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Partirò con un commento che rallegrerà molto l’editore.
Io, di base, non sono una “lettrice Garzanti” – se con “Garzanti” intendiamo quel che ho sempre inteso io fino a questo momento. Per farla breve, non sono un’annusatrice di foglie di limone, il massiccio utilizzo di vegetazione in copertina mi fa sfasare, odio le fascette e ogni titolo composto da più di cinque parole tende a insospettirmi.
La buona notizia, però, è che il catalogo Garzanti non offre solo romanticismo a sfondo botanico-olfattivo, ma ci assiste valorosamente anche sul fronte letterario. Ed è una scoperta magnifica, che devo a un’autrice giovanissima (già finita nella lista dei migliori scrittori under40 di Granta, che è un traguardo di una certa rilevanza) e al suo esordio, contesissimo in tutto il mondo e pagato negli Stati Uniti con una bella milionata di dollari. Buon per te e per i tuoi ventisette anni, Yaa Gyasi. E buon per noi, che abbiamo un romanzo importante da leggere.

gyasi tegamini

Non dimenticare chi sei è un libro ambizioso, che racconta sette generazioni di uomini e donne accomunati da un’unica matriarca ma separati dal destino – quasi mai clemente. Il grande spartiacque è l’arrivo dei bianchi in Ghana – anzi, in Costa d’Oro – agli albori della tratta degli schiavi. Dal castello di Cape Coast, una delle fortezze da cui partivano le navi cariche di prigionieri africani da vendere oltreoceano, all’America dei nostri giorni, Gyasi ricostruisce la personalissima saga di una famiglia allargata e dispersa, alla ricerca della propria identità in un mondo che si riconfigura per istituzionalizzare il razzismo e legittimare il possesso e lo sfruttamento di un altro essere umano.
Dalle lotte tribali all’eroina che stravolge Harlem negli anni Sessanta, dalle piantagioni di cotone alle miniere di carbone, dal palazzo reale degli Ashanti ai jazz-club di New York, Gyasi ci accompagna in un viaggio lunghissimo, incaricando i suoi personaggi – uno diverso per ogni capitolo – di farsi portavoce di una storia gigantesca e di una “questione” ancora irrisolta. Il risultato è un romanzo epico ma personale, un’indagine importante alle radici di un problema che continua ad accompagnarci, nostro malgrado.
Che brava, perbacco.
E che bello trovare una Gyasi in quel di Garzanti.
Evviva!