Tag

Iro iro

Browsing

Vi avviso, questa Wishlist parte bene… e poi sprofonda nel surrealismo. Ma il bello dei desideri è anche quello: coltivare l’assurdo, il bizzarro, il poco plausibile. Siamo bravi tutti a comprare le cose che servono. Ma sono quelle improbabili che ci rimettono in contatto con le nostre pulsioni più autentiche, libere e vitali.
POTERE ALLE COSE A CASO! CHI SE NE IMPORTA!
Ecco.
Dopo questa interpretazione filosofica assai traballante, ecco che cosa mi sta piacendo molto in questo periodo.

***

La passione per gli orecchini GROSSI continua ad animarmi furiosamente. E si scatena in tutta la sua potenza quando si tratta di pezzi unici, ispirati all’arte, alla storia del costume e all’Oriente. Dunque, Lebole Gioielli sforna una quantità di collezioni quasi ingestibile – e vale la pena frugarle un po’ tutte – ma, complice Giorgio Amitrano, mi sono particolarmente invasata con gli orecchini Iro Iro. Pietre naturali e ottone galvanizzato oro, più sete di antichi kimono. Ogni orecchino è diverso dall’altro. E penso proprio che “Lady” Murasaki approverebbe.

*

Quando è partito il pezzo “autunnale” del mio lavoro con Scholl, sono stata travolta da numerose indecisioni. Perché, per quanto io ami gli stivaletti in nappa, mi sono anche resa conto di non avere praticamente nulla di veramente antipioggia. C’è anche da dire, però, che tutti gli stivali di gomma che vedevo in giro mi sembravano scomodi. Di quelli che ti fanno venire le bolle perché ti balla dentro il piede e passi la giornata sentendoti una papera storpia. Scholl, però, ha fatto i Taty, un modello super impermeabile ma con la suola Memory Cushion, come tutte le sue altre calzature, e una ragionevolissima fodera interna in tessuto confortevole. E sono pure splendenti, di un gioioso PVC lucido come il cranio di Alien – cosa per me assolutamente favolosa. Il problema è che la selezione delle scarpe per la stagione gelida l’ho fatta più o meno ad agosto e, influenzata da un’ottimismo insensato, ho deciso che la pioggia non esisteva e ho preso le Peyton. Che sono valentissime e che uso praticamente tutti i giorni, ma rispondono a un bisogno differente rispetto ai Taty. Insomma, alla fine della fiera, i Taty vincono un posto in wishlist. E mi sono rimasti sul gozzo.

Non mi dilungo ulteriormente sui miei dilemmi, ma vi comunico volentieri che Scholl ha deciso di sfornare un codice sconto solo per noi. È la prima volta che l’azienda fa un esperimento di questo genere, quindi spero di fare un’ottima figura ma anche di risultare utile a voi che vedete passare queste scarpe ormai da qualche mese. Ma veniamo ai dettagli pratici. Con TEGAMINI20 ci sarà il 20% di sconto fino al 22/11 su tutta la collezione autunno-inverno che trovate sullo shop di Scholl. È valido solo online, non è cumulabile ad altre promozioni in corso e si può usare anche più volte. Evviva!

*

So di essere un po’ ridicola, ma se posso vestire Cesare con cose dall’aspetto zoomorfo sono sempre molto contenta. Mi sbizzarrisco con calzine coi musetti, pantaloncini con creste di dinosauro e l’ho portato in giro per lungo tempo (quand’era piccolo piccolo) in una surreale tuta imbottita da orsacchiotto. Spero che qualcuno mi fermi – magari addirittura lui – ma, nel frattempo, mi godo queste assurdità. Ho scoperto Donsje, un brand di Amsterdam che produce vestiti basic di ottima qualità e accessori (con materiali altrettanto favolosi) a forma di bestia. Il mio suggerimento è di spulciarvi tutto lo shop – soprattutto LE SCARPE -, mentre io pondero sull’effettiva possibilità che i capelli del mio infante stiano tutti quanti sotto a una cuffia da koala.

*

Desiderare libri come condizione mentale perenne. Sto attraversando una fase di folle (e doveroso) entusiasmo per l’Ippocampo e ho appena scoperto un nuovo Atlante. Là fuori ci sono atlanti di ogni genere. atlanti dei luoghi maledetti e/o immaginari, atlanti delle isole misteriose, ATLANTI. A fine ottobre è uscito anche l’Atlante delle zone extraterrestri di Bruno Fuligni, un volume illustrato che ci offre una rigorosa mappatura – tra leggende metropolitane, oggetti volanti non identificati e iniziative scientifico-governative – dei presunti punti di contatto tra umanità e intelligenze aliene.

*

Visto che abbiamo già abbandonato il pianeta, direi di proseguire fino alla più lontana lontana delle galassie. Nelle mie peregrinazioni esplorative alla scoperta di Amazon Moda, ho scovato una valida alternativa alle vestaglie in cui mi avvolgo quotidianamente per lavorare a casa. Ebbene, perché limitarsi a una vestaglia quando puoi metterti un confortevole mantello di Darth Vader? VOGLIO DIRE.

*

E per questa settimana è tutto. Che il Lato Oscuro possa sempre vegliare sul vostro salvadanaio. :3

Mi sono resa conto che le listine vi garbano. E anche a me non urtano particolarmente, anzi. Mi impongono un certo sforzo di sintesi che le rende forse più fruibili rispetto alle mie consuete lenzuolate. Ciò detto, ecco qua quattro libri (tre romanzi e un saggio “sentimentale”) che ho apprezzato in questo periodo. Sono scompagnatissimi fra loro, ma non mi pare uno svantaggio. Ci sarà (potenzialmente) qualcosa di bello per tutti. O almeno spero.
Procedo con celerità.

***

M. T. Anderson
Paesaggio con mano invisibile
(Rizzoli)
Traduzione di B. Capatti

Un adolescente racconta le trasformazioni della società statunitense dopo lo sbarco sul nostro pianeta di una specie aliena. I vuuv sono esseri tozzi e sgraziati, dotati di una tecnologia capace di renderli quasi onnipotenti. Il loro arrivo determina il collasso dell’economia terrestre, che si riconverte alle esigenze produttive vuuv, distruggendo di fatto il tessuto delle comunità umane e generando una disparità siderale tra i ricchi – quelli più vicini agli alieni – e i poveri – tutti gli altri. Il romanzo è costruito “a dipinti”: Adam, infatti, è un artista, ed è attraverso i suoi quadri, i suoi disegni a carboncino e i suoi schizzi che ci ritroviamo progressivamente immersi in un mondo nuovo, dove la schiavitù è una realtà e anche i sentimenti possono diventare materiale di simulazione.
Un romanzo stranissimo e crudo, una piccola storia fantascientifica di ribellione, di disperazione e di lotta per preservare il bene più prezioso che possediamo: la dignità (nonostante le conseguenze invalidanti dei virus intestinali cronici).

*

Paolo Giordano
Divorare il cielo
(Einaudi)

Dunque, è il primo romanzo di Giordano che leggo. Perché, mio malgrado, soffro della sindrome del lettore rompicoglioni: se una roba la leggono tutti ne diffido automaticamente. Molto spesso ci prendo, altre volte mi perdo qualcosa di bello. Ecco, a questo giro mi sono sforzata di zittire la vocetta da lettrice rompicoglioni e ho deciso di provare a fare amicizia con Giordano. Non ho idea di come siano gli altri suoi libri, ma Divorare il cielo è un polpettone che ti fa venire voglia di vedere come va a finire. La vicenda ruota attorno a un quadrangolo amoroso – esisterà il “quadrangolo amoroso”? Chi può saperlo – dalle radici adolescenziali e dagli sviluppi devastanti. Teresa, di anni quindici e rotti, passa tutte le estati a Speziale dalla nonna, in Puglia. Una notte si ritrova in piscina tre bagnanti clandestini. Li guarda dalla finestra – mentre vengono scacciati senza molti riguardi dal padre e dal tuttofare della villa – e, anche se non può ancora sospettarlo, continuerà a guardarli per i due decenni successivi (o quasi), finendo anche per trasformarsi nel loro occhio del ciclone, il punto verso cui tutti e tre convergono, si scontrano, gravitano e si aggrovigliano, pur da distanze e con intensità variabili. I tre – Bern, Nicola e Tommaso – sono fratelli a tutti gli effetti, anche se il sangue non li lega. Vivono tutti quanti alla masseria confinante con la villa di Teresa, in una sorta di famiglia allargata capeggiata da un benevolo ma complicato figuro che legge loro la Bibbia, organizza funerali per i passerotti stecchiti, elogia le virtù del sano lavoro manuale e professa la reincarnazione. Che cosa potrà mai andare storto? Parecchio. Ma tante tribolazioni saranno comunque punteggiate da nitidissimi momenti di felicità, perdizione, speranza e gioia.
Nonostante tutto l’impianto del romanzo dipenda dalla quasi totale incapacità di Teresa di comprendere con esattezza che cosa le stia succedendo – o di interpretare i tormenti altrui -, l’intreccio dei piani temporali funziona molto bene e, nonostante certi episodi siano un po’ “iperbolici” per i miei gusti – e pure un po’ WTF -, il lavoro di scavo psicologico sui personaggi è davvero riuscitissimo. Insomma, mi sembra di aver trovato il modo di apprezzare Giordano. O almeno questo libro. Vittoria!

*

Rossella Milone
Cattiva
(Einaudi)

Quanti romanzi e/o opere di assortita non-fiction ci sono sulla maternità? Millemila. Quanti di questi libri sono prescindibilissimi, stucchevoli e anche un po’ fastidiosi, con quella loro patina forzata di GUARDAMI SONO UNA MAMMA PASTICCIONA TI RACCONTO COME FUNZIONANO LE COSE CON ARGUZIA E CORROBORANTE DISINCANTO SONO CERTA CHE TROVERAI I MIEI GUAI TANTO CONFORTANTI E ALLEGRAMENTE SCANZONATI? Quasi tutti. Ecco, è raro imbattersi in una narrazione materna come quella della Milone. E mi sento di ringraziarla, sul serio. È un libro che si legge in un paio d’ore, ma che riesce a filtrare in maniera potentissima nelle pieghe dei ricordi (spesso freschi) di chi ha più o meno recentemente vissuto l’esperienza della nascita di un figlio. È il primo libro di questo “filone” che mi sembra voglia prendere sul serio le mamme, riconsegnandoci – con una lingua bellissima – quei momenti di profonda gioia e di profonda difficoltà che fanno parte dell’universo nuovo che ci troviamo ad attraversare insieme ai nostri bambini, senza sapere bene come si fa. È una storia di istinti confliggenti ma, soprattutto, di correnti sotterranee che ti trascinano lontano e di piccole ancore – che sembrano non fare altro che mangiare, piangere e riempire pannolini di roba immonda – che hanno immancabilmente il potere di restituirti il cuore.

*

Giorgio Amitrano
IRO IRO
(DeA Planeta)

Giorgio Amitrano è un’istituzione. Accademico e traduttore “ufficiale” per l’Italia dei più grandi narratori giapponesi, è da tempo immemore un vero punto di riferimento per chi si occupa di cultura nipponica, dalla letteratura all’intrattenimento. IRO IRO è il suo primo saggio – di taglio gioiosamente autobiografico – sul Giappone. È un testo “colto” ma lontano dai toni specialistici, un ordinato divagare che tocca i nodi salienti della società, della storia e dell’impianto “visivo-filosofico” giapponese reinterpretandoli con la sensibilità di chi ha fatto di quel paese materia di studio e di fascinazione perenne. Dall’arte della calligrafia al karaoke, Amitrano ci fa da guida in uno splendido puzzle di suggestioni letterarie, artistiche e cinematografiche – rigorosamente raccolte nella bibliografia finale -, consegnandoci un diario di bordo in cui i ciliegi in fiore convivono con i robottoni e gli haiku spuntano come isolette fra le pagine di Murakami. Delizioso.