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Katie

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La buona notizia è che nell’universo narrativo di Michael McDowell torna a comparire un fiume e questo fiume si butta nel Perdido – o lo accoglie? Non me lo ricordo ma non importa, tutto sommato. Il bacino idrico è assimilabile a quello di Blackwater e, per quanto le atmosfere e la resa tematica siano nuovamente quelle del gotico del meridione statunitense, lì non ci arriviamo, desolata. Va però aggiornata la mia personalissima classifica di gradimento di McDowell (anche questa volta in libreria per Neri Pozza con la consueta confezione curata splendidamente da Pedro Oyarbide):

1 – Blackwater
2 – Luna fredda su Babylon
3 – Gli aghi d’oro (il pezzo era qui)
4 – Katie (il pezzo era qui)

Arrivando da Katie, questa storia (uscita in origine nel 1980 e inquadrata in quell’epoca) pare un prodigio. C’è una famiglia già sventuratella di coltivatori di mirtilli che vive sulle rive dello Styx e sbarca il lunario in una dignitosa e affabile indigenza. La cittadina di Babylon viene sconvolta dall’omicidio inspiegabile e cruento della piccola di casa, una conclamata povera stella. Nonna e fratello giurano vendetta e puntano il dito – apparentemente senza prove reali – sul rampollo arrogante che ha ereditato la banca cittadina. Li ascolteranno? Ovvio che no, perché in un posto simile – o forse da tutte le parti – anche la buona reputazione si compra.

McDowell torna a servirsi di umidità, contee che nascondono sacche d’insondabile mistero e truculentume assortito, ma credo sia il ricorso all’elemento sovrannaturale che ci riporta in un territorio apprezzabile.
Poteva stare in piedi anche con un 40% di pagine in meno? Ma certo.
I prodigi a cui assistiamo risultano profondamente radicati? Non credo.
È una storia di ripristino della giustizia e di correzione di torti imperdonabili e, anche se gli aspetti “operativi” hanno un loro fascino, è come se mancasse un pezzo. Da dove viene quella forza oscura? Sono le condizioni ambientali – molto meno “magiche” di quelle del Perdido? È il puro sentimento della vendetta? È roba covata invisibilmente da generazioni? Non è chiaro.
Insomma, molto mestiere e un buon livello di soddisfazione complessiva – nonostante le lungaggini e i numerosi “perché sì” che bisogna gestirsi se si vuole partecipare alla vita di Babylon.

Se volete ascoltarlo, è disponibile nel catalogo Storytel con una provvidenziale lettura di Antonella Civale.

Che la saga di Blackwater possa saldamente militare in un campionato a parte credo sia ormai assodato, anche se viene spontaneo e istintivo perseverare nel paragone o comporre una specie di mappa di gradimento della McDowell-produzione. Ora, Katie non è Gli aghi d’oro e non è di sicuro un miracolo. Di buono ha il ritmo, una certa inventiva – anche se molto orchestrata – e il consueto centro di gravità femminile che ribalta un po’ i rapporti di forza “tradizionali”.

Si parte da una piccola cittadina del New Jersey, dove le Drax – madre e figlia – cercano di arrivare a fine mese tra fatiche inenarrabili e ben poche speranze d’ascesa sociale. Sono in balia del padrone di casa – il consueto RICCO SENZA CUORE DEL PAESE – e cercano di gestire la loro indigenza con dignità. Arriva, a un certo punto, la lettera del nonno invalido – che ha fondamentalmente disconosciuto la figlia quando s’è sposata con uno che lui riteneva un cialtrone -, padrone di una florida fattoria. È prigioniero di questi Slape, parenti acquisiti che lo tengono prigioniero in attesa che crepi per spazzolargli via tutti i soldi che ha da parte. Philo Drax, la nipote, parte per soccorrerlo… e da lì cominceranno i guai.

I tre Slape sono dei delinquenti sociopatici a conduzione matriarcale che si rapportano al mondo con bestiale disinvoltura. Sanguinari, illetterati e gretti, esistono in una dimensione tutta loro e non temono né il biasimo del mondo civilizzato né eventuali castighi giuridici (o divini). Sono avversari agghiaccianti e imprevedibili, proprio perché non pensano come membri funzionali della società e la infestano come parassiti. Punta di diamante della combriccola è Katie, una ragazza dell’età della nostra assennata e “buona” Philo Drax. Katie è dotata di sconvolgenti poteri divinatori e ama molto prendere la gente a martellate – con gran gusto di McDowell, che le fa fare roba francamente irripetibile.

Il romanzo segue Philo nel suo tentativo di riequilibrare la bilancia della giustizia e ci accompagna anche alla scoperta dell’abisso che separa le classi sociali dell’America del tempo, dalle cittadine industriali a New York, grande metropoli tritacarne che dispensa fortune e immense sciagure. 
C’è di che leggere e di che sbalordirsi, ma non si maneggia un capolavoro di acume… e penso dipenda dagli Slape. Cosa ci insegnano le storie dei serial killer? Quelle più interessanti – per quanto nefaste – obbediscono a un “progetto”, a una motivazione di fondo, a un’idea. Gli Slape non possono contare su nulla di tutto questo. Sono un male puro, quasi casuale, esagerato e forse anche ridicolo. Posso accettare di essere presa a martellate… ma mi devi dire perché.

[Il romanzo è in liberia per Neri Pozza nella traduzione di Elena Cantoni, accompagnato dal consueto (e sontuoso) trattamento grafico di Pedro Oyarbide, ma potete anche trovarlo in versione audio su Storytel, con la voce di Antonella Civale. Vi ricordo sempre che a nostra disposizione ci sono 30 giorni di collaudo gratuito offerti da Storytel. Il periodo di prova si può attivare qui.]