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sono Spider-Man. e la tutina mi dona immensamente!

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Dopo avervi variamente deliziato con la delirante guida al fangirling degli Avengers, Tegamini torna a pascolare nella sempre avvincente prateria Marvel con il primo capitolo del molto necessario – o forse no – reboot della saga di Spider-Man, il supereroe più amato da chi rompe gli occhiali e li riappiccica con lo scotch.

Ora, la precedente trilogia non era partita male… ma si era conclusa con un disastro d’imbarazzanti proporzioni. Da una incoraggiante battaglia con Willem Dafoe che rideva a crepapelle a bordo di un aliante, il carrozzone si era spostato sul dottor Octopus di Alfred Molina – che non avrà avuto i capelli a scodella, ma era comunque davvero spiacevole da vedere – per arenarsi definitivamente in un insensato putiferio di Uomini Sabbia, abbozzi di Venom e James Franco volanti. Che poi James Franco sa fare tutto. Scrive, dipinge, recita, sceneggia, fotografa, si sega via le braccia. Di certo può anche fluttuare, ma ora chi se ne importa. Un po’ per l’assurda carloneria dell’ultimo episodio della saga e un po’ perchè Tobey Maguire perseverava nel ricordare a tutti quanti che lui al casting l’aveva detto che non sarebbe improvvisamente diventato longlineo e simpatico, si decise per una subitanea soppressione del franchise in attesa di tempi migliori. Insomma, speriamo che la gente si dimentichi di quello che è appena successo e vediamo se si può buttare in piedi qualcosa di più dignitoso, prima o poi. Ma che dite, ci proviamo dopo gli Avengers? Insomma, gli Avengers è così straordinario che anche se Spiderman fa un po’ schifo potrebbero non prendersela troppo. Massì, valà. Ed eccoci qui, sull’onda del generalizzato entusiasmo supereroistico con un nuovo Peter Parker, una nuova fidanzata, una zia May di svariati decenni più giovane e la saggia decisione di riavvicinare in qualche modo Spider-Man al suo originale fumettistico.

Che dire. The Amazing Spider-Man (o come qualcuno appena uscito dal servizio militare mi ha fatto trovare scritto sul biglietto del cinema: Spider-Man, The Amazing) non è una roba spiacevole, ma non mi ha nemmeno spettinata dall’entusiasmo. Ha il gigantesco svantaggio di dover per forza ripassare per roba che le moltitudini hanno già visto – e il ragno morsicone, e la strabiliante rivincita scolastica, e la morte con tonnellate di sensi di colpa dello zio Ben, e come mi faccio il costume, e caspiterina, so andare sui muri! – e la grande sfortuna di una sceneggiatura scaturita dalla mano sinistra di un opossum. Insomma, ci sono momenti che ti fanno esclamare “santo il cielo, questa è una cosa che direbbe Spider-Man!”, ma poi capita qualcosa di patetico che ti fa fare le bolle dentro al bicchiere della cocacola. Gwen, ti arpionerò una natica con la mia ragnatela, affinchè tu possa teatralmente finire tra le mie braccia! Ma anche, spero non ve ne accorgerete, ma qui smadonniamo da mesi per evitare assonanze con “da un grande potere derivano grandi responsabilità”, accidenti a quelli del primo film che si sono fatti venire una buona idea e adesso siamo qui nelle code di lucertola fin sopra i capelli. Insomma, pochi momenti davvero divertenti – tutti nel trailer o nei dieci secondi del mirabile cameo di Stan Lee – e un gran girovagare tra disperazioni, scienziati pazzi monodimensionali e la zia May che ha solo bisogno che qualcuno le vada a comprare le benedette uova.

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Quel che funziona – al di là di quello che gli tocca dire – è l’adorabile e adattissimo Andrew Garfield. A parte che non ci si spiega come faccia ad avere tutti quei capelli e che è molto gradevole da guardare mentre sgambetta in tutina rossa e blu, il Garfield è un buonissimo Peter Parker. Non so ancora che cosa lo spinga a vestirsi come Sheldon Cooper e come faccia a guarire spontaneamente da una ferita d’arma da fuoco al quadricipite femorale (esiste, il quadricipite femorale?), nè come possa sopportare il pendolarismo Queens-Midtown per andare a scuola tutte le sante mattine, ma mi è piaciuto… e si fa pure gli stunt da solo, come un cercopiteco del circo. Insomma, incoraggiamenti al Garfield e alle sue chiappette d’oro, sperando che le qualcuno riesca ad aggiustare un po’ il tiro sulle sbruffonaggini di Spider-Man – che dovrebbero risultare ironiche e spassose, invece che un po’ strane e imbarazzanti – e a fargli dire tre sillabe in più quando non è in costume. Per il resto, può continuare a stagliarsi sulla skyline e a vantarsi dei suoi piacevolissimi deltoidi.

Di Gwen e Lizard onestamente ci si riesce ad interessare poco, e non per colpa loro, poveroni. Emma Stone, a parte le parigine un po’ da studentessa sadomaso e la posa statica con pila di libri al petto, non è che sia memorabile… ma le riconosciamo il merito di essersi almeno fidanzata col Garfield e di aver conquistato un posto alla Oscorp ancor prima di finire il liceo, roba che se andava a far domanda Keplero gli dicevano di prendere la porta dei fattorini. E il dottor Connors? E’ diventato un cattivo scarso, come capita in quasi tutti i film di Spider-Man. Sarà che Spider-Man ha così tanti problemi da finire per occupare pure lo spazio degli altri, ma il vecchio rettilone riesce a toccarci ben poco il cuore e il suo bislacco piano finale di trasformare gli abitanti di Manhattan in lucertoloni verdi ci piove un po’ in testa. Sai che c’è, oggi diventate tutti quanti lucertole! I cattivi devono avere il tempo di macerare nei loro tormenti, soprattutto se non decidono di dedicarsi a una vendetta ben circoscritta. Un cattivo idealista tipo Lizard non puoi farlo arrampicare su un traliccio e sperare che ci aggradi, così, perchè è preso bene con l’erpetologia e s’è chiuso in una fogna a farsi ricrescere un arto monco. Che diamine, qua c’è gente quasi sofisticata.

Comunque, credo sia praticamente impossibile imbroccare uno Spider-Man. C’è sempre qualcosa che manca, roba strana nel posto sbagliato e l’affannosa ricerca – spesso fallimentare – di introdurre qualche innovazione nelle oscillazioni del nostro supereroe tra un grattacielo e l’altro – sbattetelo in mezzo alle casette del Village, voglio vedere che fa -, insomma, ancora non mi va bene. C’è Garfield dal gluteo aureo, è vero, ma il miracolo è ancora ben lungi dal capitare. E al quarto tentativo inizio un po’ a perdere le speranze. Ridere si ride poco, epicheggiare si epicheggia poco, il cattivo è solo grosso e manesco e la storia d’amore è molto tenera, va bene, ma non siamo mica qui per limonare.