
Incontenibili dinastie di bambini-guerrieri e mini-valchirie popolano Bea Wolf – scritto da Zach Weinersmith e illustrato dalla mano favolosa di Boulet –, imprevedibile rielaborazione del mito di Beowulf e secondo volume della collana Cherry Bomb, curata da Zerocalcare per Bao Publishing. Com’era la prima uscita? Portentosa. E sta qui per chi volesse recuperarla.
I mostri da combattere appaiono, tradizionalmente, per incarnare un Grande Male, per darci qualcosa di tangibile e reale da fare a pezzi e per aiutarci a identificare eroi, simboli positivi, ispirazioni, guide. Qui il Grande Male è il tempo che passa e che ci fa crescere, trasformandoci in quegli adulti tristi e grotteschi che tanto orrore fanno allo schieramento dei piccoli, invariabilmente rumorosi e spavaldi, disordinati e liberi.
Prodezze e marachelle diventano materiale leggendario e, nel ripudiare sia i grandi che gli adolescenti (agghiacciante trailer del futuro più prossimo), i bambini fondano una sorta di società alternativa in cui le regole imposte dal mondo “cresciuto” sono soppiantate dall’immaginazione, da una gioiosità esplosiva e da un codice basato sulla condivisione, sul rispetto guadagnato in corroboranti fanfaronate, sulla ricerca del divertimento e sull’accoglienza di chiunque voglia rimandare il più possibile l’ingresso nella condizione adulta.
Il materiale mitico di partenza diventa la base per episodi riadattati (spesso a colpi d’orsacchiotto) e per una rivisitazione linguistica: la scrittura di Wienersmith cerca infatti di riprodurne e richiamarne il ritmo, le sonorità e le figure retoriche – un accollo vero per Leonardo Favia, che riemerge vittorioso da una traduzione per nulla agevole.
Sarà vero che crescere comporta per forza la cancellazione di un’epoca selvaggia e prodigiosa? Per quanto ingrigita, mi auguro che qualcosa sopravviva ancora – anche se le caramelle gommose non le ho mai mangiate volentieri.
