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Il parco apre la mattina, nemmeno troppo presto. L’orario è variabile, ma ragionevole. L’infante ha ormai nove mesi… e si desta tra le sette e le otto e mezza, solitamente di ottimo umore. Ti vede e ti sorride serafico, anche se hai ancora la faccia sfigurata dalle pieghe del cuscino. Sei felice, perché è tenero. E la giornata comincia.

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…a dirla tutta, però, l’infante si sveglia tra le sette e le otto e mezza solo durante la settimana. Nel weekend è operativo alle sei spaccate. Non abbiamo idea di come faccia a distinguere i sabati e le domeniche dai feriali, ma ci riesce. Che bello, è sabato! Possiamo dormire un po’ di più! E INVECE.

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In casa nostra non vige una ferrea divisione dei compiti. Valutiamo il chi fa cosa in base a come siamo conciati in un determinato istante. In linea generale, ci pensa il genitore meno catatonico – con il tacito accordo di riequilibrare gli sforzi nel corso delle ostilità quotidiane. Ma la faccenda è irrilevante, in fondo. L’unica garanzia è quel che si trova nel primo pannolino.

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La cacca non mi stupisce più. Non dico che mi piaccia, chiaramente, ma ormai la considero inoffensiva. Le smorfie le faccio ancora, come riflesso condizionato, ma resto stoicamente indifferente. Va bene, è cacca. Non può nuocermi. Leviamocela dai piedi e tanti saluti. Ne valuto colore, composizione e consistenza – per assicurarmi che la creatura non produca nulla di eccessivamente fantasmagorico o ignoto alla scienza pediatrica – e procedo baldanzosa ai lavaggi di culino.

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Sono una grande estimatrice dell’acqua corrente. Alle salviettine si ricorre in situazioni estreme, quando proprio non c’è un lavandino nei paraggi. Che ne so, in un deserto. In una masseria remota solitamente utilizzata per i sequestri di persona. Se c’è un rubinetto, il culo del bambino va sotto al rubinetto. Peccato che il culo del bambino sia ormai diventato voluminoso – proporzionalmente al resto del bambino, per fortuna – e che l’infante, preso dall’entusiasmo, detesti la staticità. Se prima, dunque, potevo contare su un bambino maneggevole e facilmente rubinettabile, ora detergergli il deretano in un lavandino è una specie di avventura oceanografia, un naufragio su un vascello pirata, una passeggiata su una spiaggia devastata da uno tsunami.

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Il cassetto dei pannolini è vuoto. Dove diamine sono i pannolini. Ma soprattutto, come PERDIANA è possibile che siano già finiti. LI ABBIAMO COMPRATI SEI MINUTI FA.

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I pannolini non si volatilizzano, amici. I pannolini vanno smaltiti come le scorie radioattive. C’è chi si ingegna in modo diverso, ma noi abbiamo un onesto e funzionale mangiapannolini che troneggia fiero nel bagno perennemente allagato in cui svogliamo le pregevoli attività di pulitura della creatura. Visto che nessuno freme dalla voglia di cambiare il sacchetto ogni 13 minuti, il mangiapannolini si riempie. E si riempie. E si riempie. E, ad un certo punto, il maniglione si incastra. E tu, con un bambino di quasi dieci chili in braccio – avvolto in un asciugamano e divertitissimo dalle tue difficoltà – ti ritrovi a scuotere un mangiapannolini con la mano libera, bestemmiando i santi di ogni confessione e insultandoti per la scarsa lungimiranza dimostrata ANCHE QUESTA VOLTA. Perché il mangiapannolini ha ragione (ed è anche piuttosto capiente), sei tu che sei imbecille.

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Un tempo, mi ricordo, cambiare il pannolino era un’esperienza rilassante. Disponendo di un neonato pacifico e allegro, l’attività a bordo del fasciatoio non richiedeva un particolare sforzo muscolare e non suscitava pianti e strepiti acutissimi. Minicuore accettava di buon grado abluzioni, pernacchie sulla pancia e, soprattutto, la sostituzione dell’indispensabile arnese. Oggi, invece, sperare che stia coricato sul fasciatoio a farsi cambiare un pannolino è pura fantascienza. Se va molto bene, si alza in piedi contro al muro. Se va male, scaglia in terra quello che trova nel comodo e funzionalissimo vano portaoggetti-indispensabili-all’igiene e cerca di tuffarsi nel cesto dei bodini sporchi – doppio carpiato con avvitamento, coefficiente di difficoltà 9.7. Metterlo sul letto è l’unica soluzione praticabile, ma appena lo appoggi sul materasso si rivolta come una cotoletta mannara, schizza verso l’altiera e si avventa sui cavi penzolanti dei caricabatterie, sradicandoli dalle prese con immensa soddisfazione. E tu là, col pannolino in mano e l’acutissimo desiderio di assumere una tata-wrestler. O un gladiatore, di quelli col forcone e la rete. Fermati, miseria ladrissima. Lasciati mettere questo DIAMINE di pannolino.

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Sono le 9.07. E hai già un polpaccio dolorante e tre stiramenti alla schiena.

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Prepari il latte, collochi il bambino nella sdraietta – le due attività si svolgono spesso in parallelo, con l’ausilio di un secondo paio di braccia che di tanto in tanto spuntano miracolosamente all’altezza delle costole -, metti Mozart a palla – perché la musica fa diventare intelligentissimi, si sa – e consegni il biberon al bambino. Il bambino, che il cielo lo benedica, è capace di sgarganellarselo da solo, quindi tu ne approfitti scaltrissimamente per 1) Fare la pipì, 2) Levarti il pigiama – per indossare roba casuale che somiglia tantissimo a un pigiama, 3) Inghiottire un caffè e un biscotto – senza sederti, il che ti fa sentire molto al bar, 4) Metterti in faccia una crema a caso, 5) Tirarti su i capelli in modo da non farti scalpare nel corso della mattinata.

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Sono stati dodici minuti bellissimi, ma non possiamo aspettarci che durino in eterno. Il bambino accetta di soggiornare nella sdraietta solo mentre beve il suo latte. Il latte finisce, il bambino odia la sdraietta. E, di riflesso, l’intero universo.

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Porre tempestivamente fine al disappunto – e ripristinare la felicità – è uno dei doveri principali di una madre, mi pare di aver capito. Senza indugio, dunque, libero la creatura e la sguinzaglio sul tappeto, terra di vaste opportunità ludico-motorie.

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Trascorro l’ora successiva a domandarmi perché il bambino disprezzi ogni singolo e COSTOSISSIMO giocattolo scandinavo dalle proprietà multisensoriali, sonore e tattili che gli abbiamo comprato per prediligere invece i controller della Wii – debitamente privati delle pile -, un pacchetto di fazzoletti del Carrefour, un sacchetto di carta, l’estremità della mia treccia, il pendaglio delle tende, i telecomandi.

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Nella speranza di distoglierlo dall’insana passione che nutre per il mio telefono, poi, ho cercato di ingannarlo acquistando uno stupendo telefono per bebè alla Chicco – con una musichetta diversa per ogni tasto, tre potenziali contatti da chiamare (la scimmietta, la giraffina e l’ippopotamino) e pure la vibrazione. Si illumina, suona, ronza ed è bellissimo. Ma lui se ne sbatte vigorosamente i coglioni.

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Mi ricordo improvvisamente di avere il lavandino pieno di piatti, ventidue chili di bucato da lavare e qualcosa di indefinibile che soggiorna nella lavatrice in attesa che qualcuno decida di stendere. Potrei cacciare il bambino nel seggiolone e intrattenerlo con le mie gloriose e necessarie attività domestiche, ma mi sembra troppo contento per sradicarlo dal tappeto. Regola fondamentale: se il bambino è contento NON LO SPOSTARE NON LO INTERROMPERE VA BENE COSÌ.

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Contro ogni logica e previsione, l’infante decide di devastare ogni tua aspettativa abbandonando il tappeto di sua spontanea volontà e gattonando come un pazzo in direzione della cucina. Nell’illusione di poterlo contenere, superi il pouf con un balzo e fai del tuo meglio per rincorrerlo.

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Nonostante la velocità del bambino non smetta di atterrirti, i suoi progressi sul fronte pre-deambulatorio un po’ ti commuovono. Fai quattordici video e li spedisci a tutti i tuoi congiunti. E pure agli amici. Alla chat del corso pre-parto no, invece, perché hai paura a scriverci qualsiasi cosa. Sono piene di bambini afflitti da continui problemi insormontabili. Il tuo dorme, mangia, se la ride ed esegue un impeccabile Cassina 2 alla sbarra. Non hai il diritto di lamentarti.

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Visto che in cucina ci siamo in qualche modo arrivati, decido di lanciarmi in un repentino progetto-lavastoviglie. Inserisco l’erede nel seggiolone – legandolo come un criminale di guerra, visto che ha già manifestato l’intenzione di gettarsi fortissimo al suolo – e sfodero il diversivo definitivo: l’onnipotente galletta di riso.

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Le merendine sgranocchiette che elargisco parsimoniosamente a Minicuore costano all’incirca come un Cayenne. Da quando ha la facoltà di nutrirsi di pappe, frutta, carnine e roba appartenente al regno pseudosolido sono diventata una di quelle signore molto a modo che frequentano i NaturaSì. Non ho ancora fatto la tessera – perché spero mi passi, prima o poi -, ma mi sto appassionando. La gente mangia cose incredibili. Ho scoperto cereali mai sentiti, intolleranze alimentari di nicchia, bacche del Mar Caspio. Per Minicuore compro le farine per le varie pappe, le verdurette, le adorabili fettine biscottatine MIGNON di farro, i biscottini a forma di stella senza zucchero senza burro senza lieviti SENZA UN CAZZO alla mela e alla carota… non prendo neanche il cestino, perché se prendo il cestino finisce come da Sephora. E già così è una tragedia, perché gli mollo comunque trentamila euro a botta. Mi ripiglierò? Me lo auguro. Per ora, invece, fingo di essere una ricca milanese eco-bio.

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Il bambino azzanna la galletta di kamut/riso/farro/CEREALE POCO MAINSTREAM A SCELTA, mastica per quindici secondi e la scaglia sul pavimento, cercando di colpire il gatto.

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Mangi la galletta che è caduta per terra – ma proprio per non avere la sensazione di aver scaraventato cinque euro nel cesso -, rinunci a dargliene un’altra e fai partire la lavastoviglie, valutando la possibilità di convertire l’intera famiglia all’utilizzo di piatti, posate e pentolame di plastica. Armata dell’entusiasmo che solo il completamento di un compito semplice e lineare (per quanto fastidioso) può donarti, fai ritorno sul tappeto con il bambino abbarbicato addosso e, mentre lo osservi ogni suo movimento come un condor di montagna, produci cinque minuti di monologhi sconnessi su Snapchat – tanto per perdere ancora di più il contatto con la realtà.

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Nascondi il telefono (PERCHÉ SE LO VEDE È FINITA) e torni a rincoglionirlo con storie di ogni genere. Attacchi con “La sirenetta impanata”, una filastrocca di tua invenzione dalla rara potenza immaginifica. Perché le sirene che siamo abituati a vedere nei cartoni animati, nell’arte e nella cinematografia sono tutte magre, flessuose, belle e figherrime? Semplice: quelle in carne vengono catturate e cucinate dai marinai di passaggio. È tutto spiegato nella canzoncina, tranquilli. INSOMMA, mentre ti sgoli con “La sirenetta impanata” il bambino pesta una costruzione gommosa, perde l’equilibrio e precipita. MA TU LO PRENDI AL VOLO, salvandolo dal trauma cranico.

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Visto che tuo figlio ha l’indole dello stuntman e l’istinto di conservazione del cast di Jackass dopo una piomba a base di tequila, il salvataggio non lo scalfisce più di tanto. E CHE SARÀ MAI, DONNA. NON FACCIAMOLA TANTO LUNGA. Per esprimerti tutta la sua gratitudine, anzi, ti assesta ridacchiando un poderoso sberlone sul naso, impiegando i cinque minuti successivi per artigliarti la faccia – perché se gridi MA AMORE PICCOLISSIMO DEL CUORE MI FI MALE PIANO PIANO AHIA lui si diverte ancora di più.

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Mentre valuti la possibilità di acquistare una tenuta antisommossa da utilizzare sul tappeto, il bambino ti guarda negli occhi e dice distintamente MAM-MA MAM-MA.

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Mentre cerchi di stabilire se si sia trattato semplicemente di un evento fortuito o se, in realtà, la creatura che hai portato in grembo per nove mesi e che sei riuscita ad accudire in questo mondo per un tempo altrettanto lungo abbia effettivamente detto MAM-MA capendo che la mamma sei tu, INSOMMA, mentre piangi di gioia e lo baci moltissimo perché ha messo in fila (più o meno casualmente) alcune sillabe che ti definiscono, il bambino si caga addosso.

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Sono nove mesi che sbottoni e riabbottoni bodini e minuscoli indumenti. Ma ancora non padroneggi gli automatici. E sbagli a chiuderli almeno due volte al giorno. Carissimo inventore degli automatici, devi sapere che non sono automatici per un cazzo.

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Espletati i doveri di lavaggio/cambio/vestizione, t’accorgi magicamente che è mezzogiorno e mezza. Il tempo si srotola in maniera bizzarra, quando si sta a casa con un bambino. Non ti sembra che passi mai e, ad un certo punto, ti sembra che passi tutto insieme.

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È ora di mangiare. SEGGIOLONE!

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Preparare la pappa è fonte di continui enigmi e perplessità – di cui probabilmente ti libererai soltanto fra numerosissimi anni, quando tuo figlio ti chiederà dei soldi per andarsi a mangiare un cheeseburger coi suoi amici, per esempio. In attesa che quel rinfrancante momento arrivi, però, ti arrangi schiacciando verdure bollite, miscelando granaglie polverose, sminuzzando finemente petti di pollo e producendo ettolitri di brodo vegetale. E il bambino MANGIA TUTTO, VIVA LA MADONNA.

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Il fatto che Minicuore ingurgiti di buon grado quello che gli propino non è però garanzia di pasti pacifici. Perché può accadere che, preso da un’incontenibile emozione, il bambino decida di vaporizzarti negli occhi una cucchiaiata di frutta frullata, spernacchiandola senza pietà in ogni direzione e deturpando irrimediabilmente ogni essere vivente o arredo nelle vicinanze del seggiolone.

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Ma può anche succedere che, gesticolando come uno sbandieratore fiorentino, il bambino decida di assestare un poderoso manrovescio al cucchiaino colmo di cibo che stai tentando di avvicinargli alla bocca, costringendoti ad effettuare un’attenta esegesi della sua postura e del suo stato d’animo prima di arrischiarti a proporgli una nuova cucchiaiata.

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La famiglia dispone di una vasta selezione di bavaglini. Bavaglini grandi, bavaglini piccoli. Bavaglini di tessuto – con fodera sottostante di plastica, bavaglini-poncho in pura plastica, bavaglini di plastica con vano raccoglitore per la pappa che precipita. Nonostante quest’abbondanza di bavaglini – fornitura che a me, all’inizio, pareva addirittura eccessiva -, il bambino troverà comunque il modo di gettarsi almeno una palata di pappa sulle ginocchia e di insozzare a più riprese il pavimento della cucina.

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Ma la mossa che ogni volta mi stronca definitivamente è lo stropicciamento di faccia (già parzialmente ricoperta di pappa) per mezzo di pugnetto che stringe una manciata di – METTIAMO – carotine spappolate.

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Ma affrontare una situazione di profondo caos nella sua interezza non ha mai fatto bene a nessuno: il disagio va scomposto, frazionato e gestito un po’ alla volta. Non è un bambino ricoperto di pappa che mi osserva con una certa belligeranza dalla sommità di un seggiolone non lindissimo, posizionato nel bel mezzo di una cucina da ripiastrellare – GIAMMAI! È un bambino sazio e soddisfatto, un bambino BRAVISSIMO che ha mangiato quel che doveva mangiare e che ripulirò senza farmi prendere dal panico, un ditino alla volta.

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Con un immane dispendio di acqua corrente, carta da cucina, spugnette a forma di pesciolino e teneri asciugamani tempestati di orsacchiotti, riesco a debellare lo strato di cibo semidigerito che ricopre il mio primogenito. E lo abbraccio teneramente, anche se non può fare a meno di starnutire ogni volta che gli bagno il naso.

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Dopo un’intensa mattinata di ginnastica da tappeto, giochi vorticosi, gattonamenti e lauti pranzi, l’infante sembra stanchino. Me lo isso su una spalla, abbasso la tapparella e attacco con la procedura standard di disinnesco a base di passeggiatina per la cameretta e rassicuranti massaggini circolari sulla schiena, coadiuvati dalla mia personalissima interpretazione mugugnata della devastante ninna nanna di Brahms. NEMMENO UNO SCOIATTOLO IMBOTTITO DI ANFETAMINE PUÒ RESISTERE A BRAHMS. Nonostante alcune flebili proteste, il bambino si assopisce.

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Ma non lasciamoci ingannare. Un conto è tenere in braccio un bambino addormentato… e ben altra faccenda è adagiare un bambino addormentato sul suo materasso. Un bambino che ti russa sulla clavicola potrebbe destarsi strepitando alla minima variazione posturale – e i movimenti necessari a depositarlo nel suo lettino sono numerosi, complessi e variamente destabilizzanti. Mentre fingi di poterlo mettere giù senza correre alcun rischio, lo riempi di minuscoli bacini nell’incavo del collo (area tra le più morbidine, teporosine e profumatine del creato) e cerchi di raccogliere il coraggio per effettuare la manovra.

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Le menate, come minimo, sono due.
UNO – Sostenerlo correttamente mentre vi piegate sul lettino, tentando di raggiungere un materasso che vi arriva all’incirca alle caviglie.
DUE – Riuscire a riprendervi i vostri avambracci una volta depositato l’infante nel lettino – sfilandoglieli di soppiatto da sotto la testolina e dal retro-coscini.
Al mondo ci sono sicuramente robe più complicate, ma quando riesco a preservare il sonno del bambino nel passaggio spalla-lettino mi sento sempre un po’ miracolata. Nonché un genio assoluto del pilates.

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Giuro, è come se tutti i giorni dopo pranzo prendessi di nuovo 110 e lode alla specialistica. La soddisfazione è quella. Fiera del traguardo conseguito, contemplo Minicuore per quindici minuti. Perché non c’è niente di più bello di un bambino che ronfa a pancia per aria.

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MA IL BAMBINO DORME IL BAMBINO DORME È IL MOMENTO DI COMPRIMERE LA MIA INTERA ESISTENZA NON MATERNITÀ-RELATED NELL’ESIGUO SPAZIO DEL SUO PISOLINO! Apro il computer e cerco di capire di che cosa dovrei occuparmi con urgenza. Della roba che rimando da un mese? Del blog? Dei 13 libri che dovrei tradurre fingendo di avere effettivamente a disposizione una giornata lavorativa normale? Della situazione disperata delle mie cespugliose sopracciglia? Dei pacchetti arrivati la settimana scorsa? Delle fatture da preparare? Dei romanzi che vorrei leggere? Delle domande della gente su Snapchat? Delle mie amiche che mi invitano a pranzo e non ricevono risposta?

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Nel vano tentativo di riordinare le idee, vado a fare la pipì – spostandomi per casa come un ninja. Il minimo rumore scomposto potrebbe destare l’infante… ed è decisamente troppo presto, non ho ancora combinato una mazza di niente. Anche fare la pipì comporta dei rischi. Per evitare che lo scroscio risulti troppo perentorio, butto una palla di carta igienica nel water per attutire i decibel e penso alla regina Elisabetta. La regina Elisabetta fa una pipì impercettibile, ne sono sicura.

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Torno al computer, ma mi dimentico dov’è e lo cerco per dieci minuti. Il mio “ufficio”, in teoria, è nella cameretta del bambino e, non potendo disporne durante il suo sonnellino – né mai, a dire il vero – vago per casa con documenti, fogli, chiavette, caricabatterie, scanner, astucci, post-it e agende sotto al braccio, contribuendo grandemente all’accrescimento della confusione che già provo.

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Colta da un raptus igienista, resetto il salotto – riponendo tutti i giocattoli al loro posto – e pulisco la cucina.

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Apro Facebook – ERRORE!!111!!! – e mi imbatto in un post antivaccinista. Sapendo perfettamente che discutere è inutile (e quasi controproducente) blocco e mi incazzo come una bestia per i fattacci miei.

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I muratori, impegnatissimi ad infierire sulla facciata del palazzo di fronte ormai da due mesi, attaccano col martello pneumatico.

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Muratori, lo so che anche voi dovete campare, ma perché vi ostinate a trapanare SEMPRE E SOLTANTO durante la siesta di Minicuore? State su quel ponteggio tutto il santo il giorno e non producete il minimo rumore. Lo metto a dormire e vi parte all’improvviso l’acutissima necessità di demolire il balcone della signora Fumagalli? Perché, dico io. Spiegatemelo. Mettiamoci d’accordo, a questo punto. Se appendo un drappo rosso alla finestra vuol dire che il bambino dorme e che dovete ficcarvi quei martelli là dove nessun martello è mai giunto prima (o almeno così mi piace pensare), se invece appendo un drappo verde vuol dire che potete martellarvi felicemente anche le corna, se vi va, perché il bambino è attivo. VA BENE, PERDIANA? VE LI FONDO, QUEI MARTELLI.

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Il bambino, non si sa come, riesce a non svegliarsi. Venti minuti dopo, però, faccio l’errore di tossire, provocando istantaneamente uno di quei piantini interlocutori che preannunciano un repentino ritorno dal mondo dei sogni. Mi stramaledico più e più volte, mi levo le ciabatte e mi avvicino come una spia russa alla camera del bambino. Potrebbe continuare a dormire. O potrebbe svegliarsi. O potrei svegliarlo io nel tentativo di capire se vuole svegliarsi. La terza ipotesi, ovviamente, è quella che si verifica più spesso. MA CIAO AMORE ECCOTI QUI LA MAMMA È CRETINA PERCHÉ È VENUTA IN CAMERA PERCHÉ SE ME NE STAVO FUORI TU CONTINUAVI A SONNECCHIARE MA NO IO DEVO ENTRARE A VEDERE COME STAI E POI FINISCE CHE TI SVEGLIO IO COME UNA DEMENTE BUON POMERIGGIO AMORE PICCOLO DELLA TENEREZZA BEN TORNATO.

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Il pomeriggio comincia ufficialmente – anche se sono tipo le 13.49 e il bambino ha fatto il pisolino più corto del mondo.

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Sollevi la tapparella e ti accorgi che la creatura ha qualcosa in faccia.

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DUE PUNTURE DI ZANZARA DUE! Una in mezzo alla fronte e una – oltraggio massimo – sul guancino tondeggiante. ROSSE GIGANTESCHE PUNTURE DI ZANZARA DETURPANO IL VISO DEL MIO BAMBINO!

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Le zanzare che – di giorno, poi – morsicano gli infanti sui teneri faccini sono la prova lampante della non-esistenza di Dio.

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Mentre giuro vendetta all’intero reame entomologico, il gatto transita incautamente per il corridoio. Il bambino lo scorge e lancia un fragoroso strillo di apprezzamento. Cesare ADORA il gatto. La mera presenza di Ottone riesce a rallegrarlo più di quanto io sarò mai in grado di fare. Cesare brama la compagnia di Ottone che, ovviamente, lo evita come la peste perché teme di vedersi strappare il pelo a ciuffi. E ha ragione da vendere. Ma c’è ben poco che io possa fare per contenere l’entusiasmo di mio figlio… e decido di liberarlo in corridoio alle calcagna del gatto.

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Ottone ha stabilito una soglia-limite. Se Cesare gli arriva a mezzo metro, Ottone si allontana. Se Cesare lo osserva rispettosamente a più di mezzo metro, allora lo tollera. Cesare non ha idea di quanto sia mezzo metro e, in ogni caso, punta a prendere il gatto per le orecchie e a salirgli in groppa, ambizione che rende irrilevante ogni tentativo di misurare le distanze. Ottone, comunque, non è un artista della fuga e finisce regolarmente per cacciarsi in qualche vicolo cieco, esponendosi senza possibilità di riscatto alle potenziali sevizie del bambino.

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Salvo il gatto – perché, insomma, voglio bene anche a lui e, soprattutto, voglio evitare che cavi gli occhi a Minicuore durante una manovra difensiva -, abbevero il bambino con un po’ d’acquetta, trascino il seggiolone in bagno e mi appresto a rendermi presentabile per l’uscita pomeridiana.

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Posizioni il bambino in modo che, dal seggiolone, non possa allungarsi fino al ripiano del lavabo – su cui troneggiano i tuoi investimenti BIUTI più riusciti e una miriade di utensili che potrebbero rivelarsi letali per un essere non ancora completamente padrone dei suoi arti superiori. L’infante la prende BENISSIMO.

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Lo plachi con una confezione ancora sigillata di Lines Intervallo dal rassicurante packaging rosa e procedi con le operazioni. Non si sa come mai, ma il bambino trova spassose le persone che si fanno la doccia. Il che è molto positivo, perché puoi utilizzare i preziosi momenti dedicati all’igiene personale come una specie di intermezzo cabarettistico. Mentre fai le pernacchie sul vetro e ti esibisci in buffi gargarismi gorgoglianti, ti ricordi all’improvviso di non aver pranzato.

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Ti asciughi, ti spalmi addosso della crema rassodante a casaccio – va rassodato TUTTO, è inutile star lì a selezionare una zona specifica -, ti lavi le mani e, nuda come una salamandra di fiume, ti rechi in cucina alla ricerca di banana, bavaglino (di quelli con vano raccoglischifo) e coltello. Distribuisci rondelle di banana sul tavolino del seggiolone (precedentemente sterilizzato con l’Amuchina) e fai del tuo meglio per truccarti un po’ mentre l’infante fa merenda ghermendo la banana con le ditine.

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Non sarai diventata bellissima, va bene, e hai guardato più il bambino che lo specchio, ma almeno sei pulita, pettinata, vestita e truccata al minimo sindacale. Poi guardi i piedi per capire se ti sei già messa le scarpe o se sei ancora in ciabatte di gomma e ti accorgi che il pavimento del bagno è pieno di bananine masticate.

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Prendi il telefono per scoprire che ore sono e ti casca l’occhio sulle notifichine di WhatsApp. La chat del corso pre-parto sembra essersi rianimata! Quali incredibili quesiti ci riserverà oggi il destino? Trovi 378 nuovi messaggi che trattano dei seguenti argomenti: lenticchie sì o lenticche no? Dentizione e ano infiammato: reale correlazione o semplice sfiga sistemica? Il mio nano continua a svegliarsi quattro volte a notte: è normale, ragazze? Ma voi quante volte siete uscite a cena da quando sono nati? E, dulcis in fundo: ho visto che ci sono i guinzagli per i nostri puffi, voi li avete provati?!?!111!!
Scelgo di contribuire alla discussione utilizzando Cesare come un meme. Di foto ne ho in abbondanza e mandare il mio KUCCIOLO che ride mi sembra molto più garbato rispetto all’opzione scrivo-quello-che-penso-davvero. Che è più o meno una roba di questo genere:

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Sciacqui la creatura e un rapido esame olfattivo ti porta a constatare, con una certa soddisfazione, che il bambino ha cagato (di nuovo, già) con un tempismo favoloso, risparmiandoti l’incombenza di doverlo cambiare in mezzo a un prato. O sul sagrato del Duomo. O nell’angusto bagno, sprovvisto di un piano vagamente adatto, di un qualche locale.

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Solita manfrina del pannolino, più cambio DI OUTFIT. Si esce carini, perbacco. Dopo innumerevoli contorsioni e aver sventato svariati tentativi di cruentissimo suicidio, riesci a infilare al piccolo umano un paio di braghette adorabili tempestate di palmette e una maglietta con un bradipo appeso a una liana tropicale. COME SEI TENERO TATONE PICCOLO.

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Inserisci la creatura nel passeggino e, mentre infierisce sul ripiano della libreria a cui l’hai incautamente accostato, ispezioni il contenuto della borsa del cambio. Non ci capisci niente, quindi ci butti dentro un biberon d’acqua, un pacco di gallette al kamut ECO BIO CHILOMETRO ZERO FATTE A MANO INTEGRALI SENZA SALE AGGIUNTO SENZA GLUTINE, una manciata di pannolini, un ombrello e un pupazzo che suona, sfrigola e scrocchietta. E decidi che va bene così. C’è un limite al caos che puoi controllare.

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Usciamo, finalmente. E trascorriamo il resto del pomeriggio a vagare paciosamente per zone casuali – ma ombreggiate e piacevoli – della città. Ormai conosco a memoria la conformazione dei marciapiedi, l’assortimento merceologico di ogni vetrina, la collocazione di negozi impensabili e le scorciatoie più esotiche per tirarla in lungo (nel caso il bambino sia tranquillo) o correre rapidamente al campo base (nel caso si sia rotto l’anima di farsi scarrozzare).

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Se l’infante è particolarmente ben disposto, posso arrischiarmi ad entrare nei negozi meno affollati e labirintici – escludendo a priori quelli dotati di numerosi piani o porte troppo complicate. Se va di lusso (e se trovo qualche commessa dal cuore di cioccolato che si fa commuovere dalla coccolosità di Cesare, bambino che sorride immancabilmente a TUTTI, ma pure a gente che somiglia a Pacciani, Himmler e Sauron), posso anche provarmi due vestiti in croce, che spesso finisco per comprare più per la soddisfazione di essere riuscita a provarmeli come una persona normale che per la loro effettiva resa addosso a me.

not a good idea

UNA PIADINERIA! PRESTO, DATEMI QUALCOSA RIPIENO DI QUALCOS’ALTRO!

megalo

In un tratto particolarmente agevole (marciapiede ampio, pianeggiante, senza pendenze laterali che ti costringono a spingere il passeggino come farebbe un grosso granchio), mi arrischio a controllare la mail. Che bello, la prossima settimana ci sarebbero cento cose stupende da fare! Scarto a priori il 98% di quello che mi propongono, guardo il CALENDAR mentre aspetto che il semaforo diventi verde e chiamo i miei per sapere se mercoledì – PER CASO SE SIETE LIBERI SE VI VA SE AVETE VOGLIA SE VI MANCA CESARE – sono disposti a venire a Milano a stropicciare il bambino mentre io vado a svolgere delle attività piacevoli ma comunque configurabili come lavorative.

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MADRE il mercoledì gioca a tennis…

cry

…ma per amore di suo nipote troverà una sostituta.

smile cast

Mi dirigo baldanzosa verso casa, fiera di aver quasi sfangato il pomeriggio e sperando fortissimo che Amore del Cuore abbia deciso di sua sponte di recarsi al supermercato per ovviare alla vastità del nulla che alberga nel nostro frigorifero. Mentre immagino cenette meravigliose – cucinate senza il minimo sforzo da parte mia, ma nemmeno di pianificazione – Amore del Cuore mi telefona per sapere che cosa deve comprare.

right

Io non lo so, va bene? Non lo so. Mangio tutto quello che ti pare, non mi interessa.

mangiare

Perché devo dirtelo io che cosa comprare per cena. Chi sono, Sonia Peronaci? Ingegnati! Non ci abiti anche tu insieme a noi? Non lo sai che cosa manca? DAI FACCIAMOCELA SU.

woman

Dopo aver attaccato senza troppe cerimonie, cinque minuti dopo gli mando un messaggio in stampatello per ricordargli che non abbiamo niente da bere PER CARITÀ RISOLVIAMO IL PROBLEMA.

margarita

Cesare saluta con la manina i passanti che gli piacciono e rivolge grida agghiaccianti a quelli che intralciano il suo cammino, costringendomi a superarli per salvare l’intero quartiere dalla sordità.

gallimimus

Il portinaio mi consegna i quattro scatoloni arrivati durante la giornata. Ringrazio sentitamente e cerco di capire come portarli di sopra senza sfondare il passeggino. O senza sfondarmi io.

trice

Il bambino apprezza i giretti, ma dopo un po’ vuole spostarsi da solo. Non è mai stato un soprammobile o un particolare fan di sdraiette, palestrine e forme d’intrattenimento basate sulla compostezza della posizione supina. Disprezza legacci e cinturine e si sta allenando con caparbietà per divincolarsi definitivamente dalle ridicole costrizioni che gli impongono di stare seduto nel passeggino. Ogni volta che lo libero la gioia è grande e vibrantissima.

spinosauro gate

Ottone, lì per lì contento di vederci rincasare, corre al riparo.

run run

Mi levo le scarpe e crollo, così come sono, sul tappeto. Il bambino riabbraccia i suoi giocattoli (più i materiali non concepiti per il gioco che siamo stati costretti a considerare comunque giocattoli) come se l’avessi appena riportato a casa dopo cent’anni di guerra di trincea. Bordeggia, mi calpesta, lancia cubi di gomma, morsica i fenicotteri, scaraventa al suolo tre telecomandi e, in generale, sembra dilettarsi.

petting zoo 2

Sta provando ad alzarsi in piedi. Appoggia le manine per terra e cerca di stendere le gambine. Ce la farà? Forse fra qualche settimana. Ma sono comunque fierissima e gli consegno mentalmente un Nobel motorio.

alan wow

Una zanzara sorvola la zona di gioco. La POLVERIZZO a mezz’aria, abbandonandomi a grida di trionfo piuttosto inconsulte.

gnam

E la mia felicità non è destinata ad esaurirsi. Perché, all’improvviso, avverto il suono celestiale delle chiavi che girano nella toppa. AMORE DEL CUORE È TORNATO AMORE DEL CUORE È ARRIVATO A CASA SONO SALVA C’È AMORE DEL CUORE GRAZIE DIVINITÀ DI OGNI LATITUDINE FORMA E COLORE CE L’HO FATTA!

bike raptor

AMORE DEL CUORE SEI QUI SEI QUI COME SEI BELLO NON TI RICORDAVO COSÌ BELLO NON ANDARE VIA MAI PIÙ!

kiss

PRENDITI TUO FIGLIO! TIENILO OCCUPATO! LASCIAMI QUI A CONTEMPLARE PACIFICAMENTE IL NIENTE PER ALCUNI MINUTI!

trex over here

A seguire, scene di ragionevolezza familiare. Io che mescolo la pappa mentre Amore del Cuore prepara la cena – senza consultarmi, per fortuna -, birrette e fette di salame fanno la loro comparsa, Cesare – opportunamente seggiolonato – monitora la situazione mangiandosi cucchiaiate e cucchiaiate di pastina col formaggetto e le verdurine, cercando di coricarsi nel piatto e di cacciarmi contemporaneamente le dita negli occhi. Ma va bene lo stesso, perché ci siamo tutti.

ellie grant

Amore del Cuore è incaricato delle procedure serali di avvicinamento al sonno, incombenza che ha assunto con mio grande sollievo per potersi coccolare un po’ il bambino e sfogare, al contempo, le sue ambizioni canore. Perché io ho le mie tecniche, ma lui va di karaoke, prediligendo i cantautori italiani delle epoche più disparate (e disperate) o le ballate romantiche della tradizione folk americana. Ho rinunciato a capire e non c’è niente che io possa fare per migliorare la playlist. Finché funziona, per me va benissimo. E mi limito a ridere, nascosta dietro alla porta. Come spesso accade quando si cerca di cavarsela con un infante simpatico e ben disposto ma parecchio energico, il procedimento rasenta il surreale… ma il risultato è assolutamente portentoso.

life finds a way

E chi l’avrebbe mai detto.
Il parco è chiuso, per oggi.
Buonanotte a tutti!

bone

Dover gestire un bambino appena nato mi ha tragicamente ricordato il mio rapporto con la matematica al liceo: non è che non sapevo le cose, è che le capivo con circa un mese e mezzo di ritardo – in tempo per la verifica successiva, per dire. Con i bambini funziona più o meno così.

Sei finalmente diventata brava a sistemare la medicazione del cordone ombelicale? Il cordone ombelicale saluta e se ne va.
Sei finalmente riuscita ad assemblare un parco-abbigliamento sufficientemente ampio da scongiurare l’emergenza continua? Molto bene, peccato che ormai ci voglia la taglia in più.
Hai finalmente capito come lavare tuo figlio in una vaschetta col riduttore? Stupendo, ma mi pare che ormai abbia i piedi fuori.
Padroneggi finalmente ogni recondito segreto della frutta grattugiata? Buon per te, ma adesso bisogna cominciare con la pappa.

Insomma, si cerca di creare una routine in grado di adattarsi a un fenomeno in continua ed imprevedibile evoluzione. E appena ci si stabilizza su una certa sequenza di azioni (o sull’utilizzo di determinati utensili, canzoncine, giocattoli pazzi, elettrodomestici, accessori, attività), tutto va puntualmente a farsi benedire.
Certo, le economie di apprendimento esistono e ogni volta non è necessario ripartire da zero, ma confesso che non mi dispiacerebbe una salutare settimana di stallo. Così, tanto per sentirmi vagamente padrona della situazione.
L’orologio a pendolo segna le quattro pomeridiane, mio carissimo Reginald. Il nostro giovane rampollo dorme, come è sempre solito fare a quest’ora del giorno. Si sveglierà alle diciassette e quindici e consumerà esattamente tre quarti di mela e cinque rondelle di banana, che digerirà senza particolari tribolazioni durante la sua abituale sessione ginnica in compagnia dei suoi balocchi stropicciabili.

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Comunque.

Dopo cinque mesi di onorato servizio materno, vorrei rendermi vagamente utile alla collettività raggruppando in questo umile post un po’ di cose (che col senno di poi mi sembrano assai elementari) che ci hanno semplificato la vita in questo periodo di affascinante e rocambolesca incertezza.

Pronti?

Ecco alcuni gioiosi e necessari DISCLEIMERZ per evitare interpretazioni asinine di quanto seguirà.
– Ogni bambino è diverso. Ogni genitore è diverso. Qui troverete una lista super basic di quello che ci è stato veramente utile e che ha funzionato PER NOI e per Minicuore, dopo un prolungato utilizzo quotidiano. La speranza è che possa servire a chi ha le idee ancora poco chiare su che cosa comprare (o farsi regalare e/o estorcere ai propri conoscenti) in vista dell’arrivo di un bambino, o a chi è in cerca di nuove strategie di sopravvivenza.
– Siete già genitori provetti e vi imbatterete in cose che a voi non sono piaciute? L’intento non è quello di convertirvi. Se vi siete trovati meglio con un altro passeggino sono solo contenta per voi e per il vostro infante.
– Dobbiamo ad Amazon la nostra sanità mentale. E molte delle cose che troverete qui (con relative foto brutte ma funzionali) saranno anche acquistabili lì sopra. Perché con un bambino che mangia ogni due ore la gente non può passare le giornate a vagare per centri commerciali e astruse parafarmacie.
– L’elenco comprende roba che ci siamo comprati noi, roba che ci è stata donata da parenti e amici, roba che mi hanno regalato i brand. Non c’è tutto quello che abbiamo ricevuto. C’è solo quello che mi è sembrato valido, sensato, comodo e degno del nostro rispetto.

PROCEDIAMO.

Il passeggino (anzi, il sistema TRIO)

Inglesina Trilogy colors

Ci siamo comprati il Trilogy Colors (che è un Trilogy City con i colori zarri) dell’Inglesina.
Perché?
Volevamo un aggeggio che entrasse nell’ascensore (largo ben 50 centimetri), che si potesse chiudere/aprire con una mano sola, che fosse leggero (e sollevabile da me senza bisogno dell’intervento di un prode cavaliere), che non costasse ventottomila trilioni di euro e che non ci obbligasse a comprare separatamente mille pezzi aggiuntivi (ma indispensabili). E abbiamo scelto questo. Telaio, navicella (LA CULLA), ovetto per la macchina, passeggino, borsa (con fasciatoio portatile), parapioggia. E tanti cari saluti.
Io volevo la carrozzina da principino d’Inghilterra, ma per questa volta ho lasciato vincere la realtà.

*

Fasciatoio e culla

Stokke cameretta

Abbiamo estorto ai nonni l’intera cameretta Stokke, in pratica. Il lettino non l’ho ancora collaudato – quindi starò zitta -, ma il resto si è rivelato provvidenziale. E contiamo di poter usare tutto ancora per parecchio tempo, visto che i mobili sono scomponibili e combinabili per adattarsi alle diverse fasi della crescita del bambino.
Il mobilotto è una cassettiera con un piano aggiuntivo che funziona da fasciatoio. Nella cassettiera abbiamo cacciato tutto l’occorrente per il cambio e i vestitini di Minicuore, lasciando nello scomparto laterale del fasciatoio le cose da tenere a portata di mano. Ma la mia vera passione è la culla – che all’inizio neanche volevo. Ma figurati, prendiamo una navicella omologata per il sonno e lo teniamo lì per un po’, poi va nel lettino.
E INVECE, LA VITA.
Perché la mia culla – oltre ad essere incredibilmente carina – ha una caratteristica fondamentale e miracolosa: OSCILLA. E oscillazione = SONNO. Oscillazione = PACE. Sono in debito con quella culla, santo il cielo. E sono terrorizzata, perché sta diventando un po’ troppo piccola. Ma non ci abbandonerà. Perché le gambe della culla e il piano del fasciatoio sono studiati per incastrarsi e creare un tavolo. Così, come Megazord.
I mobili della Stokke costano poco? Non direi. Ne vale la pena? A noi pare di sì.
Grazie, nonni. E grazie anche a Valeria, che mi ha fatto scoprire le camerette Stokke.

*

Mangiapannolini

mangiapannolini

Abbiamo fugacemente considerato l’ipotesi di dotarci di uno di quei mangiapannolini che insacchettano ogni singolo pannolino in una specie di bustina di plastica antiproiettile per evitare al 1000% ogni genere di odore sgradevole, ma poi il braccino corto ha avuto il sopravvento – mica te li regalano, i sacchettini, maledizione. E, alla fin fine, direi che è andata bene così. Abbiamo preso il mangiapannolini Chicco (dal rassicurante design anni ’80), che funziona con qualsiasi genere di sacchetto della spazzatura e rimane ermeticamente chiuso. Abbassi il maniglione, il pannolino si inabissa, tiri su il maniglione e non t’accorgi di niente. Ovvio, quando lo apri per cambiare il sacchetto è consigliata un’apnea di una decina di secondi, ma non mi pare un problema insormontabile. E il fetore, nell’ordinaria amministrazione, non fuoriesce. Vittoria!

*

Cestone

cestone

L’area del fasciatoio va sistemata bene. Deve somigliare un po’ a un nastro trasportatore per lo smaltimento di scorie nucleari. Tutto dovrebbe essere raggiungibile allungando un braccio (mentre con l’altro fate il possibile per evitare che vostro figlio si sfracelli sul pavimento) e non richiedere movimenti inconsulti per funzionare. Il mio cestone per i vestitini sporchi è a circa 5 centimetri dal fasciatoio e non è particolarmente romantico. Ma fa il suo egregio dovere e siamo ormai un grande team. Là fuori esistono anche cestoni molto frufru e super carini, ma a me premeva poterlo chiudere (evitando i coperchi staccabili), poterlo lavare senza problemi e poterlo riempire senza l’ansia di farlo tracimare ogni venti minuti. Plastica, capienza, modestia, funzionalità.

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Telini per il fasciatoio

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Che un bambino spisciazzi o dissemini il fasciatoio di palatine di cacca – e anche con una certa soddisfazione – è inevitabile. Ma mica puoi passare la vita a lavare degli asciugamani. E ti senti una brutta persona ad appoggiarlo sul cuscino imbottito (per quanto lavabile e comodo) senza metterci sotto niente. Dopo aver esaurito gli asciugamani a nostra disposizione, dunque, ci siamo lanciati sui provvidenziali tappetini pisciosini – con grande sollievo della nostra esausta lavatrice. Visto che al supermercato costano quanto la mia istruzione universitaria e che comprarne due in croce non ha senso, prendiamo il giga-paccone-mega-convenienza su Amazon. E zampilliamo in allegria. A casa e in giro, se necessario.

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Cuscino per l’allattamento

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Sono piuttosto certa che il Boppy sia all’incirca l’unico modo per sopravvivere all’allattamento senza sviluppare deformazioni articolari permanenti. E poi ci sono mille foderine belline – che si possono levare e lavare.

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La sdraietta

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Montarla sul seggiolone non mi è mai piaciuto (c’è proprio un po’ troppa pendenza, non so bene come spiegarlo… sembra all’incirca una crocifissione), ma la sdraietta ci ha aiutato tantissimo. Ci ho cacciato dentro Minicuore da praticamente subito e me lo sono portato in giro per casa – senza lasciarlo da qualche parte a pancia per aria come un salame. Ora – che non è ancora bravissimo a stare seduto ma ha cominciato a inghiottire frutta – la uso per dargli da mangiare, dopo averlo infagottato in quattordici bavaglini. Anche questa è Stokke, perché siamo ragazzi facilmente fidelizzabili.

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Straccini

straccini

Per far fronte a sputacchi, rigurgiti, sbavoni, guerre nucelari e invasioni aliene ho ordinato una batteria di straccini di mussola tempestati di gioiose decorazioni… e sono ormai diventati più preziosi del tesoro di Smaug. Disseminati in punti strategici della nostra dimora – e in ogni mia borsetta -, quadrati, lavabilissimi e indistruttibili, accorrono in nostro soccorso ad ogni eruzione di latte semidigerito. Vi sono debitrice, straccini.

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Tiralatte

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Ci sono tiralatte elettrici di rara esosità e prestazioni da industria casearia, ma le mie intenzioni non sono mai state così ambiziose. A me bastava stare fuori di casa per un paio d’ore senza esporre il bambino all’inedia, tutto lì. E un tiralatte manuale – con mille vasetti incorporati e pezzi facili da smontare e sterilizzare – mi è sempre sembrato più che sufficiente al raggiungimento dei miei umili scopi.

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Scaldabiberon

scaldabiberon

Avete deciso di andarvene a spasso (MADRI DEGENERATE!) lasciando in eredità del latte? Il latte va scaldato, in qualche modo. E scaldarlo a bagnomaria con un aggeggio elettrico che sa già qual è la temperatura più consona al delicato palatino del vostro infante è un bel passo avanti. Questo si può usare a casa e in viaggio (c’è lo spinotto per accenderlo anche in macchina) e, teoricamente, funziona anche per la pappa.

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Thermos

thermos

Che sia roba vostra o latte artificiale, un biberon caldo – soprattutto quando si esce e si affronta l’ignoto – può servire parecchio. Questo gioioso thermos promette di preservare la temperatura del benedetto latte per cinque ore (il che è rassicurante, anche se siamo decisamente oltre la soglia temporale accettabile per la giacenza di un biberon SECONDO ME VOI POI FATE COME VOLETE CI MANCHEREBBE), è perfettamente ermetico e ci sono dentro degli aggeggi fatti apposta per non far sbatacchiare la bottiglia.

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Biberon

biberon avent

Visto che Minicuore non è un tipo schizzinoso e mangia indistintamente da qualsiasi attrezzo io gli cacci in bocca, me la sbrigherò da sola. Che lui sarà versatile, ma io mi trovo meglio con i biberon Avent. Non sono troppo larghi, non sono troppo alti, quel che avviti rimane avvitato e la forma della tettarella è comoda. Oserei dire “normale”. Per lavarli bene sul fondo e sulle pareti ci vuole lo scopettino, ma non mi pare un grande ostacolo.

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Sterilizzatore

sterilizzatore

Mi hanno regalato anche il modello più PRO, ma è ancora nella scatola… perché ce la caviamo benone con lo SterilNatural 2 in 1. Ci entrano sei biberon (più relative tettarelle e coperchietti), è relativamente rapido e si può allegramente scomporre e utilizzare a pezzi. Noi lo facciamo marciare ad acqua minerale perché l’acqua che esce dai rubinetti di Milano è GESSO, ma di tanto in tanto va comunque fatta un po’ di comprensibilissima manutenzione con l’aceto. Ma se ci riesco io (e senza lamentarmene), direi che può farcela anche un bradipo zoppo.

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Occhiaie, non vi temo

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Per voi, non per il bambino. Perché la vostra faccia lo sa, che vi svegliate due volte a notte. E le vostre occhiaie ci tengono tantissimo a farlo sapere al mondo intero. Uno stick all’aloe non può fare miracoli contro l’insonnia perenne, ma la frescurina vi restituirà almeno un po’ di speranza.

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Il ciuccio scaltro

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Il ciuccio non ci affascina e, in generale, l’abbiamo discretamente ignorato. Ma non perché in casa nostra esista una qualche avversione ontologica nei confronti del ciuccio, è proprio che a Minicuore non interessa molto. Nei primi mesi, però, l’unico ciuccio che siamo riusciti a usare – usare = garantire una sontuosa permanenza del ciuccio nella cavità orale del mio erede di più di 5 MIRACOLOSI minuti consecutivi – è questa specie di ibrido tra un succhietto e un dinosauro. Ne esitono di mille tipi – a seconda della bestia che più vi piace -, ma il principio è sempre lo stesso: un pupazzino con un ciuccio cucito in faccia. Sembra un’idiozia (e lavarlo ogni volta è un po’ una menata), ma ha il suo perché. Io, per dire, bloccavo il dinosauro con le bretelline della sdraietta (o lo incastravo strategicamente utilizzando ogni superficie e stratagemma disponibile), aumentando di circa il 2000% la stabilità dell’intera operazione. Al crescere dell’infante (e della sua vacillante coordinazione), il pupazzino diventa anche un giocattolo da stritolare. MA VERAMENTE, TEGAMINI? E NOI CHE PENSAVAMO DIVENTASSE UN DIRIGIBILE.

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Bavaglini magnetici

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E le bandanine. E i bavaglini a punto croce coi laccini da annodare. E i bavaglini col velcro. E i bavaglini coi bottoni. Ci sono bavaglini di ogni genere, E NOI LI ABBIAMO TUTTI. Ma sono tutti comodi? No. Il mio preferito (E ACCIDENTI AI CANI NE HO SOLO UNO) è quello con la chiusura magnetica. Perché sì. Il velcro scartavetra i teneri colli, i nodi non devono essere troppo stretti ma neanche troppo larghi – e fatelo voi un nodo dietro la nuca a un bambino che si dimena -, e i bottoni sono minuscoli e ti scappano. Calamita. Ciao. Addio. Il nostro bavaglino magnetico viene da qui… e non ci sono solo le fantasie con i dinosauri. Anche se, ovviamente, i dinosauri sono la cosa migliore del mondo.

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Sacco termico

sacco termico

Minicuore ha cominciato ad andare a spasso con il sopraggiungere del gelo, e ci siamo dovuti attrezzare per evitare l’ibernazione subitanea. Abbiamo due saccotti termici: uno più piccolo – che ora usiamo per l’ovetto – e uno più grande (e pure impermeabile) – per il passeggino. Il saccotto è comodo (rispetto alle tutine da omino Michelin) perché è più semplice da gestire quando si passa dal freddone dell’ambiente esterno a un luogo chiuso e auspicabilmente più temperato. Il saccotto genera del teporino, non disperde il calore e ti permette di vestire normalmente il bambino, senza imbottirlo tantissimo e semplificando le complesse operazioni di svestizione/vestizione. Col saccotto non c’è praticamente una mazza da fare: apri la cerniera e lo tiri fuori.
Del saccotto più piccolo ho parlato qui, mentre qui c’è il saccotto più simile al nostro – che in più ha la coulisse in cima, cose astutissima per evitare che il bambino vada in giro col collo scoperto.

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Il marsupio

Marsupio Babybjorn

Ho pensato di cimentarmi con la fascia per circa 37 secondi, poi mi sono resa conto che se per capire come usare una cosa ho bisogno di guardare numerosi tutorial su Youtube o di frequentare un corso, probabilmente non è una soluzione che fa per me. Se vi trovate bene con la fascia sono molto felice per voi, ma io sono fatta male e mi ci sarei impiccata, penso. Quindi ho preso un marsupio Babybjorn, dopo averlo provato da un’amica che ci ha già portato a spasso due bambini. Sono marsupi pensati per essere messi e tolti agevolmente, senza l’intervento di partner, buoni samaritani o passanti. Si regolano facilmente (adattandosi anche alla schienona di Amore del Cuore) e distribuiscono bene il peso, senza spezzarvi necessariamente la schiena. Grazie, marsupio – senza di te non sarei mai più andata a vedere una mostra. E non avrei mai raggiunto luoghi della città collegati con tram altissimi e impervi.
(Nota: volete usare il marsupio ma c’è meno venti? Ficcate la vostra creatura in una tutona imbottita – ce ne sono di mille tipi, piuminate e non – e vagate con fiducia. Minicuore ha una tuta “da neve” a forma di orsacchiotto e ne andiamo giustamente fierissimi… oltre a destare l’infinita tenerezza delle vecchiette che aspettano il verde al semaforo).

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Fazzoletti IN SCATOLA

kleenex

Credevo che i fazzoletti in scatola servissero soltanto nei film.
Studio dell’analista. Paziente in lacrime sul divano. Il dottore si avvicina, premuroso, e allunga al malcapitato una scatola di provvidenziali fazzoletti. Coraggio, Mary Jane, non faccia così. Grazie, dottore.
In barba alle difficoltà di Mary Jane, però, I FAZZOLETTI IN SCATOLA SERVONO ANCHE ALLE PERSONE VERE. E ora, sentendomi un premio Nobel, li tengo infallibilmente nel primo cassetto del fasciatoio – da dove vengono estratti per direttissima (tipo prestigiatore coi foulard) in caso di alluvioni, smoccolate, rigurgiti di latte e altre amene deiezioni improvvise.
Lo so, gente, sono scoperte. E forza, Mary Jane. Ripigliati.

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L’orso per la nanna

orso paziente

Abbiamo un carillon con lucina rilassante stellinosa che si aggancia alla culla e un orso con la pancia splendente e la capacità di generare serafiche musichine per una mezz’ora buona. Per la sua espressione pacifica e l’incrollabile fiducia nella sua capacità di far addormentare i bambini, l’abbiamo chiamato l’Orso Paziente. E lo amiamo. Lo accendiamo quando Minicuore comincia a dare in escandescenze per la stanchezza e lo teniamo vicino alla culla fino all’effettivo sopraggiungere di una nanna ben strutturata. Ci gioca anche di giorno, ma l’Orso Paziente ci soccorre soprattutto quando è necessario creare un po’ di atmosfera in vista della buonanotte. E non sarà solo merito dell’Orso Paziente, ma il bambino DORME.

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Una lampada da notte

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La culla e il fasciatoio di Minicuore sono nella nostra stanza. Un po’ perché non ho una castello – Ah, Reginald, vuoi seguirmi nell’ala ovest? È giunta l’ora della nostra visita quotidiana al piccolo Conrad… – e un po’ perché mi sembrava più funzionale minimizzare gli spostamenti notturni con un bambino potenzialmente agitato in braccio. E il bagno di Minicuore è il bagnetto della camera – nell’altro bagno è già un miracolo se ci stanno due accappatoi. COMUNQUE. Dopo tre giorni di accensioni confusionarie di luci e disturbo totale al genitore off-duty (un pannolino a testa, latte sempre io… inevitabilmente), ho riesumato l’unica lampada da terra che abbiamo. Lampada che, tra le altre cose, è anche quella che produce la luce più piacevole, calda e avvolgente. L’ho piazzata vicino al fasciatoio e, non si sa come, ho fatto bene. Minicuore l’ha sempre osservata con un’adorazione che non ha mai riservato nemmeno a suo padre (accolto come Gesù Cristo a Gerusalemme ogni volta che torna dal lavoro) e, in generale, ha contribuito a rendere i risvegli meno traumatici e l’ambiente più piacevole. Anche alle tre del mattino. Nel mezzo di una tempesta di sterco molle.

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Set bagnetto

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La corroborante semplicità di questo set di prodottini da bagno ci accompagna più o meno dal ritorno a casa con Minicuore. La bustina si può srotolare e appendere, ogni oggettino ha la sua taschina ed è tutto perfettamente indispensabile. Ci sono la spugnetta, la spazzolina morbida, un pettinino per capelli più seri, la forbicina per le unghie e un pesce molto servizievole che misura la temperatura dell’acqua e vi segnala il range consigliato per una serena immersione.

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Vaschetta

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All’inizio l’abbiamo usata con il gioioso cucchiaione per piccolini (che purtroppo va comprato separatamente), e ora facciamo il bagno sollevando tsunami d’acqua saponata… perché ormai la vaschetta è diventata un po’ piccola. Spero di poterla sfoderare ancora per un po’, magari quando Minicuore riuscirà a stare seduto da solissimo, ma ce la caviamo ancora. È di plastica presumibilmente indistruttibile ed è super comoda perché si più ripiegare (lungo quei gommotti blu) e mettere via senza occuparti mezza casa.

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Librini stropicciosini

libro chicco

Ebbene, il primo libro di Minicuore non è stato Delitto e castigo, ma un prezioso tomo stropicciabile di ben tre pagine. È uno degli oggetti a cui si è affezionato di più ed è anche la prima cosa al mondo che l’ha fatto ridere col sonoro – e io là che piangevo come una vitella. AMORE DEL CUORE HAI SENTITO HA RISO! RIDE! Singhiozzi. Comunque, la cosa divertente penso sia il rumore plasticoso-scrocchiettante delle pagine di stoffa, che dentro credo abbiano i sacchetti di plastica dell’Esselunga, quelli che usano per le focaccine. I sacchettini delle focacce dell’Esselunga sono la cosa più rumorosa di sempre. Il libro è popolato da una serie di animalini che tentano di contare fino a sei avvalendosi di magici PROPS rimediati nella giungla o capitati casualmente nel loro habitat. Bonus, la foglia masticabile.
Noi abbiamo cominciato con questo, ma i libri di stoffa rumorosi, afferrabili e pieni di materiali diversi da toccare sono – in generale – una buonissima idea.

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Palestrina

palestrina

Fonte di inesauribile fascino, la nostra palestrina somiglia un po’ a un carro del Gay Pride – cosa che non può che rallegrarci molto. Suona (e non vi libererete mai più della musichetta), si illumina e produce anche rilassanti rumori di foresta pluviale. È dotata di diversi giocattoli penzolanti che fanno cose diverse (sonagliano, roteano, frinfrillano, vorticano…), di una immancabile foglia scricchiolante e di parecchi ganci per appendere un po’ quello che vi pare. È grande abbastanza da ospitare i primi rotolamenti e il tappetino è facilmente lavabile – perché dove c’è entusiasmo c’è anche la bava. Se volete metterci bimbi di un paio di mesi vi consiglio di “limitare” gli stimoli. Magari tenete spente musichine e lucine – o accontentatevi dei rumori rilassanti. Man mano che gli infanti crescono, invece, sarà stupendo vederli prendere a calci in faccia il tucano e interagire quasi contemporaneamente CON OGNI SINGOLO ARNESE.

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Pupazzi-frittata… ehm, i DOUDOU

dragopotamo

I pupazzetti bidimensionali, con pezzettini afferrabili e magari anche un mix di stoffe diverse da toccare e/o morsicare ci hanno regalato gioie infinite. Il preferito di Minicuore è questa specie di drago col mascellone da ippopotamo (prontamente ribattezzato DRAGOPOTAMO) che si trasforma anche in marionetta e, oltre ad essere uscito più volte vittorioso da diversi lavaggi spietatissimi in lavatrice, ha anche un gancino per il ciuccio e numerose propaggini aggeggiabili.

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Pupazzi… multisensoriali?

giraffa

Con il passare del tempo, la vostra preziosa creatura imparerà anche a gestire pupazzi in tre dimensioni. Ma devono essere estremamente avvincenti. E fornire stimoli eterogenei. Noi, per dire, abbiamo una giraffa dalle sconvolgenti potenzialità. Non solo è dotata di codine, nastrini e orecchiette da tirare, ma ha anche un anellino morsicabile per la dentizione, una zampa imbottita di plastichine fragorose, una zampa con le palline, il culo che suona se lo schiacci e il collo allungabile. E QUANDO LE ALLUNGHI IL COLLO VIBRA – VIBRA! Il poti-poti del deretano va ancora scatenato da un volenteroso genitore, ma contiamo che Minicuore impari a suonare le chiappe di questa giraffa al più presto. Per ora la maltratta con infinita fascinazione.

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Grattugia per la frutta

grattugia

MADRE ha riesumato la grattugia che usava per me ormai trent’anni fa, un aggeggio di vetro pesantissimo e piuttosto angusto. Per ovviare alle difficoltà – e in barba al romanticismo – ci siamo presi una banalissima grattugia di plastica con un po’ più di spazietto laterale, perché la mela deve pur accumularsi da qualche parte senza il rischio di straripare. E deve anche essere comodamente raccattabile con un maledetto cucchiaino, senza dover tutte le volte fare movimenti di polso da giocatore di biliardo. La mela, comunque, la dovete grattare con un armonioso movimento circolare. E su questo MADRE ha perfettamente ragione.

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Pappe for dummies

cucchiaino d'argento

La mia propensione all’arte culinaria rasenta il ridicolo, ma per Minicuore sto cercando di migliorare. E mi sto applicando un casino. Il cucchiaino d’argento – fratello piccolo del celebre Cucchiaio d’argento – è un ricettario estremamente semplice e chiaro sulla gestione delle pappe e dei primi cibi “veri” per bambini fino ai 5 anni. È diviso per età, è assai orientato alla praticità ed è stato assemblato con rigorose supervisioni pediatriche e anche parecchio buonsenso, mi pare di capire. Ora devo comprarmi un colino per filtrare il brodo vegetale (che non ce l’ho, il colino per filtrare i brodi, scusate tanto) e poi si comincia… veleggiando verso l’ignoto.

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Altalena

altalena

In parole povere, l’altalena è una sdraietta che si dondola da sola – proponendo anche un ricco e stimolante sottofondo musical-sonoro e ben quattro velocità di oscillazione. Minicuore, da sveglio, esige la costante attenzione di un essere umano che interagisca con lui, ma sull’altalena riesce a trascorrere piacevolmente anche dei sontuosi quarti d’ora di autonomia. Il sedilino è regolabile (un po’ come quando in aereo vi viene sonno) e il tutto funziona a pile. E c’è anche il telecomando.
L’altalena mi ha liberato dall’obbligo perenne di far fare su e giù a una sdraietta? Abbastanza. E i miei arti ringraziano.
È un oggetto umile e poco ingombrante? Direi di no. Insomma, se avete già una casa che sembra un Toys’r’Us assaltato da uno squadrone di clown imbottiti di anfetamine, vi sconsiglio di complicare ulteriormente la situazione. Se avete un botto di posto, invece, altalenatevi e buonanotte.

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Non ho consigli su prodotti e/o rimedi anti-colica, perché Minicuore non ne ha sofferto (e perché non sono una pediatra).

Non ho consigli sulla cura della pelle, perché Minicuore non ha il culo rosso o particolari problemi che richiedano un intervento più massiccio di quello che ho già descritto qui.

Non ho consigli su saponini, bagnoschiumini e compagnia spumeggiante, perché abbiamo utilizzato indifferentemente quello che ci hanno donato (Chicco e Mustela) senza reazioni scomposte o HIGHLIGHTS degni di nota.

Non ho consigli su termometri, aerosol, pompette anti-muco o strumentazioni varie per la cura dei malanni, perché non ne abbiamo ancora avuto bisogno. Ogni tanto a Minicuore si tappa il naso e la risolviamo con un lavaggio di acqua fisiologica. La fisiologica serve sempre. Dotatevene.

Non ho consigli nemmeno su una marca particolare di asciugamani o mini-accappatoi. Tutto quello che posso dire è che vi conviene prendere quelli di spugnetta con il cappuccio-angolino, perché mettere subito al riparo e all’asciutto i cranietti è importante, dopo il bagno.

Per i pannolini, abbiamo votato per continuità: Pampers Progressi Newborn (e successivi), esattamente quelli che si usavano al nido dell’ospedale.

L’abbigliamento è una landa sterminata piena di possibilità infinite. Non posso addentrarmici, o riemergerei per la maturità di Minicuore. Vi basti sapere che vi serviranno svariati multi-pack di bodini di cotone (la lunghezza della manica dipende un po’ da quando nascerà la vostra creatura) e una collezione discretamente estesa di tutine coi piedi (per l’ordinaria amministrazione vi conviene semplificarvi la vita). Se poi dovete essere ricevuti a corte o volete fare un giro dandovi delle arie, tutti da Petit Bateau.

Vorrei potervi consigliare un ottimo e solidissimo bavaglino impermeabile, ma lo sto ancora cercando.

Vorrei parlare di scarpine. Ma ogni volta che ho cercato di comprare delle pantofoline adorabili a forma di animale ho sbagliato completamente la misura.

Ma dovrei avercela fatta a finire questo enciclopedico post. Almeno quello.
Spero tanto di essere stata d’aiuto e vi auguro meraviglie di ogni genere.
In bocca al lupo!