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fuoco

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Una cittadina del Sud degli Stati Uniti viene all’improvviso sconvolta da un evento traumatico: un ragazzo si alza in piedi durante la messa, rovescia una tanica di benzina e la chiesa prende fuoco, uccidendo quasi tutti. Il gesto pare premeditato e non c’è dubbio sul fatto che quell’Iggy fosse un tipo “strano” – almeno secondo gli standard di Harmony – ma a distanza di venticinque anni dall’accaduto nessuno riesce ancora a capacitarsene o a spiegare le ragioni profonde di quel che è successo. E Iggy, che attende in carcere l’iniezione letale e dalla finestrella della sua cella aspetta la fioritura dell’unico albero che può vedere, ripercorre insieme a noi il mistero di un gesto che ha definito la sua vita ma che sembra non essergli mai appartenuto.

Michael Bible condensa le ripercussioni di questo disastro collettivo (e i mille colpi di testa di chi cerca di crescere in un posto che non ha un centro) in questo romanzo breve ma densissimo, a suo modo lirico ed estremamente “vivo”, nonostante il paesaggio privo di appigli e prospettive di futuro. La staticità di Harmony, la tenace impresa di nascondere sotto al tappeto quel che trascende la norma o increspa la superficie impenetrabile dell’accettabilità, è uno specchio che deforma anche i luoghi più sicuri. Iggy trova rifugio dove può e fin dove le persone che ama glielo consentono, ma si scappa fin quando le gambe reggono e fin quando si può immaginare una meta alternativa, che non sempre c’è. Chi vuoi che ti ascolti, quando nemmeno tu sai spiegarti perché tutto ti respinge?

L’ultima cosa bella sulla faccia della terra si legge con rapidità ma sedimenta con calma, perché molte desolazioni si riempiono agitandosi qua e là sperando di imbattersi in un posto dove fare il nido o in qualcuno che “veda”, senza volerci necessariamente aggiustare, convertire, placare. La voce di Bible – nella resa bellissima di Martina Testa per Adelphi – sembra antica anche se parla di stazioni di servizio, robaccia che si beve, secondini che vengono a chiederti cosa vuoi mangiare per l’ultima volta. Iggy resterà un enigma, ma vi sembrerà un essere umano che ha cercato molto senza trovare assolutamente niente.

Mi hanno regalato un estintore.
L’ho sempre voluto, sin da bambina. A Santa Lucia si chiedevano solo pony ed estintori, perchè se il pony correva troppo e s’incendiava, poteva comunque essere salvato dal provvidenziale strumento spegnifiamme.
E poi arreda, l’estintore arreda. È allegro, di un bel rosso vivo. Ti ci difendi anche, metti che ti arrivi in casa un malfattore, non c’è niente di più versatile di un estintore se si decide di sfondargli la mandibola con un colpo ben assestato. E non parliamo di quell’aria un po’ industrial-chic che si porta dietro: l’estintore è un oggetto di design senza tempo, capace di trascendere la mera funzionalità per sorprendere con le sue forme accattivanti, sempre attuali.
Perchè non è un caso se nei musei c’è pieno di estintori appesi. E poi, ammettiamolo una buona volta: che Natale è, se non ti viene da dar fuoco a qualche consanguineo.

Le mie vacanze al mare sono sempre state molto avvincenti. Madre mi portava a seimila mercatini dell’antiquariato, ci si inerpicava sulle alture liguri a cercare paesi composti unicamente da sassi e salite, si mangiavano grissini molto lunghi mentre si tornava a casa dalla spiaggia su delle orride Grazielle cigolanti, si andava in libreria tutte le sere a comprare un Istrice nuovo e capitava pure che sulla passeggiata si incontrassero persone con un leoncino da compagnia. Una foto spettacolare documenta lo storico incontro. Ci siamo io, il leoncino e il mio pannolone. Con una mano tengo il guinzaglio della belva neonata mentre con l’altra faccio l’artiglio. E ho pure l’espressione del ruggito.
Insomma, capitavano cose di questo tenore… e non stupiamoci, dunque, se una sera siamo finite alla mostra dell’occultismo e degli strumenti di tortura e abbiamo comprato una sfera di cristallo.
Abbiamo scelto la sfera perchè la vergine di ferro poi era un casino da riportare a Piacenza.

Con la palla di vetro abbiamo felicemente convissuto per anni, senza paura, senza prevedere il futuro e senza invocare gli spiriti. Una coabitazione pacifica, basata sul sano tedio che ogni soprammobile ha il dovere di ispirare. Noia, rassicurante e ovattata noia.
O almeno così pensavo.

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MADRE (flagello dei mondi) – …pronto?
TEGAMINI – Ciao Madre!
M – Oh, ciao. Sei arrivata bene?
T – Sì, sì, ho preso il treno stamattina, tutto a posto. Che fate oggi?
M – Mah, andiamo a giocare a tennis, che c’è ancora bel tempo.
T – Bravi. Ma giochi te col papà?
M – Eh, se ha voglia… te lo passo?
T – E passami il papà.
PADRE (maestro zen in levitazione) – Ciao Bimba, come va? Hai preso il treno? Tutto a posto?
T – Sì, sì, sono arrivata, niente di strano. Adesso vado a mangiare.
P – Brava, anche noi siamo a tavola.
T – Eh bene allora, ci sentiamo dopo…
P – Ah no aspetta, ti passo tua madre…
Tegamini gesticola disperata in mezzo alla strada.
M – Francesca! Oggi ho quasi dato fuoco alla casa!
T – ……..EH?!?!
M – Guarda, abbiamo riso un sacco con il papà!
T – …mamma, non va bene così. Ma che roba è, divertirsi nel dare fuoco alla casa, ma cosa vi è preso, non potete rincoglionire in modo pacifico, senza farvi del male.
M – Ma no, poi non è successo niente. Si ma insomma non vuoi sapere come ho fatto?
T – …non lo so, forse no.
M – Niente, stavo spolverando in salotto, sai dove abbiamo tutte le foto, no? Ecco. Spolveravo le cornici e le mettevo sul tappeto, che poi dovevo pulire il tavolino e alla fine ho spolverato anche la palla e l’ho messa sul tappeto, te la ricordi la sfera di cristallo, no?
T – Eh, come no. Io volevo le piramidine magiche, ma poi non me le hai prese.
M – Facevano schifo, quelle piramidi. Comunque, ho pulito il tavolo e mi sono girata per prendere la roba e rimettercela su e ho visto che c’era tutto del fumo intorno alla palla…
T – Oh Signore.
M – …e allora ero lì che pensavo “ma guarda che fenomeno strano, che c’è tutto del fumo lì, incredibile, ma viene dalla palla” e allora ho chiamato tuo padre… “MIMMO MIMMO VIENI CHE LA SFERA STA FACENDO DEL FUMO!”
T – Cristo santo.
M – No ma te lo passo che ti spiega lui perchè. Guarda, mai avrei pensato, aspetta, eh… MIMMO!
Tegamini allontana il telefono dall’orecchio.
P – Pronto. Tua madre ha quasi incendiato il soggiorno.
T – Ti prego, dimmi che c’è una spiegazione razionale a tutto questo.
P – Ha appoggiato la palla sul tappeto, al sole. Il cristallo ha concentrato tutta la luce in un punto e il tappeto ha preso fuoco.
T – …solo alla mamma può capitare una roba del genere.
P – Solo a tua madre.
T – Però mi piace questo tuo approccio scientifico all’accaduto. Sobrio e scientifico.
P – E che altro dovrei fare, tua madre scatena combustioni spontanee in salotto.
T – Bisogna avere pazienza.
P – Bisogna avere pazienza.

Sono figlia di una fattucchiera piromane.
…ma la amo moltissimo.