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Margaret Atwood

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La saggistica è un universo multiforme in cui torno a intermittenza a rifugiarmi. È un invito ad esercitare la curiosità e un felice calderone sfaccettatissimo in cui ogni più che legittima fissazione può trovare espressione, dimora e spazio per afferrarci. È con questo spirito – e con la solita disposizione avventurosa – che ho accettato ben volentieri l’invito a compilare questa piccola guida di lettura che spero possa ispirarvi a scandagliare il catalogo Aboca, meravigliandovene quanto me – e pure di più, se vi va. Data la deformazione paleontologica della nostra famiglia, il primo incontro con questo editore va fatto risalire a Donald H. Prothero e ai suoi Fossili fantastici, ma non solo di giganti preistorici rocambolescamente riportati alla luce avremo modo di parlare.
Le edizioni Aboca nascono nel 2012 come una sorta di spin-off filosofico rispetto all’impegno produttivo dell’azienda-madre. Nel tempo, oltre a chiarire un preciso posizionamento valoriale, hanno saputo ospitare illustri punti di vista, divulgatori assai autorevoli e voci di spicco che animano con rigore il dibattito scientifico, ambientale e zoologico. Insomma, vocazione divulgativa e ricerca eclettica, pensandoci sempre come partecipanti attivi – e responsabili – alla vita del pianeta che ci ospita.

Cosa troverete qua?
Suggerimenti tematici per approcciarvi al catalogo Aboca e farlo entrare in pianta stabile nei vostri radar.
Procedo!


Animalini

Josef H. Reichholf 
Scoiattoli & Co. – Viaggio nel mondo del roditore più simpatico, veloce e parsimonioso

Vispi abitanti della natura più selvaggia ma anche degli spazi “addomesticati” delle nostre città, gli scoiattoli sono ottimi ambasciatori: li possiamo osservare con relativa frequenza e sono ormai diventati validi rappresentanti della commistione tra ambienti diversi. Oltre a presentarci i roditori che per vari incroci del destino si è trovato ad accudire, Reichholf ci offre, in questo libro, una panoramica accurata (e pure affettuosa) del “funzionamento” e del comportamento dello scoiattolo. Perché sì, sono innegabilmente carini, ma non solo di codine poffose vale la pena occuparsi.

 

Wendy Williams
La vita e i segreti delle farfalle – Scienziati, ladri e collezionisti che hanno inseguito e raccontato l’insetto più bello del mondo

Dall’epica migrazione delle monarca al lavoro pionieristico di Maria Sybilla Merian nel XVII secolo, dall’ossessione per la bellezza ai delicati equilibri dei nostri ecosistemi, Wendy Williams ci introduce al variopinto mondo delle farfalle servendosi efficacemente di una doppia chiave tematica: all’indagine entomologica (cos’è una farfalla, insomma?) si unisce una prospettiva storica fatta di scoperte, collezionisti maniacali, rivalità e titanici scontri teorici. Lepidotteri alla riscossa!

 

Rachel Carson
La vita che brilla sulla riva del mare – Le piante e gli animali che popolano i litorali rocciosi, le spiagge sabbiose e le barriere coralline

Biologa marina e antesignana della riflessione pubblica sull’ambiente, Rachel Carson ci accompagna alla scoperta di un luogo liminale: la costa. Frangia ibrida tra mare e terra, la riva ospita una varietà sorprendente di creature e vegetali che hanno sviluppato strategie uniche di adattamento e sopravvivono spesso in condizioni fragilissime. Quest’edizione – la prima per l’Italia – ospita anche la preziosa introduzione di Margaret Atwood.

 

Susanne Foitzik & Olaf Fritsche
Minimi giganti – La vita segreta delle formiche

Dovendo rispondere ai quesiti incalzantissimi dell’entomologo di casa – che ha cinque anni ma è comunque molto intransigente – non è il primo libro sulle formiche che leggo… ma si è senza dubbio rivelato il più curioso e piacevole. Oltre a renderci partecipi del come si studiano le formiche – tema per niente scontato -, Foitzik e Fritsche ce le presentano innanzitutto come abilissime costruttrici di reti “sociali”: non esiste formica senza una colonia e non esiste colonia che non assegni a ogni insetto un ruolo preciso, vitale al funzionamento complessivo della comunità. Come fanno a comunicare? Coma fanno a sapere, individualmente, cosa ci si aspetta da loro? Perché alcune specie hanno addirittura sviluppato la capacità di coltivare funghi? Ecco qua un buon posto per scoprirlo.


Ragazze sapienti

Due titoli per riavvicinarci al regno dell’umano, entrambi curati da Erika Maderna – che per Aboca si è occupata diffusamente di mitologia botanica e di storia “curativa”, mettendo in primo piano gli antichi saperi custoditi dalle donne in contesti più o meno accoglienti (o propensi a carbonizzarle al rogo).
Per virtù d’erbe e d’incanti e Medichesse riflettono sul ruolo delle donne in medicina, esplorando quel territorio ibrido tra conoscenza erboristica e ritualità, tra consapevolezza profonda delle proprietà “utili” della natura e dominio del magico.
Passando in rassegna piante emblematiche, strutture sociali, pregiudizi pervasivi e figure di spicco – immancabilmente bollate come indemoniate, soggetti devianti o temibili streghe da neutralizzare o ridurre al silenzio -, Maderna restituisce dignità e visibilità a uno spazio di autonomia femminile che per secoli ci ha viste protagoniste, spesso a carissimo prezzo.


Esplorazioni

Telmo Pievani & Mauro Varotto
Viaggio nell’Italia dell’antropocene – La geografia visionaria del nostro futuro

Corredato da mappe meticolosissime che tentano di descrivere un territorio che ancora non c’è – ma che promette di manifestarsi in maniera fin troppo solida -, Viaggio nell’Italia dell’antropocene è un dettagliato what if geografico: che aspetto avrà l’Italia del 2786 (mille anni dopo l’emblematico viaggio di Goethe nel nostro paese), se non faremo nulla per contenere gli effetti dell’attività umana sul clima del pianeta? Tra nuovi deserti, innalzamento delle acque e “zone climatiche” del tutto inedite, Pievani e Varotto immaginano una grande cartolina del nostro avvenire, sperando da un lato che esista ancora una casa dove poterla recapitare e, dall’altro, che ci sia ancora margine per mitigare il panorama ben poco incoraggiante che ci restituisce.

 

Jemma Wadham
Il mondo dove è bianco – Viaggio nelle terre dei ghiacciai tra allarme e stupore

Venticinque anni di ricerca sul campo – in condizioni a dir poco estreme – condensati in un volume che fotografa l’involuzione di una delle risorse più fragili e preziose del pianeta: il ghiaccio. Dalle calotte polari alle vette andine, Wadham sfata la percezione comune del ghiacciaio come massa inerte e “morta” per svelarci le meraviglie di questi ecosistemi impervi ma delicatissimi, vitali per la nostra sopravvivenza e più che mai da capire e, in ultima ma urgente istanza, da preservare.

 

Donald R. Prothero
La storia della vita in 25 fossili – Le meraviglie dell’evoluzione e i suoi intrepidi ricercatori

Siamo propensi a considerare l’evoluzione come un processo efficiente ed esatto, fatto di miglioramenti incrementali che appaiono ordinatamente per garantire a piante e bestie l’efficacia operativa necessaria a sopravvivere. Anche la storia della scienza ci viene di solito dipinta come un susseguirsi di eroiche rivelazioni e intuizioni vincenti… ma come funziona davvero? Prothero – geologo e paleontologo, nonché splendido divulgatore – prova qui a far collidere i punti di svolta evolutivi più rilevanti nel lungo percorso della vita sulla terra con la parabola niente affatto lineare della scoperta. Come? Raccontandoci 25 fossili “esemplari” che hanno rappresentato un bivio fondamentale sia per il mondo naturale che per la nostra capacità di comprenderlo.

 


Verde

Stefano Mancuso
Botanica – Viaggio nell’universo vegetale

A Stefano Mancuso e al suo approccio accessibile e curioso devo molto del mio interesse recente per le piante. Questo volume è lo scheletro di uno spettacolo multimediale nato con lo scopo di raccontarci il mondo vegetale come un’insieme di organismi sorprendentemente consapevoli e “attivi” – uno dei cavalli di battaglia tematici di Mancuso. Le piante comunicano, collaborano, decifrano le condizioni ambientali che le ospitano e si adattano di conseguenza, facendo leva su risorse estrose e sofisticate: un altro tassello accessibilissimo per imparare a considerare il “verde” come creatura viva e come potenziale motore di innovazione.

 

Patrick Roberts
Giungle – Come le foreste tropicali hanno dato forma al mondo e a noi

Troppo intricate per viverci o autentiche protagoniste di ogni era del nostro pianeta? Dalla comparsa dei primi fiori all’influenza che esercitano sull’atmosfera terrestre, le giungle e le foreste della fascia tropicale non sono semplicemente un posto interessante e scenografico dove scovare pennuti variopinti da ammirare nei documentari. Fra storia, botanica e zoologia, Robert si addentra nel fitto della vegetazione per offrirci una visione più completa del ruolo che la fascia tropicale ha esercitato nella traiettoria evolutiva della Terra e del nostro rapporto – non sempre equilibrato e ponderato – con le risorse naturali.

 

Zora del Buono
Vite di alberi straordinari – Viaggio tra le piante più antiche del mondo

Io, degli alberi illustri catalogati qui da Zora del Buono, ho visto solo il Generale Sherman, una sequoia di 2200 anni che supera gli 80 metri d’altezza. Di alberi ragguardevoli, però, al mondo ce ne sono parecchi… e non primeggiano solo per dimensioni. Ci sono vegetali scampati alla bomba atomica, piante-colonia che ridefiniscono il concetto stesso di albero o fronde che persistono dopo aver offerto riparo a regnanti, poeti e pensatori. Questo libro è il risultato di un viaggio lungo un anno – che replicherei assai volentieri – alla scoperta di piante che hanno a loro modo fatto la storia, trasformandosi in simboli di resistenza al tempo e in monumenti al potere rigenerativo della natura.


Aboca Kids

Felice novità? Felice novità: il catalogo Aboca si è recentissimamente arricchito di una collana nuova dedicata ai piccoli lettori e alle piccole lettrici.
Dagli illustrati di grande formato che fungono efficacemente da portabandiera per la categoria degli “atlanti” – come La fantastica avventura dell’evoluzione – ai volumi con una componente di divulgazione più marcatamente narrativa, la natura resta al centro, nelle sue molteplici declinazioni. Che si tratti di capire da dove viene quello che mangiamo – come nella versione per ragazzi del Dilemma dell’onnivoro di Pollan – o come distinguere a colpo sicuro una megattera da un capodoglio, Aboca Kids promette di diventare un ottimo punto di riferimento per assecondare le curiosità zoologico-botaniche delle piccole persone di vostra conoscenza… ma anche un po’ dei grandi – perché i libri ben pensati non conoscono confini anagrafici e l’ecosistema di Aboca è di certo accogliente.

 


Come concludere?
Tenderei a non farlo, invitandovi a esplorare ulteriormente – e seguendo le vostre più spiccate inclinazioni – il catalogo Aboca. Spero che questa lista possa rappresentare un punto di partenza utile e il primo passo per la coltivazione di una biblioteca naturalistica molto vispa e rigogliosa.
🙂

 

Dunque, che Margaret Atwood volesse tornare nel mondo del Racconto dell’Ancella un po’ si era già capito dal suo prezioso coinvolgimento nella produzione della serie tv, credo. Tenderei anche a non dimenticare le sue numerose e schiette dichiarazioni, che si potrebbero riassumere all’incirca così: dati i tempi che corrono, nemmeno il più distopico degli scenari può essere confinato in maniera inequivocabile nel regno dell’impossibile.
Tornando alla serie tv, in questa casa siamo riusciti a vedere solo la prima stagione – il “may the Lord open” qua ha funzionato e… diciamo che restiamo molto meno aggiornati di prima, sul fronte dell’intrattenimento audiovisivo -, ma mi è sembrata una valente trasposizione dello spirito e del “mondo” creato dal libro, con qualche pezzettino in più. La serie non è solo un compitino splendidamente svolto, ma una sorta di ponte verso un territorio inesplorato. Un’espansione credibile e coerente di quello che già c’era.

Ecco.

I Testamenti proseguono l’opera, librescamente parlando.
Già dal Racconto dell’Ancella sappiamo che Gilead non esiste più, ma non ci vengono offerti indizi o informazioni solide su come il regime finisca per sgretolarsi. I Testamenti sono una sorta di genesi del disfacimento. Anzi, alzano il velo su un lungo processo di decomposizione che, ad un certo punto, si fa irreversibile, perché troppo ha offeso lo spirito umano e troppo ha richiesto ai suoi stessi esecutori, burocrati e carnefici.
C’è un punto di innesco, in ogni reazione a catena capace di demolire un intero ordinamento. E I Testamenti si muovono nell’arco temporale di chi, più o meno intenzionalmente, ha acceso la miccia.

Il libro è ambientato 15 anni dopo l’Ancella e – senza spoilerare (quel che leggerete qua, a livello di “fatti”, è quello che scoverete senza particolare difficoltà nelle prime pagine) – è costruito grazie a una combinazione di tre voci. Un personaggio affida a un manoscritto le proprie memorie, mentre le altre due narratrici ci restituiscono la loro testimonianza grazie all’espediente della registrazione “ritrovata”. Il risultato è un intreccio a orologeria che, saltando da una voce all’altra, ci fa piombare nelle profondità di Gilead e riesce anche a ricordarci, molto nitidamente, perché ci sono venuti i brividi la prima volta.
Ma cos’è, allora? Una specie di loop basato sull’auto-citazione?
No. Anzi.

L’Ancella ci mostrava una transizione.
Il mondo “normale” che diventa Gilead.
Donne che vengono estratte da un contesto per noi riconoscibile – da uno stato di diritto che può somigliare al nostro e da una quotidianità non distante da quella che ci è vicina – per essere riconvertite ad Ancelle, Mogli, ingranaggi del sistema. Donne che ricordano come si viveva prima. Donne che hanno subito una riprogrammazione violenta di ogni certezza, libertà e margine di manovra.
Ebbene, nell’Ancella abbiamo visto come queste donne venivano utilizzate per sfornare in serie nuovi cittadini di Gilead, ma nei Testamenti scopriamo che cosa succede a questi bambini. Anzi, a queste bambine, per forza di cose prive di punti di riferimento alternativi.
Come cresce una bambina a Gilead?
Che cosa ci si aspetta da lei?
Qual è il sistema di valori che dovrà assimilare?
Quali saranno le tappe della sua vita?

Se l’Ancella era la cronaca di una “sovrascrittura” forzata – se vogliamo far finta che la testa, il corpo e il cuore di una persona siano un supporto informatico già pieno di dati, convinzioni e costrutti radicati -, Testamenti sono, in parte, la storia di una materia vergine che incontra un totalitarismo teocratico.

La scelta delle tre voci, in questo senso, è emblematica. E ci offre anche uno spaccato alternativo di un personaggio tra i più detestabili e cruciali dell’Ancella – anche qui, non spoilero nulla che non vi dica già lei quasi all’istante.
La prima voce, infatti, il vero “testamento” del libro, in un certo senso – perché è l’unico che viene redatto con una qualche programmaticità e slancio verso i posteri -, è quella di Zia Lydia.
La seconda voce è quella di un’adolescente di Gilead, figlia di un Comandante e di una Moglie che molto la ama ma che poco potrà proteggerla.
La terza voce, speculare alla seconda, è quella di una ragazza canadese che vive nel mondo ancora libero e che osserva Gilead dall’esterno.

Le tre donne sono legate da un filo che un po’ appartiene alla matassa del destino e parecchio dipende da una scelta deliberata, dalle molte facce di una medesima menzogna.
Indipendentemente da cosa succede e dalla solidità della tensione narrativa – non so cosa capiterà a voi, ma io mi sono sparata tutto il romanzo alzandomi una volta sola per andare a prendere due biscotti, quindi tenderei a dire che no, di momenti di fiacca non ce ne sono – ho apprezzato profondamente la possibilità di esplorare Gilead imboccando sentieri poco battuti.
Nell’Ancella sapevamo che c’erano le Zie. E basta. Da dove vengono? Come possono continuare a campare, sapendo di essere quello che sono? Come possono sopportare il ruolo che sembrano rivestire con tanto zelo?
Ebbene, benvenuti nel mondo delle Zie – e nella testa di Zia Lydia.
Ormai anziana e prossima al raggiungimento di uno status quasi mitologico, all’interno di Gilead, Zia Lydia è un enigma di raro fascino. Banalità del male? Nella sua lungimiranza e nel suo acume – e pure nel suo spiazzante senso dell’umorismo – c’è ben poco di banale. È una vittima che disegna la sua prigione… e lo fa con un talento fuori dal comune. Credo sia diventata uno dei miei mostri letterari preferiti.

E le ragazze?
La nostra amica canadese è un ingranaggio utile, ma è Agnes che ci riporta alla quotidianità di Gilead. Grazie a lei ci rendiamo conto, tra le altre cose, che il mondo delle “donne rispettabili” – che esclude le Ancelle, quindi – è forse ancora più ristretto, crudele, innaturale e strumentale di quello che DiFred è riuscita a mostrarci. Quel che scopriamo, però, è che il rancore è un sassolino che può increspare anche il più vasto dei laghi. E che, nonostante tutto, esistono reti di salvataggio che somigliano molto a bug di sistema ben collaudati.
La faccenda “stupenda”, però, è che nessuna scappatoia riesce a sembrarci consolatoria. È un romanzo che riflette (anche) sulla natura del potere, sui compromessi fatali e devastanti che il caso o la volontà ci costringono a stringere quando sappiamo di non avere, di fatto, nessuna arma a disposizione. E l’orrore sta anche lì. Nel dover manovrare all’interno di un angolo di irrilevanza assoluta nel disegno del mondo, perché non è un mondo che ci interpella o ci ritiene capaci o degne di decidere da sole. E, nel caso di Gilead, potrebbe sembrare una questione di fede.
Ma la fede è, ovviamente, un mero pretesto. Uno dei tanti.
Nel disegno divino non credono i Comandanti come non ci credono le Zie, non ci credono le Mogli e non ci credono gli Occhi. Ogni disegno che possa giustificare un meccanismo di sopraffazione e la creazione artificiale di un privilegio, di una nuova “catena alimentare”, di una forma di assolutismo può essere spacciato come disegno divino, con i giusti accorgimenti. E da dove si comincia? Occultando la conoscenza. Distorcendo i fatti. Ridisegnando la realtà per eliminare ogni spiraglio, cancellando la possibilità di immaginare un’alternativa. Crescendo le nuove leve in un mondo dove l’orizzonte non è una linea immaginaria che si sposta man mano che esploriamo e impariamo, ma qualcosa di solido. Forse è questo quello che mi terrorizza di più, sia nell’Ancella che nei Testamenti. La prospettiva di dover vivere all’interno di un dogma vuoto, fittizio, strumentale. È l’impossibilità di accedere a una narrazione diversa che ti sottrae la possibilità di sospettare anche solo lontanamente che questa narrazione diversa ci sia, in qualche modo. E il ciclo si auto-alimenta, man mano che la capacità di dubitare si diluisce.

Mi sono dilungata?
Mi sono dilungata.
In estrema sintesi? È bellissimo. Margaret Atwood non aveva bisogno di soldi. Aveva davvero dell’altro da dire. E quel che dice continua ad essere prezioso e terribile.

Concluderò poco onorevolmente con due parole: ZIA MAYBELLINE.
Ah, un’altra cosa. Esaminate bene la copertina di Noma Bar (quarta compresa). È molto meno minimal di quel che sembra.

*

I Testamenti è uscito In italiano per Ponte alle Grazie con la traduzione di Guido Calza. Leggetelo, che almeno ne parlo con qualcuno. Sto esplodendo. Manco con Endgame ho patito tanto.

Il titolo di questa rubrica mi fa molta tenerezza. È quel “weekly”, proprio. Ma magari fosse una rubrica WEEKLY, signora mia. Magari, accidenti! Nonostante la scarsa periodicità dell’impresa, però, le mie brame e i miei desideri sono solidi e duraturi. E qui ci sono le ultime cose che ho scovato e amato. E che vorrei ardentemente nell’armadio, nella scarpiera o, più in generale, nella mia vita.
Come di consueto, può capitare che ci siano aggeggi che ho scoperto, apprezzato e scelto grazie alla solerte sollecitazione di un ufficio stampa o di un brand. Li trovate segnalati con un agile *.
Procediamo?
Procediamo, orsù!

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Una delle missioni di quest’estate sarà il rinnovo del parco-costumi. Perché non ho praticamente più materiale per riempire il pezzo sopra e tutti i bikini che possiedo sono ormai impraticabili. Per consolarmi della dipartita penso irreversibile della mia terza abbondante, ho deciso di dedicarmi con attenzione anche ai parei, ai caftani scenografici da nobildonna della Versilia e alle ciabattine. L’ambizione massima sarebbe l’abbinamento costume-pareo-ciabatta da declinarsi sull’intero guardaroba spiaggiaiolo. Non so se ce la farò, ma voglio crederci. Anche perché, facendo amicizia con Scholl*come forse avrete già avuto modo di vedere – ho scoperto lo sterminato universo delle Bahia. Ci sono centomila colori diversi (molto allegri e saltellanti), sono comode, sono leggerissime, hanno la magica suola Bioprint (come molte altre scarpine della collezione) e pure i laccetti regolabili. Inizierei da quelle rosse. Poi vediamo come si mette.

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Altra missione estiva di importanza quasi intergalattica: la sporta di paglia. Perché tutte le sporte di paglia che piacciono a me costano minimo cento euro? Non mi pare normale. Sono belle, va bene, ma è pur sempre paglia. Capisco il valore dell’handmade, ci mancherebbe, ma cento bombe per della paglia mi pare comunque un po’ eccessivo. Mi sto dunque dedicando a puntigliose ricerche, nel tentativo di individuare commercianti di accessori non vergognosamente esosi ma comunque in grado di sfornare borse piacevoli, solide e pratiche. Le meravigliose ragazze di Vita su Marte hanno già fatto un pezzo del lavoro, rivelando al mondo l’esistenza di La Petite Sardine, ma non voglio accontentarmi. Ed eccoci qua con Gioseppo. C’è un po’ di tutto, da Gioseppo – e i prezzi sono un po’ più alti, ma senza diventare inaccettabili. La rafia viene spesso combinata con nappine, intrecci e tessuti variamente annodati, ma anche rifinita con manici, bordi e chiusure in pelle (almeno all’apparenza). Insomma, ci sono borse di paglia-paglia e accessori di paglia che potrebbero funzionare bene anche per chi le ferie le ha ad agosto e deve comunque sciropparsi due mesi di caldo in città e brama una borsa non troppo spiaggiaiola o contadinesca, ma comunque estiva.

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Vecchi amici che continuano a fare cose belle: Le Palle. Mi è bastato un giretto allo stand al Salone del Libro per ricordarmi la genialità del progetto – e il suo inesauribile potenziale. Perché le menzogne che possiamo raccontare agli altri per renderci la vita meno insopportabile sono praticamente infinite. Sto pianificando l’acquisto della valente maglietta NON HO MAI NIENTE DA METTERMI, ma anche della gamma completa dei quaderni con le panzane lavorative (spesso dolorosamente web-related).

E visto che siamo in tema, vi segnalo con gioia anche l’apertura di un piccolo shop di cancelleria – anzi, di cose di carta, cose per scrivere e cose utili. Si chiama Pencil Panda e auguro loro ogni successo. Se il tema vi appassiona, date anche un occhio a questa listona.

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L’ESA, tra le altre cose, fa anche delle magliette adorabili (e molto minimal) con su i pianeti.

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Dunque, su Literary Emporium spenderei volentieri tutto quello che ho, ma sto cercando di razionalizzare. E iniziare da una spilla dell’Ancella mi sembra una buona idea (anche perché dovrò pur abbinare qualcosa di altrettanto incisivo alla mia felpa). Se vi sentite particolarmente refrattari all’autorità, poi, potete anche orientarvi sulla micro-collezione delle spillette distopiche.

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Che a Milano esista un negozio dedicato ai prodotti BIUTI coreani ormai lo sanno anche le lucertole dell’isola di Pasqua. Si chiama Miin ed è in Corso Magenta, più o meno. Sono andata a farci un giro per l’evento di apertura e ho cercato di assimilare più nozioni possibili, nella speranza – che mai morirà – di trovare il modo di migliorare la mia faccia. Non ho avuto il tempo, purtroppo, di farmi costruire una BIUTI RUTIN coreana personalizzata, ma ho esaminato con perizia gli scaffali e mi sono fatta spiegare lo spiegabile. Partendo dal presupposto che avrei bisogno di tutto, ho però deciso di concentrare i miei desideri – per il momento – sulla famigerata e pluripremiata Beauty Water di Son & Park. Perché? Perché riempirebbe, in effetti, una lacuna. Io la faccia me la lavo, la mattina, ma una specie di tonico da passare per preparare la pelle al trucco e alle altre creme e cremine non mi pare una cattiva idea, soprattutto se promette anche di esfoliare e uniformare un po’. Quanto costa? Un botto. Ecco perché è qua in wishlist e non nell’armadietto del bagno.

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Sono andata a vedere Jurassic World – Il regno distrutto. Il film è un po’ un pastrocchio, secondo me, ma in questo momento abbiamo altre priorità. Perché là fuori esiste un pacco formato famiglia di Lego Brick Headz con Owen e Blue. E per constatarne la magnificenza non ci serve essere spettatori pensanti e/o critici. Basta aver visto i video di Owen che si aggira per la nursery dei velociraptor. LEGATEMI ALL’ALBERO MAESTRO E TURATEMI OCCHI E ORECCHIE. HO BISOGNO DI QUESTI COSINI.

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Avrò desiderato a sufficienza? Giammai, lo ben sappiamo. Ma per questa settimana direi che possiamo concludere. Felice sfondamento di salvadanai a tutti quanti!

Quest’anno mi sarebbe piaciuto leggere di più, ma si fa quel che si può. In realtà, anche negli anni in cui sono riuscita a leggere “tanto”, sono comunque arrivata alla medesima conclusione. Mi sarebbe piaciuto leggere di più. Chissà se un giorno avrò mai la sensazione di aver finalmente letto abbastanza. Spero di no.
Comunque, tra un infante che cresce e una riorganizzazione radicale della mia esistenza, ho anche avuto la fortuna di imbattermi in diverse opere narrative – più o meno disegnate – che mi hanno donato incredibili soddisfazioni, per motivi diversi. La trama, la lingua, l’intreccio, il divertimento puro, il messaggio, i temi. Un libro può farti dire “ma guarda un po’ che bello” per parecchie ragioni. Qui ci sono i miei preferiti del 2017 (non necessariamente novità del 2017), con dei mini perché a sostegno di tanto entusiasmo e qualche link di approfondimento per i titoli che ho già affrontato in un #LibriniTegamini o in una recensione. Che se una roba mi piace è probabile che mi sia già venuta voglia di dire qualcosa.
Forse li avrete già letti anche voi. O forse no. In quel caso, fateci un pensiero.

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 Marjorie Liu & Sana Takeda
Monstress – Vol. I e Vol. 2
Traduzione di C. Libero, A. Di Luzio

Monstress mi ha ricordato perché alle superiori ero così fissata con i manga e con Final Fantasy. Quest’anno ho letto i primi due volumi della serie (usciti nella collana Oscar Ink di Mondadori a distanza di qualche mese l’uno dall’altro) e sono rimasta ipnotizzata dalla meraviglia del disegno, dalla ricchezza ed estensione dell’universo fantastico raccontato (originalissimo) e dalla trama felicemente ingarbugliata. Altro aspetto positivo: eroine cocciute, devastanti e mega potenti EVERYWHERE. Più una vasta schiera di gatti parlanti e mostri coi tentacoli che non si ricordano più chi sono.

Il #LibriniTegamini abita qui.

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Gianluca Morozzi
Radiomorte

Una famiglia felice e famosa – paladina dell’autorappresentazione e del successo posticcio – viene invitata per un’intervista in una scalcagnata radio di provincia. Ad un certo punto, però, le porte dello studio si chiudono. E la DJ annuncia ai Colla che, al termine della giornata, uno di loro non uscirà vivo da lì. Un romanzo che non si riesce a mettere giù, pur scorgendone le super esagerazioni narrative e il ricorso ad ogni possibile declinazione del grottesco. Architettura favolosa, mille segreti ORRENDI da scoprire, scelte impossibili, umanità che fa schifo e angoscia a palla.

Il #LibriniTegamini abita qui.

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Chimamanda Ngozi Adichie
Quella cosa intorno al collo
Traduzione di Andrea Sirotti

La Adichie è una donna portentosa… e anche i suoi racconti non scherzano. Quella cosa intorno al collo è una raccolta di storie femminili che parlano di spaesamento (in bilico tra la Nigeria e gli Stati Uniti), di aspettative disattese, ostacoli pratici, dolorosi compromessi e ricerca della felicità. Una galassia di protagoniste accomunate dal bisogno di liberarsi da un onnipresente groppo in gola… o dalla necessità, spesso disperata, di imparare a convivere con la consapevolezza di non aver ancora trovato il proprio posto (sempre che un posto per loro esista).

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Margaret Atwood
The Handmaid’s Tale

Una distopia potentissima ed estrema che è pure diventata una serie TV (che espande il mondo della Atwood “allungando un po’ il brodo” ma rispettando splendidamente lo spirito del romanzo). Raramente mi è capitato di inorridire a tal punto di fronte alle coercizione e al tramontare della libertà raccontate in un libro. Architettura della Repubblica di Gilead a parte, quello che ho amato ancora di più (e che mi ha fatto anche molta paura) è la ricostruzione di come si arrivi all’instaurazione del regime. Le Ancelle diventano Ancelle. E una società intera si riconverte in nome di un’ideologia che, sulle prime, sembra troppo incredibile per essere presa sul serio dal mondo che sta per stravolgere. È una storia di identità perse e ritrovate, di tenacia, di ribellione e di sopravvivenza. È un libro che racconta un potere schiacciante e lo sforzo titanico che serve per ricordarsi, in una situazione estrema, che cosa ci rende umani.

Visto che siamo in tema, ecco qua il post che avevo scritto per Ragazze elettriche di Naomi Alderman, altra lettura assai thought-provoking di quest’anno.

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Matthew Weiner
Heather, The Totality 

Da grandissima fan di Mad Men, mi sono precipitata a leggere il primo romanzo di Matthew Weiner piuttosto istantaneamente, senza sapere bene che cosa aspettarmi. Heather, più di tutto – in italiano disponibile nei Supercoralli – è un romanzo breve ma incredibilmente denso e “centrato”. La storia è quella di una coppia di quarantenni – proiettati per direttissima verso gli agi di Park Avenue – che si sposano un po’ accontentandosi e un po’ sopravvalutandosi a vicenda. La nascita della desideratissima figlia Heather sconvolgerà gli equilibri, trasformando la bambina nel centro del loro mondo – ma anche nell’oggetto di un’incomunicabilità crescente, fatta di piccole meschinità quotidiane e dalla necessità di ostentare costantemente il proprio status e la propria artificiosa felicità. Sullo sfondo, una presenza inquietante, instabile e del tutto estranea si farà inesorabilmente strada verso i quartieri alti di Manhattan. Un piccolo gioiello di intrigo psicologico-familiare, rapidissimo da leggere, splendido nell’alternanza dei punti di vista dei diversi personaggi, ben architettato (anche dal punto di vista della tensione, sempre percepibile e “viva”) e sorprendente nel finale. Matthew, scrivicene un altro.

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Jonathan Hickman & Tomm Coker
Black Monday – vol. 1
Traduzione di L. Fusari

Una graphic-novel visivamente gloriosa e assolutamente spiazzante per esplorare il legame tra sangue, soldi e potere. Una sorta di noir esoterico-finanziario ambientato tra Wall Street e le profondità dell’inferno. Incredibile, sia dal punto di vista “artistico” che da quello dell’intreccio narrativo.

Per approfondire, ecco qua la recensione più completa.

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Donatella Di Pietrantonio
L’Arminuta

Vincitore del Campiello – che bello quando i libri che se lo meritano vincono i premi importanti -, L’Arminuta è un romanzo di formazione strappacuorissimo e viscerale. Mi ha ricordato un po’ le atmosfere della Ferrante – anche se la storia è ambientata in Abruzzo e la narrazione molto più incisiva e “concentrata”. Per farla MOLTO semplice, la storia è quella di una bambina che crede di essere figlia di qualcuno che, in realtà, l’ha solo presa in prestito per poi riparcheggiarla sull’uscio di una famiglia sconosciuta e molto diversa – per mezzi ed estrazione – da quella che l’ha accolta. È un libro che si interroga sull’identità, sul valore dei legami più profondi e sul margine di manovra che ciascuno di noi ha sulle proprie radici. Una lingua meravigliosa e una protagonista che si meriterebbe un posto d’onore nella galleria delle bambine ribelli con qualche storia della buonanotte da raccontare.

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Laura Pugno
Sirene

Dunque, Sirene vince il Premio WTF dell’anno. È senza dubbio il romanzo più assurdo e a tratti disgustoso tra quelli letti nel 2017. Scomparso per lungo tempo dalle librerie e ora riproposto da Marsilio, Sirene è di difficile riassumibilità. Vi basti sapere che nel futuro distopico della Pugno le sirene esistono, sono buone da mangiare, somigliano a dei lamantini comatosi e suscitano brame erotico-gastronomiche dalle vastissime e ramificate conseguenze.
Non è un romanzo, è una FOLLIA.

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Mohsin Hamid
Exit West
Traduzione di Norman Gobetti

Tornata dal mare, ecco cosa scrivevo di Exit West: “Hamid esplora il tema della migrazione e della fluidità delle società globali attraverso una storia d’amore che nasce nel momento meno propizio, in un paese sull’orlo del baratro, spaccato da una guerra civile che spazzerà via ogni speranza di normalità. I due protagonisti, come tanti altri, scelgono di abbandonare il loro mondo per avventurarsi verso l’ignoto, attraversando clandestinamente una delle tante ‘porte’ che conducono verso un altrove incerto. È un romanzo prezioso, saggio e umanissimo… e sospetto sia anche la cosa più bella che leggerò quest’anno”.
Ecco, non mi sbagliavo. Leggetelo per capire meglio il nostro presente. E anche un po’ per sperare in un futuro migliore.

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E Cognetti? Cognetti non c’è perché quest’anno ha già ricevuto tutti i complimenti che potevamo fargli.

Bene. Corroborata dalla magra consapevolezza di aver almeno riordinato un po’ le idee, mi appresto ad affrontare un nuovo anno di letture auspicabilmente FAVOLOSE. Mi sembreranno sempre troppo poche… ma speriamo si rivelino stupefacenti come alcuni dei romanzi in cui mi sono imbattuta nel 2017. Spero possano servirvi da ispirazione. Ai prossimi Librini!