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House of Hackney

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Ben tornati al glorioso appuntamento con la lista delle cose che non mi sono potuta permettere questa settimana – ma che comunque desidero con grandissimo trasporto.
Procediamo!

Dunque, sono arrivata alla conclusione che ogni singolo capo d’abbigliamento o accessorio di Miss Patina dovrebbe felicemente trasferirsi nel mio armadio ma, se devo proprio scegliere, darei la priorità al vestito da gattara bibliotecaria. Il tenero micino, purtroppo, non sembra compreso nel prezzo.

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Mio malgrado, non sono immune al fascino delle perlotte. E delle borsine minuscole dove riesci a infilare solo le chiavi di casa ma già se vuoi metterci i fazzoletti hai qualche problema. La combo mortale, dunque, è la bustina con le perline. Celestiale… e pratica come un ombrellino da cocktail in mezzo a una tempesta monsonica. Tipo questa specie di bomboniera di Max&Co.

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Copio e incollo quello che ha scritto Minimum Fax su Instagram per raccontare il prossimo saggio che dovrei leggere. È tutto qua:

“Noi non siamo stati preparati per questa vita agra, ma per un’altra meravigliosa. Il problema è che quella vita non esiste”: giovedì 14 esce Teoria della classe disagiata di Raffaele Alberto Ventura, il libro che finalmente ci spiega perché desideriamo stili di vita che non possiamo permetterci.

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È settembre, quindi bramo di default un’agenda nuova (anche se mi ostino a comprare quelle che, in teoria, dovrebbero coprirmi fino a fine anno). E bramo un’agenda nuova anche se sto usando praticamente sempre Google Calendar per qualsiasi cosa. Pazienza. La ricerca dell’agenda perfetta è un cammino lungo e periglioso. La mia ultima scoperta sono i planner di Dailygreatness. C’è quello per la vita in generale e quello business (visto che ora sono una garrula lavoratrice autonoma che farà casino con le tasse e non capisce più dove si trova nell’universo). Li vendono in un comodo bundle COSTOSISSIMO e sembrano molto intelligenti.

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House of Hackney (mia imperitura fissazione) ha finalmente sfornato la nuova collezione di carta da parati, roba INESTIMABILE per la casa e abiti che non potrò mai permettermi – anche se una maglietta me la sono comprata, lo scorso anno. Comunque, tra i diversi stili autunnali, il mio pattern preferito è sicuramente il sobrio e delicatissimo Paradisa, ispirato a un motivo decorativo hawaiano degli anni Trenta. Con pappagalli giganti. E foglie. A posto. Spero ci facciano anche le t-shirt, visto che sono più o meno l’unica cosa che posso vagamente comprarmi (quando vanno in saldo).

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Concluderei con un’altra tracollina inutile, perché non sono mai abbastanza. Visto che mi sono persa i dinosauri di Coach e pure quelli di Zara, potrei ripiegare su un erbivoro incredibilmente allegro di Pull & Bear. C’è anche il triceratopo, ma mi piace meno perché è color cacchetta.

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Succede che, di tanto in tanto, mi scambiano per una fashion blogger e m’invitano ai Press Day
. I Press Day sono quelle cose che te vai, ti mettono in mano un bicchiere di bianco e ti portano in giro per degli spazi allestiti con infinita carineria per farti vedere quello che i più disparati brand – e/o maison, stilisti, sartine di quartiere, designer, scarpari, case cosmetiche, ciabattini o multinazionali del lusso interplanetario – hanno intenzione di proporre per la stagione che verrà. Te vaghi, guardi tutte queste belle cose, fai le fotine artistiche e pensi, più che altro, che non hai i soldi per comprarti manco il tonno – se proprio non è in offerta -, figuriamoci i meravigliosi abitini rosa di Christopher Kane a forma di ventaglio. Quindi cerchi di non infervorarti troppo – si sa, poi, infervorarsi è da plebei, mica da fashion blogger altolocate -, ti rifai gli occhi, ti comporti al meglio delle tue possibilità e non tocchi niente. Io che vengo dalla campagna, però, ho visto degli animalini e mi sono subito invasata. E ho anche scoperto che la carta da parati è ancora di grande attualità, sempre che sia made in London, esosissima e palesemente arrivata su questa terra dal Paese delle Meraviglie.

 

 Perché esistono delle Puma assurdamente ricoperte di bestiole del bosco e di creaturine fiabesche piene di piume, codine poffose e pellicciotte dai colori pastello. Le nobilissime calzature, la Puma se le è fatte foderare da House of Hackney, che è questo brand britannico che produce arredamento superposh-artistico. Stampe meravigliose. Paralumi. Divani. Lampade a forma di pappagallo. Cuscini con le felci.
Ammazzatemi.

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E niente.
Gli animalini di House of Hackney, oltre a decorare milioni di cuscini che inonderei volentieri di lacrime e tazze che userei ogni secondo della mia vita – anche per mangiarci dentro la pastasciutta -, sono andati a finire anche sulle Puma più Puma. Me sono anche scritta i modelli: le Puma con i piccoli tassi, i pennuti inglesi e il gessato bianco e nero da splendidi squilibrati sono le Basket, le Slipstram e le R698. Usciranno con la collezione autunno/inverno – perdonatemi: FW14 -, quindi avrò ancora un po’ di tempo per gettare delle monetine di rame dentro a un secchio, nella vana speranza di accumularne a sufficienza.
E lo so, sono assurde.
Ma sono gloriose.
E quelle nere sono pure pelusciose-cinigliose!

 
 
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