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Jeff Vandermeer

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Visto che la piccola lista di Adelphi sembra essersi rivelata utile, ho pensato di compilarne una anche per i tascabili Einaudi, che saranno in promozione al -25% fino al 10/3. Il compito è assai arduo, perché nei tascabili Einaudi c’è praticamente tutto lo scibile umano, compresi i classici irrinunciabili della narrativa più o meno contemporanea. Certa di fallire, dunque, farò del mio meglio per sintetizzare. E magari per scovare qualcosa di meno ovvio… anche se quando finisco questi elenconi mi viene sempre da dire “capirai che originalità”. Proviamoci lo stesso, però.
Alla pugna! (In ordine rigorosamente sparso, come da tradizione).

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Jeff VanderMeer, Trilogia dell’Area X

Sono tre libri difficili da classificare. O da spiegare. Su Amazon ci sono recensioni esilaranti. MA CHE TORRE? NEL PRIMO LIBRO C’È UN TUNNEL CHE VA NELLE PROFONDITÀ DELLA TERRA! LO CHIAMANO TORRE! C’È SICURAMENTE UN ERRORE DI TRADUZIONE! E invece no. L’Area X trasforma anche i concetti architettonici più consolidati… così come dovrebbe trasformare la nostra percezione della realtà. Il tascabilone (con la copertina curata da Lorenzo Ceccotti) raccoglie Annientamento – che è diventato anche un film di Alex Garland con Natalie Portman -, AutoritàAccettazione. Se siete in vena di esperimenti biologici, enigmi, parentesi metafisiche, cospirazioni e litorali misteriosi, mettetevi lo scafandro e partite.

[Qui il mio post originario sulla Trilogia].

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 Stefania Bertola, Romanzo rosa

Un romanzo che consiglio SEMPRE per una ragione semplicissima: è un piccolo gioiello di comicità. Una signora di mezza età – dalla vita non particolarmente movimentata – decide di iscriversi a un corso che promette di insegnare a sfornare un romanzo rosa “regolamentare” in una settimana spaccata. L’insegnante è una blasonata autrice di “Melody”e la classe è composta da individui piuttosto imprevedibili. Il libro racconta il corso e contiene anche un romanzo rosa che farebbe impallidire gli sceneggiatori di Boris. Ho riso tantissimo.

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Agota Kristof, Ieri
(Traduzione di Marco Lodoli)

Visto che con la Bertola si stava troppo allegri, direi di passare ad Agota Kristof – che non ha scritto solo La trilogia della città di K. Un libro che racconta la vasta disperazione di un uomo senza futuro, perché senza passato. Dopo aver reciso di netto – anzi, a coltellate – le sue radici, Tobias fugge per ricominciare da capo in un paese lontano. Lavora in una fabbrica di orologi e le giornate si srotolano, meccaniche, davanti a lui. A sostenerlo c’è un’unica speranza: Line, una donna a lungo immaginata che si trasformerà nell’ossessione definitiva.

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Francesco Piccolo, La separazione del maschio

Il narratore è un porco mascalzone. E si accoppia ripetutamente – con descrizioni pure piuttosto esplicite – a intervalli ravvicinati e regolarissimi con una moltitudine di donne diverse da sua moglie. Moglie che, comunque, ama teneramente e che non si sognerebbe mai di lasciare. Perché la sua giustificazione è un po’ questa: “ti adoro, ma sai… sono fatto così”. E il problema è che ci crede veramente. Il diario di un fedifrago spavaldo e sincero, per esplorare la coppia con gli occhi di un uomo dalla schiettezza disarmante – ma che si merita comunque dei gran calci in culo.

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Jorge Luis Borges e Margarita Guerrero, Manuale di zoologia fantastica
(Traduzione di Franco Lucentini)

Credo sia uno dei miei libri preferiti di tutti i tempi. È una specie di dizionario ragionato delle creature immaginarie, da quelle più note alle bestie mitologiche di nicchia. È una guida alla meraviglia e alle leggende che hanno sostenuto e affascinato i popoli di ogni tempo, dall’antica Grecia all’estremo Oriente. Vi siete sempre chiesti – tra le altre cose – che diavolo sia il CATOBLEPA di cui Elio canta le gesta? Ecco, qua c’è pure il catoblepa. Una gioia.

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Magda Szabó, La porta
(Traduzione di Bruno Ventavoli)

Le protagoniste sono due donne molto diverse. Una scrittrice con poco senso pratico e la signora non più giovanissima che viene assunta in casa come governante. Ermenec è spigolosa, riservatissima, severa e testarda. Ma è anche una donna capace di stringere legami assoluti e di accudire con l’affetto autentico di chi non si muove mai con un secondo fine. Il suo passato è impenetrabile, un po’ come il suo appartamento – con una porta che nessuno può aprire e che, sospettiamo, nasconda la storia vera della sua indole inflessibile.

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Philipp Meyer, Ruggine americana
(Traduzione di Cristiana Mennella)

Il sogno americano che rallenta fino alla paralisi, rapprendendosi come la ruggine che divora le acciaierie dismesse di Buell – Pennsylvania -, le saracinesche dei negozi chiusi, le giunture delle case-mobili in cui la gente va a vivere senza credere troppo nel futuro. Isaac, dopo aver passato anni ad accudire il padre malato – al contrario della sorella che si è rapidamente eclissata, per andare a star meglio da un’altra parte – decide di andarsene. Vuole raggiungere la California, ma il suo viaggio rischia di interrompersi ancor prima di cominciare: in un capannone dismesso, dove ha deciso di ripararsi insieme a un amico grande e grosso – ma non molto sveglio -, si imbatte in un gruppo di vagabondi poco raccomandabili. Che cambieranno irrimediabilmente la traiettoria della sua fuga.

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Kazuo Ishiguro, Quel che resta del giorno
(Traduzione di Maria Antonietta Saracino)

Di Ishiguro consiglio sempre Non lasciarmi – che è all’incirca il libro più triste mai scritto dall’umanità nel suo complesso, ma che amo moltissimo nonostante tutti i fazzoletti che servono per finirlo -, ma un altro splendido esempio di malinconia e illusioni perdute è anche Quel che resta del giorno. È la storia di un maggiordomo che ha fatto del dovere la sua unica ragione di vita. Dopo aver passato un’esistenza intera al servizio di un gentiluomo dalla condotta morale non proprio limpidissima, Stevens si prende una settimana di ferie – all’incirca la prima da quando lavora – e si avventura nel mondo esterno per un piccolo viaggio in Cornovaglia, viaggio solitario che gli darà il tempo di raccogliere le idee e di fare un bilancio degli anni trascorsi ad occuparsi fedelmente degli altri, mettendo sempre da parte quello che sentiva davvero e scopettando sotto al tappeto ogni frammento di verità che avrebbe potuto incrinare gli ideali di tradizione e di devozione assoluta che governavano il suo comportamento. Stevens, io sono sinceramente dispiaciuta per te. Però CHE DIAMINE.

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Nicola Lagioia, Riportando tutto a casa

Un romanzo di formazione e di promesse infrante, che racconta le due facce degli anni Ottanta – da un lato, quella di un’improvvisa prosperità economica e dell’ostentazione del benessere e, dall’altro, quella torbida della disonestà a viso aperto e della droga che lambisce con la sua lunga ombra un’intera generazione di giovani, inghiottendoli e trasformandoli per sempre. Sullo sfondo – ma mica tanto – una Bari agitata, paradossale e quasi sconfinata.

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David Foster Wallace, Il tennis come esperienza religiosa
(Traduzione di Giovanna Granato)

Ora, Roger Federer è tornato n.1 del mondo a 36 anni suonati. E ho capito che, prima che si ritiri, mi piacerebbe vederlo giocare dal vivo. Ce la farò? Non si sa. Mal che vada, però, mi rimarrà sempre il ritratto che DFW gli ha dedicato. Questo brevissimo librino, oltre al saggio su Federer, contiene anche una cronaca di un’edizione particolarmente emblematica degli US Open – e tutto l’amore di Wallace per uno sport che riesce a coniugare geometria suprema e follia, lotta e armonia delle forme.
Del tennis non ve ne frega una mazzafionda ma DFW vi affascina? Nessun problema, c’è sempre Wittgenstein: leggetevi La scopa del sistema.
Siete invasatissimi col tennis ma DFW non lo reggete? Nessun problema, c’è un premio Pulitzer che racconta la storia di Agassi: leggetevi Open.

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Marcello Fois, I Chironi

Allora, la saga della famiglia Chironi è un susseguirsi di sventure, cataclismi e sfide aperte alla malevolenza dei cieli, ma è anche uno straordinario spaccato umano che racconta cent’anni di Italia (e di Sardegna) attraverso le vite travagliate e avventurose degli eredi di Michele Angelo (fabbro nuorese) e di Mercede (donna del destino). Questo librone contiene i tre volumi che compongono la trilogia: StirpeNel tempo di mezzoLuce perfetta.

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Fruttero & Lucentini, I ferri del mestiere

Un “manuale di scrittura involontario con esercizi svolti”, assemblato dai due autori in maniera quasi accidentale nel corso di una lunga militanza cultural-operativa. Si affrontano – con arguzia e puntiglio – generi letterari, questioni di traduzione, quarte di copertina e, in generale, l’arte e le tecniche funzionali alla creazione di un libro, sia come “opera” che come “oggetto commerciale”.

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Jonathan Littell, Le benevole
(Traduzione di Margherita Botto)

Un romanzo straordinario per ampiezza e precisione della ricostruzione storica e assolutamente agghiacciante a livello “psicologico”. Littell racconta – non so come – la storia di Maximilien Aue, ex ufficiale delle SS che, a guerra finita, si ritira nel nord della Francia per dirigere una rispettabilissima fabbrica di merletti. Uomo all’apparenza irreprensibile, Aue ha attraversato per intero gli anni del Nazismo, partecipando attivamente ai momenti più significativi della parabola bellica, dal fronte orientale alla battaglia di Stalingrado. Le benevole è la sua confessione, il suo testamento, la storia di un uomo che continua a vivere pur contenendo moltitudini di fantasmi e, alla fin fine, l’essenza stessa del male.

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Michele Mari, Roderick Duddle

Un altro romanzo che consiglio spesso con travolgente trasporto per la sua palese vocazione al puro divertimento, all’ingarbugliamento fantasioso dell’intreccio, al gusto per il fraintendimento, l’equivoco e il colpo di scena. Roderick è un bambino cresciuto in una locanda dalla dubbia reputazione. La madre, che all’Oca Rossa esercita con discreto successo il mestiere più antico del mondo, muore all’improvviso lasciandogli soltanto un medaglione, che si rivelerà – tra mille peripezie – la chiave che potrebbe spalancargli le porte di un futuro migliore. È un romanzo d’appendice, in pratica, e un omaggio alle avventure più belle della letteratura, con personaggi memorabili – Suor Allison! – e una lingua affascinante.

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Cormac McCarthy, La strada
(Traduzione di Martina Testa)

Ora, se la vostra intenzione è quella di apprezzare al meglio la versione “western” di McCarthy dovreste orientarvi su Meridiano di sangue. O sulla Trilogia della frontiera. Se invece siete in cerca di una storia universale di amore e sopravvivenza, di un romanzo che racconta il lungo viaggio di un padre e di un figlio in una landa desolata e se, incidentalmente, siete pronti ad aiutarli a portare il fuoco (piangendo come vitelli), forse vi conviene cominciare dalla Strada.

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Domenico Starnone, Lacci

Il potere narrativo delle corna è veramente strepitoso. Soprattutto se il romanzo comincia con l’invettiva di una donna molto incazzata e prosegue con “la versione di lui”. Una storia d’amore imperfetta e vera, che si fa strada in una trama di legami fittissimi che non possiamo spezzare – pur con tutto l’impegno del mondo.

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Michel Faber, Sotto la pelle
(Traduzione di Luca Lamberti)

Una ragazza – assai avvenente – guida per le Highlands scozzesi in cerca di autostoppisti da caricare sulla sua macchina. Non lo fa perché animata da un’indole particolarmente caritatevole, lo fa perché  gli autostoppisti sono buonissimi da mangiare – almeno per la sua specie. Un romanzo strambissimo, che svela poco a poco un mondo vasto e sconosciuto, fatto di travestimenti minuziosi, galassie lontane e sacrifici supremi per assicurarsi la sopravvivenza.
(E no, non ho visto il film con Scarlett. Ma mi sento di affermare che il libro è meglio).

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E niente, spero troverete qualcosa di bello da leggere. Se vi va, taggatemi un po’ dove vi pare e aggiungete l’hashtag #LibriniTegamini. Ho deciso che voglio collezionarli. Perché vale la pena ricordare gli incontri ben riusciti, che siano tra esseri umani e basta o tra esseri umani e libri.
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Archiviato il 2017 – che parecchie cose belle ci ha portato – è arrivato il momento di guardare al futuro. Perché il tempo sarà comunque poco, ma le ambizioni restano vaste. Ora, sicuramente verrò sorpresa in corsa da novità imperdibili che sconvolgeranno ogni mio progetto, ma ci sono un po’ di libri che so già di voler leggere. E, all’incirca, sono questi qua.

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Agnese Grieco
Atlante delle sirene

Mi è arrivato durante le vacanze di Natale e ho salutato l’evento agitando un arricciaspiccia verso il cielo. Da appassionata di creature mitologiche, iconografia del fantastico e leggende più o meno metropolitane, un Atlante delle sirene è una specie di sogno che riemerge dalle profondità del mare. Da Omero a Splash – passando per infinite declinazioni letterarie, musicali, artistiche e drammaturgiche -, questo saggio ricchissimo di immagini e aneddoti traccia una mappa super eclettica delle apparizioni sirenesche più emblematiche, risalendo alle origini del mito e decifrando per noi simbologie, trasformazioni e riferimenti culturali.

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Alex Alice
Il castello delle stelle
1869: la conquista dello spazio

Lo steampunk alla conquista dello spazio! Una graphic-novel (di formato piuttosto monumentale e ricca di tavole veramente strabilianti) per raccontare il viaggio un figlio alla ricerca della madre scomparsa durante una spedizione in mongolfiera verso gli strati più rarefatti dell’atmosfera, per verificare l’effettiva esistenza del misterioso etere. Siamo nell’Età del Progresso, dopotutto, l’epoca delle scoperte geografiche e delle avventure per mare e per terra. Perché non spingersi anche verso le stelle?

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Lev Tolstoj
La felicità domestica

Vorrei riprendere un po’ di slancio per tornare ad affrontare i MEGAROMANZONI russi. Perché, su quell’impervio fronte, mi sono proprio arenata. La felicità domestica dovrebbe tratteggiare il breve ma profondissimo ritratto di una coppia alle prese con i primi accadimenti della vita matrimoniale. Pare sia anche la storia di un progressivo allontanamento, dei cambiamenti che si verificano all’interno di un rapporto che transita inesorabilmente dalle gioie dei primi tempi felici fino a un’indifferenza insuperabile, passando per tutte le minuscole sfaccettature che caratterizzano le relazioni umane più complicate, dettagli che Tolstoj è sempre stato in grado di cogliere e di restituirci con una sensibilità devastante.   

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J. G. Ballard
Il condominio

Visto che l’ultima stagione di Black Mirror non è riuscita ad appagarmi particolarmente, ho deciso di farmi dare una mano da Ballard. Il romanzo è ambientato in un immenso condominio ipertecnologico – un mondo in miniatura, a tutti gli effetti – che, a causa di un blackout, diventerà teatro di una lotta per la sopravvivenza capace di sovvertire gerarchie sociali, norme del vivere civile e il concetto stesso di umanità. Una di quelle letturine distopiche lievi e rassicuranti, insomma.

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Leo Ortolani
Oh! Il libro delle meraviglie

Pochi esseri umani al mondo mi fanno ridere come Leo Ortolani. Ho amato molto Il buio in sala, la sua raccolta di recensioni cinematografiche – che ho comprato anche se le avevo praticamente già lette tutte sul blog – e ho già ordinato Oh!, perché le “Meraviglie della Natura e della Tecnica” che Ortolani ha sfornato nell’arco di vent’anni (e che ritroviamo in questo volume con l’aggiunta di parecchi inediti) me le sono effettivamente perse. Non vedo l’ora.

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Ursula K. Le Guin
The Lathe of Heaven

Un romanzo del 1971 – tradotto in Italia con il titolo di La falce dei cieli e, da quel che ho capito, abbastanza irreperibile – di un’indiscussa regina della fantascienza e del fantastico. Non ho mai letto nulla della Le Guin e sono molto curiosa di cominciare l’avventura. Il libro indaga il rapporto tra sogno, verità tangibile e potere attraverso lo “scontro” tra due personaggi: George Orr (un tizio che si accorge di sognare cose che poi diventano vere) e il dottor Haber, che intende utilizzare Orr per modificare la trama della realtà a suo piacimento.

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Paul Auster
4321

L’ho già iniziato. Ero curiosa, ma anche molto riluttante, visto che di romanzo imponentissimo trattasi. Sono però già molto felice di aver spazzato via i tentennamenti. 4321 racconta tutte le vite possibili di Archie Ferguson, nato nel 1947 a New York e destinato ad attraversare – nelle sue diverse emanazioni – il Novecento dei grandi eventi storici, delle grandi città e dei grandi movimenti… ma anche della più spicciola quotidianità. È la storia di un uomo comune, rappresentato simultaneamente mentre si sposta lungo quattro sentieri diversi che lo porteranno a vivere quattro vite altrettanto distinte, ma accomunate da alcuni affascinanti punti fermi. Un’opera monumentale e vivacissima che (e lo dico soprattutto per chi è intimorito dai libroni) scorre con grande naturalezza.
Una delle mie solite profezie, visto che con Exit West ci avevo visto giusto, l’estate scorsa: credo sia già un po’ il mio libro preferito dell’anno.

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Roberto Bolaño
Lo spirito della fantascienza

Ho rinunciato a orientarmi in maniera razionale nel mondo di Bolaño. Per cogliere ogni rimando, ogni citazione e ogni indizio che appare nelle sue storie, legandole le une alle altre, ci vorrebbe una specie di dottorato. Non ci riuscirò mai, ma non per questo i suoi libri smetteranno di affascinarmi. Lo spirito della fantascienza è stato scritto da un Bolaño non ancora trentenne e racconta, in un intreccio come al solito labirintico e ricco di divagazioni e ingarbugliamenti surreal-picareschi, l’iniziazione alla vita di un poeta ventunenne che, in quel di Città del Messico, condivide una stanzetta con uno scrittore agorafobico perennemente preda di allucinazioni, deliri e manie.

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Elizabeth Strout
Tutto è possibile

La farò breve. Lucy Barton mi era piaciuto. Cosa faccio, non leggo il “seguito”? Ambientato ad Amghast (Illinois), paese natale dell’aspirante scrittrice fuggita a New York lasciandosi alle spalle fratture difficili da saldare, il romanzo esplora gli effetti del tempo e delle illusioni sfumate sugli abitanti della cittadina, riportando anche Lucy – per la prima volta dopo quasi due decenni – nella casa di famiglia, insieme al fratello (trasformatosi in una specie di grosso bambino il cui unico scopo è preservare quel che era dei Barton) e alla risentitissima sorella Vicky.

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Michele Mari
I demoni e la pasta sfoglia

L’implausibilità dell’impresa mi appare già con molta nitidezza, ma I demoni e la pasta sfoglia è un testo quasi mitologico – e da lungo tempo praticamente introvabile. Il massiccio volume raccoglie una serie di saggi-ossessione che Mari ha dedicato alla tradizione letteraria che più ha influenzato e alimentato la sua ricerca narrativa. È una galleria di mostri, demoni, indimenticabili protagonisti, incubi ricorrenti e realtà deformate. Da Lovecraft al Richiamo della foresta, Mari costruisce un labirinto di rimandi e riflessioni, consegnandoci una lente per esaminare la struttura e le deviazioni imprevedibili del suo cammino di scrittore (e di lettore).

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Antoine Volodine
Terminus radioso

Una steppa contaminata dalle radiazioni nucleari di una Seconda Unione Sovietica prossima al collasso. Una pila atomica semisepolta governa la vita di un kolchoz sopravvissuto – il Terminus Radioso – abitato da un manipolo di superstiti che la radioattività ha variamente maledetto con una serie di doni quasi sovrannaturali. Un romanzo visionario e bizzarro che squaglia i confini dello spazio e del tempo per creare una specie di epica del disastro.

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Jeff Vandermeer
Borne

Il nuovo romanzo di Vandermeer, dopo la favolosissima Trilogia dell’Area X – se è garbata anche a voi, ci vediamo al cinema per Annientamento di Alex Garland. Anche qui, una misteriosa Compagnia biotecnologica governa una città in rovina, popolata da creature mutanti condannate alla pazzia o ad evolversi in modo imprevedibile. Il nuovo enigma è Borne, un grumo di materia verdognola destinato a diventare la chiave per decifrare i segreti più inconfessabili della Compagnia.
Il romanzo uscirà presto anche per Einaudi – con un’altra bellissima copertina di Lorenzo Ceccotti.

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Daniel Clowes
Patience

Un uomo arrabbiatissimo che cerca di salvare la sua storia d’amore. Viaggiando nel tempo. Non so nient’altro. Ma stiamo parlando di Daniel Clowes… e quindi mi basta.

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Adam Haslett
Imagine Me Gone

John viene ricoverato per una depressione inaffrontabile e Margaret, la sua fidanzata, deve decidere se “procedere” con il matrimonio – ora che conosce la malattia dell’uomo che ama e le potenziali difficoltà di una vita insieme. Margaret sceglie di sposarlo e Imagine Me Gone è la storia della famiglia che nascerà da questa decisione difficile ma fondamentale. La storia è raccontata da cinque narratori diversi – Margaret, John e i tre figli – e segue le peripezie del “clan” per decenni, esplorando gli effetti del dolore sulle persone che più ci stanno a cuore e interrogandoci su quello che saremmo disposti a fare per salvare chi amiamo, nonostante tutto.

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 China Miéville
Embassytown

Non so bene da dove provenga questo afflato fantascientifico, ma eccoci qua con China Miéville – uno dei “nuovi” maestri del genere – e con un pianeta alieno di nome Arieka, colonizzato dalla nostra specie in un remotissimo futuro. Gli indigeni parlano una lingua incomprensibile e strambissima. Solo pochi umani sono in grado di decifrarla (gli Ambasciatori), mentre altri vengono utilizzati dagli alieni come “vascelli” per convogliare concetti complessi e altrimenti inesprimibili. Ma gli intrighi politici infuriano, il nuovo Ambiasciatore rischia di incrinare il fragile equilibrio che lega le due comunità e il cataclisma è prossimo…
Sarà che mi è piaciuto Arrival, ma la faccenda del linguaggio e della comunicazione – al cuore di questo romanzo – mi intriga moltissimo. Facciamo amicizia, China Miéville. Vediamo che cosa succede.

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Gianluca Morozzi
Blackout

Tre persone rimangono intrappolate in un ascensore il giorno di Ferragosto a Bologna. Una studentessa che si paga l’università facendo la cameriera, un tizio che abita nel condominio e un sanguinario serial-killer che passa di lì quando ha una vittima da torturare nel suo pied-à-terre. Nessuno può sentirli. Nessuno riesce a comunicare con il mondo esterno. Nessuno può prevedere che cosa si sarà inventato Morozzi.

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Gonzalo Torné
Una relazione borghese

L’antefatto è favoloso: due coniugi vanno alle terme per salvare il loro matrimonio. Joan-Marc, il marito, ripercorre la storia della loro unione infelice rievocando le tappe fondamentali della sua vita “borghese”, riflettendo sul tempo – che deforma e incrina le nostre certezze -, sull’approssimarsi della morte e sul valore (crescente) dell’esteriorità. Una commedia dell’inettitudine e dell’incomprensione, una meditazione ironica e tagliente sulle relazioni umane, sul potere dell’autoinganno e sul fallimento che ci aspetta sempre al varco.
Allegria!

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John Williams
Augustus

Vogliamo fermarci a Stoner? Giammai! Perché John Williams ha scritto anche un romanzo storico – all’apparenza affascinantissimo – sul principato di Ottaviano Augusto, servendosi di un vasto e ramificato intreccio di documenti, trovate letterarie, epistole e diari. Perdonami, Alberto Angela. Ma non è che dell’antica Roma puoi scrivere solo tu.

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Virginia Woolf
Le tre ghinee

La prevenzione della guerra, un’università femminile, un fondo per supportare le donne che vogliono esercitare una professione. Tre “buone cause” che Virginia Woolf analizza in questo scritto, immaginando di aver ricevuto altrettante lettere che richiedono il suo ipotetico sostegno economico. Le tre ghinee, scritto all’approssimarsi del 1938 – e della guerra – è un’indagine sul potere e sul ruolo ricoperto dalla donna in una società che tende(va) a confinarla in una sfera limitata – e strettamente privata.

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Li leggerò? Non li leggerò? Ne leggerò altri e me li dimenticherò tutti? Mi scriverò la lista su un pezzo di carta e li depennerò con cura maniacale man mano che li affronto? Quanti me ne sarò dimenticati?
Non ne ho la più vaga idea.
Ma lo sforzo di progettazione, almeno quest’anno, l’abbiamo fatto.
Speriamo bene.
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Un tratto di costa disabitato da trent’anni.
Un confine invisibile che delimita una zona dove la natura è tornata a regnare indisturbata, generando un’anomalia capace di sovvertire le leggi della materia, del tempo e del ricordo.
Un’organizzazione governativa top-secret.
Quattro donne – una biologa, una psicologa, un’antropologa e una topografa – pronte a lasciare il “nostro” mondo per decifrare definitivamente il mistero dell’AreaX – nonostante il fallimento delle dodici spedizioni precedenti.
Un faro.
Un tunnel.
E voi lettori, che vi prenderete proprio benissimo.

annientamento

Per questo libro ho provato un amore istantaneo. Ne ho sentito parlare per la prima volta in casa editrice, lo scorso anno. C’è una riunione, ad un certo punto, che serve a spiegare a tutti quanti che libri usciranno in un certo periodo. Arrivano gli editor, distribuiscono un mucchio di fogli di carta e raccontano – a quelli che fanno un lavoro decisamente meno bello del loro – che cosa vogliono pubblicare. Sulla Trilogia dell’AreaX di Jeff VanderMeer si sono dovuti impegnare un casino. Un po’ perché VanderMeer, con la sua sterminata produzione di romanzi fantasy e fantascientifici, non è proprio un classico personaggio da Supercoralli, e un po’ perché la Trilogia è, senza dubbio, un serpeggiante oggetto non identificato. Vivo. Anzi, mutante. Nei mesi successivi, un po’ alla volta, mi sono letta tutti e tre i romanzi, stupendomi moltissimo per la costruzione icredibilmente precisa, per le complicatissime e grandiose stratificazioni della narrazione, per i millemila piani temporali e per la vasta e diffusa stramberia del mistero che mi ero trovata ad esplorare.

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L’edizione americana della Trilogia. Mi sembrava sufficientemente arrogante, ma ancora non avevo visto il Supercorallo.

Sono proprio superfelice, dunque, che Annientamento sia finalmente arrivato in libreria, devastando le gabbie grafiche einaudiane con un bombardamento di stelle marine fosforescenti, piante striscianti, conigli bianchi e faldoni pieni zeppi di documenti segreti. Il primo volume della Trilogia è uscito questa settimana, mentre AutoritàAccettazione si potranno leggere a giugno e a settembre. Non sono abbastanza colta per lanciarmi in dissertazioni sul New Weird – genere ibrido “inventato” da VanderMeer medesimo – o per produrre una saggia carrellata di illustri paragoni letterari, ma posso provare a trasmettervi tutto lo stupore e la gioia che ho provato nel trovarmi davanti a una storia così profondamente bizzarra e tentacolare. Annientamento è un romanzo fatto di metamorfosi inspiegabili e, allo stesso tempo, perfettamente plausibili – almeno all’interno di un mondo naturale che fagocita e “digerisce” tutto quello che incontra. È un romanzo in cui il senso di minaccia è costante, quasi come il bisogno fortissimo di scoprire la verità. È un libro in cui ogni personaggio diventa parte integrante del grande enigma dell’AreaX, dove ogni elemento – anche il più comune – diventa qualcosa di “altro”, incomprensibile e lontanissimo. Vi imbatterete in condizionamenti psicologici, menzogne, scienziati quasi pazzi, mariti perduti, taccuini e costruzioni sotterranee che compaiono all’improvviso sulla mappa. VanderMeer, particolare dopo particolare, costruisce un intero mondo, governato da leggi complesse e destinato a stravolgere la realtà che conosciamo.
Cioè, mica bricioline.

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Le copertine dei tre romanzi – tutti tradotti da Cristiana Mennella – sono state magicamente disegnate da Lorenzo Ceccotti. Se volete sentire che lavoraccio è stato, qua c’è il video-discorsone che Lorenzo ha preparato per me e per gli altri fortunati blogger e giornalisti gitanti (più Michela Murgia) che si sono precipitati alla presentazione della Trilogia in casa editrice, con tanto di Jeff VanderMeer (sommerso da gatti incredibilmente affettuosi ed espansivi) in collegamento Skype.

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Avevamo un maxischermo, milioni di cose interessanti da ascoltare e tutti i comfort possibili e immaginabili, ma uno dei momenti più memorabili ci è stato regalato dagli Annali della Storia d’Italia, trasformati in un versatile e sapiente tavolino.

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Se, invece, la faccenda del PVC trasparente vi ha dato dei pensieri e non siete troppo sicuri di aver capito bene, non vi resta che dare un’occhiata ad Annientamento. A denudarvelo ci ho pensato io.

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Per concludere – e per facilitare il vostro avvicinamento all’Area X, mentre aspettiamo che la Trilogia arrivi al cinema (come ci ha anticipato il buon VanderMeer) – mi sono sentita in dovere di compilare una breve lista di tutto quello che potrebbe spaventarvi a morte dopo aver terminato la lettura di Annientamento:
– i delfini
– i bruchi
– i vasi di fiori e la vegetazione nel suo complesso
– i vostri amici che han studiato psicologia e vi rivelano che l’ipnosi è una roba interessantissima
– il vostro analista
– le agende Moleskine
– la gente che grida e si lamenta (soprattutto se non potete vederla)
– la predica in chiesa (se già non vi fa paura)
– la burocrazia
– X-Files
– il giardiniere
– i funghi
– le spore
– il muschio
– le pareti umide
– la muffa
– i fari abbandonati
– il direttore generale del posto dove lavorate
– i sotterranei
– le scale
– l’orizzonte
– le grandi distese d’acqua
– tutto quello che al mondo c’è di fosforescente.

Spassatevela, caroni. E non preoccupatevi troppo: finché la spia rossa sul vostro scatolino non si accende, siete al sicuro.

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Grazie di cuore ad Einaudi per avermi fatta tornare a casa… almeno per una giornata.
Grazie a Canon per avermi permesso, ancora una volta, di fare delle foto sensate con la G7X.
E grazie ai librai che capiranno dove esporre Annientamento. Non mettetelo nella sezione del fantasy. Non mettetelo nella sezione fantascienza e nemmeno in mezzo ai romanzi per ragazzi. Pigliatene una pila alta così e piazzatelo davanti alla porta. Perché è lì che deve stare.