione è rubricabile tra le buone notizie. Dall’immagine si intuisce poco, ma questo Maus è in due volumi – che rispettano la suddivisione originaria di Spiegelman – raccolti in un cofanetto che contiene anche un sedicesimo con disegni preparatori, un albero genealogico dell’autore (pre e post Seconda Guerra Mondiale) e due storie brevi, uscite in altri lidi ma propedeutiche a Maus.

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Daniela Collu
Perché no? Il libro delle domande… che con le risposte sono tutti bravi
(Mondadori)

Da millenni ci rimettiamo alla presunta sapienza di oracoli di ogni genere, uscendone irrimediabilmente più confuse e confusi di prima. Perché non cominciare, dunque, a porci domande migliori invece di cercare risposte fin troppo semplici? Daniela Collu quest’anno aveva voglia di divertirsi e, prendendo ispirazione dalle surreali sessioni di Q&A che popolano le sue Instagram Stories, ha deciso di ristrutturare il tradizionale Libro delle risposte – feticcio editoriale che popola da quando ne ho memoria l’area limitrofa alla cassa del 100% delle librerie di catena che m’è capitato di frequentare nella vita – ribaltandone l’assunto di base: io non ti rispondo, anzi… son qua per proporti altri abissali quesiti. Per farsi una risata e/o per disinnescare i dubbi – spesso cretinissimi – che ci attanagliano inutilmente.

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Wally Koval
Wes Anderson, quasi per caso
(il Saggiatore)

Pochi account Instagram riescono a pacificarmi come @accidentallywesanderson. Il fenomeno è ben presto spiegabile, perché le premesse che animano questo ormai articolatissimo progetto fotografico sono le stesse che generano quel pesante effetto ipnotico che ci coglie di fronte alle pellicole di Wes Anderson. Non è più un regista “e basta”, Wes Anderson si è tramutato in una specie di vasta e puntigliosissima esperienza estetica fatta di simmetrie, piani sequenza, prospettiva centrale, un certo gusto rétro e una precisa palette di colorini. Vedendo le sue ultime imprese cinematografiche mi viene da pensare che l’ambizione estetica stia superando quella narrativa e che Wes Anderson sia ormai diventato una macchina perfetta che replica all’infinito i suoi stessi stilemi, ma la riconoscibilità di quel che produce è immediata e affascinante – per quanto io rimpianga la famiglia Tenenbaum. Questo volumone è una collezione di scorci del mondo reale che sembrano usciti da un film di Wes Anderson – ogni “quadro” è accompagnato da precise coordinate geografiche e va a comporre una variegato e pazzissimo atlante che pare l’emanazione diretta, per quanto accidentale, di scenografie, location e scorci andersoniani.

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Ursula K. Le Guin
La mano sinistra del buio
(Mondadori)

Ursula K. Le Guin non ha avuto in Italia una storia editoriale che grida accessibilità e facile reperibilità. Io l’ho scoperta relativamente tardi, ordinando cose qua e là in lingua originale o ascoltando in inglese su Storytel – le lacune sono ancora molte, per quanto mi riguarda, ma sono felice di registrare un’accresciuta attenzione sia per l’autrice che per il fantastico/fantascientifico. The Left Hand of Darkness è uno dei suoi romanzi più celebri e ricompare ora nella nuova traduzione di Chiara Reali per la brigata di Oscar Vault: un’ottima occasione per far capolino in un universo sterminato e per sostenere una riscoperta che spero possa dimostrarsi ampia e battagliera.

[Visto che siamo in tema “libri che tornano disponibili dopo un passato un po’ singhiozzante”, Fazi ha inglobato Jonathan Strange & il signor Norrell di Susanna Clarke, ripubblicandolo in una bella edizione. Clarke è già approdata da loro con Piranesi.]

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Caterina Zanzi (& company)
Conosco un posto. Milano
(Magazzini Salani)

Madame Zanzi è per me un molteplice punto di riferimento. Sono una fervente frequentatrice del blog – che in questi anni si è sempre dimostrato una risorsa preziosa per orientarmi a Milano – e considero anche Caterina una specie di collega fidata. Insomma, è una di quelle persone che se fa bene una cosa, come nel caso di questa guida, mi infonde fierezza e mi suscita della sincera partecipazione. Il libro è un lavorone sia di Caterina che della redazione di Conoscounposto, una sintesi ragionata e ben organizzata dal punto di vista della consultazione – sia per zona che per “occasione” – degli indirizzi migliori dove mangiare, bere, svagarsi, fare compere e “vivere” a Milano. Abito ormai da un pezzo in questa città ma non ho ancora finito di esplorarla e tanti degli spunti più azzeccati – che hanno poi prodotto ricordi belli e momenti di gioia in compagnia – li devo a Caterina e ai suoi sodali. Insomma, che siate autoctone/autoctoni o neo-Milanesi, è un tomo utile che non mi farei scappare.

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COSE – Spiegate bene. A proposito di libri
(Il Post feat. Iperborea)

Da operatrice editoriale ormai quasi veterana, mi trovo spesso (soprattutto su Instagram) alle prese con un vasto e anche legittimo domandone: “il mio sogno è lavorare nel mondo dell’editoria. Da dove comincio? Come si fa?”. Non è un interrogativo banale, anzi. Il mondo dell’editoria viene spesso percepito come una sorta di bolla mitologica popolata da titani della cultura, nobilissimi propositi e stanze ricolme di imperdibili manoscritti. La realtà dei fatti è di certo meno poetica, ma non per questo manca di fascino. Il Post – facendosi di volta in volta aiutare da “collaboratori” d’eccezione – ha lanciato qualche mese fa una rivista a forma di libro, ospitata da Iperborea. Il primo numero – A proposito di libri – mi sta aiutando a rispondere alla domanda di partenza: fornisce un’infarinatura sintetica su come mediamente funzionano le case editrici e offre una panoramica generale su ruoli aziendali e struttura del settore, a metà tra racconto curioso e spiegone introduttivo.
Se il progetto vi interessa, è uscito anche il secondo numero: Questioni di un certo genere.

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Antoine Pecqueur
Atlante della cultura. Da Netflix allo yoga: il nuovo soft power
(ADD Editore)

Che diamine è il “soft power”? Il concetto è stato coniato nel 1990 da Nye – politologo americano – per definire l’uso dell’arte e dei valori culturali come leva di potere a livello geopolitico. L’Atlante della cultura di Antoine Pecqueur, in trenta capitoli o casi di studio tematici, esplora i meccanismi relazionali, politici, comunicativi ed economici che compongono il grande ingranaggio dei nuovi rapporti di forza mondiali, evidenziando come la cultura – nelle sue molteplici espressioni – si sia affermata come uno dei pezzi più importanti della scacchiera, nonostante spesso rifugga le metriche numeriche “oggettive”.
Per approfondire ulteriormente, qua il post dedicato.

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Pokémon – L’enciclopedia
(Mondadori)

Qua siamo in realtà in possesso di un vasto catalogo editoriale a tema Pokémon, un po’ perché in questa casa abita un ex-bambino che ha vissuto l’epoca d’oro dei Pokémon e un po’ perché il bambino vero che abbiamo messo al mondo si sta godendo con grande trasporto il revival – già, sono usciti parecchi cartoni nuovi e l’universo dei Pokémon pare destinato a un’espansione infinita. Insomma, non di soli Pikachu, Charizard e Bulbasaur campano i giovani virgulti del presente e questa enciclopedia è un garrulo strumento per aggiornare le vostre antiche conoscenze o passare il testimone alle generazioni future.

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Brooke Vitale & Teo Skaffa
I Goonies. La storia illustrata
(Nord Sud)

Mi sono infilata nel tunnel del vintage coi Pokémon, tanto vale proseguire con un’altra pietra miliare della mia infanzia: i Goonies! Anche in questo caso l’applicazione è doppia: un ottimo dono per i fan di vecchia data che non si imbattono in un’emanazione “nuova” dei Goonies da un bel pezzo, ma anche piccoli lettori da coinvolgere in un’avventura senza tempo. Ma com’è fatto? È presto detto: è la trasposizione a fumetti del film. A Cesare – anni 5 – lo stiamo leggendo noi senza riscontrare difficoltà di comprensione. Se avete bambini o bambine che leggono per conto loro è assolutamente proponibile in autonomia.

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Beatrice Mautino
È naturale bellezza
(Mondadori)

Beatrice Mautino è una delle divulgatrici che seguo con più attenzione e gratitudine per l’opera meritoria di informazione e pacato ma inflessibile “debunking” che ogni giorno viene portata avanti sul suo account Instagram – là la trovate come @divagatrice. Tanto si parla di sostenibilità, greenwashing, plastica diabolica, creme miracolose, materie prime da ostracizzare e virtù non sindacabili del “bio”, ma quanto di quello che compriamo o che ci viene venduto come indiscutibilmente buono per la nostra faccia e per il pianeta fa davvero quel che dichiara di fare? Quanto di quello che a suon di slogan pubblicitari abbiamo imparato a considerare benefico e quasi in odore di santità produttiva può dirsi davvero tale? Anche in questo saggio e con la consueta chiarezza argomentativa, Mautino ci offre qualche strumento interpretativo in più – powered by SCIENZA, baby – per accrescere la nostra consapevolezza di consumatori/consumatrici e destreggiarci con un pizzico di razionalità in più anche nel comparto della cosmesi.

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Angela Nicente
Atlante femminista – Alla scoperta del patriarcato
(Edizioni Clichy)

Grafica e illustratrice, Angela Nicente ha presentato una versione di questo atlante come progetto per la tesi di laurea. Ora è diventato un libro che, tappa dopo tappa – anzi, isola dopo isola – condensa i “temi caldi” del dibattito attuale su femminismo, patriarcato e questioni intersezionali limitrofe. Uno strumento sintetico e visivamente molto ben strutturato che può trasformarsi in un’efficace lettura introduttiva ai molti tasselli di tutto quello che ci fa quotidianamente arrabbiare e che varrebbe la pena demolire insieme. Per ogni isola troverete un riassunto di “cosa si dice”, chi la abita, una mappa territoriale – che in realtà è una mappa concettuale – e un testo con le doverose spiegazioni, fenomeno per fenomeno.

Intanto che siamo in quest’area tematica, vi rammento anche dell’esistenza dell’Atlante delle donne di Joni Seager, uscito per ADD Editore. Lavoro, salute, maternità, alfabetizzazione, contraccezione, diritti… una panoramica multidisciplinare che ambisce a fotografare la condizione femminile nel mondo, avvalendosi di dati assai aggiornati e di un assortimento di infografiche, cartine e grafici.

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Vivienne Westwood. Sfilate
(L’ippocampo)

Qua scelgo Vivienne Westwood come portabandiera, perché quella delle sfilate è una collana ormai molto ricca di volumi monografici curatissimi e dedicati, di volta in volta, a una diversa casa di moda. Scelgo Vivienne Westwood anche perché mi è particolarmente cara e sono una cliente fedele – non assidua come vorrei o come mi potrebbe disegnare Ai Yazawa, ma non lamentiamoci. Il librone – rivestito di godurioso tartan – è frutto di un improbo lavoro d’archivio e recupero: contiene i look di tutte le sfilate del marchio, dal 1981 a oggi, insieme a un succulento backstage, sia “storico” che filosofico…. perché il Vivienne-pensiero è quasi più avvincente di quel che vediamo transitare in passerella.

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Quaderno d’inverno. Giochi ed esercizi per adulti
(Blackie Edizioni)

Editori “giovani” con tradizioni ormai solide alle spalle? Eccoci! Blackie ha già sfornato con successo e spasso due eserciziari di compiti per le vacanze estive – sempre rivolti ai grandi – e questo Quaderno è il primo che promette di sostenerci anche nei mesi invernali. Lo spirito è sempre il medesimo: quiz, passatempi, rompicapi, cruciverba e zuzzurellonate varie che attingono alla cultura pop e puntano a intrattenerci con ironia.

Sempre di Blackie – visto che di zuzzurellonate stiamo parlando – segnalo volentieri anche L’arte di essere Bill Murray di Gavin Edwards. Trattasi tecnicamente di una biografia del pacioso attore ma, dato il personaggio, è più che altro un manifesto spirituale. Dagli esordi come spalla ben poco considerata del Saturday Night Live alle leggendarie incursioni alle feste di compleanno di privati cittadini ignari, Bill Murray proietta immancabilmente l’immagine di uno che si diverte moltissimo e che ha imparato a fregarsene al punto giusto. Come fa? Edwards cerca di spiegarcelo, catalogando le sue gesta e provando a restituirci un’immagine più “realistica”, ma non meno assurda e imprevedibile, del Murray che ci pare di conoscere.

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Zerocalcare
Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia
(Bao Publishing)

Qua io la metterei giù così: c’è in libreria una cosa nuova di Zerocalcare? Perfetto, la si compra a scatola chiusa. Che altro vi serve sapere? Niente. Esatto.
Mi rendo però conto che molti “nuovi” fan, complice Strappare lungo i bordi, possano sentirsi un po’ persi nella produzione ormai molto consistente dell’ottimo Zerocalcare e che amerebbero ricevere qualche indicazione per cominciare a volergli bene non solo su Netflix ma anche leggendo. Ebbene, Bao ha già fatto i compiti per me: qua trovate una comoda guida che, tra cavalli di battaglia e lista ragionata delle gesta, mappa efficacemente il lavoro del trafelato Michele. Se volete sapere la mia, per chi parte da una base non ancora nutritissima voterei per un approccio cronologico, visto che tanto di quello che racconta Zerocalcare procede per accumulazioni autobiografiche.

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Italia in 52 weekend. Itinerari inconsueti tra natura, arte e tradizioni
(Lonely Planet – EDT)

Ah, signora mia! Andiamo tanto lontano ma poi non apprezziamo le meraviglie della nostra splendida terra! Sembra una di quelle frasi da vecchi tromboni e trombone a cui reagire alzando con veemenza gli occhi al cielo, ma non posso negare che nasconda un fondo di verità – maledizione, quanto detesto dover dare ragione alla categoria dei tromboni. Comunque, regalare una guida di viaggio mi sembra sempre un gesto di sommo buon auspicio: vai, ti divertirai, scoprirai delle cose nuove, trascorrerai momenti spensierati. Di questi tempi – coi viaggi a lungo raggio tornati nemmeno troppo all’improvviso più impervi – una raccolta di itinerari “italiani” potrebbe rappresentare una validissima soluzione. Lonely Planet ne raccoglie qua 52 – uno a settimana per un anno intero, in pratica – occupandoci egregiamente i weekend ed esortandoci a vagare per borghi, città e luoghi relativamente vicini ma forse ancora poco battuti.

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Leonardo Bianchi
Complotti! Da Qanon alla pandemia, cronache dal mondo capovolto
(Minimum Fax)

Ho condiviso con Leonardo Bianchi un divano al Salone del Libro. Io ho espresso la mia simpatia per quell’innocuo complotto che teorizza l’immortalità di Keanu Reeves e lui, che ai complotti ha deciso di dedicare un saggio intero, mi ha raccontato come si “costruiscono” le fandonie di maggior successo e cosa può trasformarle in ostacoli veri per la convivenza civile, oltre a un potente veleno che deforma il dibattito pubblico. Dal Pizza-gate agli Illuminati, un testo per esplorare la faccia più irrazionale del nostro rapporto con la realtà, l’informazione e la scienza. Se li conosci li disinneschi, mi verrebbe da pensare… ma forse la faccenda è assai più complicata di così. Nel dubbio, vi auguro di non trovarvi a Natale seduti a tavola con una schiera di complottisti agguerriti. Voi, se potete, opponete una strenua resistenza.

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Con la certezza di aver scordato circa l’86% dei libri che volevo segnalare, spero comunque di essere riuscita a fornire qualche spunto sfizioso per i vostri doni. Se ce la faccio, mi piacerebbe molto sfornare anche una lista focalizzata sulla narrativa. Vediamo come va. Nel caso servissero consigli miratissimi e personalizzati, mi trovate con indefessa costanza su Instagram o nel nostro bellissimo gruppo Telegram. Per frugare ulteriormente, vi indirizzerei senza indugio anche alla ricca categoria Libri qua sul blog.

 

Per chi si forse perso l’imprevedibile antefatto, c’è addirittura un post di pura esultanza che si chiama Charlie e la fabbrica del Martini. Per gli altri che magari non hanno voglia di risalire alle origini del mondo, sarà sufficiente sapere che il 19 settembre avevo una cena al circolo bocciofilo Caccialanza, ma poi non ci sono andata perché Vanity Fair ha deciso di donarmi un invito per il festone totale dei 150 anni della Martini, a Villa Erba sul lago di Como. Cenerentola può lucidarmi le scarpette quando le pare.

Ebbene, che diamine sarà mai accaduto?
Com’era, chi c’era, cos’è successo?
Che cosa ci abbiamo capito?
Ma soprattutto, saremo riusciti a mimetizzarci con dignità?

Benvenuti alle avventure dei Tegamini del Cuore al SUPREMO party-Martini. Ci tenevo a dirlo subito, che è stato supremo.

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Il tutto è cominciato con noi che trascinavamo i valigini fino all’albergo. Con nostra grande sorpresa, all’albergo c’era della gente che festeggiava un matrimonio. Alle cinque di un giovedì pomeriggio. Con uno scaldapubblico chiaramente prelevato di peso da un villaggio turistico e portato lì sulle maestose pendici del lago di Como a gridare a squarciagola OLLELLE’-OLLALLA’, FACCELA VEDE’-FACCELA TOCCA’. Io ero là, col mio lapin nella custodia-sacco-da-morto e i riccioli appena fatti che non sapevo bene che cosa dire. Per fortuna, una madamigella ci ha accolti calorosamente, sospingendoci nell’ascensore fino alla nostra cameretta. E nella cameretta c’erano dei doni. E già ti senti spaventosamente figo, se non fai in tempo a levarti le scarpe che già ti hanno regalato qualcosa.

Che poi è incredibile, quanto poco tempo ci vuole a prepararsi se non abiti insieme a un gatto. Alle sette e dieci precise precise eravamo giù, tutti pieni di brillantini (io) e di farfallini (Amore del Cuore). Sulla sbodenfia terrazza dell’albergo faceva già un freddo povero, ma ero troppo contenta per ammetterlo. O meglio, contavo con tutte le mie forze sull’effetto-Capodanno: due bicchieri e tutti fuori in canottiera, anche se infuria la tormenta.
Ora, vorrei ribadire all’universo che non sono una persona fotogenica. Non solo non sono fotogenica, ma non dispongo nemmeno di un fidanzato particolarmente interessato a fotografarmi con un po’ di sensibilità e accortezza. Amore del Cuore ha moltissime ottime qualità, ma di farmi le foto non gliene frega una beata mazza. E quando me le fa è perché lo obbligo, quindi ne sforna sei di fila a caso (piedi tagliati, sfocamenti, luci che inghiottono teste e arti) e ciao. Quindi, insomma, faremo con quello che c’è e con la limitata fotogenicità che la natura mi ha concesso. A me e basta, ovviamente, perché lui è bello anche quando sbatte il mignolino in uno spigolo.


Tegamini in Vivienne Westwood Anglomania (Halton dress + Melissa pumps) and vintage MADRE clutch.
Credits: Amore del Cuore for Getty Images.
E questa, tanto per farvi capire, è la foto dell’AUTFIT più chiara che ho.

Poi è arrivato un pullman gigante e siamo partiti. Memori delle gite delle superiori, ci siamo messi in fondo. Anche perché eravamo molto imbarazzati e non ci è venuto da fraternizzare con l’altra gente che era tutta affiatatissima e batti un cinque, ciao grandissimo e col cavolo che alle 9 e mezza domani mattina vado a vedere Blumarine. Ecco, spaventati ma baldanzosi (e con mezzo colletto fuori), abbiamo deciso di immortalare il momento con un video inutile ma dolce. O almeno credo.

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Villa Erba è un luogo favolosamente meraviglioso. C’era tutta questa super passerella scarlatta con le macchine da corsa, le luci, dei rampicanti ordinatissimi, la gente che ti rincorreva lateralmente sul lato per capire se eri famoso per davvero o se ti eri soltanto vestito abbastanza bene da suscitare il sospetto, ghiaietta perfettamente calpestabile, il tramonto rosa-pesca, insomma, arrivavi ed eri già contento di stare al mondo.

All’ingresso, sotto a un milione di bolle di cristallo che penzolavano dal soffitto, dei gentili signori ci hanno graziosamente cacciato in mano un bicchiere di RUAIAL e niente, l’abbiamo considerato come un “bene, giovani, andate con Dio. Qui davanti c’è la sala con il pianoforte e le luci interessanti, laggiù c’è il salotto con gli specchi, ai lati ci sono i bar. A destra c’è il bar simil-metropoli-sfarzosa, mentre a sinistra c’è il bar da Don Draper con le poltrone di pelle e il caminetto. Uscite in terrazza, mi raccomando. Vedrete bene il palcoscenico galleggiante, l’orchestra e i giardini. Abbiamo fatto in modo che, da qualunque punto della villa, la distanza tra voi e un barman campione del mondo nella categoria Cocktail Spettacolari sia al massimo di sei metri. Buon divertimento”.
Cheers, buon uomo.

Se volete vedervi delle foto serie della LOCHESCION, c’è anche l’album di Martini, visto che è praticamente impossibile maneggiare un attrezzo in grado di immortalare l’ambiente con una maledetta POSCETT in una mano e un bicchiere nell’altra. Ad un certo punto abbiamo scoperto un sontuoso buffet e non mi sono potuta alimentare degnamente perché avevo finito gli arti. Escludendo categoricamente di potermi privare del bicchiere, avrei anche gettato la borsa nel lago, se solo non fosse stata una borsa appartenuta a MADRE, in un lontano passato di cui poco so e ancor meno voglio sapere. “Amore del Cuore, prendi un po’ di grana, te ne prego, mi farei un piattino, ma con che cosa lo tengo! Il barman di Don Draper ci ha messo dieci minuti a prepararmi questa divina bevanda, non posso mica piantarla lì, sarebbe offensivo, non siamo mica in Colonne!”

 

Grazie al cielo, però, qualche genio del party-planning ha pensato anche alla gente come me. Gente non mangia in piedi, gente che s’impiccia ai buffet e che ha l’atavico bisogno di appoggiare i propri oggetti su altri oggetti. Così, felici come pasticcini, ci siamo seduti sotto a questi alberi giganteschi sopra a dei cubi rossi fosforescenti – che secondo me volevano essere grossi ghiaccetti – e abbiamo atteso fiduciosamente l’arrivo di un gentile signore con dei regali garganelli ai gamberi, noi e il nostro piattino.

E mentre lottavamo con la borsetta e ci divertivamo sotto agli alberi tutti illuminati, c’era l’Orchestra Italiana del Cinema che suonava le colonnone sonore arroganti e, dentro la villa, c’era anche un uomo dietro a una tenda (contrassegnata da un cartello con un grosso “?”) che preparava bastoncioni di zucchero filato ai coraggiosi che osavano avventurarsi nell’ignoto. Il perché fosse dietro a una tenda non mi è chiaro, ma credo si sia fatto delle gran risate.

TEGAMINI – Zucchero Filato Man, are you ok? Here, all alone…
ZFM – I’m good, I’m good. Don’t worry.
TEGAMINI – Ok, then. We’ll be back, so you don’t get lonely.
ZFM – Thanks guys, see you later!

Ma il dialogo definitivo l’ha prodotto Amore del Cuore. Prima, però, c’è stato l’adorabile LAIV di Lily Allen, che ha fatto qualche canzone fluttuando su un assurdo palco galleggiante delle meraviglie scusandosi moltissimo perché “I’ve got a chest infection and tonight my voice is horrible”. Mica vero, madamigella Lily, io ero contentissima. E nei pressi del divanone-terrazzato dove avevo preso la residenza cantavo solo io. O forse non bisogna cantare, quando si è ricchi e famosi e si va a una festa? Temo non lo scopriremo mai. Comunque, poi è successo tutto un brindisi generale con Federico Russo che incitava ad agitare per aria i calici insieme ad amministratori delegati e fondatori della Bacardi. Voi non lo sapete, ma Mr Bacardi esiste davvero. E’ un pacioso signore di nome Facundo Bacardi, uno che al lavoro credo abbia la seguente mail: MRBACARDI@BACARDI.WORLD.
Ma cosa stavamo dicendo… il dialogo vincitore della serata è stato quello tra Amore del Cuore e Joseph Fiennes.

TEGAMINI – Amore del Cuore! Guarda che quello lì che hai davanti, seduto sul tavolino, quello lì secondo me è Joseph Fiennes.
AMORE DEL CUORE – Ma va là.
TEGAMINI – E’ lui, è lui! Quello del Nemico alle porte! Quello mega geloso di Vasilij Zajcev perché Zajcev si trombava Rachel Weisz, quella della Mummia, e lui no. Ha fatto anche Shakespeare in Love! E’ più bello adesso, però… sì, sì, è lui.
AMORE DEL CUORE – E chiediglielo, no?
TEGAMINI – L’ultima volta che ho parlato con una celebrity è stato terribile. Ho chiesto a Jonathan Franzen se gli potevo fare una foto, così la twittavamo con l’account della casa editrice. Ho parlato di Twitter. A Franzen.
AMORE DEL CUORE – Cristo!
(Tegamini si volta un secondo per soffiarsi rumorosamente il naso in un volgare fazzoletto di carta. Quando si ricompone, la scena è la seguente):
AMORE DEL CUORE – Excuse me, are you an actor?
JOSEPH FIENNES – Yes.
AMORE DEL CUORE – You played against Jude Law in The Enemy At the Gates, right?
JOSEPH FIENNES – Yes.
AMORE DEL CUORE – Because I didn’t think it was you, but my girlfriend was sure.
JOSEPH FIENNES – She won.
TEGAMINI – Awesome! …sorry if we bothered you, have a good night.
AMORE DEL CUORE – Sono stato bravissimo!
TEGAMINI – Grazie al cielo. Ora possiamo dire di non aver visto soltanto Melissa Satta, di famosi.

Ecco, questo qui vestito come un pistacchio gigante è Mark Ronson. Che io scusate molto ma non sapevo chi era (e anche adesso non ho proprio le idee chiarissime). Comunque, Mark Ronson ci ha fatto ballare. E noi abbiamo danzato al meglio delle nostre capacità, in mezzo a gioconi di luce super strabilianti e lampeggiosi. Per la contentezza mi sono scelleratamente tolta le mollette dai capelli trasformandomi in un incrocio tra Jem e Chewbacca.

E poi?
E poi è arrivata la carrozza per portarci a nanna, prima che ci trasformassimo in zucche lì davanti a tutti. Io il red carpet l’ho fatto alla fine, con le luci un po’ spente e manco più un cane a dirmi dove dovevo andare. Mi sembrava più appropriato. Avessi avuto un panino con la coppa l’avrei incluso nello storico ritratto. E’ stato mirabile, e anche davvero surreale. Gente che ti apre la porta quando vai in bagno e rimane lì fuori per sincerarsi che nulla di male ti stia capitando. Cubetti di ghiaccio che non sono cubetti di ghiaccio, sono ICEBERG picconati via da blocchi di ghiaccio ancora più grossi, tutti accatastati in giro. Bicchieri che, ve lo giuro, pesano sette etti. Gente con lo strascico. Gente che si scusa perché il UISCHI che sta per versare nel tuo cocktail è invecchiato solo 14 anni e non 18 perché quello da 18 è finito. Persone incapaci di avere male ai piedi. Io non ci sono mica abituata, ai comitati di benvenuto che mi salutano con calore ogni volta che entro in una stanza. E quando chiedevo un ROYALE mi veniva voglia di dire “un RUAIAL CON FROMASG, grazie”. Però, dalla faccia fluttuante e felicemente smarrita che sono riuscita a fare qua sotto (un’altra grande prova fotografica per Amore del Cuore), secondo me mi sono divertita sul serio.

Grazie, allora.
Grazie a Martini per l’ospitalità e per il corso accelerato di sfarzo. E grazie a Vanity Fair per avermici mandato senza un perché.
Ma soprattutto, gloria e onore allo Zucchero Filato Man! Solitario e indomito! Brinderemo a te coi bicchierazzi che ci hanno regalato… e non ti dimenticheremo mai.

***

Bonus-track
Tegamini feat.MADRE

TEGAMINI – Eh, stasera vado alla festa.
MADRE – Mi raccomando, NON BERE!
TEGAMINI – MADRE, ma di cosa stiamo parlando. Vado alla festa del Martini, non vado mica a un compleanno di quinta elementare! Mi cacciano fuori, se non bevo niente.
MADRE – NON BERE!
TEGAMINI – Berrò responsabilmente. Per onorare l’ospitalità che mi verrà dimostrata. Perché sono educata. Perché sei tu che mi hai cresciuta così, posata e a modo.
MADRE – …smettila di prendermi per il culo. E stai attenta, con la mia borsetta.

 

L’altro giorno ero in ufficio con la muffa che mi cresceva da tutte le parti. Muffa, con contorno di licheni e disperata stanchezza. Occhiaie a forma di amaca, a grandezza naturale. Smalto sbeccato. Nostalgia del gatto. E male a un mignolino del piede. Insomma, una giornata triste e inutile.
Poi niente, guardo un attimo su Twitter e mi casca l’occhio su questa cosa di Vanity Fair. Ohilà, vuoi venire al glorioso party per i 150 anni di Martini, sul lago di Como? Molto bene, cari lettori, mandateci una mail e spiegateci perché vi ci dovremmo mandare… e doneremo l’ambito biglietto a della gente a nostra scelta (o almeno credo).
Fondamentalmente, alla redazione online di Vanity Fair ho detto che agli open bar mi comporto con la grazia di una dama pietroburghese e che, all’occorrenza, sapevo già cosa mettermi (si ipotizzava un virtuoso riciclo di quanto faticosamente acquistato durante le Vestitiadi), che mi sembrava una roba carina da dire. È come quando chiedi a qualcuno di poter portare un amico a una festa e poi questo qua arriva con una felpa fatta con la fodera di un divano della DDR, le ciabatte dell’Adidas con le rigone bianche e blu e un pacco di quelle diafane patatine a nuvoletta, quelle che nessuno mangia perché sanno di polistirolo e anemia. Cioè, lo scemo è comunque lui, ma anche te che te lo sei tirato dietro non è che ci fai la figura dell’anno.
Comunque. Ho mandato la mia mail e ciao, sono tornata alle emozioni travolgenti della mia giornata.
Il giorno dopo, però, è accaduto qualcosa di sconvolgente e inaspettato, uno sfavillante prodigio, un rocambolesco colpo di scena, un miracolo scaturito per direttissima dagli zoccoli rosa della Pony Madonnina.


My Little Mary (SoasigChamaillard, Apparitions)

Insomma, mi ha telefonato questa gentile madamigella della Martini e mi ha detto che Vanity Fair aveva avuto il coraggio di invitarmi alla festa. Giovedì 19 settembre a villa Erba, a Cernobbio-Naboo, il luogo in cui la principessa Amidala e un Anakin Skywalker non ancora malvagio, mutilato e afono si giurarono eterno amore, arrossendo moltissimo.
Che storia.
Che storia!
In pratica sono stata benedetta con un Golden Ticket. E al posto del cioccolato c’è il Martini. Una cascata di Martini, magari, che se ce l’aveva Willy Wonka, la cascata, vuoi che non ce l’abbiano loro, gente che abbevera James Bond da tempo immemore?
Grande Giove!
Anzi, EPIC WIN!
Apple-tini!
Olive galleggianti!
E pensare che quella sera lì dovevo andare a cena alla Bocciofila Caccialanza!

L’euforia ha lasciato ben presto il posto all’atavico terrore della nudità.
E va bene, nessuno dei personaggi in cui mi imbatterò su Naboo mi avrà mai vista col vestito delle Vestitiadi – sono una strenua sostenitrice del principio “se non ti toccherà incontrare la medesima gente, vestirsi allo stesso modo per due giorni di fila è cosa buona e giusta” – ma cosa vogliamo fare, vogliamo rinunciare a sogni, ambizioni e unicorni elegantissimi senza combattere nemmeno un po’? Per tutti i samovar, non sia mai!, come direbbe ogni dama pietroburghese che si rispetti.
E così, contenta ma atterrita, ho camminato come un’imbecille da Porta Genova a Piazza San Babila – la mia tradizionale via crucis – senza trovare una beata My Little Mary di niente. Anzi, mi sono pure imbattuta in una manifestazione di ragazzine che vagavano per Corso Vittorio Emanuele gridando in coro il nome di Justin Bieber. Erano tantissime. Vedi quelle ragazzine lì e ti viene voglia di non riprodurti mai, altroché guerre, carestie e mondo cattivo, difficile e oscuro. Poi niente, per tornare a casa mia c’è da fare Corso Venezia e che sarà mai, davanti a Vivienne Westwood ci devo passare comunque, vuoi non andare dentro per un corroborante giro turistico?
Solo che poi è finita così.


Mi manca la borsetta, ma sono quasi pronta. Quel che posso dire, prima di sommergervi di foterie della festa – voglio fare anche un casino di video felici – è che tutto l’AUTFIT sarà più o meno in tinta con questa magnifica gallina:

(gallina fotografata da Tamara Staples per il suo The Magnificent Chicken)

Ora ho l’ansia perché mi è arrivato il programma – e tra gli altri, suonerà una delle mie cantanti del super cuore, emozionona! -, so dove mi ospiteranno per la nanna e i preparativi – perbacco! – ma l’invito di carta non è ancora giunto. Ho detto, pubblichiamo il post dopo che mi è arrivato l’invito di carta, che non si sa mai, metti che ho immaginato tutto o che si sono sbagliati, che è una gigantesca candid-camera o un complesso scherzone tipo quello dei film americani coi ragazzini del liceo, la tipica situazione del giocatore di football figherrimo che va dalla più deforme della scuola e la invita al ballo di fine anno, solo che quando lei esce di casa, pronta per farsi portare al ballo dal ragazzo dei sogni, il ragazzo dei sogni passa in limousine limonando con la capo-cheerleader e, visto che è uno sportivo dotato di strabilianti qualità di coordinazione, riesce a colpire la povera ragazza deforme con un gavettone di sangue di maiale senza mai smettere di limonare la capo-cheerleader.
Ecco, io questo lo vorrei evitare, ma sono proprio troppo contenta per stare lì zitta zitta. E poi mi sembrava bello ringraziare Vanity Fair. Grazie, Vanity Fair. E grazie pure a Martini. E saluti anche all’adorabile Cesare, che mi ha vestita da Dame Vivienne con estrema pazienza e dedizione.

Diamine, sono contenta come una crostatina.

Cheers!