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Ebbene. Le Matrimoniadi procedono. Cioè, ho addirittura trovato il vestito. Avrò tutto. Pizzo, tulle, organza di seta, velo, coprispalle, tutto. Farò provincia. Attirerò stormi di candide colombe (opportunamente provviste di pannoloni e di spade laser anti-gabbiani), l’intera corte di Asgard precipiterà sul sagrato della chiesa surfando sul Bifrost e una carrozza trainata da dodici alpaca cotonati ci porterà dove ne abbiamo voglia. Mi piacerebbe da matti sbandierare un po’ di foto dell’adorato abito, ma non posso. Amore del Cuore è un assiduo visitatore di Tegamini, dopotutto. E poi, anche volendo ignorare la leggenda – se lo sposo vede il vestito della sposa prima del matrimonio, la sposa dovrà passare il resto dei suoi giorni con l’herpes, la pellagra, il tifo petecchiale, la depressione e una gamba di legno -, dicevo, anche volendo non potrei far vedere niente a nessuno, perché il mio papà – aizzato dalla superstiziosissima MADRE – si è categoricamente rifiutato di mandarmi i DAGHERROTIPI scattati nel mirabile atelier. Insomma, dovrete avere pazienza. Quello che mi preoccupa, sul fronte abito, è che ho cambiato pillola e le tette mi sono aumentate di volume. Ma in un mese. BAM! Non ho idea delle ripercussioni che questa faccenda avrà sul mio abito su misura di stellare sartoria, ma – alla bisogna – risolverò ogni cosa con una plateale crisi isterica tipo Abito da sposa cercasi, e buonanotte. Insomma, avrò diritto a un esaurimento-nervoso-lampo. Sono la sposa meno stracciapalle del mondo, fatemi agitare un po’, che vi costa.
Comunque, questa domenica ci siamo cimentati con la prova-catering, nel piovoso e sempretetro Piacenzashire invernale. C’eravamo noi Tegamini del Cuore, il mio papà+MADRE e Il Maurizio e La Paola, gli adorabili futuri suoceri. MADRE, dopo un millisecondo di affabilità, si è immediatamente offesa perché le ho detto che si era messa in testa una molletta che somigliava a una cozza gigante. Nonostante tutto, però, ci siamo dilettati assai. Ci hanno portato svariate tonnellate di tortelli, spassosi risotti, pezzi di carne di gran bontà e badilate di gnocco fritto col salume. Sono fiera del mio autocontrollo: quando ho mandato la mail al Signor Catering indicando quello che volevamo assaggiare, non ho scritto solo GNOCCO FRITTO E SALUMAZZO. E, col senno di poi, ho fatto bene.

miao cateringCATering.
Lo so, è pessima.

Comunque. Ci sarà questo allegro buffet con le isole dei cibotti diversi, e poi si andrà tutti a tavola. MADRE – che non ama mangiare, non ama bere e, in generale, non ama la gente che si diverte – ha immediatamente devastato un’affabile cameriera con la seguente risposta:

AFFABILE CAMERIERA – Signora, per lei acqua naturale o frizzante?
MADRE – Leggermente frizzante.

A intervalli regolari, poi, qualcuno interveniva per ordinare ad Amore del Cuore di tagliarsi i baffi – in momenti del tutto incongrui:

SIGNOR CATERING – Se non volete l’isola degli stuzzichini, possiamo fare solo un po’ di bruschette al pomodoro.
IL MAURIZIO – E magari l’antipasto di pesce lo serviamo al tavolo.
SIGNOR CATERING – Esatto. E possiamo aggiungere dell’altro salume, volendo.
LA PAOLA – Sì, ma Marco deve tagliarsi i baffi.

Il mio papà ha passato buona parte del pranzo a ricordare a tutti che i nostri parenti sono in larga parte defunti, MADRE ha reso noto ai presenti che lei il burro nei tortelli non lo può tollerare e, cosa ancor più sacrilega, Amore del Cuore – ad un certo punto – ha incautamente deciso di aprire uno dei video che Ermanno, il suo ex-compagno di banco, aveva allegramente condiviso con il gruppo Whatsapp dei gagliardi compagni di classe delle superiori. In questo video c’è un pupazzo che bestemmia. Fortissimo. E senza ragione. Immaginatevi questo ristorante vuoto e immacolato, coi sottopiatti d’argento e sei bicchieri a cranio. Ci siete voi – piene di boccoli -, con i vostri genitori e i futuri suoceri. E il vostro fidanzato – in giacca, camicia immacolata e scarpe da ragazzo serio regalate dalla sottoscritta a Natale – vede un pupazzo apparentemente innocuo e schiaccia PLAY.
Pure il cuoco si è affacciato, pallido come un grembiule nella tempesta.
MADRE ha esclamato Perbacco!
Il mio papà ha commentato a tono, con un deciso E la Madonna!
Il Maurizio ha riso un sacco.
E La Paola ha ordinato a suo figlio di tagliarsi i baffi.

Insomma, video di Ermanno a parte, ci siamo divertiti e abbiamo deciso miriadi di cose utili. C’è affetto, reso ancor più sincero e fiammeggiante dalle assurdità. E, faccenda importante, alle Matrimoniadi ci sarà da mangiare. Compresa la spaghettata delle due del mattino:

TEGAMINI – Le volevamo chiedere, poi, se si poteva portare ancora qualcosa più tardi, verso fine serata.
AMORE DEL CUORE – Che si balla, magari bevono un po’ e uno spuntino ci sembrava ragionevole.
SIGNOR CATERING – Non c’è problema. Due pennette all’arrabbiata. Un’aglio e olio…
TEGAMINI – Perfetto, molto bene.
MADRE – …ma che schifo.
TEGAMINI – MADRE, te sono trent’anni che non esci di casa. Le persone si muovono, si divertono, si agitano. Ti viene fame, a un certo punto, ma anche se hai cenato. Siamo in campagna, non è che possono andare dalle Luride a farsi un panino. Facciamo portare due spaghetti, che la gente non viene mica per patire, al nostro matrimonio.
MADRE – …IABBO’.
TEGAMINI – E’ inutile, non ti si può spiegare niente. Finirai nel Girone del Kebab. Anzi, del Kebab CON TUTTO.
MADRE – Marco, ma la senti?
AMORE DEL CUORE – Eh, signora, lo so.
MADRE – …devi proprio tagliarteli, quei baffi.

HER

Il mio papà ha un rapporto fantastico con la tecnologia. Il giorno della mia Prima Comunione, tanto per farvi capire, nell’unica foto che ha scattato volentieri ci sono io, col vestito bianco e le maniche a sbuffo, seduta davanti a un 486 che fingo di essere un genio. Il mio papà ama così tanto la tecnologia che, quando uno dei suoi PC si rompe o si pianta, lui è contento, perché così può smanettarci dietro per giorni per risolvere il problema. La vera svolta, però, è arrivata con l’iPhone. L’ammirazione che il mio papà nutre per chi ha saputo inventare, assemblare e far funzionare una roba del genere sfiora il misticismo. E, ora che ha anche un iPad, è tutto più interessante. Si è addirittura rimesso a parlare con Siri, che giace inutilizzata e comatosa nelle profondità del suo telefono da tempo immemore. E le parla, le chiede le cose, si diverte un mondo a sentire come gli risponde. Ed è come se la incontrasse per la prima volta… su una spiaggia al tramonto. Violini. Balene canterine. Petali. Manghi. E la seguente telefonata.

TEGAMINI – Allora, come procede con l’iPad?
IL MIO PAPA’ – Ah, benissimo. Pensa che ieri eravamo in campagna e ho fatto un po’ di foto col telefono… poi ho acceso l’iPad ed erano già lì!
TEGAMINI – Un prodigio!
IL MIO PAPA’ – Ma non mi ha neanche chiesto se volevo sincronizzare, ha fatto tutto da solo.
TEGAMINI – Sia lodato il Cloud!
IL MIO PAPA’ – …poi c’è Siri. Ad un certo punto volevo vedere se mi riconosceva. E allora le ho chiesto “Siri, chi sono io”?
TEGAMINI – Per quel genere di cose devi installare iSensoDellaVita, secondo me.
IL MIO PAPA’ – E lei mi ha risposto “Domenico, devo dirtelo io?”. Domenico, perché sulla Apple sono registrato così…
TEGAMINI – Papà, lo so che ti chiami Domenico.
IL MIO PAPA’ – Poi c’era tua madre che era agitata perché ieri sera non hai chiamato…
TEGAMINI – Puoi spiegare a MADRE, una volta e per sempre, che anche il suo telefono ha la facoltà di inviare chiamate? Se è lì, schiacciata dalla preoccupazione e dal terrore, perché non chiama lei, invece di lamentarsi che non chiamo? E ricordiamoci che vi chiamo DUE VOLTE AL GIORNO.
IL MIO PAPA’ – Eh, ma lo sai com’è fatta lei.
TEGAMINI – Male, è fatta.
IL MIO PAPA’ – Comunque, dove sarà la bambina? E che cosa sarà successo, che non chiama? E che fa? Insomma, ho detto a Siri di cercarti, così almeno taceva.
TEGAMINI – …ma è perché deve pagare la telefonata? No, perché non capisco proprio.
IL MIO PAPA’ – Ma no. Ho detto a Siri di cercarti. Le ho detto “Dov’è mia figlia?”
TEGAMINI – Papà, ma che cazzo ne sa Siri di dove sono?
IL MIO PAPA’ – Solo che non lo sapeva che eri tu mia figlia. Allora le ho detto di cercarti col nome della rubrica: “Siri, dov’è Bimba?”
TEGAMINI – Dio Onnipotente. Ma telefonatemi. Telefonatemi se volete sapere dove sono. Cosa chiedete a un’intelligenza artificiale di localizzarmi?
IL MIO PAPA’ – Massì, era per divertirci. Aspetta che ti passo tua madre che se no si offende perché dice che parli sempre con me e con lei mai.
TEGAMINI – Per forza, o si lamenta o mi fa dei versi inarticolati!
IL MIO PAPA’ – Eh, va così. Aspetta che te la passo.
MADRE – GHEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!
TEGAMINI – …….FRUUUUU?
MADRE – GHEEE! …Allora?
TEGAMINI – Niente. Adesso vado a pranzo. Te che fai?
MADRE – Tuo padre continua a parlare con quella roba lì, nel telefono. Io la chiamo Ninetta.
TEGAMINI – Siri? Te Siri la chiami Ninetta?
MADRE – Già. Perché Ninetta è un nome da cameriera.

Il mio papà è, da sempre, il compagno di cinema ideale per determinati generi. Col papà si vede la fantascienza, si vedono le tamarrate tecnologiche e le catastrofi. Abbiamo condiviso momenti felicissimi davanti ad Armageddon, Deep Impact, Il quinto elemento e addirittura Contact, che in pratica è piaciuto solo a lui. Che vi devo dire, anche il più granitico dei genitori ha, ogni tanto, un cedimento astronomico-mistico. Dimenticavo, guardiamo pure i film con gli esorcismi, ma quelli solo a casa e in seconda serata su Sky che, si sa, sono tutti delle cacate pazzesche e non vale la pena sprecare i soldi del biglietto. Comunque, in quest’epoca di revival e rispolveroni di vecchie cose care, io e il papà abbiamo un sacco da fare. Siamo andati a vedere Tron e il primo Star Trek di GEIGEI Abrams e volevo pure portarlo a vedere Prometheus ma poi è finita che ci sono andata da sola… e per fortuna, sarebbe stato uno spezzacuore per il mio papà. Mostri a forma di biscia-vagina, culturisti albini e parti cesarei fai-da-te. Dov’è la poesia dello spazio. Dov’è la mirabile dicotomia uomo-mostro. Al mio papà piacciono quelle cose lì, oltre al sedere sodo di Ripley. Dategli un HAL9000 che blatera filastrocche ed è subito Natale. Fategli vedere Io, Robot e vi compatirà brandendo un tomo di Asimov e declamando a memoria le tre leggi della robotica. Per dire, il suo film preferito credo sia L’uomo bicentenario, che se lo sceneggiava Asimov in persona veniva difficile farlo più rispettoso del libro e del sacro materiale di partenza.

Diamine, sto divagando. Se solo avessi un cervello positronico, lì sì che andrei in ordine.
Quel che volevo dire – credo – è che anche per Star Trek. Into Darkness abbiamo onorato le tradizioni e ci siamo allegramente presentati al cinema a braccetto. Visto che il papà ha più di 65 anni ma si vergogna a usufruire dello sconto-anziani, col bigliettaio ci parlo io. “Senta, nonostante il mio gagliardo genitore se li porti benissimo, temo proprio che dovrà fargli il ridotto”… al che interviene anche lui, solitamente con un “Che ci vuole fare, gli anni passano”, perché comunque gli rode un po’ che gli facciano quel biglietto lì. Poi niente, quando entriamo in sala o fa il melodrammatico (durante i trailer di Tron è riuscito a dire “Che poi insomma, sono contento di vedere il 3D, che di opportunità per andare al cinema non me ne restano poi molte, ormai”) o si stupisce (“Ma guarda, c’è anche il buco per metterci la bibita”). L’unica costante è che ci mettiamo in quinta-sesta fila, che la miopia è ereditaria.

Alla fine, Into Darkness ci è piaciuto perché non poteva non piacerci, siamo fatti per amare questi film qua.
L’Enterprise che emerge dalle acque, Spock che cementa un vulcano, Benedict Cumberbachichachech che prende a mazzate un intero plotone di klingon incagnatissimi, sentimenti, Chris Pine con la faccia gonfia, scudi al minimo, il cammeo della mummia di Leonard Nimoy, criogenia!
Ci è garbato, è vero, ma non ci ha convinto del tutto. E la recensione più accurata e corretta che posso fornirvi è, al momento, quella del mio saggio e sintetico papà.

Che spettacolo. Bello, bello. Mi è piaciuto molto. Non so bene perché Sherlock Holmes fosse così agitato, ma mi è piaciuto.

Dateci dei cattivi motivati. Dateci dei cattivi per cui fare il tifo. Dateci dei cattivi di cui conosciamo e comprendiamo il passato – e non solo perché eran già in uno Stak Trek del 1982. Se non lo fate, ce ne fotteremo altamente del loro futuro. E continueremo a fissare rapiti le frangette dei vulcaniani.

 

TEGAMINI – Cosa dite allora, apriamo i regali?
PAPA’ – Ma che regali? Guarda che noi non te ne abbiamo mica fatti.
TEGAMINI – Eh, fa niente. Ve li ho portati io. Guarda che roba. Tò papino.
PAPA’ – Oh vacca, che bello. Ma che bello. La biografia di Newton!
TEGAMINI – Lo sapevo che ti piaceva. Volevo prenderti l’ultimo di Stephen Hawking ma poi ho pensato che ami comunque di più Newton. Poi hai visto il sottotitolo? Cos’è, “genio, alchimista o psicopatico?”
PAPA’ – Grazie, guarda, hai proprio fatto bene.
TEGAMINI – MADRE, vieni qua che c’è il tuo regalo.
MADRE – Ecco, ecco. Cosa lascio, tutti i piatti nel lavandino?
TEGAMINI – Ma se non abbiamo ancora finito di mangiare, DIOSANTO. Tò, tieni, eccoti un dono.
MADRE – Chiara Frugoni. La voce delle immagini.
TEGAMINI – Lei è bravissima. In questo libro qua ci sono tutte le storie sull’iconografia medioevale, con le illustrazioni belle, i santi e compagnia. E scrive così bene che vedrai che ti diverti, non è mica un mattone.
MADRE – Oh, ma pensa. Ma mi piace già.
TEGAMINI – Hai sentito, papà? Le piace!
PAPA’ – Incredibile.
MADRE – Te taci, che hai due regali. C’è anche il mio. Tieni, tieni.

Padre apre il suo regalo. È inequivocabilmente un pigiama. Di quelli beige, felpatini ma comunque leggeri, con la casacca a righe BORDO’ e blu. Tre bottoncini e taschino. È un bel pigiama. Niente da eccepire.

PADRE – Oh, ma che bello, grazie!
MADRE – È una tuta da casa.
PADRE – Bellissima. Ne avevo proprio bisogno.
TEGAMINI – Una tuta da casa? Ma cosa stai dicendo. Ci vedete? Ma è un pigiama, cazzo.
MADRE – Ma come ti esprimi!
TEGAMINI – Ma MADRE, come fai a dire che è una tuta da casa? È un pigiama!
MADRE – Non è vero. Guarda che bei colori da giovane.
TEGAMINI – MADRE, potrebbe anche essere a fiori hawaiani, ma quello lì è un pigiama, santo il Dio! Ma non lo vedi? È sottile, non è mica di felpa. È così un pigiama che non riesco nemmeno a spiegarti perché è un pigiama!
MADRE – Mimmo, ma la senti?
TEGAMINI – Papà, anche tu, è un pigiama! Vi prego, accettiamolo!
PADRE – Io non lo so. Mi piace.
TEGAMINI – Non ho detto che è brutto. Ho detto che è un pigiama! È un bel pigiama.
MADRE – Sà Mimmo, provatelo.

Mio padre si denuda in mezzo al salotto e indossa il suo nuovo pigiama. Poi torna comodamente a tavola per il panettone.

TEGAMINI – Senti, adesso che ce l’ha su è inequivocabile! Siamo tutti qua, e il papà è in pigiama!
MADRE – Gli sta benissimo, la sua tuta.
TEGAMINI – AAAAAAAHHHHHHH!!! Dov’è il gatto? Solo lui mi capisce!
MADRE – Lascialo stare, mio nipote, che stava dormendo.
TEGAMINI – …aspetta, però. Forse ho capito, MADRE. La tua astuzia non conosce confini!
MADRE – È una tutaaaaaa.
TEGAMINI – È una mistificazione! Sappiamo benissimo che il papà odia i pigiami e creperebbe piuttosto di dormirci dentro.
PADRE – Solo all’ospedale me lo sono dovuto mettere.
TEGAMINI – Ecco. Quindi tu, MADRE, subdola e scaltra, gli hai rifilato un pigiama spacciandolo per tuta da casa, sperando che un giorno si converta! Papà, fuggi, è una trappola!
PADRE – …
MADRE – Oca.
TEGAMINI – Quando mi insulti vuol dire che ho ragione.