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E’ una bella giornata, c’è il sole e il resto. Il tipo di giornata che ti fa pensare che va tutto bene. La giornata sbagliata per questo, sbagliata per noi che siamo stati insieme quando pioveva sempre, dal 5 ottobre al 12 novembre. Ma adesso siamo a dicembre e il cielo è limpido e mi è tutto chiaro. Ti dico perché ci siamo lasciati, Ed. Te lo scrivo qui, in questa lettera, tutta la verità del perché è successo. E la stramaledetta verità è che ti ho amato tantissimo.

Daniel Handler, “Perché ci siamo lasciati”
Salani Editore

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Daniel Handler di solito va in giro a dire di chiamarsi Lemony Snicket e gli piace tantissimo far succedere cose agghiaccianti agli orfanelli. Orfanelli che non solo soffrono, ma vengono anche presi per mitomani per un buon tre quarti dei tredici libri che li vedono protagonisti. Loro e quel gran bastardo del Conte Olaf. Ma non siamo qui per compiangere i poveri fratelli Baudelaire, anche se si meriterebbero tutta la nostra solidarietà… dall’alba al tramonto. Siamo qua perché Lemony Snicket ha scritto 360 pagine di croccantissimi spezzamenti di cuore. Spezzamenti di cuore che vi faranno ricordare tutte le vostre disgrazie, ma al momento giusto… perché adesso è tutto passato e ci potete quasi ridere sopra. Per dire, a me sono tornate in mente centoseimila cose spiacevoli che cerco di dimenticare da quasi un decennio. Ma che cosa capita, in questo libro che vi farà preoccupare molto e sperare di aver bruciato tutte le vostre fotografie del liceo?
Succede che c’è Min che mette tutti i ricordi della sua storia con Ed dentro a un grande scatolone e va a scaricarglielo davanti alla porta di casa.
All’apparenza, Min non ha niente di speciale. Anzi, sa un po’ troppe cose per essere una ragazza popolare. È fissata col cinema e con i vecchi film, beve caffè con panna e tre cucchiai di zucchero e le piacerebbe fare la regista.
Ed è un bellone, vicecapitano della squadra di basket – con relativo stuolo di ragazzine che gli tirano dietro le mutande di pizzo – e una mandria di amici che si sbronzano ai falò post-partita e ruttano in coro la Nona di Beethoven.
Ed e Min sono sbagliatissimi, insieme. Non hanno niente in comune. Ed non capisce le battute di Min. A Min fa schifo il basket e ha sempre pensato che la cosa più triste del mondo sia andare sulle gradinate a vedere il proprio fidanzato che cerca di fare canestro. Eppure, c’è dell’eppure. Una sera Ed arriva – senza invito – al compleanno del migliore amico di Min e, tra una torta al cioccolato troppo amara per essere mangiata e un paio di birrozzi – che Min svuota nell’erba perché le fa schifo pure la birra – finisce a bigliettini con “Non riesco a smettere di pensare a te” e ciao, è amore. ADDIO.
Il libro è fatto di tutto quello che Min si ricorda di lei e di Ed. Di tutto quello che è successo nella loro storia-meteorite e delle cose che le sono rimaste in tasca, o nella borsa o nel cuore in quel breve periodo passato insieme. Ogni oggetto che Min restituisce – un cappotto comprato in un negozio di seconda mano, i biglietti del cinema del loro primo appuntamento, degli assurdi tagliauovo cubici, roba così – si trasforma in una spiegazione del perché è tutto finito. E finisce per qualcosa che tramortirà sia Min che voialtri. E ci rimarrete male. Malissimo. Perché dopo un po’ ci crederete anche voi, che magari le cose potrebbero aggiustarsi. Che tutto quel super-amore non andrà davvero a farsi benedire.
Il libro è accompagnato – anzi, è più che accompagnato – dalle bellissime illustrazioni di Maira Kalman, che ci fa vedere tutto quello che Min ha buttato nella scatola, capitolo dopo capitolo.

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Insomma, indipendentemente dal livello di felicità delle vostre adolescenze, fatevi del male con Ed e Min. Sarà un esercizio salutare. Vi farà venire in mente tutto quello a cui siete sopravvissuti. E sarete contentissimi di non doverne più sapere niente. Anche se, a voler proprio essere sinceri, ci saranno anche molti stomaci pieni di farfalle che avevate dimenticato… e torneranno a galla anche quelli. Che poi, quegli stomaci lì, erano anche un po’ il motivo di tutta la fatica che avete fatto.