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Vi avviso, questa Wishlist parte bene… e poi sprofonda nel surrealismo. Ma il bello dei desideri è anche quello: coltivare l’assurdo, il bizzarro, il poco plausibile. Siamo bravi tutti a comprare le cose che servono. Ma sono quelle improbabili che ci rimettono in contatto con le nostre pulsioni più autentiche, libere e vitali.
POTERE ALLE COSE A CASO! CHI SE NE IMPORTA!
Ecco.
Dopo questa interpretazione filosofica assai traballante, ecco che cosa mi sta piacendo molto in questo periodo.

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La passione per gli orecchini GROSSI continua ad animarmi furiosamente. E si scatena in tutta la sua potenza quando si tratta di pezzi unici, ispirati all’arte, alla storia del costume e all’Oriente. Dunque, Lebole Gioielli sforna una quantità di collezioni quasi ingestibile – e vale la pena frugarle un po’ tutte – ma, complice Giorgio Amitrano, mi sono particolarmente invasata con gli orecchini Iro Iro. Pietre naturali e ottone galvanizzato oro, più sete di antichi kimono. Ogni orecchino è diverso dall’altro. E penso proprio che “Lady” Murasaki approverebbe.

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Quando è partito il pezzo “autunnale” del mio lavoro con Scholl, sono stata travolta da numerose indecisioni. Perché, per quanto io ami gli stivaletti in nappa, mi sono anche resa conto di non avere praticamente nulla di veramente antipioggia. C’è anche da dire, però, che tutti gli stivali di gomma che vedevo in giro mi sembravano scomodi. Di quelli che ti fanno venire le bolle perché ti balla dentro il piede e passi la giornata sentendoti una papera storpia. Scholl, però, ha fatto i Taty, un modello super impermeabile ma con la suola Memory Cushion, come tutte le sue altre calzature, e una ragionevolissima fodera interna in tessuto confortevole. E sono pure splendenti, di un gioioso PVC lucido come il cranio di Alien – cosa per me assolutamente favolosa. Il problema è che la selezione delle scarpe per la stagione gelida l’ho fatta più o meno ad agosto e, influenzata da un’ottimismo insensato, ho deciso che la pioggia non esisteva e ho preso le Peyton. Che sono valentissime e che uso praticamente tutti i giorni, ma rispondono a un bisogno differente rispetto ai Taty. Insomma, alla fine della fiera, i Taty vincono un posto in wishlist. E mi sono rimasti sul gozzo.

Non mi dilungo ulteriormente sui miei dilemmi, ma vi comunico volentieri che Scholl ha deciso di sfornare un codice sconto solo per noi. È la prima volta che l’azienda fa un esperimento di questo genere, quindi spero di fare un’ottima figura ma anche di risultare utile a voi che vedete passare queste scarpe ormai da qualche mese. Ma veniamo ai dettagli pratici. Con TEGAMINI20 ci sarà il 20% di sconto fino al 22/11 su tutta la collezione autunno-inverno che trovate sullo shop di Scholl. È valido solo online, non è cumulabile ad altre promozioni in corso e si può usare anche più volte. Evviva!

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So di essere un po’ ridicola, ma se posso vestire Cesare con cose dall’aspetto zoomorfo sono sempre molto contenta. Mi sbizzarrisco con calzine coi musetti, pantaloncini con creste di dinosauro e l’ho portato in giro per lungo tempo (quand’era piccolo piccolo) in una surreale tuta imbottita da orsacchiotto. Spero che qualcuno mi fermi – magari addirittura lui – ma, nel frattempo, mi godo queste assurdità. Ho scoperto Donsje, un brand di Amsterdam che produce vestiti basic di ottima qualità e accessori (con materiali altrettanto favolosi) a forma di bestia. Il mio suggerimento è di spulciarvi tutto lo shop – soprattutto LE SCARPE -, mentre io pondero sull’effettiva possibilità che i capelli del mio infante stiano tutti quanti sotto a una cuffia da koala.

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Desiderare libri come condizione mentale perenne. Sto attraversando una fase di folle (e doveroso) entusiasmo per l’Ippocampo e ho appena scoperto un nuovo Atlante. Là fuori ci sono atlanti di ogni genere. atlanti dei luoghi maledetti e/o immaginari, atlanti delle isole misteriose, ATLANTI. A fine ottobre è uscito anche l’Atlante delle zone extraterrestri di Bruno Fuligni, un volume illustrato che ci offre una rigorosa mappatura – tra leggende metropolitane, oggetti volanti non identificati e iniziative scientifico-governative – dei presunti punti di contatto tra umanità e intelligenze aliene.

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Visto che abbiamo già abbandonato il pianeta, direi di proseguire fino alla più lontana lontana delle galassie. Nelle mie peregrinazioni esplorative alla scoperta di Amazon Moda, ho scovato una valida alternativa alle vestaglie in cui mi avvolgo quotidianamente per lavorare a casa. Ebbene, perché limitarsi a una vestaglia quando puoi metterti un confortevole mantello di Darth Vader? VOGLIO DIRE.

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E per questa settimana è tutto. Che il Lato Oscuro possa sempre vegliare sul vostro salvadanaio. :3

Se quella meraviglia di roba che ha disegnato Leo Ortolani è una recensione che non serve più, figuratevi un po’ la mia. Ma che volete fare, i supereroi sono ormai una tradizione, qua nei Tegamini, mica potevo risparmiarvi le mie fondamentali riflessioni sul marmittone di Kripton, che poi magari pensate che sono diventata una personcina come si deve, che passa lo Swiffer e si alza all’alba per farsi la piega. Che è.

Orbene.

Dei Superman originali, quelli con Christopher Reeve che volava a pancia in giù su una tavola di legno, mi ricordo che li davano in tv in tre parti. Era una cosa inaudita. Fine primo tempo. Fine secondo tempo. Mi ricordo anche delle strida insopportabili di Lois Lane e delle mattacchionerie di Gene Hackman, che aveva un complesso termale in casa e degli scrigni pieni zeppi di kriptonite nascosti da tutte le parti, pure nella scarpiera. Di Superman Returns, invece, mi ricordo solo che faceva schifo pure ai cani morti. E ho visto anche Smallville, per un po’ di tempo. Era di una stupidità unica – sceneggiatori, per quante volte pensate di potervela cavare con “nessuno ha visto Clark in azione perché tutti quanti han preso una botta in testa e non si ricordano niente/hanno ingerito una tossina azzera-memoria/la peperonata ha offuscato i sensi dell’intera città”? Datecela pure a noi, una tranvata in testa, che almeno ci allineiamo alla popolazione della ridente cittadina del Kansas -, dicevo, a parte la cretinaggine cosmica di Smallville, io e mio padre stavamo lì perché ci piaceva Lionel Luthor, uno così bastardo da far credere a suo figlio di essere cieco, ma per diversi decenni. Comunque, vagamente menomata e/o sostenuta da tutto questo bagaglio supermaniano, mi sono avviata al cinema con una certa fiducia. Insomma, Superman – proprio per tutti quei trascorsi lì – non è mai stato il mio supereroe del cuore, quindi evviva, se mi piace bene, se non mi piace mica mi straccio le vesti. Fantastico. Visto che tutti quanti avete già visto il film, procederei con agili osservazioni in ordine sparso, che tanto bene fanno alla fantasia.

Direi di parlare subito di un fatto di rara rilevanza: i mutandoni.

Il mantello Superman non ce l’ha perché gli serve. Ce l’ha perché sa che a volare in giro col sederone per aria, foderato di rosso, non ci fa una bella figura. E’ anche un po’ per quello che sia il buon Reeve che quel Brandon-Kebab-Routh hanno dei mantellini che arrivano sotto al ginocchio, così, né lunghi né corti. Sono mantellini sfigati e si capisce benissimo che, una volta celato il Super Sedere, a nessuno gliene importava più niente di farli ricadere maestosamente a terra. Ora, quel gran figlio di Kripton di Henry Cavill, invece, ha mantello da vendere. Un glorioso viluppo di stoffa degno del miglior Spawn. E perché il mantello del nuovo Superman ha finalmente un senso, in tutto il suo fantastico e magicissimo ondeggiamento? Perché gli hanno finalmente tolto i maledetti mutandoni, liberando per sempre il supereroe più vetusto del mondo dall’increscioso problema del deretano rosso. Coriandoli!

Sono belli, i costumi, poche storie. I vecchi rincoglioniti di Kripton sembravano un po’ usciti dall’ultima sfilata di Dolce&Gabbana – quella con tutte le madonnazze d’oro zecchino, le corone e i gingilli penzolanti -, ma applaudo con entusiasmo, dall’alto del mio esigente gusto baroccheggiante-fantascientifico. Diamine, sembrava tonico e compatto persino quel SUFFLE’ gigante di Russel Crowe. I cattivi erano molto interessanti, soprattutto la stronzaccia supersonica col rossetto sempre in ordine, pure a lei hanno donato un gran mantello… sembrava un cormorano zuppo di petrolio, che per una generalessa spaziale di rara malvagità è un effetto molto appropriato. Forse erano un po’ troppo corazzati, i supercattivi, ma mi è venuto in mente solo alla fine, quando è rimasto in tutina da sub pure Zod. Ecco, a Zod dovevano dargli da mangiare qualche cinghiale di più, che vicino a quella santa abbondanza di deltoidi e bicipitoni di Cavill sembrava un po’ un cucciolo di iena.


Padre, non ti deluderò. Ora che so dove vanno le mutande, la Terra è salva.

Faora, millemila anni nello spazio profondo e nessun danno per lo SMOCHI AI.

Zod, che sembra un po’ un cosplayer che va in giro a fare Megatron con una cinghia del motorino attorno al collo.

Insieme alla costumaglia, ho apprezzato parecchio anche le buffe navi kriptoniane. La seppiolona terraformante era magnifica, soprattutto quando ha iniziato a funzionare. Sarà che ero una pippa ad Angry Birds Space, ma tutte le robe con gravità strana, palazzi che si accartocciano e aerei militari che vanno in orbita intorno a congegni alieni ormai mi intrigano un sacco. Avrei qualcosa da dire sull’architettura del pianeta Kripton – e sul fatto che tutti i mondi abitati da alieni super evoluti si somigliano… vedi Vulcano -, ma siamo in fascia protetta e di giganteschi peni a propulsione non si può parlare.

Ma che dire della storia di Kal-El? Ho apprezzato i saltabeccamenti passato-presente e, nonostante la faccenda patetica del cane in mezzo al tornado, il piccolo Clark e i suoi rustici ma saggi genitori non sono stati una disgrazia. Temevo le scempiaggini retoriche alla Smallville e il massiccio ricorso alle botte in testa azzera-memoria, ma il povero Kevin Costner è decorosissimo e ragionevole. Figlio mio, sei un alieno in un paese di bifolchi, vedi un po’ te. Forse è anche un po’ per quello che papà Kent ha finito per preferire il cane, accettando di buon grado di crepare in un turbine di lamiere e tronchi d’albero. Del padre-padre di Superman ho un’opinione meno scaldacuore. Di Jar-El conservavo un ricordo marlonbrandesco: un po’ apparizione mistica, un po’ voce del destino. Russel Crowe qua è una specie di ingombrante bug del computer di bordo di navi stellari a caso. Paf! Tu sei Kripton! Paf! Ferma Zod! Paf! ‘Spetta, che mi son dimenticato di aprirti la porta. Paf! Eccoti un bel costumino. Paf! Non è una S, è una SPERANZA. Ma padre, speranza inizia per S. Figlio, per queste pidocchierie lessicali vai a parlare con Lois Lane. E affrettati, sta precipitando, come al solito.

Figlio, è inutile che mi guardi così. Non mi hanno installato il plug-in ABBRACCI.

Ecco, nonostante tutto, mi sembra che il giovane e aitantissimo Superman sia venuto su piuttosto bene. Ha quello che un tormentato eroe solitario DC deve avere – inclusa la totale assenza di senso dell’umorismo e attitudine alla spensieratezza della vita – ma gli succedono delle cose che lo fanno cambiare e lo fanno crescere. E scusatemi se sono all’antica, ma a me i personaggi che si evolvono fanno sempre un gran piacere. Alla luce di questa incoraggiante premessa, dunque, mi chiedo che bisogno ci fosse di calcare la mano sulle analogie Superman-GESOO. E Superman va in chiesa a confidare i suoi tormenti. Dietro gli mettono questo mastodontico vetratone policromo con un Cristone ancora più grosso di lui. Lo interrogano e la prima cosa che gli fanno dire è che ha 33 anni. Ma allora sei proprio GESOO! Autorità, mi consegno a voi, guardate, vi fluttuo davanti già in posizione-crocifisso, va’ che bravo. Capisco che là fuori ci sia della gente un po’ dura di comprendonio, ma sul metaforone religioso-salvifico potevano andarci anche un po’ più delicati. Che cavolo, è uno che vola, spara raggi laser dagli occhi e si ripiglia da ogni male se lo metti al sole, che altro deve fare, vagare per il deserto e raddrizzare gli storpi?

La roba che mi ha convinto di meno, anche se dovrei amare le mazzate e divertirmi come tutti gli altri bambini delle medie, sono proprio i combattimenti. La sfida finale tra Superman e Zod era puro Dragonball, solo che Dragonball aveva quasi più PATOS. E Goku e Vegeta, lasciatemelo dire, hanno sempre avuto il buongusto di allontanarsi dai centri abitati. Quando sono finiti a prendersi a pugni sul satellite credo di essermi lasciata andare a un sonoro MAVAFFANCULO. L’unico aspetto positivo delle variegate distruzioni di Metropolis e Smallville sono le robe da allegro nerd che spuntano a destra e a sinistra. Io ho visto solo un camion della Lexcorp, ma poi ho scoperto che ci sono mille altre comparsate geografico-aziendali – tipo il satellite della Wayne Enterprises – che fanno proprio felicità.

Per finire – omettendo ogni genere di riflessione su Lois Lane, personaggio-pacco per eccellenza -, mi domando che mai dovrà fare il buon Clark Kent nel futuro… a parte andare al lavoro con su un paio d’occhiali che non ingannerebbero manco Santa Lucia, intendo. Io, scusatemi, ma la sospensione dell’incredulità su Clark Kent in borghese continuo a non riuscire ad applicarla. Hai appena salvato il mondo, davanti a miliardi di esseri umani che t’avranno pure visto. Figurati i vincitori di premi Pulitzer di Metropolis. E te arrivi là dentro, garrulo e smagliante, con su un paio d’occhiali e ciao? Accetto tutto, pure che ti possa piacere Lois Lane, ma la storia degli occhiali va oltre le mie capacità. Comunque, tornando al discorso sulle ipotetiche nemesi del futuro, che mai può esserci di peggio di altri kriptoniani incazzati? Gente programmata per dare calci in culo ai nemici, gente che ha passato trecento cicli (chissà poi quanto tempo è davvero) a congelare dentro a un buco nero radiocomandato in attesa di vendicarsi. Gli tirano dei kraken? Gli evocano Chtuhlu? Lo minacciano con lo spauracchio-mutandoni? E un’altra cosa. Quando trova la navettona d’esplorazione sotto a tutto quel ghiaccio, ma chi c’era nel lettuccio-criogenico vuoto? Perché Clark piomba nell’astronave – sereno e pacioso, nella sua maglietta di cotone – e in un lettuccio c’è un suo connazionale putrefattissimo, ma l’altro è vuoto e immacolato. Ci sarà ancora, da qualche parte, quel personaggio lì? E sarà buono o cattivo? Si tireranno i camion o canteranno canzoncine kriptoniane tenendosi per le manone indistruttibili? Ma soprattutto, se mi sto facendo questa quantità di domande-pippone, vuol dire che mi sono invasata anche con Man of Steel o c’è una S di Speranza pure per me? Per tutti i GESOO alieni, insegnatemi a sparare palle di fuoco dagli occhi, che il mantello-couture me lo procuro da sola!