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Giugno 2012

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Le renne non sono originarie dell’Islanda, ma vi furono importate tra il 1770 e il 1778. Il mostro più famoso dell’Islanda è il serpente di fiume Lagarflijòt dell’Egilsstadir. Il primo tentativo del mondo di frenare una colata lavica con l’acqua fu portato felicemente a termine nel 1974, durante l’eruzione delle isole Vastmannaeyjar. In Islanda non ci sono nè ferrovie nè treni. Il campionato del mondo di bridge fu vinto nel 1961 dalla nazionale islandese. Il nuoto è meteria obbligatoria per tutti nelle scuole elementari. Il merluzzo più grande mai pescato in acque islandesi pesava 50 chili, mentre il più grosso salmone mai catturato con la lenza era lungo 130 centimetri – fu pescato nel 1992 nel Bakkaà, aveva undici anni ed era immangiabile.
Oltre al mitologico serpente di fiume, alle renne d’importazione e ai merluzzi affetti da gigantismo, in Islanda c’è anche Auður Ava Ólafsdóttir, autrice di Rosa candida, un romanzo di rara e piacevolissima morbidosità.

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– Le verdure non sono mai state la mia passione, mio caro Lobbi. Piuttosto erano il pallino della mamma. Io riuscirei a mangiare al massimo un pomodoro alla settimana. Quanti pomodori hai detto che può dare ogni pianta?
– Almeno prova a regalarli.
– Non è che posso bussare di continuo alla porta dei vicini con i miei pomodori in mano.
– E se li dài a Bogga?
Glielo domando anche se ho il sospetto che la vecchia amica della mamma abbia gli stessi gusti di papà.
– Non ti aspetterai mica che vada a trovarla tutte le settimane con tre chili di pomodori. Insisterebbe per farmi rimanere a cena.

Dunque. Lobbi ha ventudue anni, un padre affettuoso e goffo che si ostina a cucinare anche se non è troppo capace, un fratello gemello autistico che non dimentica mai di indossare la cravatta e un talento autentico e pacifico per il giardinaggio, ereditato dalla mamma. Questa mamma, morta da poco in un incidente stradale, riusciva a far crescere gli alberi anche nello stravento ed era il tipo di donna straordinaria che esce di notte per andare a lavorare in pace nella sua serra super lussureggiante. Lobbi, alto, secco, coi capelli rossi e una sbilenchissima prospettiva sul mondo e gli altri esseri umani, passa parecchio tempo nella serra… ci va a leggere, a studiare le piante, a pensare e a fare l’amore con amiche di amici. Quando ci finisce con Anna, però, l’effetto imprevedibile di quelle poche ore trascorse insieme sarà una bambina bionda, curiosa e tranquilla. Lobbi non sa bene che cosa pensare. All’inizio la risolve imbarcandosi per qualche mese su un peschereccio – vomitando l’anima – e decidendo, una volta tornato in Islanda, di accettare un lavoro da giardiniere in un paese del Nord Europa dove non c’è lava congelata da tutte le parti e le rose possono crescere senza sbriciolarsi. E visto che con Anna non è che si stia proprio insieme, anzi, Lobbi compra un po’ di pigiamini per Flòra Sòl, saluta tutti quanti e inizia il suo viaggio verso il lontano giardino. L’avventura inizia con un attacco di appendicite, prosegue con un istruttivo tragitto in macchina e s’ingarbuglia in difficoltà linguistiche – che Lobbi risolve parlando a tutti di piante, possibilmente in latino -, fino all’approdo al monastero e al suo leggendario roseto, ormai invaso dai rovi e reso opaco dal decennale menefreghismo degli anziani frati. Tra un’aiuola, un bicchierino con padre Tommaso – appassionato di cinema d’autore – e il costante tentativo di far capire a chi vede la foto che Flòra Sòl ha tutti i capelli che dovrebbe avere una bambina di nove mesi, Lobbi cerca di fare a patti con la nostalgia e di ricordare che cosa mai l’abbia spinto a finire laggiù. A chiarirgli le idee, o forse ad aggrovigliarle ancora di più, arriva una telefonata improvvisa di Anna, che vorrebbe lasciargli Flora Sòl per qualche settimana, il tempo necessario a portare a termine la sua tesi di genetica…

– Come si capisce se una donna ti ama?
– In amore è difficile essere sicuri di qualcosa, – ribatte l’abate spostando la bambola verso Flóra Sól.
– E se una donna dice di avere paura che il suo uomo non torni piú, ma lui è uscito soltanto a fare la spesa?
– Allora può voler dire che chi ha voglia di andarsene via è lei.
Mentre si rivolge a me, osserva la bambina intenta a giocare.
– E quando una donna sembra assente? Significa che non è innamorata?
– O che è innamorata. Entrambe le cose.
– E se una donna dice a un uomo che è meglio che lui non s’innamori di lei?
– Allora può voler dire che è lei ad amare. Mi viene in mente un vecchio film italiano che magari t’interessa, affronta proprio queste problematiche. Il regista, in realtà, non utilizza quasi per niente i dialoghi: è per mettere in risalto i sentimenti.
– E se lei dice che non si sente pronta per una relazione?
Mia figlia mi passa la bambola pretendendo che le tolga l’abitino di filo.
– Allora può voler dire che lei è pronta, ma dubita che lo sia tu. Quindi teme di essere rifiutata.
– E se lei dice che ha intenzione di partire per starsene da sola?
– Allora può voler dire che desidera che tu la accompagni.
L’abate si alza e inizia a frugare tra le mensole.
– Esiste una carità ragionevole, recitano certi versi, – continua dall’altro lato della stanza, – ma non un amore ragionevole. Se si vivesse con la testa e basta, sarebbe impossibile incontrare l’amore, come sta scritto qui, da qualche parte… – conclude, e so che non si riferisce alla Bibbia.

Allora, il giardinaggio e i neonati sono esattamente i due temi che mai mi andrei a cercare di proposito. Non è il mio genere, non entro in libreria con la smania di leggere un bel romanzo pieno di concimi floreali e concimi prodotti da piccoli esseri umani, non è cosa. E cucinano anche un sacco… in Islanda è un continuo impanare rombi, mentre nel paesino del roseto c’è un gran spadellare tra fettine di vitello e grosse lepri selvatiche. E le confetture, e i budini. Insomma, anche chi se ne importa della salsa al vino rosso. È quindi con grandissima sorpresa nel cuore che v’informo che Rosa candida mi è piaciuto. È un libro che fa le coccole e ti porta a spasso per posti pensosi attaccato a dei palloncini. È una storia fatta di immagini semplici e rassicuranti, spezzetta le difficoltà in mattoncini che si possono controllare… e non ti cambierà la vita, ma di tanto in tanto fa bene farsi raccontare una cosa del genere. Non so poi che rapporto abbiate voi col romanzo islandese, ma a me non era mai capitato di farmi coccolare da un’islandese. Siamo abituati a storie di persone, famiglie, ricordi e compagnia tenute insieme da interminabili dialoghi, arguzie e macro-espedienti narrativi, qua uno si spoglia nudo all’improvviso e per uscire dall’imbarazzo propone di fare il tè. E basta, va bene così.

Insomma, se volete provare al mondo che anche il vostro cuore di ghiaccio è, in realtà, ripieno di morbida lava o se avete bisogno di leggere qualcosa di soffice e felice – per una volta -, Rosa candida vi farà contenti, anche se ammazzate puntualmente pure le piante grasse.

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Per le straordinarie curiosità sull’Islanda si ringrazia il Consolato Generale

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Ci sono molte cose che non capisco. Non capisco come si fa ad andare sui pattini a rotelle e non ho mai risolto un problema di fisica senza demolire con la mia ignoranza qualsiasi genere di teoria su spazio, tempo e moto. Non capisco nemmeno come facciano i soffitti a stare su o per quale motivo gli aerei riescano a decollare, quindi potrete ben immaginare le enormi asperità cognitive che devo ogni volta superare quando inquadrano Don Draper.
Bene.
Per ora ho visto solo le prime tre stagioni di Mad Men, quindi potrei sbagliarmi molto e tanto e potrei anche farvi un po’ ridere perchè qua sapete tutti quanti che cosa succederà mentre a me al massimo è capitato d’inciampare in qualche spoiler mentre mi facevo tranquillamente i fatti miei, ma vorrei togliermi numerosi pesi dal cuore.
Perchè Don Draper è una brutta persona. E quel che è peggio è che fa finta di essere interessante.

A scanso di equivoci, dirò subito che Don Draper è pazzescamente un bell’uomo. Don Draper è il motivo che ha spinto l’universo a inventare i completi giacca-pantalone-camicia-cravatta. A nessuno al mondo stanno bene come a lui. Don Draper è così bello che gli unici muscoli facciali che ritiene valga la pena muovere sono quelli della fronte e delle sopracciglia… e ciao, ovaie, ciao. Rilevantissima, poi, nell’economia morfologica di Don Draper, è anche la sua cospicua massa: Don Draper è un grosso uomo. Alto, con le spallone, solido… tizi del genere sono fatti apposta per demolire dubbi e difficoltà con la sicurezza di una rompighiaccio artica. E se non ci riescono fa lo stesso, perchè si potrà sempre rannicchiarsi a piangere sul loro ampio torace, villoso al punto giusto. Don Draper è ben consapevole della sua vergognosa avvenenza e dell’affascinante ingombro che produce quando mette piede in una stanza e, come ogni bieco opportunista, si comporta di conseguenza. Perchè Don Draper non si siede su un divano, fa draping. E può farlo solo lui, perchè anche mezzo stravaccato e con l’inevitabile accenno di doppio mento che ti esce quando ti metti così, Don Draper ti fa capire che non solo non gliene frega una frolla di niente, ma anche che è così tanto meglio di te da poterti ricevere a pancia all’aria e continuare a fumarti in faccia in tutta tranquillità. E questo vale per gli uomini, perchè le donne vorranno semplicemente essere il divano e continuare a versargli da bere.

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back-draping


front-draping

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Ora, che altro ha Don Draper, oltre alla capacità di essere un figo che fa il figo? Parliamone, perchè qua diventa difficile.
Prima di tutto, mi pare che ci sia dell’invidia. Don Draper alza il telefono e lo ricoprono di dollari. Minaccia di andarsene e lo ricoprono di dollari. Fa una roba bene, senza nemmeno tanto impegnarsi, e lo ricompensano con un bonus d’indicibile sostanziosità. Arriva in ufficio a mezzogiorno e quaranta, s’addormenta in poltrona e scompare quando gli pare. È in grado di propinare qualsiasi tipo di fandonia alla moglie senza che lei sospetti minimamente – per lungo tempo – di essere la più cornificata del Nord America. Maltratta segretarie e sottoposti e non solo nessuno gli dice che è un stronzo, ma tutti continuano a pendere dalle sue labbra e a mettere la testa sul ceppo, pronti per farsela amputare. Non solo, Don Draper talmente poco incline a provare simpatia per qualcuno da spingere orde di personaggi primari e secondari a stendersi sui binari del treno pur di suscitargli anche solo una minima reazione di umana fraternità. Perchè se uno che non sorride mai decide di sorridere a te, vuol dire che hai capito tutto dalla vita.

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non esistono immagini di Don Draper che sorride anche con i denti. È come Posh Spice.

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Ora, invidiamo Don Draper per lo status di pubblicitario luccicante, per la famiglia all’apparenza perfetta e per le macchine via via sempre più sbruffone. E sul fatto che sia bello e ricco ci siamo, ma non so bene decidere se sia anche intelligente. Perchè Don Draper parla poco… e quando parla si esprime per aforismi, distillando perle di pessimismo cosmico che, onestamente, non credo siano poi troppo più interessanti di quello che viene da dire a me o a voi appena dopo aver pestato una cacca di cane mentre si passeggiava coi sandali. Tipo:

You want some respect? Go out there and get it for yourself.

I can’t decide… if you have everything… or nothing.

If you don’t like the conversation, change it.

I hate to break it to you, but there is no big lie, there is no system, the universe is indifferent.

Ecco. Sarebbe ora di sfatare un mito troppo ben radicato: non è vero che ogni volta che uno che parla poco decide di parlare sia solo per dire cose fondamentali e meravigliose. Magari uno parla poco e quando dice qualcosa è per regalarci una cazzata tonante. Non è che perchè non ci fa l’onore di farsi sentire più spesso vuol dire che sta lì seduto a cercare di portare ordine nell’immenso turbinare del suo animo profondissimo e tormentato. Ci sono scene interminabili in cui vediamo Don Draper seduto alla scrivania con un bicchiere in mano, o davanti alla finestra con un bicchiere in mano, o a fissare il vuoto con un bicchiere in mano… e lo vediamo lì, col suo cipiglio da reggo-il-mondo-sulle-vertebre-cervicali e diamo per scontato che nella sua mente si stia formando chissà quale brillantissima perla immortale. La verità è che quando Don Draper è cipigliato e immobile col bicchiere in mano forse sta solo pensando ai suoi calli.
Bisogna però ammettere che Don Draper se la cava molto bene nell’intortare i clienti e nel farsi venire improvvisi colpi di genio nel bel mezzo di riunioni fondamentali per la salvezza dell’intera isola di Manhattan. Sempre che servano, questi colpi di genio, perchè di solito basta insultare un po’ Peggy – facendola sentire grassa, inutile, inadeguata e perennemente in debito per essere stata promossa ad account – per spronarla a sfornare un miracolo della moderna pubblicità da sbandierare in giro come frutto delle fatiche congiunte del dipartimento creativo tutto. Che gli è venuto in mente a Don Draper, a parte modi sempre più raffinati per far scoppiare il fegato a Pete Campbell? Insomma, avrà carisma, che vi devo dire. Se mi alzo la mattina e appena arrivo vi regalo un concentrato di cinismo in sette parole mi verrete tutti quanti a rispondere che sono cupa e inopportuna. Lo fa Don Draper e volano i reggiseni. Carisma, sarà il carisma.
E questa cosa del parlare poco e fissare intensamente oggetti a caso, tanto per far pensare di essere assorti e di celare un iceberg sommerso di straordinaria lucentezza, è una di quelle cose che piacciono tanto alle donne. Oh, bel tenebroso, intravedo la tua sofferenza, scorgo in lontananza l’immane fardello che grava sul tuo grande cuore… ma con quanta virile discrezione sopporti tutto questo, devi veramente essere una creatura speciale! Tieni, mi leverò le mutande per esserti di qualche conforto. Oh, che onore essere al fianco di un uomo così complesso!

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Oh, me misera.

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La verità è che non comprendo molto bene nemmeno le scelte sentimentali di Don Draper. Perchè posso anche farmi andar bene che uno cambi identità e si faccia strada nel mondo a colpi di energiche spallate e frasi ad effetto, quel che non mi garba è l’apparente casualità del chi va a letto con chi. Ora, Betty Draper ha un sacco di problemi – è variamente nevrastenica, sempre inversa e risentita, vanesia e ipocrita -, ma non mi è mai sembrata peggio di molte amanti “stabili” del suo consorte. E se riesco a capire che con una moglie del genere ti possa anche venire spontaneo trombare una svagata e allegra illustratrice del Village o una vacchetta scarruffata che ti salta addosso in California, quello che non accetto sono le concubine che hanno più problemi della legittima consorte. O che sono pure più racchie. Che roba è, impelagarsi con una vecchia gallina ninfomane, moglie del comico più sgradevole e vendicativo del mondo? E la maestrina con la sindrome del cucciolo abbandonato che cerca però di farci credere di essere una donna indipendente e coraggiosa? Per carità, Don Draper poteva utilizzare la medesima quantità di sbattimento impiegata per far funzionare le sue storiacce extraconiugali per che ne so, dire sei parole in più a quella squinternata di sua moglie, invece che gridarle di andare dallo psicologo quando finalmente decide di ripudiarti.
Quello che mi fa più arrabbiare, però, è che a Don Draper non si può dire niente. E l’infanzia difficile, e la guerra, e la famiglia povera e cattiva. Prendersela con Don Draper è vietato, perchè ti fa sembrare una brutta persona, poco sensibile al travaglio dell’animo umano. In realtà tollero Don Draper perchè ho una motivazione ben più solida per guardare Mad Men…  sopporto Don Draper – consolandomi a tratti con la sua incommensurabile presenza scenica – perchè in Mad Men c’è anche Joan. E nel mio cuore spero che Joan spacchi un vaso in testa pure a lui.

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So tutto, sono fighissima e pure indispensabile. E se mi fate suonare la fisarmonica ancora una volta, giuro che vi cavo gli occhi con un cucchiaio.