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Io e Amore del Cuore siamo specializzati nei viaggi con difficoltà climatiche.  Dobbiamo andare a Oslo? Andiamoci a dicembre, che c’è un freddo polare e viene buio alle 14.38. Un weekend a Praga? Va benissimo, ma solo con un’alluvione in corso. Berlino? Fantastico, c’è addirittura una bufera di neve! Saliamo in cima a una torre nella ridente città di Lucca? Perfetto, ma aspettiamo un attimo, che questo qui non mi sembra mica un temporale serio. Miami? Rigorosamente ad agosto, con 50 gradi e un’umidità tipo passato di verdura.
Dopo tutte quelle intemperie lì, un giro a Firenze per il ponte del primo maggio ci sembrava assolutamente innocuo, da un punto di vista puramente meteorologico. Perbacco, in Toscana a maggio, cosa mai potrà capitarci? E invece no. Rovesci furibondi, vento, pozzanghere d’ogni foggia e dimensione. E noi là in mezzo, a combattere il monsone con un ombrellino rosa. Ma c’è un altro ma. Perché il problema della pioggia, quando decide di abbattersi su una città d’arte, è quello che fa alle persone.
Perché il turista non reagisce alla pioggia in modo normale. Il turista non gestisce le precipitazioni come fa a casa sua. Il turista non si accontenta di un ombrello, ma manco per niente. Il turista vuole il PONCHO DI PLASTICA FOSFORESCENTE.
Divinità celesti, ma perché!
Io vivo a Milano. Si mette a piovere? Pazienza, affronto Milano con un ombrello. Non dico che prendere dell’acqua mi faccia piacere – e magari un po’ di spray impermeabilizzante in più (fantomatico prodotto-placebo) ce lo potevo pure spruzzare, sui miei fragilissimi stivalini scamosciati di Twin Set con gli strass e i cuoretti belli -, ma non è che rincoglionisco di botto. Non rincorro un venditore ambulante, implorandolo di darmi un assurdo poncho fruscioso e svolazzante da esibire con fierezza mentre faccio la coda agli Uffizi, sgocciolando orrendamente addosso alla gente normale.
Nessuno a casa sua si riparerebbe mai dalla pioggia con un poncho, ma zero. Amore del Cuore ne ha uno nero per le emergenze da motorino,  ma spesso – pur di non perdere la dignità – preferisce infradiciarsi e ciao. E ha ragione lui, diamine.
La gente in vacanza perde il lume della ragione
. Madri di famiglia che pensano di dover scalare l’Annapurna e attraversano centri storici assolutamente innocui e civilizzati indossando tragici total-look Decathlon da campeggio amazzonico. Coi coltelli in tasca e una retina per le noci di cocco nello zaino. Padri che decidono all’improvviso di dover usare il marsupio. Bambini con la borraccia al collo. E il poncho, obbligatorio per tutti. Un indumento ingestibile, antiestetico e rumoroso, che ti fa somigliare a una tenda menomata e ti impedisce di utilizzare correttamente le mani. Più scomodo dell’ombrello (dove la metti quella roba lì, una volta che l’intemperia finisce di imperversare?), efficace solo se si sta fermissimi, imbecille oltre ogni misura, il poncho è – soprattutto – un vile inganno. Il poncho finge di essere divertente e sbarazzino, finge di voler partecipare alla gioia della vostra gita fuori porta. E voi, come degli sprovveduti suricati, pensate davvero che infilarvi un poncho sia un’idea spiritosa, un modo simpatico e sacrosanto di affrontare il maltempo senza incazzarvi come delle bestie, che avete un giorno di ferie ogni cent’anni e tutte le volte che uscite dalla vostra provincia di residenza vi grandina in testa. Il poncho lo sa, ecco perché finge di essere un brioso strumento d’evasione, un amichevole accessorio per le vostre scampagnate. Perché in vacanza si fanno delle cose diverse. Si fugge dal solito tran-tran. Qualche giorno di pace, a vedere dei bei posti, senza nessuno che vi rompe le balle.
Ed è un attimo.
Vi allontanate dal vostro habitat naturale, scendete dal treno, mettete i bagagli in albergo, vi assicurate di aver portato con voi le pastiglie per purificare l’acqua, date un’ultima occhiata alla cerbottana e addio, dopo mezz’ora siete già terreno fertile per i loschi intrighi del poncho antipioggia.

– Gennaro! Che ridere, ma l’hai visto quello là?
– Chi? Il coglione col poncho giallo?
– Mamma mia, ma lo vedi, ormai non ti si può dire più niente! È simpatico, il poncho. Siamo qua contenti, che visitiamo, che vediamo l’arte… se fosse per te vivremmo sul divano, in mezzo alle briciole.
– E che mi frega a me. Se lo vuoi pigliare, piglialo, il poncho. Tanto qui non ci conosce nessuno.

MA IL CIELO VI GUARDA. E PIANGE. E se il cielo piange, vuol dire che piove.
La pioggia è colpa del poncho. Il poncho fa apposta a insinuarsi nelle vostre giornate di villeggiatura. Lo fa per insultare il firmamento, nel tentativo di preservare le condizioni più adatte alla propria spregevole sopravvivenza. È un complotto plastificato.
Regolatevi, ora che conoscete la verità. Unitevi alla resistenza anti-poncho. Resistenza Anti-Poncho, per un turismo meno sciocco e più soleggiato.
Vai, che fra tipo cinque minuti ci sono anche le elezioni europee.

sochi logo

Durante i miei cinque anni di onorato pendolarismo universitario, io e Sky ci siamo fatti della compagnia, come un anziano signore col suo cantiere preferito. Perché, arrivando da Piacenza e studiando in Porta Romana, la cosa più razionale da fare è scendere dal treno a Rogoredo e pigliare la metro gialla. Rogoredo è un posto che in pratica non esiste, e prima del palazzo di Sky non aveva nemmeno l’orizzonte, c’era soltanto una steppa grigia piena di erbaccia. Poi si sono messi a costruire il palazzo di Sky e, finalmente, ho trovato qualcosa da guardare. E niente, aspettavo il treno e ogni tanto mi giravo per vedere a che punto erano con il mega quartier-generale di Sky. Chissà quanta gente ci sarà dentro. Ma saranno contenti? Boban avrà un ufficio tutto suo? Ci sarà una stanza solo per i tubini neri di Ilaria D’Amico? Come è possibile che tutti quanti abbiano almeno un amico (o un amico di un amico) che lavora da Sky? Tegamini, ma vuoi venire da noi a Sky Sport a commentare la cerimonia d’apertura delle Olimpiadi invernali? Ci saranno anche delle altre personcine, e poi vi facciamo fare un giro in regia e negli anfratti più nascosti e vi spieghiamo delle cose. C’è pure da mangiare.
Perbacco. Certo che ci voglio venire, a vedere una cerimonia d’apertura a casa vostra.

Dopo essermi sincerata una volta per tutte della posizione di Sochi – è al mare… e immagino che il mare ci sia anche nel logone olimpico ufficiale perché non volevano farsi prendere in giro senza combattere: “Va bene, gente, lo sappiamo anche noi che c’è il mare… c’è il mare, ed è un mare di vodka liscia. Avete ancora da dire?” – e aver salvato sull’iPad di Amore del Cuore una serie di irriverenti creature dei mille colori dell’arcobaleno – da twittare obbligatoriamente ad ogni apparizione di Putin -, ho riempito la borsa di spinotti e aggeggi per tener carico il telefono (finirà, prima o poi, questa lenta agonia?) e sono tornata a Rogoredo. Ma con entusiamo, questa volta. Anzi, superato il magnifico sottopassaggio, sono finita sotto le mura del poderoso palazzo e ho gridato ENTRA IN SKY! …OK, MA DA DOVE? 

***

È stato tutto estremamente coccoloso e divertente. Eravamo in questa saletta piena di divani morbidini, con le tv e le focaccette. Sono venuti a trovarci il direttore di Sky Sport – messer Giovanni Bruno -, il prode Giorgio Rocca – che mi ha pure fatto il caffè – e la leggiadra Claudia Morandini, che dobbiamo applaudire – oltre che per l’affabilità e l’imperioso stacco di coscia – anche per un’esauriente panoramica della felice situazione.

Nadia di Gazduna, poi, ha anche avuto l’onore di veder sfrecciare Tomba in corridoio, ma da noi non è venuto perché probabilmente doveva mettersi tantissimo gel nei riccioloni e non faceva in tempo. Messer Rocca, in compenso (E PAPPAPPERO), ci ha fatto anche vedere i tatuaggi a fiocco di neve. Che pazienza infinita.

Comunque.
Prima che potessi cominciare ad ammorbare illustri ex-olimpionici con le mie storiacce da Sci Club
– “Una volta a Borno sono arrivata seconda nello slalom speciale perché tutte le altre sono cadute. Pure io. Ho inforcato alla penultima porta, ma in qualche modo devo essermi girata e me l’hanno tenuta buona. Il mio amico Vittorio, invece, è uscito dal cancelletto con le punte incrociate ed è atterrato di faccia. E a quel punto ha lasciato perdere. Poi, quell’estate lì, ho trovato Michele con le tibie rotte. Eravamo in Marmolada che facevamo i pali di pomeriggio, con la neve sciolta. Anzi, erano i funghetti, mica i pali. C’era il solco, si è incastrato con gli sci sotto al funghetto, ha fatto leva e CRAC, tibie. Gridava da far paura… però, dai, ci si divertiva anche” -, dicevo, prima di far paura a tutti con le mie gloriose imprese allo Sci Club Libertas Bettola – “Oh, una volta mi è cascato uno sci dalla seggiovia” -, ci hanno presi per mano e siamo andati a fare un tour delle regie e di un mucchio di posti pieni di bottoni e schermini a mosaico. C’è anche una selfie collettiva in ascensore. E indovinate un po’ chi è l’unica che non aveva capito dove guardare.

FAAAAAAAAIL.
Qua, però, ci sono un po’ di fotine fantascientifiche. Perché noialtri lavoriamo a una scrivania normale, ma c’è gente che sta in plancia sull’Enterprise.

regia sky

regia sky 2

Sul quinto cerchio che s’incaglia e rimane lì come un carciofino sott’olio, direi che ha già fatto tutto Buzzfeed. Stesso discorso per la tragicomica accoglienza riservata ad atleti e giornalisti: se volete approfondire, ridervela moltissimo e vedere della gente che cerca con tutte le sue forze di prenderla con sportività, c’è il fantastico @SochiProblems. Quando c’è stato il super-segmento Guerra e pace, vi dirò senza vergogna che stavo mangiando delle robe con dentro gli spinaci e non sono stata attenta. Idem per il momento dei monumenti gonfiabili fosforescenti, con la bambina terrorizzata che c’era all’inizio e che, stavolta, è stata costretta a camminare sulle mani di una folla di pagliacci. Ma sulle sognanti mascotte zoomorfe alte dodici piani, però, posso fornire uno struggente documento originale a base di occhi dolci:

mascotte sochi giorgio rocca

Sciatori e conigline di dodici piani. C’è del feeling.
Oltre a tutte queste faccende belle e divertenti, al giro #SkyOlimpiadi è successa un’altra cosa che, ne sono certa, avrà ripercussioni geopolitiche di una certa rilevanza. Ho incontrato tre quarti dei Chiamarsi Bomber Tra Amici Senza Apparenti Meriti Sportivi. E mi hanno regalato una maglietta. C’è scritto sopra 100X100 BOMBERINA e ne andrò fiera finché vivo. Me la metterò quando vado a vedere Amore del Cuore che gioca a tennis, in un profluvio di Bomber di qua e Bomber di là. Che han tutti una gamba di legno e la voglia di correre di un paguro guercio, ma Bombereggiano con orgoglio.

E niente. Mi sono divertita come un fringuello. Sono tornata a casa con qualche tweet buffo, una maglietta da Bomberina e un kit da piccola spettatrice delle Olimpiadi. Ho conosciuto dei personaggi bizzarri, ho applaudito la coerenza degli atleti delle Bermuda in bermuda, ho osato dire che le divise dell’Italia – disegnate da Re Giorgio Armani in persona – sembrano delle tute da benzinaio e ho partecipato a un’operazione collettiva di disturbo della pubblica quiete lavorativa di un numero spropositato di indefessi dipendenti di Sky. Che bello. Ma la facciamo, una gita sugli sci tutti quanti insieme? Messer Rocca, portaci tu. Da piccola prendevo al volo l’ancora sul ghiacciaio del Presena! Sono sopravvissuta a una lastra di ghiaccio di 450 metri, in mezzo a una pineta! Ho fatto La Longia senza mai fermarmi… col telefonino in mano! SONO STATA AZZURRA DI SCI! Portaci, Messer Rocca! Saremo il tuo orgoglio! Intanto che ci pensi, però, vorrei ringraziare Sky per l’ospitalità, per i donini e per tutte le cose nuove che ho scoperto. Avessi incontrato pure ZVONIMIR Boban – anche se gli sport invernali non sono il suo campo – piantavo la tenda nel pratino in mezzo ai palazzoni di vetro, con vista su Rogoredo e una bandiera piena di minipony arcobaleno che nitriscono in cirillico.
Grazie. E infrastrutture olimpiche – funzionanti – a tutti!