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Emiliano Ponzi

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Ebbene, l’eterno ritorno della settimana del Salone sta per investirci con tutta la sua dirompente potenza. Il sindaco ha profetizzato ingorghi e traffico, ma ce la caveremo egregiamente: a Rho Fiera ci si arriva meglio prendendo la metropolitana. E dov’è che vogliamo andare (anche)? Proprio lì. Che cosa succederà di bello quest’anno? Ci sono novità? Appuntamenti peculiari da segnalare? Imprese creative spigliatissime? Mobilio francamente incredibile da ammirare? Temi? Correnti? Idee? La risposta generale è SÌ MOLTO. La risposta precisa è ecco qua una guida sintetica e funzionale all’edizione 2024 del Salone del Mobile. Spero vi tornerà utile per razionalizzare visite, scovare tesori inattesi e orientarvi meglio nella miriade di proposte a disposizione.
Procedo?
Procedo.

LOGISTICA DI BASE

Dal 16 al 21 aprile il Salone del Mobile vi attende a Rho Fiera con i suoi 1900 e passa espositori internazionali.
Qui trovate le informazioni principali per spostamenti, biglietti e orientamento.
Qui si può scaricare l’app ufficiale che vi aiuterà a pianificare i giretti e a navigare i padiglioni grazie a una mappa interattiva. Potrete anche contrassegnare gli stand da visitare – e l’app vi consiglierà il percorso più efficace per arrivarci – e creare un archivio/promemoria dei pezzi che più hanno catturato il vostro interesse, fra i numerosi che troverete dotati di QR code d’approfondimento. Inoltre, mostrando il vostro biglietto (disponibile in app) agli ingressi dei vari stand, a fine fiera riceverete un video showreel che ricapitolerà tutti gli espositori a cui avete fatto visita.

 

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La novità grande di quest’edizione? Gli spazi sono stati completamente riprogettati, razionalizzati e “umanizzati” – è il caso di dirlo. Gli espositori saranno raggruppati per aree tematiche ben discernibili, i percorsi sono stati allargati e troverete qua e là anche oasi di quiete e installazioni che vi aiuteranno a “decomprimere”.
Per iniziare a discernere i raggruppamenti tematici, ecco qua un ricapitolone concettuale dei padiglioni.


LE INSTALLAZIONI

Il Salone può diventare in maniera ancora più incisiva un punto d’incontro tra design, cultura e arte? Altroché. Ecco qua le tre grandi installazioni che troverete nell’edizione di quest’anno.

“Interiors by David Lynch. A Thinking Room”
[Padiglioni 5-7]

David Lynch ha saputo immaginare stanze al confine tra realtà e simbolo, dentro e fuori, sogno e materia. Le due stanze “del pensiero” che ha progettato per il Salone – e che sono state materialmente realizzate dal Piccolo Teatro – continueranno ad abitare questo confine affascinante. Cosa ci troveremo, a parte quiete e vuoto? Una poltrona di legno, degli strumenti per scrivere o disegnare, delle nicchie che ospitano immagini enigmatiche, uno specchio, un orologio, dei cilindri di ottone e del doveroso velluto blu. Che ci combineremo? È il mistero che Lynch ci affida.
Vi va di approfondire? Ecco un’intervista ad Antonio Monda, che ha curato l’installazione e può giurarci che Lynch si diverte a piallare il legno.

“Under the surface” – Emiliano Ponzi
[Padiglione 10]

Date un occhio alla vostra libreria e troverete di sicuro qualche copertina disegnata da Emiliano Ponzi. Artista della sintesi e mago dei microcosmi, Ponzi ci invita a visitare un paesaggio sommerso – realizzato con Accurat e Design Group Italia – e a riflettere sull’importanza dell’acqua come risorsa vitale. Stupore scenico ma anche dati sul consumo idrico da lasciar filtrare lungo il percorso, perché unendo meraviglia “immersiva” e data visualization diventa più semplice affrontare anche grandi questioni del nostro tempo.
Per sviscerare meglio l’approccio, ecco qua un’intervista alla squadra creativa.

“All You Have Ever Wanted to Know About Food Design in Six Performances”
[Spazio centrale EuroCucina – Padiglioni 2-4]
Come si fa a riflettere sul cibo? Bisogna disporre di uno spazio per maneggiarlo/prepararlo ma anche di un posto in cui rifletterci su, ascoltando o leggendo chi sta indagando quel che mangiamo in senso storico, economico, spirituale, filosofico, emotivo, materiale. Questa, insomma, più che un’installazione visitabile è una sorta di festival fatto di una “grande” performance giornaliera (dalle 9.30 alle 17.30) e di un palinsesto di talk e interventi collegati che animeranno la Food Design Arena (ogni giorno alle 14.30). L’intero “impianto” è affidato a sei magazine internazionali indipendenti che hanno fatto della cucina e del cibo il loro punto focale. Ve li elenco agilmente qui, lasciandovi anche il link per esplorare la proposta di ogni magazine per questo spazio: Family Style (USA), Linseed Journal (UK), The Preserve Journal (Austria), Magazine F (Sud Corea), Farta (Portogallo), L’Integrale (Italia).

I tre “pilastri” della proposta culturale allargata del Salone, insieme al calendario completo delle tavole rotonde e degli eventi è consultabile qui.


CORRAINI (in fiera e in centro)

Dopo l’ottimo debutto del 2023, il bookshop del Salone sarà affidato nuovamente alle edizioni Corraini (padiglione 14). E sì, un bookshop così io lo considero una meta, un’esperienza suggestiva, un ANDATECI. Lo spirito eclettico, autorevole e giocoso è quello delle librerie che Corraini ha presidiato per anni felicissimi qui in città: in vendita troverete volumi di ogni genere e provenienza dedicati a illustrazione, arte e design – sia per “grandi” che per piccoli -, ma anche riviste, oggettistica, pezzi unici, curiosità, rari reperti, cartoleria e grafiche.

C’è altro? Chiaro. In Piazza della Scala troverete il Design Kiosk, uno spazio-libreria (con assortimento sempre a cura di Corraini) che fungerà anche da campo base del Salone in centro città. Oltre agli stupefacenti prodotti editoriali, infatti, il Design Kiosk ospiterà anche un palinsesto di incontri e conversazioni – gli appuntamenti si possono consultare qui.

Ho finito? Inevitabilmente no. Ma il tantissimo che vi lascio da scoprire ci aspetta allegramente in fiera. Un cuore e felice Salone a noi!

Libri che mi hanno rovinato la vita è uscito questa settimana e, su Twitter, è partito un piccolo esperimento collettivo di raccolta dei libri che hanno in qualche modo rovinato anche le nostre, di vite. Così a occhio, son venuti fuori molti libri che classificheremmo come “tristi”. Anch’io, d’istinto, ho risposto con dei libri zavorrati da una potente mestizia di fondo o con dei romanzi che vanno a finire male. Che ne so, Quel che resta del giorno, Non lasciarmi, La strada, Il transito di Venere. Qua e là è spuntata spesso anche Hanya Yanagihara, nostra signora imperitura del trauma e del campare male.
Leggendo effettivamente quel che scrive Daria Bignardi, però, mi è sembrato di tornare alle superiori, alle tracce dei compiti in classe di italiano che sono riuscita ad assecondare solo parzialmente. Poi non è detto che uscissero dei brutti temi, ma di sicuro non erano dei temi granché centrati. In quelle circostanze lì me la cavavo anche bene, perché la prendevo talmente larga e buttavo talmente tanta roba nel calderone che alla fine davo comunque l’impressione di aver capito qualcosa – di preciso non si sa cosa, ma almeno facevo volume.

Ecco, Bignardi rompe (non senza allegria) il solido nesso causale, forse inconscio e sicuramente assai condivisibile, tra libro triste e libro che t’azzoppa o ti segna eternamente. Ci fa l’immensa cortesia di complicare le cose, di esplorare l’intersezione che si crea tra chi siamo in un determinato momento nel tempo e cosa leggiamo in quel momento nel tempo. Ci ricorda che molto spesso sono gli incontri accidentali – con un libro pescato per caso e senza programmaticità dallo scaffale di una sorella, ad esempio – a contenere un vasto potenziale rivelatorio. Ci sono romanzi che diventano destino, che scatenano quel riconoscimento che non sta solo nello scovare un personaggio a cui più o meno stanno capitando le nostre stesse brutture o gioie. Riconoscersi aiuta a partecipare? Penso di sì, ma anche quello dipende da chi siamo quando leggiamo. A rovinarci la vita può essere anche un romanzo che ci mostra un’allegria che sentiamo di non poter sprigionare o un personaggio che riesce a fare tutto quello che a noi costa una fatica strutturale. Ci rovinano la vita sia i legami spezzati che i cerchi che si chiudono fin troppo bene, la gente interessante e misteriosa che ci ricorda la nostra scarsa originalità, chi parte in smaccato vantaggio o chi ci fa venire il nervoso perché gliene capitano troppe. Quel che ci fa male non ci fa male in uno spazio vuoto, atterra col suo bagaglio di potenziali conseguenze in un territorio che possiede già un suo paesaggio di baratri terrificanti, radure idilliache e torrentelli vivaci. E come cambiano i paesaggi, nel corso del tempo cambiamo anche noi. Libri che mi hanno rovinato la vita, rende giustizia a questo processo di erosione e rinnovamento, collocando quel che leggiamo nel nostro tempo. È un po’ come sfogliare un album di ricordi, riconoscendo chi eravamo alla luce di quel che sappiamo oggi, facendoci aiutare dai libri che per una ragione o per l’altra sono stati rilevanti – e spesso motore di ripensamento, ombra e ferite.

Non so che rapporto abbiate voi con le vostre versioni passate. Io sono poco indulgente. Mi perdono poco e non mi osservo con grande tenerezza. Potrei cambiare idea, mappandomi coi miei libri importanti? Potrei scoprire che in fondo non ero così male? Intravedere progressi? Quel che ho trovato di bello in quest’esplorazione letteraria e interiore è anche l’allontanamento dalla pretesa che la lettura debba per forza insegnare qualcosa di utile e spendibile, o impartire una lezione che possa migliorarci. Bignardi ricorda chi è stata e dove è approdata principalmente attraverso tre grandi “demoni” letterari – Djuna Barnes, Sologub e Nietzsche -, concedendosi il lusso del mutamento, dalla contemplazione di uno scoglio superato. Mi pare gentile con le sue versioni passate… e non perché il tempo abbia cancellato i dolori, ma perché col tempo è possibile imparare ad addomesticarli, a vederceli addosso con franchezza, ironia e indulgenza. Che grande regalo sono i libri che ci rivelano accidentalmente qualcosa di noi, ma che regalo ancora più grande è la possibilità di girare pagina, cambiare forma, cambiare idea.