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A fare da cornice a buona parte delle vicende di Le buone maniere, il nuovo fumetto di Daniel Cuello uscito per Bao Publishing, è un ufficio che più grigio non si può. L’ufficio, insieme alla variegata fauna dei suoi dipendenti, ha il nobile compito di revisionare pubblicazioni di ogni tipo in modo da renderle conformi alle direttive ideologiche di un tentacolare Partito che regola con mano che si finge paterna (ma in realtà è pesantissima) la vita del paese. L’ufficio è un organo di censura e repressione a tutti gli effetti, ma è anche un palcoscenico umano popolato da signore insospettabilmente ribelli, eroi cialtroni e capi che diventano tali proprio perché non hanno mai dimostrato interesse per l’esercizio del potere. È un guscio in cui confluiscono antichi drammi personali, codardie sommesse, ambizione paziente (per quanto schifosa), dovere, paure silenziose e forme di rassegnazione allo status quo inesorabili quanto la burocrazia.

Quale prezzo siamo disposti a pagare per far prevalere il “bene”? Perché è tanto più facile accettare un mesto ma tranquillo presente, anche quando di fatto serviamo il padrone sbagliato? Che cosa c’è di peggio del trovarsi in un contesto che ci fa sentire irrilevanti o sempre troppo piccoli e inermi per cambiare le cose?
Tra timbri, macchinette del caffè che non funzionano MAI, paradossali catene di comando, gatti fuggiaschi, una zia saggissima e confortevoli prigionie da scrivania, Cuello ci procurerà un gran magone… ma riuscirà anche a dare un nome a quella scintillina di coraggio che tanto inseguiamo, anche quando ci sembra di essere sempre inchiodati nello stesso posto.