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Sono piacentina e prendo gli affettati molto seriamente.
La coppa è un prodigio che abbiamo donato al mondo.
La coppa è importante.
I salumi sono importanti.
E il tagliere di affettati non è una roba che si prende quando non ci si decide sull’antipasto. È brutto, sminuire il tagliere di salumi. È scortese. Il tagliere non dovrebbe essere il piano B. Il tagliere ha una dignità e una sua armonia.
LODE E GLORIA AI TAGLIERI.

Ma non facciamoci risucchiare immediatamente dall’irrazionalità.

Dalle mie parti, di solito, dopo innumerevoli affettati di rara bontà si passa ai tortelli. O agli anolini. O ai DELICATISSIMI pisarei e faśö. I salumi, insomma, sono una preziosa introduzione, ma si fermano un po’ lì – se vai a mangiare fuori, soprattutto… perché a casa mia ci sparavamo etti di salame come secondo, ma siamo un caso un po’ preoccupante, temo. Comunque, dall’alto della la mia assoluta e ormai trentennale EXPERTISE salumieristica e del mio generale entusiasmo per il mangiare fuori, la settimana scorsa ho felicemente accettato l’invito dei baldanzosi ideatori/gestori/affettatori di Salumi Solari e sono andata a godermi una cena quasi esclusivamente a base di estrosissimi taglieri e sceltissimi bicchieri di vino.

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Fotina cortesemente concessa da Sapori Solari (per rendere doverosamente giustizia all’affettato).

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Il locale ha aperto due anni fa, vicino alla fermata della metro di Bande Nere, e l’idea è assai interessante. Un menu costruito su qualsiasi cosa possa dirsi affettabile – dai salumi alle bresaole, passando per i carpacci di pesce e i formaggi – e accompagnato da verdurine, cicchetti fantasiosi e pane da sgranocchiare.
Il tagliere arriva in compagnia di uno dei giovanissimi proprietari – cinque virgulti super competenti che non hanno ancora compiuto trent’anni – che si piazza lì a raccontarti con pazienza e una visibile passione quello che stai per mangiare. Ho scoperto la porchetta di tonno, gloriose ricottine di bufala, salami di mulo, tartare sceltissime di Fassona piemontese e più o meno ottantasei tecniche diverse di stagionatura dei latticini. Il tutto, però, raccontato un po’ come avrebbe fatto Gassman.

I taglieri vengono gioiosamente assemblati dietro al banco – che è in sala dove siete anche voi – utilizzando prodotti selezionatissimi che arrivano dagli angoli più disparati d’Italia. Vengono privilegiati i piccoli produttori, l’artigianalità e, oltre alla discriminante decisiva della prelibatezza, c’è anche un po’ quella della “storia” di una particolare tradizione gastronomica regionale o territoriale. Ho mangiato cose mai sentite e mai provate e mi è spiaciuto parecchio non averlo fatto prima, sarei stata molto più contenta.

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I carpacci di pesce. Le foto saranno un po’ poco PROFESSIONAL, ve lo dico, perché avevamo voglia di mangiare tutto e ciao.
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Affettare! Affettare!

Insomma, è un posto dove poter scoprire eccellenze vere e mangiare (perché sì, sono taglieri, ma si mangia) scoprendo prodotti unici. Potrete affidarvi ai ragazzi per la composizione del tagliere e l’abbinamento del vino o anche farvi consigliare qualcosa “su misura”. Se poi c’è una BRESAOLINA – termine che mi ha mandato in visibilio quando Gassman ha introdotto il tagliere dedicato, con grande costernazione di tutti i miei pazienti commensali – dicevamo, se c’è una bresaolina che vi piace particolarmente, prima di tornarvene a casa con la pancia piena e il cuore soddisfatto avrete anche la possibilità di farvene affettare un po’.
Che cos’ho scordato?
I dolci. Ci sono anche i dolci. Torte fatte in casa con proposte fisse (vi consiglio la cheesecake con la ricotta di bufala, è commovente) e invenzioni diverse a seconda del giorno.

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E basta, ho finito. Qui trovate tutte le informazioni, il menu, un po’ di filosofia e delle foto molto più belle delle mie.
Andateci, se vi capita. Si sta bene. 
Potere agli affettati! E grazie a Sapori Solari per la serata.

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Le vacanze sono finite. È arrivato il momento di farsene una ragione. Sono tornata a Milano ormai da due settimane. E il mio profilo Instagram si sta decisamente ammosciando. Per quattordici giorni – felicemente trascorsi in Sicilia – ho deliziato la mia coriacea “fanbase” con orizzonti marini, piatti di ravioli di cernia, viuzze romantiche, chiese barocche, birrette in spiaggia, tramonti di rara arroganza, dune sabbiose, crostacei, teatri di pietra, fichissimi fichi d’India, terrazzini baciati dal sole, altari stracarichi, centrini di pizzo, luce naturale, onde cristalline, racchettoni e parei svolazzanti. Tutti i miei scatti vacanzieri sono stati accolti con un calore assolutamente inedito. Cuorini a profusione, nuovi follower come se non ci fosse un domani, emoji gioiosissime e commenti incoraggianti. Se avessi improvvisamente deciso di fotografarmi le tette, avrei sicuramente riscosso meno successo. Pur continuando a non capire bene che cosa diamine sia capitato, l’involontario esperimento comparativo mi ha insegnato un sacco di roba importantissima sull’utilizzo feriale di Instagram.
Parliamone.
E che qualcuno prenda appunti, per carità.

Dovete scegliere la meta delle vacanze? Molto bene. Restate sempre in Italia. Del patriottismo, chiaramente, non c’è da curarsi. Mica siamo sottosegretari al turismo. È alla connettività che dobbiamo pensare. Chiaro, quando ci troviamo in una meta esotica, il wi-fi dell’albergo è sempre una buona soluzione… ma è comunque piuttosto disagevole. Ovvio, mica è fondamentale che TUTTO quello che postate su Instagram sia live. Ma, una volta tornati in camera, non potrete fare a meno di chiudervi in bagno – fingendo di dover fare la cacca -, per aggiornare il vostro profilo con le migliori foto della giornata. Presi dall’ansia di non poterle mai più caricare, ne butterete su centodue, ma senza un briciolo di gioia. Anzi, v’incazzerete pure. Il tempo che state sprecando attaccati al wi-fi, infatti, potrebbe essere splendidamente buttato alle ortiche in altro modo. In giro, ad esempio. A fare altre centodue foto indimenticabili.
Avete comunque optato per una meta lontana? Molto bene. C’è solo una cosa che dovete sapere: tutte le reti libere che trovate per strada sono delle stampanti.

Le persone vogliono la natura, l’orizzonte e il mare. Cieli pieni di nuvole che sovrastano strabilianti coste rocciose o imponenti picchi montani. Alla gente piacciono i paesaggi. Ma nei vostri paesaggi – tanto amati dalla gente – non ci deve essere altra gente. Se potete, quindi, evitate di andare in vacanza la settimana di Ferragosto. Fotografare una spiaggia deserta la settimana di Ferragosto è pressoché impossibile. Ci sono le signore con le teglie di melanzane fritte, i bambini che scavano voragini, i tipi che giocano coi racchettoni nella speranza di attirare un po’ di figa e i papà che gonfiano braccioli. A Instagram non piace l’umanità. Su Instagram funzionano le piazze deserte, le strade vuote, le coste disabitate, l’acqua limpidissima piena di riverberini e i nuvoloni burrascosi. Se proprio non vi danno ferie in un altro momento, puntate sul tramonto. La gente si leva dalle palle e, se il telefono non vi svirgola completamente le luci, rimedierete anche un glorioso gioco di colori che si riflettono sul mare. Sciambola!

Se mai vi venisse in mente di farvi una foto in costume da bagno, premuratevi di sdrammatizzare. Non avete il culo di marmo di Megan Fox, ma qualcuno potrebbe sempre accusarvi di volervela tirare. A Instagram non piace la gente che se la tira. Volete fare le fatalone? Verrete spernacchiate senza pietà. Difendete le vostre velleità da fashion blogger con una caption piena di giocosa autocommiserazione, tipo “Burrito on the beach”.

Il cibo è molto importante. Le persone, di base, si prendono bene con la roba da mangiare e sembrano interessatissime alla vostra dieta vacanziera. Più un alimento è pesante, indigeribile, grasso, fritto e MAIALOSO, più verrà apprezzato. Il problema, molto spesso, è la presentazione del piatto. Vi ingozzerete con quantità industriali di roba che, purtroppo, non è abbastanza bella per finire su Instagram. Potreste rinunciare a postarla o, presi dal panico, vi sentirete in dovere di ordinare un dolce – dopo aver ispezionato l’apposita vetrinetta refrigerata – solo per produrre un contenuto che documenti la meraviglia della vostra cena. Lo avanzerete dopo due forchettate, ma vi sentirete meno agitati.
Un’altra cosa a cui dovrete badare, andando a mangiare fuori, è la luce. D’estate è molto più piacevole sedersi all’aperto, ma l’illuminazione spesso insufficiente di cortiletti, pergolati e DEOR devasterà la vostre fotografie, trasformandole in un papocchio inutilizzabile e sfocato. Vedete voi: è più importante alimentarvi con quantità invereconde di specialità locali – in pace e serenità – o vantarvene su Instagram? CIOÈ.
Altro aspetto da non sottovalutare, in caso la cena offenda sia l’occhio che il palato, è IL POSTO. Nel dubbio, scegliete un ristorante fotogenico e bizzarro. Non fate i milanesi. Non andate a infrattarvi in uno di quei posti minimalisti, coi mattoni a vista e l’aria da spazio industriale dismesso. Instagram ama il rustico – ah, il fascino popolare della trattoria coi piatti sbeccati! – o i ristoranti che somigliano a un caffè viennese stracarico di carabattole di vostra nonna. Magari mangerete di merda, ma una foto super cuoriciabile ve la porterete a casa. Vittoria!

Instagram, nel periodo estivo, non tollera la pigrizia. Andatevi a cercare delle cose pazze da fare. E presentate ogni attività come una chicca nascosta del posto che state visitando. La gente è stufa del mainstream. La gente vuole il backstage, quello che non si trova sulla guida. Fate finta di vivere lì da cent’anni e non dedicatevi a nulla di normale. Infilatevi nei vicoli. Visitate botteghe dimenticate da Dio. Cercate i pazzi del paese. Buttatevi da una scogliera che nessuno ha ancora scoperto. Rincorrete i gechi. Fate parapendio con una testa di cavallo di plastica sulla testa. Rubate una fisarmonica. Arrampicatevi sulle piante e frugate nei nidi degli uccelli. Scovate animali rari e misteriosi. E raccontatela con allegra noncuranza – cioè, siete speciali… è ovvio che anche le vostre foto siano speciali. Perché Instagram non ne può più di piedi nella sabbia. Instagram vuole il kraken che emerge dalle acque, stringendo un capodoglio agonizzante in ogni tentacolo.

Vi siete dedicati al paesaggio, al FOOD e al FUN, ma non potete assolutamente tralasciare l’arte. L’ultimo libro che avete letto era per i compiti estivi della terza media? A teatro v’addormentate? Fate le scoregge con l’ascella e vi sentite dei musicisti? La calzamaglia bianca di Roberto Bolle vi fa ridere fragorosamente? Non importa. Capire è secondario. Quello che conta è il gesto. La gente ama genericamente IL BELLO – perlustrate dunque i siti archeologici più disparati, correte in tutte le chiese, piantonate le botteghe degli artigiani, schieratevi alla festa del patrono, rompete i coglioni con persiane romanticamente scrostate e sorbitevi almeno una mostra (non importa quanto irrilevante) – o, se proprio non trovate niente esteticamente piacevole da immortalare, sappiate che la gente ama anche lo strambo – basta che sia incredibilmente TIPICO. Il compromesso d’oro tra le due categorie è la street-art. Avventatevi sui murales – trovando il modo di trasformarli in un imperdibile scorcio urbano – e dannatevi l’anima dietro a stencil, poster strappati e adesivi appiccicati sui semafori.

Siete in vacanza in compagnia? Applaudite gli amici che vi abbandonano per ore intere salutandovi con “andiamo a fare le foto”. Siete tornati a casa dopo un lungo periodo di latitanza? Costringete vostra nonna a posare con voi. La nostalgia per la casa natia e i selfie pieni di affetto per i parenti lontani – più vecchi sono, meglio è – vanno un casino quest’anno.

Soprattutto, però, Instagram ama i SHOGNI. La gente vuole vedervi in barca. La gente vuole le piscine a sfioro, i cocktail giganti, gli attici pieni di luce e i roof-bar. Le spiagge coi lettini a baldacchino e gli ombrelloni con le foglie di palma. I party in spiaggia con le fiaccole fiammeggianti. Siete ricchi? Non c’è problema. Non siete ricchi? Appellatevi al magico potere delle piccole cose. Devastate i vostri follower con la dolcezza infinita delle mini-gioie quotidiane. La poesia del viaggio. Il gusto per i dettagli nascosti. I gatti randagi macilenti che sonnecchiano in uno spicchio di sole. Un fiore caparbio che cresce in mezzo a una pietraia battuta dalle intemperie. Un castello di sabbia. Un sassolino colorato. Fate finta di disprezzare i resort balinesi a mille stelle, prendete la cartaccia di un Liuk e spacciatela per un prezioso origami. Avvicinatevi alle stronzate più insignificanti con il rispetto e la commozione che riservereste alla lacrima iridescente di un unicorno. La gente di Instagram capirà. Perché la gente, d’estate, è più sensibile.

Cuori a voi, dunque.
Trovate un last-minute e fateci vedere chi siete.
Andate… e fotografate.
Sarà un luminoso successo.
…è il ritorno, che crea problemi.