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Ilaria Urbinati

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Dopo aver appurato che non saremmo riuscite a incrociarci – come le vere donne di mondo, che hanno sempre degli impegni precedenti -, abbiamo elaborato un piano infallibile. Ilaria doveva lasciarmi allo stand di Compagine, al Salone, una preziosa copia con dedica del suo Vintagismi, che così poi passavo e me la compravo. Poi però si è dimenticata, ma fa niente, sono comunque successe delle coccole. Me l’hanno passata al telefono – super imbarazzo, che io non so telefonare – e sono stata accolta con grande affetto, in un tripudio di foto e tolleranza. Tolleranza e immenso garbo, anzi, perché sono riuscita a esclamare “Ma che carine queste noci! Ma perché avete un cestino di noci, qua in mezzo ai libri?”. Senza battere ciglio, mi hanno indicato il gigantesco logo appeso al muro. Che poi è questo qua.

Lo so, lo so.
Con me ci vuole un po’ di pazienza.
E forse vale la pena cambiare argomento… che siamo qua per commuoverci con Vintagismi.

È un librino tenero, pieno zeppo di ricordi,  scoperte e ciuffetti storti. Ci sono le lumache, le scarpe con gli occhi, un giardino con piantata in mezzo una pietra gigante, un papà iperattivo, i pomodori dell’orto, una nonna pettoruta e abilissima nel distorcere la realtà, un divano-nascondiglio, la foto di classe di prima elementare e la tragedia dell’abbigliamento anni Novanta. Sulla pagina dell’OUTFIT natalizio è come se ci fossi anch’io, con collettone di pizzo e calzamaglia rossa che prudeva tantissimo. MADRE contribuiva al folklore complessivo trasformando la gonna scozzese in una gonna-PANTALONE scozzese, tanto per farmi capire da subito che il mondo è un luogo tetro, ingiusto e inospitale. Vi torneranno in mente i passamontagna e gli inspiegabili fuseaux con le ghette, insieme a tutti gli sport che vi hanno fatto fare anche se non ne avevate voglia e pativate come dei cani. Poi ci sono i cantanti del cuore – che ve li immaginavate bellissimi ma poi erano tutt’altro – e le estati di noia, in cui si impara a leggere per divertimento e non ci si annoia mai più.

È proprio un librino felice. Si va in giro per i ricordi di un’altra persona e, senza neanche pensarci troppo, cominciano a venire a galla anche i tuoi. Fa nostalgia allegra, ecco, anche per le cose più surreali e le passeggiate di venti chilometri in salita – sia all’andata che al ritorno.
Poi quando capisco se sono più adorabili le illustrazioni o i testi torno indietro e ve lo dico.

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Allora, qua c’è tutto un prologo che vi dovete sorbire. Perché l’adorabile illustratrice di A.A.A. – Il diario fantastico di Alessandro Antonelli, Achitetto è anche la medesima persona meravigliosa che, tempo fa, decise di partecipare a uno dei miei Contest-ini con un Loki che sfreccia sul dorso della borsa-gallina. E vinse, che diamine. Come si fa a non amare follemente un Loki che sfreccia su una gallina gigante? Così, mandai a Ilaria Urbinati una bella Sportini-premio (“Andare a vedere i narvali”) e continuai ad esserle molto grata, ma un po’ da lontano.

Ecco. Poi, la settimana scorsa, si scopre che Ilaria è in partenza per la fiera del libro per ragazzi di Bologna. E allora le grido “ma vai a salutare Amore del Cuore, che è a quello stand là”. “Ma come faccio a riconoscere Amore del Cuore?”. “Non temere, allo stand sono solo in due, e lui è molto grosso”. Ed è solo grazie all’indomito coraggio e alla gentilezza di Ilaria se sono qua a parlare di questo libro. Perché lei allo stand ci è andata e, oltre a “Scusa, mi vergogno molto, ma tu sei Amore del Cuore?” ha anche deciso di farmi un regalone. Con tanto di biglietto e autoritratto.

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Ma cuori, cuori!
E io il libro l’ho letto e, come succede sempre quando c’è qualcosa che mi piace, ne parlo con sincero trasporto.
Dunque, A.A.A. (Espress edizioni) viene fuori da Ilaria, Fabio Geda, Marco Magnone e dal 150° anniversario della stipula del contratto per la costruzione della Mole, super edificio che, oltre ad essere il simbolo di Torino, è anche la grande eredità di un personaggio avventuroso, ambizioso, sognatore e bisbetico. Questo libro a fumetti è il diario fantastico dell’architetto Alessandro Antonelli. C’è l’infanzia, ci sono gli studi, la laurea, i primi progetti, una discreta quantità di porte in faccia, delle solenni rampognate da parte dei committenti e anche una casa a forma di fetta di polenta. C’è la ricerca della perfezione e la volontà di costruire sempre più in alto. C’è tutta la vita di un uomo fuori dal comune e la storia delle opere che ha solo immaginato – come il progetto per la “nuova” Piazza Castello – e di quelle che è riuscito a realizzare – come la Cupola di San Gaudenzio a Novara e, ovviamente, la Mole… anche se morì prima di vederla completata.

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Il pollo alla Marengo dell’Antonelli non l’ho assaggiato, ma la sua storia mi è piaciuta davvero. Tanto per cominciare, ho imparato delle cose che ignoravo sovranamente (che vi devo dire, colpa mia), ma ho anche fatto mille oooh e aaah. Un po’ per i magnifici disegni di Ilaria e un po’ per i pensieri e i sogni – appassionati e contagiosissimi – che finiscono nella testa dell’illustre Architetto. Insomma, le costruzioni saranno pesanti e complicate, ma questo libro è felice e pieno d’ispirazione. E una volta finito non sarete grati solo al trio di autori, ma anche a quegli omini-alpinisti che si svegliano alla mattina e vanno a staccare le stalattiti in cima alla Mole. O frugano nei buchi fra un mattone e l’altro per vedere se ci si sono incastrati dei falchi. O raddrizzano le stelle arrugginite. Ecco, evviva tutti quanti, allora.