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Partiamo immediatamente dal seguente presupposto: la pizza è una cosa seria.
Con la pizza non si scherza.
La pizza sfama, salva e consola.
La pizza unisce i popoli e genera involontariamente movimenti artistici.
Hai cambiato quartiere? Non potrai sentirti definitivamente a casa finché non avrai trovato una pizzeria che ti soccorra nei momenti di difficoltà, carestia e disorganizzazione alimentare.
Trovare un pizzaro fidato è importantissimo. Ed è anche incredibilmente difficile. Prima di individuarlo – cosa che vi consentirà di affrontare la vita con maggiore serenità -, sarete costretti a masticare pizze gommose, pizze unte, pizze bruciacchiate, pizze crude, pizze col formaggio che puzza di piedi e pizze con su la rucola molle. È un processo ingiusto, triste e difficile – e anche problematico dal punto di vista digestivo -, ma non potrete in alcun modo sottrarvi all’imprevedibilità degli ESERCENTI in grado di consegnare cibo a casa vostra. E a nulla servirà chiedere consiglio ai vostri amici. Ameranno, immancabilmente, un pizzaro che a voi farà schifo all’anima.
Dopo due felici anni trascorsi a quarantacinque secondi di distanza – scale del condominio comprese – da una pizzeria napoletana con forno a legna e certificazione DOCGTOPSTRAFAV elargita da San Gennaro in persona, mi sono trasferita non lontano dalla Darsena. Che è bella, per carità. Tutta piena d’acqua e di papere grasse, super riqualificata e brulicante di vita, ma completamente priva di pizzari collaudati e fidati. Da un anno e passa – malgrado i nostri sforzi -, viviamo quindi nella precarietà e nell’indecisione, in uno stato di SPIZZAMENTO che ci costringe, di volta in volta, ad accontentarci di pizze sub-ottimali o a lanciarci in esperimenti immancabilmente fallimentari.
Partendo da questi presupposti, lo sbarco di Domino’s Pizza a Milano non è stato per me fonte di particolare consolazione.
Capirai. M’è proprio cambiata la vita. Che culo, la pizza con l’ananas. Festa grande. Sciaboliamo.

E INVECE.

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Domino’s Pizza, precisiamolo, non m’ha regalato né soldi né viveri, ma sento comunque il bisogno di parlarne bene. Perché sono adorabili.
Tanto per cominciare, il sito è incredibilmente rassicurante.
Che puoi fare? Puoi scegliere delle pizze già assemblate per te – pizze normali, pizze estrose, pizze strambe, pizze comprensibili. Pizze, comunque, in un numero ragionevole. Non si sa bene il perché, ma le pizzerie che ti riempiono la cassetta della posta coi loro volantini (immancabilmente impaginati da un troll con la congiuntivite) hanno almeno centordicimila pizze diverse da proporti. Amici, sono troppe. Non le sapete fare nemmeno voi tutte queste pizze. Ma chi volete convincere? Fatene 6, ma provate a farle buone. Non ci serve una pizza con la besciamella, il tuorlo d’uovo, le quaglie intere e le crocchette di patate. È troppo estrema. Già è un miracolo trovare una margherita commestibile, figurati se mangio una pizza con su delle quaglie.
Comunque.
Domino’s offre una ragionevole selezione di pizze serene e normali. E ti permette anche di creare la tua pizza. Ma in una maniera flessibilissima. Ti piacciono due robe che, insieme, farebbero obiettivamente ribrezzo? Che problema c’è. Puoi chiedere a Domino’s di cospargere di olive la metà sinistra della tua pizza e di imbottire la metà destra di salame piccante. Se non te ne frega niente, invece, puoi anche esigere che ingredienti di ventisei tipi diversi vengano distribuiti a pioggia sulla superficie complessiva della tua pizza.
La faccenda veramente bella, però, è il tracker. 
Domino’s ci mette un quarto d’ora spaccato a portarti da mangiare. E tu sai esattamente che cosa diamine sta succedendo al tuo cibo. Verrai informato sulle condizioni funzional-materiche della tua pizza – la stiamo impastando, la stiamo cuocendo, la stiamo analizzando per capire se è tutto a posto – e saprai anche chi è che se ne sta occupando. Fabrizio, io non ti conosco, ma volevo dirti che m’hai sempre preparato delle pizze buone. Grazie, Fabrizio. Io non so chi sei, ma sento di volerti bene. Fabrizio, ti abbraccio. Sei il mio pizzaiolo. Viva Fabrizio.

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Alberto, pure tu mi stai simpatico. La consapevolezza del tuo arrivo – in un preciso momento della storia – mi ha permesso di raccattare in tempo i bicchieri e i tovaglioli, superando con successo quella fase di panico e disorganizzazione che travolge gli abitanti di una casa tra il suono del campanello e l’effettivo arrivo della pizza. È come se nessuno credesse mai che la pizza sta arrivando davvero. Te ne freghi finché non ti citofonano e, in quel momento – e solo in quel momento -, t’accorgi che non ti sei lavato le mani, che ti scappa la pipì, che hai perso il portafoglio, che hai il gatto che dorme sul tavolo e che Amore del Cuore sta cantando sotto la doccia. Con Alberto, nulla di tutto questo accadrà più. Alberto è partito alle 20.25: prepariamoci ad accoglierlo.

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Sono in pace, gente.
Ho trovato la mia pizzeria.
Non saranno napoletani veraci che cantano serenate alle mozzarelle di bufala, ma non potrebbe stracciarmene di meno. Ho Fabrizio, Alberto e un casino di certezze… crosticina croccante compresa.
Un giorno, magari, Domino’s avrà anche la bontà di spiegarmi per quale motivo i suoi cartoni hanno quella forma bizzarra. Deve sicuramente esserci una ragione interessantissima e lungimirante. Nel frattempo, salutatemi Fabrizio. E dategli un aumento.