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Di Juniper & Thorn avevo cominciato a sentir parlare durante il vivacissimo BUZZ di lancio di Ne/oN – l’imprint di schieramento fantastico delle Edizioni e/o -, ma mi sono convinta a procedere solo dopo averlo ritrovato nella Ghinea di dicembre, ben sviscerato nel pezzo di Diletta Crudeli. Non mi aspettavo di certo una garrula passeggiata per i prati, ma sono rimasta comunque piuttosto sorpresa dalla piega gore che accompagna la parabola di Marlinchen e delle sue sorelle. Nell’economia generale della faccenda, però, quella crudeltà così fisica e pesante ha perfettamente senso, quindi mettiamocela in saccoccia e pedaliamo.

Che succede?
Partendo da una fiaba dei fratelli Grimm – già di loro più che avvezzi alla truculenza, pienamente espressa nel Ginepro -, Ava Reid costruisce un altrove che richiama l’Est Europa, in bilico tra antichi e nuovi paradigmi. La città di Oblya, come racconta anche Reid in questa succulenta intervista, è ispirata all’Odessa del primo Novecento, la perla di un impero in cui sono confluiti popoli diversi, tradizioni radicate e impulsi rivoluzionari di industrializzazione e modernizzazione.
In questo posto liminale e ribollente, l’ultimo stregone del regno vive con le sue tre figlie in una casa totalmente separata dalla società, in una sorta di bolla in cui sopravvivono i valori e i codici del vecchio mondo. Zmiy Vashchenko ha spazzato via la sua unica concorrente, trasformandola in un vomitevole grumo di serpi ma, prima di lasciarsi sopraffare, la temibile Titka Whiskers l’ha maledetto: dormirai ma non ne ricaverai alcun ristoro, mangerai ma continuerai ad aver fame, sarai attorniato dalle tue figlie ma non saprai più nutrire alcun affetto per loro!
La maledizione funziona a meraviglia e lo stregone perdurerà tra mille tormenti, asserragliato nella sua fortezza come il relitto di un universo destinato a scomparire e campando sostanzialmente alle spalle delle tre sorelle, streghe anche loro. Le maggiori sono bellissime – Undine prevede il futuro guardando in uno stagno che le restituisce il suo magnifico riflesso, mentre Rosenrot è un’erborista straordinaria – mentre l’ultima, Marlinchen, divinatrice della carne, non ha niente di speciale. Anzi, le viene continuamente ripetuto che è brutta, sgraziata, ordinaria e indegna d’amore.
Tutte e tre ricevono a ripetizione clienti in cerca di prodigi e, per pochi soldi, mandano avanti la baracca, di fatto prigioniere dei capricci e delle imposizioni del padre, che servono senza devozione alcuna ma nel perenne terrore che possa rendere le loro vite ancora più insostenibili. Marlinchen fa la serva per tutta la famiglia, tollerando angherie costanti, le intemperanze dei mostri che popolano il giardino e anche il peso di un potere che le permette solo di mostrare quel che c’è e mai di mutare concretamente la realtà, anche se molto ce ne sarebbe bisogno.
È davvero possibile, però, stritolare a tal punto l’orizzonte da soffocare ogni slancio verso la libertà?  Vashchenko è un tiranno che amministra con grande talento manipolatorio il suo controllo sulle figlie. Non solo le limita fisicamente, confinandole alla casa e al giardino, ma fa tutto quel che può per lasciarle nell’ignoranza, sia della storia che della contemporaneità. I poteri delle tre sorelle sono innati e “funzionanti”, ma lo stregone li dipinge in pianta stabile come ridicoli, in confronto ai suoi. Non trasmette alcuna conoscenza, non offre spiragli o futuro. Soddisfare i bisogni del padre – la fame incessante dello stregone ha la precedenza su tutto – è l’unico compito ammissibile, per le tre sorelle. Ma Vashchenko sarà abbastanza formidabile da tenerle rinchiuse per sempre?

Il romanzo di Reid è ricchissimo di stratificazioni. Ci si può cercare dentro l’alba dell’industria e del sapere “scientifico” che spazza via la superstizione per proporre un avvenire luminoso – almeno per i pochi che stanno in cima alla catena alimentare. Lo si può vedere come una mastodontica operazione di gaslighting e di violenza domestica sistematizzata, la si può leggere come una storia di riscatto e di liberazione a carissimo ma necessario prezzo, fatta di alleanze innaturali e di sopraffazioni meschine. Marlinchen è l’anello di congiunzione tra mente e corpo, un po’ perché il suo potere legge nella carne quello che per il pensiero è quasi impossibile da sopportare, ma anche perché è sulla sua pelle e nella sua coscienza che si compie la trasformazione più drastica, agghiacciante e decisiva. Ci si salva quando si smette di vedere (e di vedersi) con gli occhi di chi vuole tenerti buona, si decide per sé quando si trova il coraggio di immaginare quello che ti è stato portato via.

Insomma, Juniper & Thorn ha saputo atterrirmi più per l’atmosfera ricattatoria e bieca di casa Vashchenko – e del luccicante teatro di Oblya – che per le secchiate di sangue che a più riprese mi sono arrivate in faccia. Se siete in cerca di un bel groviglio da interpretare, cattivo come una fiaba classica ma assai più capace di parlare al presente, accostatevi con coraggio al cancello dello stregone. 

[Juniper & Thorn si può leggere nella traduzione di Giorgia Demuro per Ne/oN e si può anche ascoltare su Storytel, come ho fatto io. Un collaudo? Ecco qua il solito mesetto di prova gratuita.]

Ci siamo. Lo so, l’immagine di copertina di queste guide ai doni di Natale editorial-letterari diventa di anno in anno più grottesca, ma dispongo di un senso dell’umorismo davvero elementare e mi basta pochissimo per divertirmi. Parto con la solita tiritera delle premesse metodologiche.

Cosa troverete in questo listone? Le strenne. Le strenne si configurano come idee-regalo efficaci perché sono libri dal perimetro tematico molto chiaro e perché sono tendenzialmente degli oggetti “belli”. Insomma, edizioni curate che offrono una buona risposta a un interesse dichiarato e manifesto. Ogni anno faccio il possibile per coprire un ampio ventaglio di argomenti ma, in quanto frutto di una selezione soggettiva, tendono a finirci inevitabilmente dentro delle proposte che rispondono anche alle mie fissazioni e alle mie curiosità. Mi auguro possano coincidere con quelle delle persone a cui vi va di fare un regalo… o con le vostre.

Al fondo del post troverete ulteriori collegamenti per esplorare le liste degli anni passati e vi esorto a spulciare ben bene anche gli eventuali paragrafetti che concludono le singole “schede”, perché anche lì troverete suggestioni e indicazioni aggiuntive. Non sono stata lì a contare, ma quella di quest’anno è largamente la lista più nutrita che mi sia capitato di comporre. Spero possa essere d’aiuto.

[Sì, la lista contiene dei link di affiliazione. Nulla vi vieta di prendere nota dei titoli e di andare a procurarveli nella vostra libreria di fiducia o nei luoghi che frequentate abitualmente, ci mancherebbe altro.]

Procedo.


Hjörleifur Hjartarson & Rán Flygenring
Il libro segreto degli elfi d’Islanda
IPERBOREA

Traduzione di Silvia Cosimini

Per chi ha già esplorato gli sconvolgenti paesaggi vulcanico-ghiacciati e per chi continua a sognare d’andarci, una mattissima ricognizione di un pezzo molto significativo del folklore islandese: gli elfi. Che fanno, dove si nascondono, come interagiscono con gli esseri umani, di quali prodigi o iatture sono responsabili. Un curiosissimo viaggio che mescola racconto, illustrazione, meta-contributi, epoche e registri diversi per coltivare miti e comprendere come continuino a persistere nella storia culturale del presente.

Paesaggi gelati e incontri che squarciano il velo della realtà? Possiamo orientarci anche su Susanna Clarke – già dal mondo acclamatissima per Jonathan Strange & il signor Norrell (stupendo) e per Piranesi (lo dovrei leggere ma non ci sono ancora arrivata). Anche Il bosco d’inverno (Fazi) fa parte del medesimo universo e racconta di una ragazza inquieta – come tutte le sante – che comprende meglio la natura e le bestie di quanto capisca le persone. È smilzissimo ma deliziosamente illustrato e sia per formato che per copertina ricorda le fiabe di Coralie Bickford Smith.
Altre fantasticherie? L’Ippocampo sta creando una mini-collana illustrata per mappare le entità leggendarie: streghe, fate, mostri, draghi.


Laura Pasquini
Il diavolo | Storia iconografica del male
CAROCCI

La festività che celebra la nascita del Bambin Gesù potrebbe essere quella meno opportuna per presentarsi con un tomo riccamente illustrato che indaga la parabola iconografica del demonio, ma chi sono io per moralizzarvi. Anzi, sono prontissima ad accompagnarvi fino all’Albero della Conoscenza e a indicarvi la mela più matura. Pasquini parte dalla remotissima antichità per approdare al presente e, tra code puntute e lingue di fuoco, ricostruisce il percorso figurativo del diavolo e le molte facce che nel corso dei secoli ha deciso di “indossare” per tentarci. Una magnifica panoramica per il più temibile degli avversari.

Un corollario? Di diavoli Gustave Doré ne ha sicuramente raffigurati parecchi… e non solo nel “suo” Inferno dantesco. Per ritrovarli e per esplorare il vasto rapporto di Doré con il mitologico e il fantastico c’è un volumone notevole uscito per l’Ippocampo.


The Christmas Book
PHAIDON/MARSILIO ARTE

Tradizione, folklore, immaginario pop, giocattoli, addobbi, abeti, pacchetti, renne, musica… il Natale è un costrutto multiforme in cui convergono usanze, fede, riti turbocapitalistici e speranze umane d’ogni sorta. The Christmas Book – ideato da Phaidon e pubblicato qui in Italia in una co-edizione con Marsilio Arte – ambisce a raccontarci che cos’è (e che cos’è diventato) il Natale a partire da una sterminata molteplicità di contributi visivi commentati, dalla storia dell’arte alla pubblicità, dal cibo ai riti collettivi.


Giulia Depentor
Dinastia | Alla ricerca della tua storia di famiglia tra segreti e misteri
FELTRINELLI

La ricerca autoriale di Giulia Depentor si è in prevalenza concentrata sui cimiteri e sulla valenza culturale dei riti funebri. Non sarà un tema particolarmente festoso, va bene, ma è senza dubbio curioso e ricchissimo di spunti, storia e sorprese. Anche Dinastia si occupa di memoria, incoraggiandoci però a ricostruire le gesta dei trapassati attraverso gli strumenti della genealogia e parecchio spirito investigativo. Insomma, in questo libro troverete Depentor che va volenterosamente alla ricerca dei suoi avi ma anche una guida pratica per far luce sulla vostra storia “dinastica”.


Jens Andersen
Lego | Una storia di famiglia
SALANI

A Ole Kirk Kristiansen, falegname di campagna, dobbiamo molte gioie, anche se la “sua” Lego era incomparabilmente più piccola di quella che conosciamo oggi. Tutto inizia in Danimarca nel 1934 e, tra innovazioni, invenzioni geniali e abbondante spirito d’adattamento, nasce un impero – rigorosamente fatto di mattoncini. Questo libro, autorizzato e benedetto dagli stessi Kristiansen, ricostruisce la storia delle tre generazioni che hanno contribuito al successo planetario della Lego, tra cronaca aziendale e saga di famiglia.


Sofia Coppola
Archive
MACK BOOKS

Dalle Vergini suicidePriscilla, questo tomone poderoso – curato dalla stessa Coppola – raccoglie i materiali più significativi che hanno accompagnato la regista durante la produzione dei suoi film. Alla conclusione di ogni lavoro, Coppola inscatolava tutto quello che le era servito in fase di sceneggiatura, riprese, definizione della scenografia, costumi, bozzetti, foto scattate sul set e memorabilia di ogni genere. Ecco, dopo aver accumulato parecchi scatoloni, ha deciso di aprire il suo notevole archivio e di riorganizzare i reperti più salienti in questo libro.

E in italiano cosa c’è? Potete orientarvi felicemente su Sofia Coppola: Forever Young di Hannah Strong, uscito per Il Saggiatore. 


Kate Strasdin
Il diario di Mrs Anne Skyes | Una vita in abiti e stoffe
FELTRINELLI

Traduzione di Mariagiulia Castagnone

Strasdin è una storica della moda e, nel 2016, ha ritrovato in fondo a un vetusto baule un album unico nel suo genere. Iniziato nel 1838 da una giovane donna inglese assai meticolosa, l’album conteneva numerosissimi scampoli di stoffa “commentati”. Tra annotazioni biografiche, viaggi, coordinate spaziotemporali e occasioni mondane ben catalogate, Strasdin ha studiato a fondo l’album per ricomporre in questo libro la parabola personale della sua proprietaria e lo spaccato sartorial-sociale di un’epoca intera.

Vogliamo intripparci ulteriormente con orditi, trame e filati? Da Gribaudo trovate anche La grammatica dei tessuti di Michela Finaurini. Potrebbe interessarvi un’incursione negli archivi inestimabili del Musée de l’Impression sur Étoffes di Mulhouse – già luogo di pellegrinaggio per chiunque crei abiti? Ci ha pensato Taschen con i due volumi di The Book of Printed Fabrics | From the 16th century until today
Ulteriore corollario: ci sono persone di vostra conoscenza che vogliono approcciarsi al lavoro a maglia? Perfetto, qua c’è Knit, knit, knit! di Sara Menetti (Feltrinelli), un manuale illustrato sull’arte di sferruzzare. Volete imparare a rammendare a livello squisitamente pratico ma volete anche assimilare i valori filosofico-conservativi legati al rammendo? C’è Con ago e filo. Un manuale per rammendare abiti, abitudini e cuori di Sonya e Nina Montenegro (Quinto Quarto).


Camilla Sernagiotto
Senza scadenza | L’intramontabile packaging made in Italy
ULTRA

Per il Team Nostalgia e per chi ama esclamare “ah, ai miei tempi saltavamo i fossi per il lungo!” ma anche per chi nutre un più che legittimo interesse per il packaging e per la grafica commerciale, Senza scadenza è un’avvincente enciclopedia visiva dei prodotti più caratteristici della storia industriale italiana.

Delle amarene Fabbri vi intriga più il lettering che la confezione? Non c’è problema, pure quello è assolutamente fondamentale e potrete approfondirne numerosi aspetti in Thinking with type. Tipografia e progettazione grafica: una guida critica di Ellen Lupton per Quinto Quarto.


Fornasetti | Memorie del futuro
ELECTA

La bellezza devastante dell’immaginario fornasettiano non ha bisogno di particolari presentazioni. Piero fonda il marchio negli anni Quaranta e Barnaba, il figlio, ne raccoglie l’eredità, valorizzando gli archivi paterni e traghettando il marchio verso i vasti orizzonti internazionali. Tra arte, design, fantasia originalissima e soluzioni disallineate, quello di Fornasetti è un universo creativo unico. Questo librone è un po’ il “greatest hits” del marchio, una retrospettiva museale sfogliabile e anche un buon premio di consolazione, visto che le seggiole con lo schienale a forma di capitello io non me le posso ancora permettere anche se le amo di un amore puro, sconfinato e assoluto.


Matthew Shindell
La luna. Miti, scienza e mappe
EINAUDI
Traduzione di Daniele A. Gewurz

I Saggi Einaudi hanno una gabbia molto riconoscibile e codificata. Sì, sono dei libroni rigorosi e spesso sono accompagnati da apparati iconografici d’eccezione, ma capita molto di rado di imbattersi in un esemplare di questo tipo, sia per formato che per veste grafica “indipendente”. La luna è un compendio eclettico del sapere astronomico accumulato dall’umanità a proposito del nostro nobile satellite ma anche un viaggio nella leggenda e nel mito, una spedizione – corredata da mappe e da un notevole dispiegamento di forze visive – fatta di scienza, storia, arte e suggestioni popolari. Tifo indiavolato per i Saggi fuori formato.


Elizabeth Stamp
150 librerie da vedere almeno una volta nella vita
24ORE CULTURA

Qua vorrei dire SENTI ELIZABETH FAREMO IL POSSIBILE POTRESTI ANCHE NON METTERLA GIÙ COSÌ PERENTORIA ma la verità è che vorrei prendere in mano questa guida ragionata delle librerie più piacevoli e avvenenti del mondo e salire sulla prima metro per Linate. Turismo bibliofilo, ce lo meriteremmo.

Orizzonti geografici leggermente meno ambiziosi ma comunque suggestivi? C’è Andare per i luoghi dell’editoria di Roberto Cicala per “Ritrovare l’Italia”, meravigliosa collana del Mulino che molte peregrinazioni mirate potrebbe ispirare.


Peter Brown
Il robot selvaggio
SALANI

Traduzione di Dida Paggi

Non infilo quasi mai della narrativa-narrativa nei listoni delle strenne perché quelli sono suggerimenti che rispondono a tutto un altro ordine di criteri, per quanto mi riguarda. Può accadere nel caso di edizioni speciali di particolare pregio – spesso per i classici – o per libri che penso contengano una lucina eccezionale che può davvero far bene in maniera indiscriminata praticamente a tutti. Il robot selvaggio ci ha trasformati in fagotti singhiozzanti al cinema, ma vi farei volentieri notare che la storia comincia da qui. Per chi ha amato il film e vuole il libro da coccolare ma anche per chi non sa niente del film e ha semplicemente bisogno di una storia dotata di cuore.


A cura di Maria Luisa Frisa
I racconti della moda
EINAUDI

Mentre continuiamo a gridare NON È AZZURRO È CERULEO!11!!1 e cerchiamo di capire perché all’improvviso dobbiamo tutte quante rimetterci i mocassini, la moda sta già pensando a come dovremo vestirci l’anno prossimo. Di moda si parla per strada, nei camerini, sulla stampa più o meno specializzata, in ogni più remoto angolo dei social, alle conferenze sul clima, nei consigli d’amministrazione e nelle aule universitarie. Vuoi che non se ne parli nei libri? Frisa raccoglie in quest’antologia “tematica” una selezione di racconti – decisamente illustri -, contributi e inchieste che ben si collocano in uno dei tanti vortici propulsivi che rendono la moda una forza viva, pronta a investirci con la sua carica estetica, artistica e sentimentale.

Bonus track: Alessandro Michele che dialoga con Andrea Coccia e ci spiega da dove vengono tutti gli incantesimi che in questi anni ha disegnato.


A cura di Michela Dentamaro
Crear sé stessa – Vol.I | Storia della moda raccontata dalle scrittrici

RINA EDIZIONI

Restiamo nel territorio della moda con un altro progetto antologico davvero fascinoso, frutto di un lavoro improbo d’archivio e arricchito dalla prefazione di Olga Campofreda, da numerose illustrazioni originali e da un inserto cartamodellistico. Questo primo volume (a cui ne seguirà un altro) raccoglie una selezione di scritti e articoli di moda firmati da autrici italiane usciti dagli anni ’70 dell’Ottocento agli anni ’20 del Novecento. Sibilla Aleramo, Mara Antelling, Contessa Lara, Rosa Genoni, Marchesa Colombi, Olga Ossani, Matilde Serao… tutte si sono cimentate con il racconto di stili, tendenze, abbigliamento e muliebri occupazioni. I giornali “da donna” erano relegati ai gradini più bassi della catena alimentare e giudicati privi di una vera rilevanza culturale – che novità, vero? – ma hanno configurato uno spazio d’azione inedito per l’affermazione professionale delle voci femminili, trasformandosi anche in un’arena di riflessione autentica sulla condizione della donna nella società. Testimonianze preziose e rivelatorie, che possono continuare a parlarci anche oggi.


Nick Pachelli
The Tennis Court | A Journey to Discover the World’s Greatest Tennis Courts
WORD UNITED

Dunque, da quando me lo sono regalato in settembre non pare sia uscita un’edizione italiana, ma facciamo che siamo tutta gente di mondo e possiamo apprezzarlo lo stesso. The Tennis Court è un progetto fotogiornalistico che raccoglie circa 200 ragguardevoli campi da tennis, che Pachelli ritrae e descrive dagli angoli più imprevedibili del pianeta. Ci sono gli stadi degli Slam ma anche i circoli celebri, i campi geograficamente remoti e i più insoliti. Il risultato è una celebrazione visiva del tennis come luogo d’incontro, impresa sportiva e atto estetico. Beccati questo, padel.

Altri suggerimenti per rallegrare chi apprezza questo sport? Il tennis come esperienza religiosa di David Foster Wallace, il tomone principesco che Roger Federer ha composto con Assouline come biografia visuale della sua carriera, un abbonamento al Tennis Italiano – storica rivista mensile ben rilanciata da Fandango -, Open di Andre Agassicosì non m’accusate di dimenticanze illustri e Vite brevi di tennisti eminenti di Matteo Codignola (Adelphi).


Miranda Smith
Un dinosauro al giorno
NORD SUD

Non ho la minima intenzione di confinare i dinosauri alle proposte editoriali per l’infanzia, soprattutto se possono farci compagnia per 365 giorni in tutta la loro multiforme varietà. Questo atlante illustrato ci farà fare amicizia, scheda per scheda, con un dinosauro al giorno per un anno intero. Sì, ne scoprirete di nuovi. Sì, quelli che già amate verranno a salutarvi.

Saggistica divulgativa in area dinosauresca? Vi rammento volentieri Steve Brusatte e il suo Ascesa e caduta dei dinosauri (UTET) o La storia della vita in 25 fossili di Donald R. Prothero (Aboca Edizioni). Oppure Dinosauri eccellenti. Da Ciro a Sophie, storie di celebrità estinte di Willy Guasti (Gribaudo).


Riccardo Falcinelli
Visus | Storie del volto dall’antichità al selfie
EINAUDI

Falcinelli prosegue nella sua godibilissima e autorevole operazione visivo-divulgativa con Visus, un’indagine (supportata dal consueto e abbondante apparato iconografico) sulla rappresentazione del volto in arte, scultura, fotografia e “nuovi” mezzi. I modi che scegliamo per raffigurare qualcosa sono sempre il prodotto di un contesto storico, di una deliberata decisione simbolica e di obiettivi precisi. E leggere le immagini con gli strumenti giusti non può che aiutarci a decodificare il mondo.

Cos’è uscito prima, sempre a cura di Falcinelli? Cromorama – dedicato al colore e ai suoi significati – e Figure – che decodifica l’immagine con occhio simbolico-compositivo.
Un valido corollario? Volti nel tempo. Una storia del ritratto fotografico (Einaudi) di Phillip Prodger.


Bram Stoker
Dracula
Illustrazioni di Christian Quesnel
L’IPPOCAMPO

Dopo aver ospitato diversi classici illustrati da Benjamin Lacombe, L’Ippocampo sta facendo spazio ad altri artisti, soprattutto sul fronte della letteratura “fantastica”. Disponiamo di Araya, insomma, ma eccoci qua anche con il Dracula di Quesnel – una strenna da manuale.

Altri classici in “belle” edizioni? Sbizzarritevi comodamente con la collana Bur Deluxe – che sembra più un nome da elettrodomestici di fascia altissima, ma tant’è.
Un classico incendiario riproposto in una versione che è anche un bell’oggetto? Eccovi questo Fahrenheit 451 di Bradbury negli Oscar Cult, con il taglio colore e una fascetta da non buttare via dopo tre secondi. Che fa Einaudi? Il classico che torna quest’anno in una nuova traduzione e in versione Supercorallo-cofanetto è I demòni di Dostoevskij (a cura di Manuela Guercetti). Altri cofanetti? Ponte alle Grazie ha riunito Il racconto dell’ancella I testamenti qui, mentre E/O ha appena sfornato quello della quadrilogia dell’Attraversaspecchi – vi segnalo l’oggetto con fini di solerte informazione, perché io non mi sono mai imbarcata nella lettura – e trovate sempre anche i sei volumi della saga di Blackwater di McDowell per Neri Pozza.


Mariano Tomatis
Il mio libro di magia
TLON

Mariano Tomatis è un prodigio. Non avrei altro da aggiungere ma mi sento di produrre comunque un piccolo spiegotto su questa guida. Sì, contiene indicazioni pratiche su come cimentarsi nell’arte dell’illusionismo e propone anche una riflessione valente sul rapporto tra “performance” (più o meno magica) e pubblico di ricezione, per imparare a divertirsi con gli altri all’interno di una relazione di scambio e collaborazione – invece di propendere per l’approccio della presa per il culo. La magia può (e dovrebbe) essere “gentile”? Certo, se si basa sulla ricerca dello stupore e non della mera manipolazione della credulità altrui.

Vi appassionano le figure enigmatiche – e volete proseguire lungo magici sentieri? Francesca Diotallevi ha romanzato Gustavo Rol.


Wudz Factory
1997 | Il libro-game dei misteriosi anni Novanta
WUDZ

Un professore scompare e noialtri dobbiamo trovarlo. Siamo in una cittadina enigmatica e sì, siamo negli anni Novanta – con tutto quello che ne consegue a livello di immaginario musicale, cinematografico, pop e televisivo. Il fatto che un libro che omaggia gli anni Novanta – e che contiene un mistero da risolvere, irto di scelte difficili e decisioni da prendere – assuma la forma di un libro-game che somiglia a una VHS mi sembra più che ragionevole.

Vi piacciono i libro-game? Non posso non ricordarvi con grande affetto quelli di SioJohnnyfer Jaypegg e il tesoro degli alieni commestibili coloratissimiJohnnyfer Jaypegg e il problema dei tre corgi. Se vi è piaciuta la serie di Netflix e al posto dei corgi volete mettere dei corpi celesti, vi ricordo che la trilogia di Cixin Liu – che vale come una laurea onoraria in astrofisica – è disponibile anche in un unico volumone.


Sylvanian Families
Il mondo di Sylvanian Families
NORD SUD

Visto che abbiamo lambito l’Area Nostalgia, ne approfitterei per traslocare nel coccoloso universo delle Sylvanian Families, meticolosamente mappato ed esplorabile in ogni suo più recondito anfratto grazie a questo illustratone ufficiale. Sono più che sicura che al timone dell’azienda che produce queste bestioline da tempo immemore ci siano le bestioline stesse, che si fingono inanimate solo per confonderci.

Bonus track: c’è anche il libro gemello con gli adesivi e un’ambientazione natalizia molto garrula.


Ilide Carmignani – Elena Battista
Saltare nelle pozzanghere
Illustrazioni di Anna Godeassi
RIZZOLI

Imbattersi in uno di quei famigerati termini intraducibili dovrebbe essere l’incubo di ogni traduttore o traduttrice, ma Carmignani e Battista hanno deciso di prenderla con filosofia e hanno collezionato qui, attingendo dalle lingue straniere più disparate, una dadolata di parole “dense”, composite e guizzanti che, pur non avendo un diretto corrispettivo in italiano, hanno l’ambizione di catturare la felicità.

Vogliamo fare irruzione nello studio di una traduttrice? C’è Silvia Pareschi che ci invita volentieri nel suo.


A cura di Margaret Atwood e Douglas Preston
Quattordici giorni
PONTE ALLE GRAZIE

Traduzione di Guido Calza

Allora, qua c’è una gustosa spiegazione “strutturale” da fornire. Quattordici giorni è un romanzo collaborativo. Anzi, un romanzo che produce una cornice che contiene dei racconti. È stato idealmente paragonato al Decameron, anche perché è ambientato durante la (nostra) pandemia e i personaggi che si riuniscono per raccontarsi delle cose sono tutti inquilini del medesimo palazzo. Siamo a New York e una portinaia appena entrata in servizio trova il “registro” compilato dalla custode che l’ha preceduta, una sorta di cronaca della vita e delle tribolazioni dello stabile. Decide di proseguire l’opera, registrando le storie che i condomini si scambiano per quattordici settimane ritrovandosi sul tetto. Conflitto! Mistero! Dramma! Le storie del volume sono state affidate a penne illustri – tra cui Emma Donoghue, Dave Eggers, Diana Gabaldon, Tess Gerritsen, John Grisham, Erica Jong, Celeste Ng, Meg Wolitzer… Non saprete chi ha scritto cosa, lì per lì, perché tutto contribuisce alla costruzione corale e la curatela di Atwood e Preston assicura fluidità e incastri efficaci.


Feltrinelli ha scandagliato il suo vastissimo catalogo per assemblare due cofanetti prepotentemente regalabili.

Il primo ambisce a fornire le basi per la costruzione di una biblioteca personale ed è stato battezzato Ritratto del lettore da giovane. 10 libri per affacciarsi al mondoIl secondo risponde al nome di Amore scuote l’anima mia. 10 libri per leggere il proprio cuore ed è zeppo di classici che esplorano il sentimento amoroso.


Un angolino per prodotti che non son proprio dei libri-libri ma possono esservi utili per organizzare quello che leggete o la vostra esistenza? Eccoci!
Il reading journal escogitato da Ilenia Zodiaco è qua. Mentre qua c’è quello progettato da Blackie Edizioni – nel loro territorio trovate pure l’agenda 2025. Un’altra agenda letteraria? C’è sempre quella di Clichy.
Ve lo dico un giorno sì e l’altro pure ma per amor di completezza ribadiamolo: si possono donare anche gli abbonamenti a Storytel.

Non avete trovato niente di utile? Potrei scusarmi per non aver perfettamente mappato tutto lo scribile umano e potrei dispiacermi per non essere stata d’aiuto. Ma potrei anche dirvi:

Abbiamo finito? Abbiamo finito, ma vi piazzerei qua le edizioni passate dei listoni natalizi – che è anche un osservatorio interessante a livello “macro”:

Qui c’era una lista dedicata ai piccoli e alle piccole, anche. Se cercate narrativa, fumetti e saggistica e avete bene in mente gusti e inclinazioni potete spulciare con gioia la sezione libri, mentre qua nella vetrina c’è (quasi) tutto quello che man mano leggo, segnalo o ho approfondito sul blog.

Non litigate coi parenti e se vi sembra di non essere capaci di fare i pacchetti pensate sempre ai miei. Sono più brutti dei vostri, ve lo garantisco.
Felici doni libreschi e grazie ancora per l’attenzione. :3

Chi era Gustavo Rol? Forse non lo sapremo mai, un po’ per deliberata “opacità” del personaggio in questione e un po’ per l’intrinseco mistero dello spazio liminale in cui si è sempre mosso. Francesca Diotallevi – ormai collaudatissima autrice di romanzi ispirati a figure che della poca appariscenza hanno fatto la loro cifra esistenziale – maneggia l’enigma di Rol con cautela, basandosi su documenti, cronache e testimonianze e riempiendo le inevitabili lacune con il punto di vista di un narratore smarrito ma tenace, scettico e romantico insieme.

Piccola digressione per inquadrare meglio la faccenda. Carismatico, altissimo, sempre ben vestito e assai garbato, Gustavo Rol faceva l’antiquario a Torino, se vogliamo proprio dargli una definizione triviale che ben funziona nel “nostro” mondo. Nel dopoguerra aveva cominciato a ospitare a casa sua in via Silvio Pellicoun appartamento UMILISSIMOpiccoli gruppi di spettatori ben selezionati e, di fronte a loro, si esibiva in esperimenti al confine tra telecinesi, chiaroveggenza, spiritismo e… magia? Senza chiedere un soldo a nessuno e domandando solamente ai presenti di mantenere il massimo riserbo sugli eventi di queste serate, Rol ha per anni compiuto apparenti prodigi, molti dei quali restano ancora avvolti dal più denso MA CHE DIAV. Interpellato da ricchi e potenti – dal Duce all’avvocato Agnelli, passando per Fellini -, Rol ha vaticinato disgrazie e fortune, letto nel pensiero e letto libri chiusi, parlato coi morti e attraversato i muri, senza mai muoversi attivamente per alimentare la propria leggenda o trasformare questi perturbanti talenti in una montagna di soldi. Understatement sabaudo? Indole autenticamente generosa e disinteressata? Vero spirito compassionevole? Chissà. Quel che sappiamo è che, in mezzo a tanti ciarlatani – che vogliono deliberatamente infinocchiarti – e più che sinceri illusionisti – che il trucco non te lo spiegano ma non fingono che non ci sia –, Rol ha trovato il modo di spiccare per prodezze fuori dal comune e per una sorta di impianto “etico” altrettanto peculiare. Non si è mai prestato all’esecuzione dei suoi esperimenti in un ambiente controllato e scientificamente monitorabile, ma la sua fama è lievitata per una sorta di accumulo di cronache spontanee, per la stupefatta loquacità dei testimoni suoi contemporanei e per l’umanissimo bisogno di credere in qualcosa, probabilmente.

Il romanzo di Diotallevi si avvicina a Rol senza fretta, intrecciando la figura del “mago” a quella di un reduce di guerra che dopo una lunga prigionia torna in patria e non è più in grado di “funzionare” nel mondo. Per sfuggire ai debiti di gioco e a compagnie poco raccomandabili, fa i bagagli e parte per Torino – la sua antica città – dove Miriam, l’amore di gioventù, ha sposato un altro. Sarà proprio Miriam, che già frequenta la casa di Rol con una devozione totale, a introdurre Nino a una delle famigerate serate. Nino, che gradirebbe riuscire a scrivere per il cinema, fiuta all’istante il potenziale di quella storia e si mette in testa di smascherare Rol… perché sì, vuoi che non ci sia un trucco?

L’espediente del personaggio/narratore profondamente disilluso e ben radicato nella razionalità è molto salutare, mi viene da dire. Nino guarda Rol come un rompicapo da risolvere e non come una sacra manifestazione del sovrannaturale in cui riporre una fede cieca. Non sempre Nino ha saputo suscitare il mio profondo interesse, leggendo, ma mi rendo conto della necessità “pratica” di consegnargli il timone e il punto di osservazione. Rol è ovviamente il pezzo forte e le pagine in cui ci onora della sua presenza hanno un passo diverso, credo. Quello che sostiene di voler fare – mostrarci che può esistere “altro”, donarci uno spiraglio di meraviglia e testimoniare l’esistenza di una realtà infinitamente complessa – è struggente e quasi fanciullesco. La tragedia di Rol si radica nella ricezione mondana del suo “lavoro”: io sono qua per farvi pensare, per lasciarvi intuire l’immensità della mente e del mondo, ma voi siete qua per divertirvi, per mitigare il tedio delle vostre giornate, per esigere trastulli o, al massimo, per capire quali e quante balle racconto. Non voglio e non devo dimostrarvi niente, perché nemmeno i miei prodigi saranno sufficienti a scalfirvi davvero – io, per voi, sono e sarò sempre un pupazzo, un diversivo, uno spettacolo.
Ecco, Diotallevi abbraccia lo scoramento di Rol e, vivendo in un’epoca che ha fatto dell’intrattenimento cinico uno dei suoi pilastri portanti, ce lo racconta senza agiografie e senza istruire processi, lasciandoci invece lo spazio di dubitare – almeno un pochino – delle nostre certezze.

Effetti speciali aggiuntivi: qui c’è Piero Angela che va a trovare Rol. Una citazioncina tratta dal pezzo integrale:

Da decenni Rol si produce nei salotti torinesi, davanti (come lui stesso afferma) a “scienziati, medici, letterati, artisti, religiosi, atei, filosofi, militari, uomini politici, capi di stato e di governo, gente di ogni classe sociale” ecc.: cioè tutte persone… incompetenti in trucchi! Perché invece non vuole mai fare i suoi “esperimenti” sotto l’occhio di un esperto? Neanche una volta? Non serve rispondere che Rol non fa queste cose per lucro: il problema è di sapere se ciò che produce è autentico oppure no. Ma perché dovrebbe fare trucchi, affermano i suoi sostenitori, se non guadagna una lira? Si potrebbe facilmente rispondere che il prestigio (e il potere) che si ottiene convincendo gli altri di avere certe facoltà è forse ancora maggiore di quello che si può avere col denaro.

Qui c’è il libro – è uscito per Neri Pozza – e qui c’è il consueto link per il periodo di prova gratuito di Storytel. Ve lo rammento perché io l’ho ascoltato lì.

 

Filippo II di Spagna non se la passa benissimo e ancora peggiori sono le prospettive del suo segretario particolare, Antonio Pérez, scacciato dal servizio attivo e prontissimo a tramare per rientrare nelle grazie del re. L’implacabile catena alimentare che governa la nobiltà di Madrid, nel frattempo, non contribuisce di certo a rasserenare il clima e, su tutti, sembra imperversare incontrastata l’Inquisizione. Chi può dirsi al sicuro? Nemmeno l’ultima delle sguattere, ci racconterà Leigh Bardugo in questo romanzo storico-fantastico – in libreria per Mondadori con la traduzione di Roberta Verde che sta perfettamente in piedi senza prometterci seguiti, prequel o spin-off.

Luzia è a servizio in una casa piuttosto scalcagnata, per gli standard di sfarzo della nobiltà “vera”. La sua padrona è una donna incattivita da un matrimonio senza amore e dalle scarsissime speranze di ascesa sociale. Mentre gli inviti a cena si fanno sempre più sporadici e le carrozze altrui continuano a sfilarle sotto al naso, donna Valentina scopre un tesoro in cucina: Luzia è una milagrera. Sporca, all’apparenza ignorante come una ciabatta, goffa e manco troppo avvenente, la serva ha il dono della magia e potrebbe trasformarsi nello strumento perfetto per dare finalmente il via a quell’ascesa impensabile che Valentina tanto brama. I prodigi di Luzia sono estremamente “pratici” e le hanno permesso di tirare avanti fino a quel momento senza soccombere alla fatica estrema della vita a servizio – l’unica “opportunità” concessa a una bambina dalla discendenza problematica.

L’Inquisizione non vede di certo di buon occhio l’eresia, il peccato e la fornicazione ma da temere sono anche i giudei “convertiti” – hanno davvero abbracciato la grazia del battesimo o si sono adeguati per puro opportunismo, nella speranza di rovesciarci? La magia di Luzia viene dalla lunga eredità della sua storia familiare e tenerla nascosta è una questione di sopravvivenza. Ma potrebbe diventare un’arma efficace per compiacere il re e il Dio degli inquisitori? Valentina lo spera, Pérez ne ha disperatamente bisogno e Victor de Paredes – l’uomo più ricco e fortunato di Madrid – non vuole lasciarsi sfuggire l’occasione. Si offrirà di “sponsorizzare” Luzia nella competizione magica organizzata da Pérez per consegnare al re il santo paladino (o la santa paladina) che potrebbe risollevare le sorti della Spagna. Luzia collaborerà? Sarà all’altezza? Verrà smascherata dall’Inquisizione? Perché a Victor de Paredes fila tutto così liscio? Chi è lo spilungone spettrale che lo accompagna ovunque?

Bardugo si dimostra ancora una volta abilissima nella gestione di una coralità di intrighi, macchinazioni e destini. Gli elementi magici si incastrano in maniera molto fluida con i numerosi altri pezzi di contesto storico, religioso e “politico”, senza svuotare i personaggi di motivazioni individuali credibili. C’è molta carne al fuoco, ma l’economia interna della narrazione è quasi sempre ben gestita e Luzia è un personaggio per cui tifare con poche riserve. È una storia che parla di potere – declinato nelle sue innumerevoli anime: il potere magico è quello più “appariscente”, ma è l’ambizione che lega davvero ogni impresa e modifica irrimediabilmente le anime di cui si impadronisce. Luzia cerca riscatto, indipendenza, libertà, un amore che può far somigliare di più la sua vita a quella di un essere umano, senza padroni e senza paura. Il potere non è mai neutro o innocuo: perché lo si possa esercitare deve esistere qualcuno da controllare, qualcuno che perde qualcosa per permettere a noi di farci arbitri del suo destino, di amministrare anche quello che non ci appartiene. Che lo si faccia in nome della fede, di un regno o dell’avidità non lo rende meno iniquo. E per rompere le catene, certe volte, ci vuole un miracolo…

Per tradurre bisogna essere allo stesso tempo umilissimi e superbi: si lavora con la consapevolezza della fallibilità – e forse anche della fondamentale impossibilità del compito – ma lo si fa come se l’esattezza incontrovertibile fosse una meta plausibile, realistica. Non è mai vero, ovviamente, e forse è per quello che le macchine traducono così male. Un’entità che funziona per esattezze non sa (e speriamo non impari mai davvero) come gestire il grigio. E la traduzione è una gigantesca campitura grigia. Va così perché le lingue non sono una fila di mattoncini immutabili e non sono fatte di parole fossilizzate: le lingue vivono nell’esperienza di chi le parla e di chi le scrive, sono cultura, mito, riferimenti condivisi, radice antica e germoglio imprevedibile. Il ramo che un secolo fa (o ancora prima) è spuntato per darci modo di descrivere qualcosa che prima non esisteva è oggi la matrice di mille altri significati. Si lavora brandendo contesti, mettendoci addosso una voce che non è la nostra, cercando di capire da dove si parte e dove è necessario arrivare: si fa un ponte e lo si percorre portandosi sulle spalle un agglomerato di parole che la traversata è destinata a trasformare.

Perché si traduce? Per rendere fruibile un testo a chi non conosce la lingua d’origine di quel testo.
Perché si traduce *davvero*? Perché le storie meritano di trovare chi ha voglia di leggerle e nessuna barriera ha mai giovato al sapere o alla scoperta.
La tradizione biblica individua nel crollo della torre di Babele l’inizio della discordia tra i popoli, che prima erano in grado di comprendersi senza intermediazioni e senza possibilità di fraintendimento. L’unità dell’umano era un’unità linguistica che annullava le distanze e rendeva possibile il progresso, perché capirsi è costruire insieme. E “Babel”, non a caso, è anche il nome del dipartimento di traduzione di Oxford al centro di questo romanzo di R.F. Kuang – tradotto da Giovanna Scocchera per Mondadori (Oscar Vault) con maestria e sprezzo del pericolo.

Cosa succede?
Kuang decide che i traduttori hanno in mano il mondo. Anzi, che la traduzione è la chiave per il dominio del mondo.
La premessa è la trasformazione di una manchevolezza strutturale – tradurre in maniera perfetta è impossibile – in una risorsa. Le lingue non combaciano mai in maniera totale e assoluta perché i termini possono obbedire a un ventaglio di sfumature, possono descrivere una specifica area culturale che non si riscontra simmetricamente in altri luoghi/tempi, possono riferirsi a tradizioni o trascorsi storici che per forza di cose non sono condivisi da chi appartiene a dimensioni differenti. Tutti quei termini che “non si possono tradurre” vivono in un limbo che, se correttamente esplorato dagli studiosi di Babel, può produrre effetti tangibili sulla realtà – e il monopolio sulle altre civiltà. Il tradimento che si annida in ogni traduzione è un bacino di combinazioni semantiche da incidere su tavolette d’argento – ricchezza vera delle nazioni in questa versione alternativa dell’Inghilterra del 1800 e rotti – che producono una specie di “magia” linguistica. Scegliendo le parole giuste e collocando le tavolette dove si ritiene possano funzionare, insomma, si tengono su ponti, si fanno andare le navi più veloci, si mantengono le carrozze in carreggiata, si riducono guasti ai macchinari, si uccide, si allestiscono impianti d’allarme… si fanno i soldi, sia per Babel che per l’Impero.

Santo cielo, non è già un’idea affascinantissima? Non sto qua a sciorinarvi esempi di applicazione delle tavolette perché è molto gustoso trovarli man mano che si legge e non voglio soffermarmi molto nemmeno sul quartetto di studenti che arrivano a Babel per cominciare i loro prestigiosi studi. Sono dei simboli, anche loro. Una è figlia dell’Impero mentre gli altri tre sono a vario titolo prodotti del dominio coloniale. “Vi salveremo e vi istruiremo – anche se siamo sempre noi ad aver asservito e spremuto la vostra madrepatria -, voi ci riserverete gratitudine e impiegherete a beneficio di Babel e dell’Impero tutto quello che vi insegneremo. Vi disprezziamo e la vostra gente non è civilizzata, ma siete indispensabili alla nostra macchina produttiva”. Perché Robin – che l’unico studioso di lingue asiatiche di Babel strappa dalle braccia della madre morente a Canton -, Ramy – indiano – e Victoire – haitiana – sono così importanti? Perché conoscono lingue non ancora battute da Babel. E una lingua che non è ancora stata setacciata in profondità è un bacino inestimabile di nuove combinazioni. Ma cosa succede quando tre bambini che crescono dovendo ringraziare i loro “benefattori” anche per l’aria che respirano si rendono conto di chi sono? Qual è il vero tradimento: tradurre “male” o rendersi complici di un sistema fondamentalmente predatorio, paternalistico, impari e oppressivo?

Se il tema della traduzione vi affascina, se siete ancora in attesa di una letterina da Hogwarts, se siete in cerca di un sistema magico davvero originale e se i temi legati al colonialismo, alla “legittimità” delle rivoluzioni e all’etica applicata ai sistemi economici e alle relazioni globali vi stanno a cuore, Kuang ha confezionato il romanzo per voi. È una storia stratificata, importante, ricchissima di spunti di discussione. Ci parla da un’epoca parallela, ma arriva al cuore di molte storture di oggi… e ci arriva perché per una manciata di valori fondamentali dell’esistenza non dovrebbero esserci zone grigie. Ci arriva perché la traduzione, quando è al nucleo dell’umano che si rivolge, è capace di ricostruire la Babele perduta.

jonathan strange mr norrell

 Ignorando completamente la mini-serie trasmessa dalla BBC lo scorso anno, ho dato retta al consiglio di un amico – un uomo molto alto e molto saggio – e mi sono finalmente decisa a leggere questo stupefacente mattone, acclamato dal mondo intero come miracolo del fantasy e della narrativa nella sua più nobile accezione.

jonathan strange mr norrell tegamini

Ma che roba è, alla fin fine?
Susanna Clarke, con grazia non indifferente, ci porta nell’Inghilterra dei lord di campagna, dei sir di città e delle ladies col cappellino. L’epoca è quella delle Guerre Napoleoniche, di Byron e Wellington, ma è anche un’epoca di grande scetticismo. L’Inghilterra, dopo una lunga tradizione fatta di incantesimi, prodigi e proficui scambi con Faerie e i suoi ambigui ma potentissimi abitanti – roba che la Clarke si premura di spiegarci per filo e per segno grazie a tonnellate di note a piè pagina dedicate alla storia della magia, ai suoi testi fondamentali e alle leggende più diffuse – si è ormai trasformata in un luogo dove la magia viene studiata e raccontata, senza però avere più alcun tipo di applicazione pratica. Dopo il regno plurisecolare di John Uskglass – il Re Corvo cresciuto dalle fate, rispettato e temuto da tutti gli elementi della natura -, l’Inghilterra sembra aver dimenticato come leggere il cielo, come comunicare con gli altri mondi e come mettere in pratica gli insegnamenti dei grandi stregoni e saggi del passato. Anzi, la magia è qualcosa di poco rispettabile, un’occupazione adatta ai ciarlatani dei bassifondi di Londra e ai ricchi tromboni senza arte né parte. Ma mica si può andare avanti così. Due uomini, Gilbert Norrell (prima) e Jonathan Strange (poi) decideranno di riportare la magia in Inghilterra, con conseguenze catastrofiche e meravigliose.
Gattare pazze!
Capelli d’argento!
Campi pieni di ossa!
Biblioteche infestate dai corvi!
Imbroglioni dipinti di blu!
Flotte di vetro!
Riviste di magia militante!
Profezie!
Malinconie senza fine!
Mignoli!
Tarocchi!
Alcolizzati che mangiano libri!
Servi saggi!
Piatti d’argento pieni d’acqua!
Strade che si spostano!
CHILDERMASS!
Io non so bene che cosa s’intenda per fantasy, là fuori. E, vi dirò, ben poco me ne frega. Questo libro, se mai troverete il modo di leggerlo, è una felicità. La Clarke riesce a trasformare una faccenda astratta – la magia – in qualcosa che somiglia davvero a un problema pratico, con un suo percorso concreto – che si intreccia in maniera plausibile alla storia storia -, un passato sconfinato e bellicose correnti di pensiero. Quanto è bello leggere un romanzo con una struttura-mondo così solida, complicata e interessante? Mica capita ogni venti minuti. Ed è anche assai corroborante seguire le vicissitudini di un ventaglio di personaggi che un po’ si muovono secondo un destino vasto e complicato – e pure ben raccontato in una stramba profezia -, e un po’ cercano di evitare gli scossoni e le calamità del caso. Non vi affezionerete a tutti allo stesso modo, ma nessuno di loro vi farà pensare di aver letto invano.
Che vi devo dire, ho amato.
Lunga vita al Re Corvo!