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Il mio infante ha finalmente raggiunto un’età compatibile coi lungometraggi d’animazione. GRANDI FESTEGGIAMENTI IN TUTTO IL REGNO. Sono una ex-bambina che frequentava con assiduità il cinema (grazie, papà!) e sono fermamente intenzionata a godermi innumerevoli film in compagnia della mia creatura, procurandomi anche una solida giustificazione per guardare tutte le cose da “piccoli” sfornate dall’industria dell’intrattenimento. “Eh, sai… porto il bambino”. CERTO, STO PROPRIO FACENDO UNO SFORZO.

Biechi stratagemmi a parte, qualche giorno fa abbiamo beneficiato di una proiezione anticipata di Pupazzi alla riscossa che, per semplicità e sintesi, potremmo definire “il film delle Ugly Dolls”. In qualità di amministratrice del pupazzodromo domestico – già ben fornito anche prima della comparsa di Cesare sul nostro pianeta -, coccolo da tempo immemore una Ugly Doll rosa con tre occhi che mi accompagna di trasloco in trasloco sin dal lontano 2009 e che risponde all’ambizioso nome di PANDORA.
Ebbene, abbiamo tirato fuori Pandora dal cesto e ci siamo guardati il film.

Che cosa accade, in soldoni?
Non tutti i giocattoli sono immuni dai difetti di fabbrica. Alcuni superano indenni il controllo-qualità, mentre altri vengono scartati perché imperfetti, strambi, sbilenchi o “brutti”. I pupazzi brutti vivono spensierati e ignari in una cittadina costiera sorretta da solidi valori – speranza, ottimismo e accoglienza – e potenti inclinazioni musicali – se la cantano e se la suonano parecchio, insomma. Ma il destino di un giocattolo è quello di far felice un bambino… e vale anche per i giocattoli che non rispondono agli standard. Moxy sogna di poter approdare nel “grande mondo” per abbracciare la sua bambina e, in barba a tutte le macchinazioni che ancora non conosce, risale il condotto che collega Bruttopoli alla linea di montaggio e, in compagnia di un gruppetto altrettanto sgangherato di pupazzi, si ritrova in una specie di centro d’addestramento distopico per bambole belle, magre, pulite e profumate. Solo diplomandosi a pieni voti all’Accademia della Perfezione potrà avere accesso al mondo esterno ed essere adottata da una bimba fortunata. Ma sarà facile? GIAMMAI!

Ecco.
Potrei lanciarmi in un pippone infinito sull’importanza del superare le apparenze per dare la precedenza all’inclusione, alla bontà d’animo e all’incontro col diverso, scagliandomi contro una società conformista e superficiale che bada più all’involucro che alla sostanza e classifica le creature in base a quello che vede, invece di apprezzare l’altro in base a quello che sa, sente, pensa e dice. Potrei lanciarmi in un pippone di questo tenore… e farei bene, perché è tutto vero e sono tutti valori sacrosanti e importantissimi che possiamo ricavare dal film. Ma penso che il commento di Cesare, anni tre, sia molto più efficace di un mio potenziale trattato sociologico.

Cece, ti è piaciuto il film?
Sì. Ma ero anche un po’ triste.
Perché?
Pecché quelli brutti sono simpatici.
E sei triste perché sono simpatici?
No. Pecché quelli altri li trattano male.
Quelli belli ti piacevano?
No. Solo i brutti. Tutti coloati.
Ma sei più contento o più triste.
Contento.
E le canzoni?
Cantano tanto. Ma mamma pecché tu hai pianto?

Eh, la mamma ha pianto perché ormai la mamma piange per qualsiasi cosa. È un fenomeno che sta diventando imbarazzante. Ma non reprimiamo la nostra emotività. Cantano tanto, è vero, ma ci sta. E anche le voci italiane fanno un ottimo lavoro. Tra i doppiatori ci sono Federica Carta, Shade, Elio (FORZA PANINO!) e Achille Lauro.
Su Achille Lauro mi soffermerei perché Cesare è fan. Cioè, non ha idea di chi sia e non ha ancora afferrato il concetto di doppiaggio – se un pipistrello rosso parla è il pipistrello rosso che parla, non Achille Lauro – ma lui e suo padre mettono Achille Lauro a palla e ballano. Una sera hanno anche bruciato un ragù perché erano troppo impegnati a ballare Achille Lauro. Insomma, Achille Lauro mi deve un ragù ma gli voglio comunque bene.
Menzione d’onore a Gatto Farfuglio, che appare per credo sei secondi in tutto ma ha fatto ridere Cesare per una ventina di minuti – anche in questo caso, reazione sacrosanta.
Annotazione conclusiva che spero tornerà utile alle altre mamme di bambini vivaci: CESARE È RIMASTO SEDUTO COME UN SOLDATINO E HA GUARDATO TUTTO. Favola.

Insomma, un successone. Torno ad abbracciare la mia Pandora. E anche il mio Cesare, ormai pronto a darsi alla critica cinematografica impegnata. Pupazzi alla riscossa è nelle sale dal 14 novembre, dilettatevi. 

È un po’ che non parliamo dell’alpaca e che non gli dedichiamo l’attenzione che merita. Perché l’alpaca è l’animale più sublime di tutte le galassie! Paladino di poffosità, amico di ogni creatura visibile e invisibile, protettore dei pascoli erbosi e della gioia più splendente!
Ecco.
Per ricordarvi perché l’alpaca è straordinario, oltre a suggerirvi l’attenta lettura della prima e indimenticabile puntata della rubrica Gli animali ti guardano, sento anche il bisogno di rinvigorire il vostro entusiasmo con questa raccolta di dotti aforismi e illustri osservazioni. Che a me magari potete anche non credere, ma vi sfido a contraddire Darwin, padre della teoria evoluzionistica.

La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli alpaca.
Gandhi

La crudeltà verso gli alpaca è tirocinio della crudeltà contro gli uomini.
Publio Ovidio Nasone

L’alpaca è la virtù che, non potendo farsi uomo, si è fatta bestia.
Victor Hugo

Quando gioco col mio alpaca, chissà se sono io che mi sto divertendo con lui o lui con me.
Michel de Montaigne

L’etica, come viene intesa nel mondo occidentale, è stata finora limitata ai rapporti tra uomini. Ma questa etica è limitata. Abbiamo bisogno di un’etica più vasta, che includa anche gli alpaca.
Albert Schweitzer

Non c’è una differenza fondamentale tra le facoltà mentali dell’uomo e quelle dell’alpaca. Per quanto grande sia la differenza fra la mente umana e quella degli alpaca, si tratta certamente di una differenza di grado e non di genere.
Charles Darwin

 

Bene. Ma perché siamo qui? Siamo qui perché questi momenti d’oblio non si ripetano più. Mesi e mesi in cui il mirabile quadrupede andino è rimasto confinato in un minuscolo angolino del nostro cuore, senza poter galoppare liberamente su e giù per le praterie d’amore che meriterebbe invece di percorrere e abitare in ogni istante della vita del mondo. Eccoci dunque qua, pronti a partire alla perigliosa ricerca di un simbolo immortale, pronti a dar prova della nostra solidissima devozione.  E come, con cosa? Con un’icona, che domande, con un simulacro d’alpaca da tenere in bella vista nelle nostre abitazioni, così lontane dal Sud America e dall’ambiente naturale del nostro beniamino. Così su due piedi sembrerebbe impossibile trovare un oggetto capace di racchiudere e riassumere in se stesso tutta la nobiltà dell’alpaca. Ma, dopo attente e meticolose ricerche, sono qua per darvi speranza. Perché, da qualche parte nell’estremo oriente, c’è chi crea pupazzi a forma d’alpaca, pupazzi di rara bellezza… alti fino a quaranta centimetri e super accessoriati!
Giubilate!

Ora, rimanendo sempre sui modelli di jumbo-alpaca, sono indecisa fra questi tre esemplari… e gradirei un vostro consiglio. Ve li presento.


Alpaca UNO. Con un’inspiegabile tortina al collo.
Quel che non mi garba è la forma dimessa e malinconica delle orecchie, che dovrebbero essere ben svettanti e vigili, invece che spiaccicate all’ingiù come le tristi fronde di un salice.

*

Alpaca DUE.  Con orecchie infiocchettate e cravattino.
Mi piace il portamento, ma il muso è da imbecille.

*

Alpaca TRE, con accessori tartan.
Mi piace il portamento, mi piace l’espressione spavalda. Il cappello lo getterei nel fuoco.

 

Io propenderei per l’alpaca TRE. Ma è importante che ci sia consenso popolare, visto che finirebbe per diventare una delle numerosissime mascotte di Tegamini, nonché tormentone incancellabile e gradita aggiunta allo stemma araldico del mio casato. Comunque vada a finire, però, aggiungerò allo stupidissimo ordine un’irrinunciabile minipochette rosa a forma di cucciolo d’alpaca, che porterei con me in ogni dove e cullerei senza sosta e senza posa.

Ovviamente, chi fosse a conoscenza di qualche altro genere di morbido simulacro d’alpaca è pregato di segnalarmelo senza indugi. Perché limitarsi a un piccolo altare, quando si può erigere un maestoso tempio?

 

Per chi fosse (giustamente) ignaro di tutto, dirò che sono andata a fare un giro a Oslo, qualche settimana fa. Pessima idea, andare in vacanza all’inizio del mese, a stipendio praticamente intatto. Vai in giro in mezzo ai fiordi e ti convinci di avere addirittura un po’ di potere d’acquisto… ma poi torni a casa e ti viene in mente che non hai ancora pagato l’affitto e, mentre ancora trascini il trolley nell’androne, scopri anche che sono arrivate le bollette. Amore del Cuore vive un perpetuo lapsus, quando c’è da pagare la luce e il gas:

TEGAMINI – Ma quand’è che c’è da pagarle, insomma?
AMORE DEL CUORE – Che cosa, le multe?

Comunque.
Per chi volesse leggersi tutta l’avventura e vedere un mucchio di foto bizzarre e gioiose, c’è tutto un post pieno di cose divertenti e indicazioni > Oslo: una mini-guida per gente buffa.
Per chi sa già tutto, invece, procedo senza indugi con lo sbandieramento degli irrinunciabili articoli acquistati in Norvegia. Perché se mai qualcuno proporrà di interdirmi, sarà ben necessario fornire alle autorità un ragguardevole malloppo di tangibili prove di squilibrio e scarsa attitudine allo stare al mondo.

Splendido.

Il primo palpitante oggetto trascinato in patria dalle terre di Odino è un capiente, pratico e inutile lunchbox di foresta.

Il cerbiattino parla con lo scoiattolo, mentre moltitudini di uccellini festanti e altri scoiattolini – sicuramente sodali di quello che chiacchiera – si agitano senza posa tra la rigogliosa vegetazione. Perché è vero che in ognuna di noi c’è una principessa Disney.

***

Siamo anche entrati in un negozio dell’usato. Mai visto tanti piatti di porcellana arzigogolata in vita mia. Ho addirittura pensato che mi sarebbe piaciuto moltissimo sceglierne a caso una dozzina e apparecchiarci la tavola per sempre. Che si sa, gli assortimenti vintage che simulano disordine fanno tanto “guarda che stile, e non ci sforziamo neanche”. Date le costrizioni sul bagaglio a mano, però, ho lasciato perdere piatti e piattini per lanciarmi su una coppia di incomprensibili uccellini. Burberi e gonfi come cornamuse.

VICHINGO DELL’USATO – Are you getting the birds, then?
TEGAMINI – Absolutely, they’re so pretty!
VICHINGO DELL’USATO – I know. They remind me of my grandma.
AMORE DEL CUORE – …seh, altroché ricordi, questi qua erano proprio quelli di sua nonna!

Mi chiedo da quanto sia morta, quest’anziana sconosciuta.

***

Ma il vero tesoro, ripescato da un vascello spezzato a metà dal tentacolo di un kraken di fiordo, è ben altro. Perché nei negozi di giocattoli norvegesi si trova di tutto. E ci sono anche i polli arrosto di peluche.

Nota bene, sia le ali che i cosciotti sono staccabili. C’è il velcro, così li puoi riappiccicare e mettere da parte gli avanzi… metti che qualcuno non riesca a finire quello che ha nel piatto (uno scandalo, con tutti i bambini che muoiono di fame in Africa). Per una corretta conservazione del pollo-pupazzo, poi, vi consiglio animatamente di cacciarlo in frigo.

Per tirarla ancora un po’ per le lunghe, vi racconterò anche che questo pollo era destinato a me. Lo scorso anno, in un negozio di giocattoli di Amsterdam – anche là, negozi di giocattoli straordinari, devono avere qualcosa, i nordici, per i giochi… che sia la maggiore prossimità geografica con Babbo Natale a ispirarli? – avevo visto un pollo di peluche uguale uguale. Stupidamente, però, avevo evitato di comprarlo. Sarà che stavamo andando a visitare la casa di Anna Frank… e probabilmente avrò pensato “non puoi andare alla casa di Anna Frank con un pollo di pezza in mano”. E niente, l’ho lasciato dov’era, rimpiangendolo amaramente per mesi. Poi niente, si è verificato questo miracolo norreno. Ed era pure l’ultimo rimasto. Insomma, il fato ha voluto che io e il pollo ci incontrassimo di nuovo. E questa volta non ho vacillato.

***

Ci eravamo anche presi benissimo con questi esotici cranio-pupazzi ma, si sa, Ryanair ti dissangua, se osi proporti al check-in con un bagaglio anche di poco più grande di una risma di fogli A4.
Il bufalo!
Parliamo del bufalo!
È straordinario, lontanissimo da casa mia, ma straordinario.

***

MADRE – …ne aveva molti di più, ma tanto per farti capire…
AMORE DEL CUORE –  Più che in quel baule?
MADRE – Oooh! Un divano pieno. Guarda che roba.
AMORE DEL CUORE – …che belli, ma sono tantissimi.
MADRE – Dunque. Questo è Chiottino.
AMORE DEL CUORE – Ghiottino?
MADRE – CHIOTTINO!
AMORE DEL CUORE – Chiottino, Chiottino.
TEGAMINI – Chiottino è il mio preferito, vedi com’è tenero? E’ fatto apposta per abbracciarti, me lo portavo sempre in giro. Sta sulla mensola perchè è il più importante, non voglio che finisca schiacciato lì dentro.
AMORE DEL CUORE – In effetti…
TEGAMINI – FAI PIANO CON QUELLE MANONE! Non vedi che qua ha in collo pericolante?
MADRE – Invece quest’altro è Chiottone. Fratello maggiore di Chiottino. E’ arrivato dopo, perchè Chiottino ce l’aveva da quand’era molto piccola.
TEGAMINI – Mi ricordo di quando mi hai regalato Chiottone. Era sotto l’albero, da solo.
MADRE – Chiottone era più grosso di te. Tienilo, Marco, che qua ce ne sono degli altri.
AMORE DEL CUORE – …ok, tengo Chiottone.
MADRE – Questo qua è il drago Duncan. Vedi qua, la coda? Gliel’ha mangiata. Glielo mettevo vicino nel passeggino e lei gli masticava la coda. L’ho dovuta ricucire mille volte.
TEGAMINI – Povero drago Duncan.
MADRE – Poi, qua ci sono il gatto bianco e l’altro gatto, che gliel’aveva regalato la nonna Lelia quand’era all’ospedale per le tonsille… secondo me, è più bello il gatto bianco. Questo invece è Mabiglio.
TEGAMINI – IL CONIGLIO MABIGLIO! …no! Non darlo ad Amore del Cuore, non ti ricordi che ha un orecchio scucito?
MADRE – Ma non gli fa niente, faglielo tenere.
AMORE DEL CUORE – Non importa, davvero, ho già Chiottone, sto bene così… e poi mi guarda male.
TEGAMINI – Non è vero, Mabiglio è molto gentile, è solo il pelo che gli si è arruffato intorno agli occhi.
MADRE – Comunque. Ci sono anche un sacco d’uccelli. Questo è Culo di Penna. Quando andava a fare i tornei di tennis portavamo sempre Culo di Penna e lo mettevamo a sedere in panchina, così al cambio di campo si parlavano.
AMORE DEL CUORE – Giocavi a tennis con un fenicottero in panchina.
TEGAMINI – …avevo otto anni. E comunque lo rifarei.
MADRE – Culo di Penna l’avevano anche usato nella recita di Chichibio e la gru.
TEGAMINI – Si era deciso di farlo passare per una gru, visto che nessuno aveva pupazzi di gru.
MADRE – Marco, tieni Culo di Penna.
AMORE DEL CUORE – …eh, ciao, Culo di Penna.
MADRE – Bene. Questo qua è il millepiedi.
TEGAMINI – …METTILO VIA! MI FA PAURA!
AMORE DEL CUORE – …
MADRE – Santodio, è un millepiedi, guarda com’è tutto colorato, con le scarpe da ginnastica! Prendilo tu, Marco, che mia figlia è scema.
AMORE DEL CUORE – Lo devo nascondere dietro a Chiottone?
MADRE – Ooooh! La Signora Cruschin!
AMORE DEL CUORE – Cos’è, una gallina?
MADRE – E’ bellissima, la Cruschin. Vedi qua, ha la cerniera sotto la pancia perchè era piena di uova di cioccolato. Le abbiamo mangiate e lei poi ci infilava dentro i pulcini. Aveva tantissimi pulcini. Questa però è una papera…
TEGAMINI – CLARAMINDA!
MADRE – Claraminda ci è molto cara.
AMORE DEL CUORE – …bè, giustamente.
MADRE – Una volta abbiamo visto in un negozio una Claraminda gigante. Era uguale a lei, solo che era lunga un metro e mezzo. Siamo riusciti a convincerla che era diventata grande, altrimenti ci toccava pure portarci a casa la mutazione genetica di Claraminda, e di grosso avevamo già il delfino Maiemi. Vallo a prendere, che è sul divano di là.
AMORE DEL CUORE – No ma non importa, me lo ricordo, l’ho visto l’altra volta.
MADRE – …ah, va bene. Qua invece c’è l’aquilotto che ti ha mandato il tuo padrino dall’America, gli si spiegazzano sempre le ali… e questo qua è ET.
AMORE DEL CUORE – Ma è bruttissimo!
TEGAMINI – …ET bello bello non lo è mai stato. Poi vedi, si è tutto spelato, come gli zaini della Mandarina Duck, che dopo un po’ si appiccicavano tutti.
MADRE – E’ un peccato, perchè aveva tutto il cuore rosso, come il dito, vedi lì, che c’è ancora la plastichina rossa?
AMORE DEL CUORE – Molto realistico.
MADRE – Questo invece è l’ewok che ti abbiamo preso a Eurodisney.
AMORE DEL CUORE – …cos’è un ewok?
TEGAMINI – E’ un abitante della luna boscosa di Endor. E somigliava a mia nonna Aurelia.
MADRE – Poi c’è un pipistrello e quest’altro qua, il pistolero. Tieni, Marco, che se no non riusciamo.
AMORE DEL CUORE – Posso sedere Culo di Penna sul tavolo, magari?
TEGAMINI – Ma lascia perdere, che madre non si è accorta che è mezzanotte e quaranta…
AMORE DEL CUORE – Eh, già, caspita. E dobbiamo tornare anche a Milano.
MADRE – Si ma adesso non lasciatemeli tutti in giro a prendere la polvere, poverini.
TEGAMINI – Ma ci stanno?
MADRE – Certo, non vedi che è bombato, questo baule? E’ un baule intelligente. Mi spiace di non avere qui Tarta la tartaruga, però.
AMORE DEL CUORE – E’ un peccato, volevo conoscere anche lei.