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Gli studi che tentano di mappare il funzionamento dei nostri cervelli o anche solo di descrivere la “mente” o la nostra capacità di reagire al mondo e di muoverci su piani che aggiungono creatività, immaginazione e sentimento alla mera dimensione del reale sono numerosissimi, multidisciplinari, intricati. La carne al fuoco è tanta, ma su un assioma si tende a concordare: abbiamo capito parecchie cose, ma il cervello è ancora un mistero. Abbiamo scalfito la punta dell’iceberg, ma l’ignoto resta inconcepibilmente vasto.

Di cosa siamo davvero capaci? La mente “sa” qualcosa che sfugge alla nostra stessa consapevolezza? È possibile che alcune persone siano in contatto più diretto con queste ipotetiche “sacche” cognitive misteriose che ci permetterebbero di sbloccare chissà quale forma di conoscenza? Le coincidenze esistono e basta o ci sono cervelli portentosi che sanno unire i puntini e vedere quel che ancora non c’è? Non ci è dato saperlo e non lo sa nemmeno Sam Knight, che con Ufficio premonizioni – in libreria per Mondadori Strade Blu con la traduzione di Doriana Comerlatiricostruisce la parabola professionale di un giovane psichiatra britannico e delle sue ricerche (insolite per gli anni Sessanta/Settanta come potrebbero risultarlo anche ai giorni nostri) al confine tra scienza, ragione e paranormale. Ambizioso e desideroso di affrancarsi dalla casa di cura – anche se sarebbe qua davvero più corretto usare il termine “manicomio”, con tutte le tetre accezioni che si tira dietro – in cui prestava servizio, John Barker comincia a interessarsi al tema della precognizione dopo il terrificante disastro di Aberfan – un cumulo di detriti minerari collassa e seppellisce una cittadina del Galles. La tragedia aveva delle cause spiegabili, ma meno spiegabili parevano essere i tanti presagi di sventura che qua e là per il paese erano stati “registrati”, con riferimenti precisi e circostanziati. CHE QUESTA GENTE ABBIA VISTO IL FUTURO? Riflettiamoci meglio, pensa Barker, strutturiamoci per mappare l’operato di questi presunti veggenti e per capire quanto spesso i fatti daranno loro ragione.

Insieme a un giornalista scientifico – che poi diventerà una voce celebre nel documentare il programma spaziale – Barker “apre” una casella postale per raccogliere premonizioni e si appoggia a una redattrice per catalogare e verificare quel che arriva. L’Ufficio Premonizioni abita una zona grigissima, a cavallo tra sensazionalismo, curiosità morbosa, mitomania e autentico interesse scientifico e, nella sua stramba ambiguità attira innumerevoli ciarlatani ma anche una manciata di “veggenti” che sembrano sapere il fatto loro con inquietante accuratezza.

E quindi? E quindi niente, mi vien da dire, perché Knight è un eccezionale catalogatore di informazioni ed è molto bravo a mappare fatti e a mettere in fila con dovizia di particolari una storia vera (e corale) fatta di numerosi stimoli e anime… ma finisce lì. Proprio quando l’abisso dell’inconoscibile potrebbe irretirci davvero finiamo un po’ in una palude compilatoria e smettiamo di farci domande. Non si tratta di prendere le parti – scienza o chiaroveggenza? FIGHT! – ma forse di metterla solo giù con un piglio più vispo, curioso, “vivo”. Forse esiste una via di mezzo tra una puntata di Mistero e il rigore implacabile della mia commercialista e sarebbe stato avvincentissimo percorrerla… ma forse è presto. Si sa, non usiamo ancora il nostro cervello al 100%.

Io comunque sono una figura stupefacente, anche se non mi piace molto parlarne.

Daniil Charms
Disastri
marcos y marcos

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Poi ce l’ho fatta, a trovare qualcosa di Charms.
Questo libro l’avremo letto in quattro in Italia. Ci siamo io, la mia collega che ha sempre buongusto, Paolo Nori e il mio amico slavista, quello che ha i baffi belli e la sicura possibilità di stare bene vestito con l’uniforme. A dire la verità, il mio amico vale almeno per dieci, visto che con Charms ci si è laureato. Ritoccando la stima, quindi, ad aver letto questo libro saremo più o meno in tredici, più i baffi di Simone. Fa tredici e mezzo – visto che sono baffi serissimi – ma è comunque un po’ poco. Perchè in questo libro c’è confusione. Ci sono zuffe, percosse, sputi e ingiurie. Ci sono strani commerci col burro e pavimenti pieni di polvere. Arrivano personaggi armati di minestra da rovesciare addosso ai principi, ci s’imbatte in onesti cittadini che escono di casa per comprare la colla e finiscono per perdere la memoria – troppi mattoni che cadono – o per rincorrere indumenti smarriti – è sufficiente che sparisca l’orologio, poi è tutta un’inesorabile reazione a catena. C’è autentica passione per le donne rotonde, c’è furioso ribrezzo per i bambini – e per i pastori tedeschi. Ci si tramortisce con cetrioli giganti – perchè è l’articolo che va per la maggiore nei negozi – e si passeggia con una cornacchia sfortunata, zavorrata dal caffè e dal risentimento. S’incontrano i grandi della letteratura russa e si comincia a parlare di gente che non ha nulla di speciale… e giustamente si comincia e basta, perchè per finire un discorso ci vuole sempre qualcosa da dire.
Questo libro è pieno di scarpate in faccia, stivali che feriscono e tacchi che si conficcano nelle costole.
E non sembra, ma ogni scarpata è assestata con immenso giudizio.