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Orbene, dopo due anni in agenzia sono diventata allergica ai contenuti tematici e pure alle cose legate a una specifica occasione di calendario. Ma proprio un odio che provoca anche reazioni psicosomatiche, mica solo un lieve fastidio. Orticaria visibile. Mal di stomaco da rigetto. Poi, però, mi sono accorta che nella mia libreria ci sono numerose (e valentissime) opere narrative che potrebbero ben adattarsi a una giornata che celebra mostri, spaventi vari, inquietudini, terrori e oscurità. E ho deciso di fare un esperimento. Anche perché, in questo caso, non ho clienti che non vedono l’ora di farmi correggere un copy chiedendomi FRANCESCA VA BENE È GIÀ MOLTO EFFICACE MA POSSIAMO FARLO UN PO’ PIÙ CREEPY?
Ecco.
Per la mia tenebrosa gioia e anche un po’ per la vostra – spero -, ecco qua una lista di letture più o meno recenti da abbinare alle vostre zucche. Ma qua c’è qualcuno che ha mai effettivamente mutilato una zucca a scopi decorativi? Io no di certo, ma per leggere non è necessario.
Di alcuni libri ho probabilmente già parlato su Instagram o qui sul blog, ma ho comunque deciso di inserirli nell’elenco perché mi sembrava che non potessero mancare all’appello.
Se li conoscete già siate tolleranti.
Se li vedete per la prima volta, invece, tanto meglio. Sarà una scoperta in più.
Se amate qualcosa che non è nella mia lista, poi, consigliatemelo caldamente nei commenti. Anch’io ho bisogno di suggerimenti, credetemi.

Procediamo!

***

Joshua Foer, Dylan Thuras, Ella Morton
Atlas Obscura
(Mondadori)

Traduzione di T. Albanese, G. Cecchini e della mia amica Francesca Mastruzzo

L’Atlas Obscura non è propriamente un libro che fa paura o che contiene cose particolarmente inquietanti. È, più che altro, un libro per esploratori dell’ignoto e delle piste meno battute. Un grande atlante illustrato, diviso per aree geografiche, delle mete “oscure” in quanto poco conosciute. Un catalogo di meraviglie geografiche lontane dalle rotte classiche e di posti che nascondono storie spesso imprevedibili. Insomma, una guida di viaggio per chi non ha paura di spingersi là dove pochi sono già stati prima.

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David Almond
Skellig
(Salani)

Traduzione di P. A. Livorati

Skellig, secondo me, è uno di quei romanzi che non andrebbero rinchiusi nella categoria dei “libri per ragazzi”. Ci sono libri che parlano a tutti e che affrontano temi giganteschi, indipendentemente dall’etichetta “lettura consigliata dai 9 anni in su”. Freghiamocene altamente, dunque. Il protagonista di questa storia è un bambino che sta facendo del suo meglio per superare con coraggio un momento difficile, che non riesce nemmeno a decifrare completamente. La vita della sua sorellina è appesa a un filo e l’atmosfera, in casa, non è delle più spensierate. Servirebbe un miracolo, forse, ma il destino manda a Michael qualcos’altro. Una creatura fatta di piume e ombre che appare all’improvviso nel garage di casa. Non si sa da dove viene, non si sa che cosa vuole. Ha solo bisogno d’aiuto e di un po’ di tempo per riprendersi. E Michael decide di soccorrerlo, vincendo una paura molto più vasta e terrificante di quella del buio.

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Michail Bulgakov
Cuore di cane & Uova fatali
(Feltrinelli)
A cura di S. Prina

Dunque, potevo anche parlare del Maestro e Margherita – che in questa lista farebbe un figurone -, ma in un’esplorazione delle opere di Bulgakov e della letteratura fantastica in generale credo sia saggio riesumare anche queste due novelle lunghe. O romanzi brevi. O quello che sono, insomma. Gli argomenti sono all’apparenza molto diversi, ma esplorano in entrambi i casi il tema della metamorfosi, dell’ambizione umana e dell’imprevedibilità intrinseca di quello che speriamo di controllare, anima compresa. Cuore di cane racconta un orrido esperimento scientifico: trasformare un cane randagio in un essere umano, grazie a una specie di trapianto di cervello. Nelle Uova fatali, invece, incontriamo uno scienziato che progetta un raggio in grado di accelerare esponenzialmente la crescita delle cellule. Le conseguenze, in entrambe le vicende, saranno particolarmente catastrofiche… e sviscerate con dovizia di particolari e con l’intento, assai poco celato, di smascherare la natura repressiva e miope dell’ordine sovietico.

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Susanna Clarke
Jonathan Strange & il Signor Norrell
(TEA)
Traduzione di P. Merla

Visto che ai due maghi avevo addirittura dedicato un post, credo sia opportuno sfoderarlo di nuovo.

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Gipi
La terra dei figli
(Coconino Press)

Gipi racconta e disegna la fine della civiltà. Non conosciamo le origini del cataclisma, ma quel che sappiamo è che quasi nulla è rimasto. La narrazione segue le peregrinazioni di due fratelli in una terra devastata, dove anche la parola si è contratta, adattandosi a un nuovo sistema in cui la sopravvivenza più brutale è alla base di ogni rapporto “umano”. I fratelli, dopo aver perso il padre, vagano alla ricerca di una madre che forse hanno solo immaginato e che abita in un diario che non hanno il permesso o le capacità di leggere.
Un fumetto rarefatto, crudo e potentissimo.

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Neil Gaiman
Il figlio del cimitero
(Mondadori)

Traduzione di G. Iacobaci

Neil Gaiman meriterebbe una lista a parte, visto che quasi tutto quello che ha deciso di inventare rientra perfettamente nello spirito dell’impresa. Considerate Il figlio del cimitero come un degno apripista, dunque, e proseguite con le esplorazioni se ancora non vi siete soffermati particolarmente sul mondo di Gaiman. La storia è gustosa: sfuggito all’omicidio dei suoi genitori, Bod gattona fino a un cimitero e viene adottato e cresciuto dalla comunità dei defunti. La Morte gli dona la capacità di comunicare coi trapassati, che lo proteggeranno e lo alleveranno come se fosse figlio loro. Il destino di Bod, però, è in agguato oltre i cancelli del camposanto… là fuori c’è la vita che un “vivo” dovrebbe inseguire, ma ci sono anche degli assassini con un lavoro da completare. E la vendetta, un po’ come la Morte, può essere inesorabile. Mistero! Scheletri! Tombe! Cadaveri!

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Emil Ferris
La mia cosa preferita sono i mostri
(Bao Publishing)
Traduzione di M. Foschini

Che libro stupefacente. Ne ho già parlato con grande trasporto su Instagram, ma ci tengo a sprigionare ammirazione anche qui. Emil Ferris è un’esordiente dalle vicende biografiche che rasentano l’assurdo. Dopo aver militato per lunghi anni nel mondo dell’illustrazione, rimanendo però sempre in una posizione un po’ defilata, ha deciso di presentarsi finalmente al grande pubblico con questa graphic-novel, un libro stratificato e complessissimo che, raccontando la quotidianità di una ragazzina di undici anni nelle periferie non proprio idilliache della Chicago del 1968, riesce a trasportarci nella Germania nazista e a frugare nei meandri più remoti dei nostri cuori. La grande metafora che la Ferris sceglie di utilizzare per accompagnarci in questo viaggio è quella del “mostro”, ma seguendo due filoni diversi. Ci sono i “mostri buoni”, che ci insegnano a difenderci e ci fanno compagnia quando sono gli altri a vedere in noi qualcosa che non capiscono. E ci sono i “mostri cattivi”, che soffocano la nostra voce e tramano per distruggere quello che di più umano possediamo. I disegni sono strabilianti – le penne a sfera possono fare magie, a quanto pare – e i riferimenti all’arte, al cinema e all’immaginario horror si sprecano. Attendo con trepidazione il secondo volume.

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Jonathan Hickman, Tomm Coker
Black Monday
(Mondadori)
Traduzione di L. Fusari

Esoterismo, sangue e alta finanza: che cosa c’è di meglio? Ecco qua l’approfondimento che avevo scritto per l’uscita del primo volume. Il secondo è disponibile già da un mesetto e l’ho ordinato ieri.

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Shirley Jackson
L’incubo di Hill House
(Adelphi)
Traduzione di M. Pareschi

Non ho la minima intenzione di vedere la serie di Netflix ispirata a questo romanzo. E non lo dico per snobismo. Lo dico perché quelle cose mi fanno una paura eccessiva e passerei i prossimi tre mesi ad accendere tutte le luci di casa anche solo per andare in bagno dopo le sette di sera. Il libro, per ammissione degli stessi produttori, è ben diverso dalla trasposizione televisiva. Ed è un racconto di follia, tormento psicologico, ricordi aggrovigliati e pavimenti che scricchiolano. Può un luogo portare alla pazzia? Certamente, se stiamo parlando di Hill House. Shirley Jackson – autrice con cui vi perseguito già da secoli con Abbiamo sempre vissuto nel castello, altra meraviglia degnissima di menzione in questo frangente – è abilissima nel manipolare la tensione e nel farci sentire continuamente minacciati, anche quando le cose sembrano assolutamente innocue. Ed è quello il vero prodigio del terrore più autentico: trasformare la paura in tarlo, la razionalità in sospetto, la solidità delle cose in dubbio strisciante. Sempre.

Per chi volesse approfondire il mondo dell’autrice o frugare nel suo stipetto dei ricordi, è da poco uscito anche Paranoia, una raccolta di pagine sparse, racconti brevi, riflessioni sul mestiere di scrivere e istantanee quotidiane.

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Richard Matheson
Io sono leggenda
(Fanucci)
Traduzione di S. Fefè

Dimenticate Will Smith, ve ne prego. Se c’è una cosa bella di questo libro è il finale. E il film riesce a sputarci su con una disinvoltura che rasenta l’inspiegabile, visto che è il finale a rendere speciale e sensata tutta questa narrazione. Non spoilero, giuro, ma è una roba che mi manda al manicomio.
Dunque. Robert Neville è l’ultimo essere umano rimasto sul nostro pianeta – per quel che ne sa. Gli altri, contagiati da una specie di virus, sono diventati vampiri. Il mondo che conosciamo non esiste più e Neville tira avanti come meglio può, cercando di studiare la mutazione che ha sconvolto l’ordine costituito e barricandosi nel suo rifugio di notte, quando i vampiri escono a dargli la caccia. Ma cosa succede quando l’aberrazione diventa normalità? Qual è la creatura che ha davvero il “diritto” di sopravvivere? Che cosa siamo tutti quanti, se non scherzi dell’evoluzione che hanno imparato a coesistere? Will Smith dei miei stivali.

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Michele Mari
Fantasmagonia
(Einaudi)

Anche Michele Mari sarebbe quasi da inserire in blocco qua dentro. Ma Fantasmagonia mi pare il libro più adatto. Perché è un compendio di tremori letterari e di immaginazioni sghembe, una collezione di creature da temere e luoghi da osservare con reverenza. E contiene anche la ricetta per creare un fantasma.
Per approfondire, ecco il post che avevo scritto qualche anno fa, all’uscita del Supercorallo.

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Gianluca Morozzi
Blackout
(TEA)

Non riesco a vedere le cose “horror” in tv, ma poi leggo serenamente Morozzi. Non so. C’è qualcosa di strano. È anche vero che Morozzi ha la capacità di carpire l’attenzione del lettore con un’efficacia rara, ma ci sono robe in questo libro che fanno venire da vomitare anche solo a pensarci e che non sopporterei mai e poi mai in un’ipotetica versione cinematografica – CHE SPERO VIVAMENTE NON VERRÀ MAI REALIZZATA PERDONAMI MOROZZI SO CHE I DIRITTI SULLA TV E SUI FILM SON SOLDI MA IO NON VOGLIO SAPERNE NIENTE PER CARITÀ. Comunque. La faccenda è relativamente semplice: quattro sconosciuti col loro personalissimo bagaglio di problemi, turbe e segreti si ritrovano intrappolati insieme in un ascensore angustissimo a Ferragosto. I telefoni non prendono, non c’è in giro un cane e le probabilità di ricevere soccorso appaiono assai remote. Che cosa succederà? Tutto il male possibile.

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Cees Nooteboom
Tumbas. Tombe di poeti e pensatori
(Iperborea)

Traduzione di F. Ferrari

Cees Nooteboom ha passato una trentina d’anni a viaggiare per il mondo alla ricerca delle tombe dei poeti, dei pensatori, dei filosofi e degli scrittori che più hanno segnato il suo percorso intellettuale. Tumbas raccoglie le sue fotografie e trasmette, per capitoli fulminei, l’eredità storica e artistica di chi occupa quelle sepolture. È un libro stranissimo, che sceglie di mantenere viva la memoria delle idee attraverso la lapide, uno dei manufatti più statici e definitivi che siamo riusciti a inventarci.

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Mervyn Peake
Tito di Gormenghast
(Adelphi)
Traduzione di A. Ravano

Giuro, non pensavo di aver già scritto così tante cose sulla frazione più temibile e fascinosa della mia biblioteca personale. Ecco qua un bel biglietto per Gormenghast!

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Anne Rice
Intervista col vampiro
(TEA)
Traduzione di M. Bignardi

Anne Rice, una colonna della mia adolescenza. Non so se ringraziarla o stramaledirla. La saga delle Cronache dei vampiri è vasta e assai articolata… dopo averne letti diversi, negli anni, mi viene anche da dire che fermarsi a Intervista col vampiro potrebbe non essere una cattiva idea. Quello che di sicuro Anne Rice è riuscita a fare, però, è creare una sorta di versione “moderna” del vampiro. Non è la sola ad aver rivisitato e arricchito il mito originario, ma ha lasciato un’impronta molto potente nel nostro immaginario, costruendo per i suoi personaggi una sfera emotiva (e sentimental-comportamentale) molto specifica e persistente. Mi viene da dire che è quasi colpa di Anne Rice se, anni dopo, ci siamo ritrovati con Edward che luccica e con una miriade di sottoprodotti e calchi di Lestat, Louis, Armand e Claudia. Ma chi se ne importa. Ognuno è libero di scegliere il vampiro che preferisce. E i miei prediletti, anche a distanza di ere geologiche, saranno sempre quelli di Intervista col vampiro, coi loro pizzi stazzonati e il loro vasto terrore di trascorrere un’eternità di vuoto assoluto.

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Bonus track: libri che ho sfogliato ma che non ho ancora letto

Vasti festeggiamenti per il bicentenario di Frankenstein: Utet ha pubblicato da poco una corposa biografia di Mary Shelley (La ragazza che scrisse Frankenstein di Fiona Sampson), mentre il Castoro ha dedicato alla scrittrice un romanzo illustrato di rara bellezza: Mary e il Mostro di Lita Judge.
Per chi poi volesse farsi una cultura solidissima del macabro – anche nelle sue sfumature storico-religiose più solide – o gustarsi fumetti spaventosamente spensierati il consiglio è di consultare il vasto catalogo di Logos Edizioni. Io ho intenzione di cominciare da un corroborante volume fotografico sugli ossari. E dall’edizione illustrata di Carmilla.

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Niente. Sono certissima di aver scordato cose fondamentali o di aver citato opere che ormai hanno già letto tutti, ma spero comunque di aver fornito qualche spunto avvincente. Se così non fosse, consoliamoci con secchi di cioccolato estorto ai vicini di casa. :3

Reduce dall’aspra battaglia con 4321, mi sono resa conto di aver bisogno di un solido periodo di decompressione e disintossicazione dai tomi troppo voluminosi. Perché, diciamocelo con sincerità, finire un libro in un giorno o due ha sempre il suo fascino e continua a rappresentare una grande forma di soddisfazione. Ecco, dunque, qualche breve impressione su romanzi altrettanto brevi che ho letto nell’ultimo periodo per ripigliarmi da Paul Auster.

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Gianluca Morozzi
Gli Annientatori

I libri di Morozzi generano su di me il fascino degli animali spiaccicati sulla statale. Sono rivoltanti, ma mi viene anche voglia di avvicinarmi per guardare meglio. Anzi, ogni volta che leggo Morozzi mi convinco sempre di più di non volerlo conoscere, perché se una persona riesce a concepire robe così contorte, inquietanti, spaventose, orribili e contro natura non è possibile che stia benissimo. E Morozzi, come se non bastasse, è anche in grado di produrre sortilegi. Perché, se apri uno dei suoi libri, senti di non poterti alzare finché non l’hai finito. Tutto ciò, come da tradizione, è vero anche per Gli Annientatori. Racconta la storia di uno scrittore quasi fallito che vive a scrocco a casa di una fidanzata che non ama. La cornifica spudoratamente e si approfitta di lei, perché non ha più una lira e non saprebbe dove altro andare. Comunque, un bel giorno la fidanzata scopre l’ultima tresca e lo butta fuori. Maspero, però, viene inaspettatamente salvato da un conoscente – un illustratore volgare e perverso – che gli offre la sua mansarda in un palazzo isolato, abitato da un’intera famiglia di gente un po’ stramba e invadente. Io devo partire, vai a stare da me finché ti serve. E il Maspero, da opportunista qual è, non se lo fa ripetere due volte… commettendo l’errore più tragico della sua vita.
SANTO IDDIO SANTO.

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Madeleine Bourdouxhe
Marie aspetta Marie
(Traduzione di G. Cillario)

Per la rubrica “riscoperte editoriali”, Adelphi ci ha ripescato la Bourdouxe. E non possiamo che rallegrarcene, soprattutto per la presenza di un personaggio femminile così poco “docile”. Marie aspetta Marie è, in soldoni, la storia di una donna che pensa di essere felicemente sposata e soddisfatta della vita che conduce. Durante una vacanza in Costa Azzurra, però, un giovane riuscirà a sconvolgere la serenità posticcia di Marie, ricordandole come ci si sente quando è il desiderio – puro e impossibile da contrastare – a prendere il sopravvento. Un romanzo che racconta il tradimento? Non solo. Un ritratto di donna? Non basta nemmeno quello. È una storia che ci accompagna, pian piano, alla scoperta dei meccanismi che si innescano quando smettiamo di ingannarci da soli e, smascherandoci, ritroviamo noi stessi… preparandoci con fierezza ad accettarne le conseguenze.

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Roberto Camurri
A misura d’uomo

Mi sto appassionando agli scrittori italiani che raccontano la vita nei paesini di provincia. Questa volta ci spostiamo a Fabbrico, piccolo centro emiliano che ospita i protagonisti di questo esordio molto dolente ma anche pieno di piccole speranze di riscatto. È un romanzo strutturato a racconti, con piani temporali differenti e personaggi che si sovrappongono o riappaiono per regalarci un altro punto di vista – o, più spesso, l’illusione che le cose non stiano poi andando così male. I tre protagonisti – affiancati sempre da comprimari non meno incisivi – sono Davide, Anela e Valerio, legati da un’affetto perennemente in bilico tra amicizia e amore. Le loro sono parabole di umanissima rovina e di dolore raccontato senza fronzoli e senza il compiacimento del cinismo. Sono personaggi che preparano continuamente il caffè, che si addormentano ubriachi sui divani altrui, che giocano coi cani quando tornano a casa. O che girano per il paese in bicicletta e affrontano a piedi nevicate molto abbondanti. L’atmosfera è fatta di dettagli minuscoli che contribuiscono a renderli vivi, ad avvicinarci ai loro dilemmi… e ai grandi slanci di pietà e tenacia di cui sono capaci.

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J. G. Ballard
High-rise

Con mia grande sorpresa, sono già riuscita a leggere ben quattro cose che mi ero prefissata per il 2018 – la lista dei buoni propositi libreschi è qui, per la cronaca. Non so se le operazioni proseguiranno con il medesimo impeto, ma per ora sono assai felice di essermi fatta terrorizzare con il meraviglioso ed elegantissimo senso della misura di Ballard. Il condominio è una riflessione sugli impulsi più primordiali ed egoistici che si nascondono sotto la superficie del vivere civile. E di come occorra pochissimo, spesso, per far riemergere la bestialità che cerchiamo caparbiamente di nascondere. Ci troviamo in un condominio di nuovissima costruzione, dotato di ogni automatismo tecnologico e ogni comodità. Piscine, supermercati, ristoranti, parrucchieri, una scuola. Gli abitanti – suddivisi in mille appartamenti – sono perfetti rappresentanti della civilizzatissima classe media dei professionisti, dei medici e dei docenti universitari o del gruppo dei dichiaratamente ricchi, fatto di attori, architetti geniali e orafi di lungo corso. L’allocazione degli inquilini rispecchia, all’interno del condominio, la “posizione sociale” di ciascuno, la loro importanza, lo status di cui possono fregiarsi. I più “poveri” e meno importanti ai piani bassi. I ricchi e i potenti ai piani alti. Tutto è regolato dal decoro, dalla misura, dalla raffinatezza e dalla cortesia. Ma basta un pretesto per far sprofondare l’intero condominio in una spirale di violenza, ambizioni meschine e istinti bassissimi. Un libro affascinante.

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Amélie Nothomb
Colpisci il tuo cuore
(Traduzione di I. Mattazzi)

Un’altra lettura rassicurante. È il primo romanzo della Nothomb con cui mi cimento – già, tutti abbiamo le nostre lacune, dopotutto – e non mi aspettavo di riscontrare anche qui un conclamatissimo “effetto-Morozzi”. Dai, leggo qualche pagina mentre pranzo. E niente, l’ho finito. È una storia di donne: madri e figlie, figlie e amiche, figlie e “madri sostitutive”, figlie e figlie. Ma è anche la storia di una bambina che cresce con la consapevolezza di non essere amata e che, con il passare del tempo, si arma di ogni possibile strumento per riuscire ad affrontare il futuro all’ombra di questo immenso disastro. È un romanzo fatto di crudeltà più o meno consapevoli, di tradimenti che si svelano pian piano, della cecità di fronte al male che possiamo infliggere agli altri per placare le nostre insoddisfazioni, o per rifarci delle ingiustizie che pensiamo di aver subito. Ma parla anche della velocità con cui dimentichiamo quel male, nascondendocelo o negando, compensando o ignorando.
Benvenuta, madame Nothomb.

Quest’anno mi sarebbe piaciuto leggere di più, ma si fa quel che si può. In realtà, anche negli anni in cui sono riuscita a leggere “tanto”, sono comunque arrivata alla medesima conclusione. Mi sarebbe piaciuto leggere di più. Chissà se un giorno avrò mai la sensazione di aver finalmente letto abbastanza. Spero di no.
Comunque, tra un infante che cresce e una riorganizzazione radicale della mia esistenza, ho anche avuto la fortuna di imbattermi in diverse opere narrative – più o meno disegnate – che mi hanno donato incredibili soddisfazioni, per motivi diversi. La trama, la lingua, l’intreccio, il divertimento puro, il messaggio, i temi. Un libro può farti dire “ma guarda un po’ che bello” per parecchie ragioni. Qui ci sono i miei preferiti del 2017 (non necessariamente novità del 2017), con dei mini perché a sostegno di tanto entusiasmo e qualche link di approfondimento per i titoli che ho già affrontato in un #LibriniTegamini o in una recensione. Che se una roba mi piace è probabile che mi sia già venuta voglia di dire qualcosa.
Forse li avrete già letti anche voi. O forse no. In quel caso, fateci un pensiero.

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 Marjorie Liu & Sana Takeda
Monstress – Vol. I e Vol. 2
Traduzione di C. Libero, A. Di Luzio

Monstress mi ha ricordato perché alle superiori ero così fissata con i manga e con Final Fantasy. Quest’anno ho letto i primi due volumi della serie (usciti nella collana Oscar Ink di Mondadori a distanza di qualche mese l’uno dall’altro) e sono rimasta ipnotizzata dalla meraviglia del disegno, dalla ricchezza ed estensione dell’universo fantastico raccontato (originalissimo) e dalla trama felicemente ingarbugliata. Altro aspetto positivo: eroine cocciute, devastanti e mega potenti EVERYWHERE. Più una vasta schiera di gatti parlanti e mostri coi tentacoli che non si ricordano più chi sono.

Il #LibriniTegamini abita qui.

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Gianluca Morozzi
Radiomorte

Una famiglia felice e famosa – paladina dell’autorappresentazione e del successo posticcio – viene invitata per un’intervista in una scalcagnata radio di provincia. Ad un certo punto, però, le porte dello studio si chiudono. E la DJ annuncia ai Colla che, al termine della giornata, uno di loro non uscirà vivo da lì. Un romanzo che non si riesce a mettere giù, pur scorgendone le super esagerazioni narrative e il ricorso ad ogni possibile declinazione del grottesco. Architettura favolosa, mille segreti ORRENDI da scoprire, scelte impossibili, umanità che fa schifo e angoscia a palla.

Il #LibriniTegamini abita qui.

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Chimamanda Ngozi Adichie
Quella cosa intorno al collo
Traduzione di Andrea Sirotti

La Adichie è una donna portentosa… e anche i suoi racconti non scherzano. Quella cosa intorno al collo è una raccolta di storie femminili che parlano di spaesamento (in bilico tra la Nigeria e gli Stati Uniti), di aspettative disattese, ostacoli pratici, dolorosi compromessi e ricerca della felicità. Una galassia di protagoniste accomunate dal bisogno di liberarsi da un onnipresente groppo in gola… o dalla necessità, spesso disperata, di imparare a convivere con la consapevolezza di non aver ancora trovato il proprio posto (sempre che un posto per loro esista).

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Margaret Atwood
The Handmaid’s Tale

Una distopia potentissima ed estrema che è pure diventata una serie TV (che espande il mondo della Atwood “allungando un po’ il brodo” ma rispettando splendidamente lo spirito del romanzo). Raramente mi è capitato di inorridire a tal punto di fronte alle coercizione e al tramontare della libertà raccontate in un libro. Architettura della Repubblica di Gilead a parte, quello che ho amato ancora di più (e che mi ha fatto anche molta paura) è la ricostruzione di come si arrivi all’instaurazione del regime. Le Ancelle diventano Ancelle. E una società intera si riconverte in nome di un’ideologia che, sulle prime, sembra troppo incredibile per essere presa sul serio dal mondo che sta per stravolgere. È una storia di identità perse e ritrovate, di tenacia, di ribellione e di sopravvivenza. È un libro che racconta un potere schiacciante e lo sforzo titanico che serve per ricordarsi, in una situazione estrema, che cosa ci rende umani.

Visto che siamo in tema, ecco qua il post che avevo scritto per Ragazze elettriche di Naomi Alderman, altra lettura assai thought-provoking di quest’anno.

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Matthew Weiner
Heather, The Totality 

Da grandissima fan di Mad Men, mi sono precipitata a leggere il primo romanzo di Matthew Weiner piuttosto istantaneamente, senza sapere bene che cosa aspettarmi. Heather, più di tutto – in italiano disponibile nei Supercoralli – è un romanzo breve ma incredibilmente denso e “centrato”. La storia è quella di una coppia di quarantenni – proiettati per direttissima verso gli agi di Park Avenue – che si sposano un po’ accontentandosi e un po’ sopravvalutandosi a vicenda. La nascita della desideratissima figlia Heather sconvolgerà gli equilibri, trasformando la bambina nel centro del loro mondo – ma anche nell’oggetto di un’incomunicabilità crescente, fatta di piccole meschinità quotidiane e dalla necessità di ostentare costantemente il proprio status e la propria artificiosa felicità. Sullo sfondo, una presenza inquietante, instabile e del tutto estranea si farà inesorabilmente strada verso i quartieri alti di Manhattan. Un piccolo gioiello di intrigo psicologico-familiare, rapidissimo da leggere, splendido nell’alternanza dei punti di vista dei diversi personaggi, ben architettato (anche dal punto di vista della tensione, sempre percepibile e “viva”) e sorprendente nel finale. Matthew, scrivicene un altro.

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Jonathan Hickman & Tomm Coker
Black Monday – vol. 1
Traduzione di L. Fusari

Una graphic-novel visivamente gloriosa e assolutamente spiazzante per esplorare il legame tra sangue, soldi e potere. Una sorta di noir esoterico-finanziario ambientato tra Wall Street e le profondità dell’inferno. Incredibile, sia dal punto di vista “artistico” che da quello dell’intreccio narrativo.

Per approfondire, ecco qua la recensione più completa.

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Donatella Di Pietrantonio
L’Arminuta

Vincitore del Campiello – che bello quando i libri che se lo meritano vincono i premi importanti -, L’Arminuta è un romanzo di formazione strappacuorissimo e viscerale. Mi ha ricordato un po’ le atmosfere della Ferrante – anche se la storia è ambientata in Abruzzo e la narrazione molto più incisiva e “concentrata”. Per farla MOLTO semplice, la storia è quella di una bambina che crede di essere figlia di qualcuno che, in realtà, l’ha solo presa in prestito per poi riparcheggiarla sull’uscio di una famiglia sconosciuta e molto diversa – per mezzi ed estrazione – da quella che l’ha accolta. È un libro che si interroga sull’identità, sul valore dei legami più profondi e sul margine di manovra che ciascuno di noi ha sulle proprie radici. Una lingua meravigliosa e una protagonista che si meriterebbe un posto d’onore nella galleria delle bambine ribelli con qualche storia della buonanotte da raccontare.

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Laura Pugno
Sirene

Dunque, Sirene vince il Premio WTF dell’anno. È senza dubbio il romanzo più assurdo e a tratti disgustoso tra quelli letti nel 2017. Scomparso per lungo tempo dalle librerie e ora riproposto da Marsilio, Sirene è di difficile riassumibilità. Vi basti sapere che nel futuro distopico della Pugno le sirene esistono, sono buone da mangiare, somigliano a dei lamantini comatosi e suscitano brame erotico-gastronomiche dalle vastissime e ramificate conseguenze.
Non è un romanzo, è una FOLLIA.

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Mohsin Hamid
Exit West
Traduzione di Norman Gobetti

Tornata dal mare, ecco cosa scrivevo di Exit West: “Hamid esplora il tema della migrazione e della fluidità delle società globali attraverso una storia d’amore che nasce nel momento meno propizio, in un paese sull’orlo del baratro, spaccato da una guerra civile che spazzerà via ogni speranza di normalità. I due protagonisti, come tanti altri, scelgono di abbandonare il loro mondo per avventurarsi verso l’ignoto, attraversando clandestinamente una delle tante ‘porte’ che conducono verso un altrove incerto. È un romanzo prezioso, saggio e umanissimo… e sospetto sia anche la cosa più bella che leggerò quest’anno”.
Ecco, non mi sbagliavo. Leggetelo per capire meglio il nostro presente. E anche un po’ per sperare in un futuro migliore.

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E Cognetti? Cognetti non c’è perché quest’anno ha già ricevuto tutti i complimenti che potevamo fargli.

Bene. Corroborata dalla magra consapevolezza di aver almeno riordinato un po’ le idee, mi appresto ad affrontare un nuovo anno di letture auspicabilmente FAVOLOSE. Mi sembreranno sempre troppo poche… ma speriamo si rivelino stupefacenti come alcuni dei romanzi in cui mi sono imbattuta nel 2017. Spero possano servirvi da ispirazione. Ai prossimi Librini!

jonathan strange mr norrell

 Ignorando completamente la mini-serie trasmessa dalla BBC lo scorso anno, ho dato retta al consiglio di un amico – un uomo molto alto e molto saggio – e mi sono finalmente decisa a leggere questo stupefacente mattone, acclamato dal mondo intero come miracolo del fantasy e della narrativa nella sua più nobile accezione.

jonathan strange mr norrell tegamini

Ma che roba è, alla fin fine?
Susanna Clarke, con grazia non indifferente, ci porta nell’Inghilterra dei lord di campagna, dei sir di città e delle ladies col cappellino. L’epoca è quella delle Guerre Napoleoniche, di Byron e Wellington, ma è anche un’epoca di grande scetticismo. L’Inghilterra, dopo una lunga tradizione fatta di incantesimi, prodigi e proficui scambi con Faerie e i suoi ambigui ma potentissimi abitanti – roba che la Clarke si premura di spiegarci per filo e per segno grazie a tonnellate di note a piè pagina dedicate alla storia della magia, ai suoi testi fondamentali e alle leggende più diffuse – si è ormai trasformata in un luogo dove la magia viene studiata e raccontata, senza però avere più alcun tipo di applicazione pratica. Dopo il regno plurisecolare di John Uskglass – il Re Corvo cresciuto dalle fate, rispettato e temuto da tutti gli elementi della natura -, l’Inghilterra sembra aver dimenticato come leggere il cielo, come comunicare con gli altri mondi e come mettere in pratica gli insegnamenti dei grandi stregoni e saggi del passato. Anzi, la magia è qualcosa di poco rispettabile, un’occupazione adatta ai ciarlatani dei bassifondi di Londra e ai ricchi tromboni senza arte né parte. Ma mica si può andare avanti così. Due uomini, Gilbert Norrell (prima) e Jonathan Strange (poi) decideranno di riportare la magia in Inghilterra, con conseguenze catastrofiche e meravigliose.
Gattare pazze!
Capelli d’argento!
Campi pieni di ossa!
Biblioteche infestate dai corvi!
Imbroglioni dipinti di blu!
Flotte di vetro!
Riviste di magia militante!
Profezie!
Malinconie senza fine!
Mignoli!
Tarocchi!
Alcolizzati che mangiano libri!
Servi saggi!
Piatti d’argento pieni d’acqua!
Strade che si spostano!
CHILDERMASS!
Io non so bene che cosa s’intenda per fantasy, là fuori. E, vi dirò, ben poco me ne frega. Questo libro, se mai troverete il modo di leggerlo, è una felicità. La Clarke riesce a trasformare una faccenda astratta – la magia – in qualcosa che somiglia davvero a un problema pratico, con un suo percorso concreto – che si intreccia in maniera plausibile alla storia storia -, un passato sconfinato e bellicose correnti di pensiero. Quanto è bello leggere un romanzo con una struttura-mondo così solida, complicata e interessante? Mica capita ogni venti minuti. Ed è anche assai corroborante seguire le vicissitudini di un ventaglio di personaggi che un po’ si muovono secondo un destino vasto e complicato – e pure ben raccontato in una stramba profezia -, e un po’ cercano di evitare gli scossoni e le calamità del caso. Non vi affezionerete a tutti allo stesso modo, ma nessuno di loro vi farà pensare di aver letto invano.
Che vi devo dire, ho amato.
Lunga vita al Re Corvo!