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Il mio amore per la cancelleria sta cominciando a produrre risultati imprevedibili. Adoro comprare quaderni bizzarri, adorabili blocchetti per gli appunti ed estrose biro dal tratto vagamente pennarelloso, ma non ci faccio mai niente. Le penne mi provocano scompensi minori, ma non c’è verso di convincermi ad aprire un quaderno BELLO e a scriverci dentro per davvero. Ho un’agenda “di servizio” che uso per annotare (A MATITA) gli impegni e la lista delle cose da fare, ma ho praticamente perso la capacità di tenere traccia di quello che mi capita o di scarabocchiare da qualche parte quello che vedo o quello che mi colpisce. Da piccola ero molto scrupolosa. Scrivevo tutto. Mi ricopiavo sul diario anche gli SMS che mi arrivavano, che con lo spazio che c’era sul 3310 mica si poteva andare avanti chissà quanto. Mettevo da parte i bigliettini, ritagliavo foto dalle riviste, immagazzinavo cartoline, catalogavo lettere e non buttavo neanche un disegno. Visto che non mi sentivo particolarmente padrona della situazione, cercavo di catalogare il catalogabile, sperando che – almeno sulla carta – le cose cominciassero ad assumere una forma vagamente comprensibile. Ora, nonostante l’accrescimento esponenziale della complessità delle mie giornate, percepisco un quaderno come qualcosa di decorativo e piacevole, più che come uno strumento in grado di aiutarmi a non prendere a capocciate il muro. Quello che continua a sembrarmi importante, però, è il bisogno di non dimenticare quello che, anche solo per un attimo, mi è sembrato speciale. E, visto che non riesco più a farlo con un quaderno vero, ho deciso di equipaggiarmi diversamente. Certo, adesso ho molti più strumenti per esternare le mie imprescindibili osservazioni e per collezionare quello che vedo, ma la sensazione è che l’universo sia vasto e che ci sia sempre qualcosa che mi sfugge. Un tweet di qua, una post su Instagram di là. E rimane comunque un gran casino. Le cose succedono, si accumulano, si disperdono e vengono dimenticate.
Ci vorrebbe un diario, ho pensato.
Ma un diario un po’ più realistico e maneggevole di quello che avevo da piccola.
Una sera, poi, il nostro amico Andrea ci ha fatto una foto. Avevamo mangiato, eravamo in giro e, in qualche modo, avevamo partecipato alla sua giornata. E siamo finiti nel suo diario. Belli tranquilli, così come eravamo. Curiosa come una bertuccia, mi sono fatta spiegare che cosa diamine stava facendo con il nostro prezioso ritratto… e ho scoperto Day One.

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Non mi pare un’app dal potenziale particolarmente rivoluzionario – è pure in giro da qualche anno -, ma mi è subito sembrata un’ottima invenzione.
A che serve?
Day One è fondamentalmente un diario. Le diverse entries si possono catalogare seguendo categorizzazioni pazze (dei sotto-diari, di fatto) o, semplicemente, creare e buttare dentro in ordina cronologico, lasciando alle label il compito di riordinare il mondo. Ogni contenuto può essere accompagnato da un piccola galleria di immagini – pescabili da rullino -, da un testo – io sono abbastanza laconica ma, volendo, uno può scriverci dentro anche Guerra e pace -, da un tag geografico – con tanto di meteo e temperatura – e da una serie di etichette che puoi inventarti a piacimento e che, fra mille anni, potranno aiutarti a ripescare quello che ti è successo.
Niente di clamoroso, insomma… ma Day One fa innegabilmente il suo sporco dovere. E mi sta regalando l’illusione di governare un po’ meglio il caos. Per ora mi sto solo divertendo a raccogliere ricordi quotidiani, ma potrei provare a inventare dei diari paralleli per gestire meglio – che ne so – quello che capita al lavoro, le menate burocratiche che ci devastano la vita – il 26 maggio hai stupidamente accettato di dare un milione di euro al tuo gestore telefonico, cretina! -, le avventure di Minicuore, una routine ginnica, la roba che leggo, i film che vedo.
E niente, tutto qua. Ve lo volevo dire. Il diario è l’invenzione più vecchia del mondo… e IL DIARIO SULLO SMARTPHONE non è sicuramente il miracolo del progresso moderno, ma mi trovo bene, che cosa devo fare. Sono una ragazza semplice. L’interfaccia di Day One mi capisce. Mi viene addirittura voglia di ricordarmi più cose, da quando uso Day One. L’ho pure pagata 4 euro e 99, questa strabenedetta app. Non compravo un’app dal giorno del mai! Che sta succedendo, mi sono rincoglionita all’improvviso o tutti quanti si ritrovano prima o poi a gestire abitudini diaristiche più o meno insensate?
Raccontatemelo, diamine.
Ho bisogno di capire se anche voi siete travolti dalle mie stesse preoccupazioni. Se temete l’oblio. Se ve ne fregate.
Avete metodi alternativi da suggerire?
Là fuori ci sono app ancor più stupefacenti di cui ignoro l’esistenza?
Ma, soprattutto, avete visto qualche quaderno bellissimo che posso ammirare, coccolare e apprezzare senza mai scriverci dentro neanche una riga perché ormai ho Day One e buonanotte al secchio?
Illuminatemi.
Ogni contributo, siatene certi, verrà catalogato con cura.