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Federica Carta

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Il mio infante ha finalmente raggiunto un’età compatibile coi lungometraggi d’animazione. GRANDI FESTEGGIAMENTI IN TUTTO IL REGNO. Sono una ex-bambina che frequentava con assiduità il cinema (grazie, papà!) e sono fermamente intenzionata a godermi innumerevoli film in compagnia della mia creatura, procurandomi anche una solida giustificazione per guardare tutte le cose da “piccoli” sfornate dall’industria dell’intrattenimento. “Eh, sai… porto il bambino”. CERTO, STO PROPRIO FACENDO UNO SFORZO.

Biechi stratagemmi a parte, qualche giorno fa abbiamo beneficiato di una proiezione anticipata di Pupazzi alla riscossa che, per semplicità e sintesi, potremmo definire “il film delle Ugly Dolls”. In qualità di amministratrice del pupazzodromo domestico – già ben fornito anche prima della comparsa di Cesare sul nostro pianeta -, coccolo da tempo immemore una Ugly Doll rosa con tre occhi che mi accompagna di trasloco in trasloco sin dal lontano 2009 e che risponde all’ambizioso nome di PANDORA.
Ebbene, abbiamo tirato fuori Pandora dal cesto e ci siamo guardati il film.

Che cosa accade, in soldoni?
Non tutti i giocattoli sono immuni dai difetti di fabbrica. Alcuni superano indenni il controllo-qualità, mentre altri vengono scartati perché imperfetti, strambi, sbilenchi o “brutti”. I pupazzi brutti vivono spensierati e ignari in una cittadina costiera sorretta da solidi valori – speranza, ottimismo e accoglienza – e potenti inclinazioni musicali – se la cantano e se la suonano parecchio, insomma. Ma il destino di un giocattolo è quello di far felice un bambino… e vale anche per i giocattoli che non rispondono agli standard. Moxy sogna di poter approdare nel “grande mondo” per abbracciare la sua bambina e, in barba a tutte le macchinazioni che ancora non conosce, risale il condotto che collega Bruttopoli alla linea di montaggio e, in compagnia di un gruppetto altrettanto sgangherato di pupazzi, si ritrova in una specie di centro d’addestramento distopico per bambole belle, magre, pulite e profumate. Solo diplomandosi a pieni voti all’Accademia della Perfezione potrà avere accesso al mondo esterno ed essere adottata da una bimba fortunata. Ma sarà facile? GIAMMAI!

Ecco.
Potrei lanciarmi in un pippone infinito sull’importanza del superare le apparenze per dare la precedenza all’inclusione, alla bontà d’animo e all’incontro col diverso, scagliandomi contro una società conformista e superficiale che bada più all’involucro che alla sostanza e classifica le creature in base a quello che vede, invece di apprezzare l’altro in base a quello che sa, sente, pensa e dice. Potrei lanciarmi in un pippone di questo tenore… e farei bene, perché è tutto vero e sono tutti valori sacrosanti e importantissimi che possiamo ricavare dal film. Ma penso che il commento di Cesare, anni tre, sia molto più efficace di un mio potenziale trattato sociologico.

Cece, ti è piaciuto il film?
Sì. Ma ero anche un po’ triste.
Perché?
Pecché quelli brutti sono simpatici.
E sei triste perché sono simpatici?
No. Pecché quelli altri li trattano male.
Quelli belli ti piacevano?
No. Solo i brutti. Tutti coloati.
Ma sei più contento o più triste.
Contento.
E le canzoni?
Cantano tanto. Ma mamma pecché tu hai pianto?

Eh, la mamma ha pianto perché ormai la mamma piange per qualsiasi cosa. È un fenomeno che sta diventando imbarazzante. Ma non reprimiamo la nostra emotività. Cantano tanto, è vero, ma ci sta. E anche le voci italiane fanno un ottimo lavoro. Tra i doppiatori ci sono Federica Carta, Shade, Elio (FORZA PANINO!) e Achille Lauro.
Su Achille Lauro mi soffermerei perché Cesare è fan. Cioè, non ha idea di chi sia e non ha ancora afferrato il concetto di doppiaggio – se un pipistrello rosso parla è il pipistrello rosso che parla, non Achille Lauro – ma lui e suo padre mettono Achille Lauro a palla e ballano. Una sera hanno anche bruciato un ragù perché erano troppo impegnati a ballare Achille Lauro. Insomma, Achille Lauro mi deve un ragù ma gli voglio comunque bene.
Menzione d’onore a Gatto Farfuglio, che appare per credo sei secondi in tutto ma ha fatto ridere Cesare per una ventina di minuti – anche in questo caso, reazione sacrosanta.
Annotazione conclusiva che spero tornerà utile alle altre mamme di bambini vivaci: CESARE È RIMASTO SEDUTO COME UN SOLDATINO E HA GUARDATO TUTTO. Favola.

Insomma, un successone. Torno ad abbracciare la mia Pandora. E anche il mio Cesare, ormai pronto a darsi alla critica cinematografica impegnata. Pupazzi alla riscossa è nelle sale dal 14 novembre, dilettatevi.