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Ho battuto così tanto la fiacca con la Weekly Wishlist che alcune cose che desideravo hanno addirittura avuto il tempo di trasformarsi in un acquisto concreto. Incredibile! Prodigioso! Un processo decisionale che giunge a compimento! Non si era mai visto! Ma non crogioliamoci nell’autocompiacimento e proseguiamo con baldanza. Ecco un po’ di vari ed eventuali aggeggi (ed esperienze) che sto bramando in questo periodo o che ho già incamerato con soddisfazione.

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Sono riuscita ad andare al cinema a vedere Captain Marvel. E ora voglio il maglioncino di cotone di Carol Danvers. Questo è di Musterbrand, che sforna con grande efficienza indumenti “portabili” ispirati ai costumi dei nostri personaggi cinematografici e videoludici preferiti, da Star Wars a Zelda. Tempo fa mi sono regalata il cardigan lungo di Kylo Ren e ho felicemente constatato che i materiali sono buoni e anche la lavorazione. Insomma, l’obiettivo finale è andare in giro con un intero guardaroba da supereroe quasi in borghese. E non potendo disporre di un flerken, inizio dal maglioncino.

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A Ferrara, fino al 2 giugno a Palazzo dei Diamanti, c’è una mostra che credo potrebbe rimettermi al mondo: “Boldini e la moda”. Tra dipinti, abiti d’epoca e oggetti emblematici, la mostra esplora il rapporto tra Boldini, l’alta moda parigina e la Belle Époque. Perché il ritratto di una signora chic è anche il ritratto di un preciso e vasto mondo di riferimento.

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Mi sto riconvertendo gradualmente – e con successo – alle borse più piccole, da portare possibilmente a tracolla. La rivoluzione è partita dalla necessità di rincorrere un bambino senza ritrovarmi impicciata dai valigioni che di solito mi portavo in giro. Ebbene, le bottiglie d’acqua “classiche” ci stanno, nelle mie nuove borse? A volte no. E a volte sì, ma con immane fatica. Visto che la geometria solida non è un’opinione, ho dato retta alla mia amica Gabriella e mi sono presa una bottiglia piatta. Me la riempio prima di uscire e la caccio praticamente ovunque. Sì, somiglia a una fiaschetta da maestro di sci con una pesante dipendenza da grappa, ma è comodissima. Questa qua è la Memobottle formato A6 (375 ml), ma ce ne sono anche di più/meno capienti.

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La compagine europea di Hello Kitty mi ha donato, un po’ di tempo fa, una spazzola Tangle Teezer. Prima usavo le spazzole di legno e mi trovavo anche bene. Sapevo dell’esistenza delle Tangle Teezer, ma temevo fossero dei plasticoni inutili. Ebbene, facevo piuttosto male a partire prevenuta e, in tutta onestà, ho scoperto che con la Tangle Teezer faccio la metà della fatica, mi strappo meno capelli, sono assai più rapida e me li pettino pure meglio. Ho scoperto che esiste una Tangle Teezer con i denti più lunghi e solidi per i ricci e le chiome assai folte come la mia. E credo che procederò presto con l’investimento.

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Lavidriola è un brand spagnolo che sforna mirabolanti gioielli “artistici” dall’estremo potenziale pop. Sono robe giganti, stravagantissime e super dettagliate. Ci sono spille, collane che fanno provincia, orecchini e assurdità di ogni tipo. Si va dalla zoologia all’esplorazione spaziale, senza tralasciare Luna Lovegood con il copricapo da leone. Mi sento capita come poche volte al mondo.

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Visto che siamo già in ambito “sobrietà”, credo valga la pena soffermarci su Krukrustudio e sul suo catalogo di borse che somigliano a oggetti e creature vicine al sentire comune (dalle taniche di benzina alle sogliole). In più, c’è una gamma assai nutrita di pochette – con tracollina inclusa – a forma di libro. I titoli disponibili sono numerosi (dai grandi classici ai libri di testo di Hogwarts) e c’è una vasta scelta anche in termini di dimensioni. Diciamo che si può scegliere una borsa-libro paperback o una borsa-libro Treccani.

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Bene, mi fermo qua. La lista potrebbe proseguire fino all’orizzonte, ma teniamoci qualcosa anche per le prossime puntate. Nel frattempo, felici scoperte a tutti.

Sto per partire, incredibile ma vero. E quest’anno, forse, riuscirò anche a riposarmi vagamente – nonostante l’adorabile ma impegnativa presenza dell’erede. A grande richiesta (sul serio, mica racconto panzane), arriva dunque l’elenchino di libri che avrei l’ambizione di leggere in agosto. Fallirò? Ne leggerò uno in croce e mi sentirò scema come una roccia? È possibile. Ma non demoralizziamoci anzitempo. Ecco qua una lista ultra-aspirazionale di romanzi e/o vari prodotti editoriali accumulati negli ultimi mesi e inesorabilmente rimandati “a quando potrò finalmente buttarmi a pancia per aria”. Non li ho ancora letti, ma per una serie di ragioni vorrei farlo. E magari verrà voglia di farlo anche a voi. In chiusura, poi, troverete qualche fulmineo consiglio per letture estive già collaudate e dunque raccomandatissime.

Ma procediamo, che se no mi rubano il posto a bordo piscina e l’infante mi scappa prima che possa cospargerlo di protezione OTTOMILA.

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DIVERSI LIBRI CHE VORREI LEGGERE MOLTO

Beatrice Mautino
Il trucco c’è e si vede
(Chiarelettere)

Una biotecnologa e divulgatrice scientifica – molto istruttiva anche su Instagram – tenta di diradare le possenti nebbie del marketing sensazionalistico per aiutarci a decifrare meglio quello che ci spalmiamo in faccia. Dalla cosmesi al BIUTI, una piccola e rigorosissima guida per spendere soldi (spesso parecchi) in maniera più consapevole e saggia.

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Alan Rauch
Il delfino
(Nottetempo)
Traduzione di F. Conte

L’ultimo arrivato nel serraglio della collana Animalía di Nottetempo: un imprescindibile saggio zoologico-culturale sul delfino. Dalle doti acrobatiche ai risvolti mitologici, dalle leggende all’arte, una storia ragionata e super estrosa di una bestia acquatica che sembra meritarsi da centinaia di anni la nostra più sincera fascinazione.

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Simone Lisi
Un’altra cena
(Effequ)

Quattro amici e quattro atti per raccontare una cena. Chiacchiere quotidiane che diventano passettini verso una specie di abisso in cui le cose che non ci diciamo restano in agguato. Vorrei leggerlo anche solo per capire se i commensali, alla fine, riescono a digerire.

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Gail Honeyman
Eleanor Oliphant sta benissimo
(Garzanti)

Traduzione di S. Beretta

Mi pare di capire che Eleanor Oliphant sia piaciuto a tutti. Il che, di solito, è una roba che mi insospettisce. Comunque, la storia è quella di una ragazza un po’ svitata e solitaria che parla solo con una pianta in vaso e tiene tutti a debita distanza, convincendosi che l’autarchia emotiva sia la chiave per superare il grande trauma che l’ha segnata. Ma che succede quando qualcuno tenta finalmente di rompere il guscio? Non ne ho idea, ma vorrei scoprirlo… sperando che Eleanor non diventi la nuova Amélie Poulain.

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Michele Mari
La stiva e l’abisso
(Einaudi)

L’opera di recupero degli arretrati di Mari prosegue con caparbia gradualità. Tanti romanzi non sono stati ristampati per parecchio tempo ed erano praticamente introvabili… ma il vento pare essere cambiato. Anche se di vento, in questo libro, pare essercene ben poco. La storia si svolge su un galeone spagnolo inchiodato dalla bonaccia in un angolo remoto d’oceano. Il racconto segue la diffusione di una follia strisciante e misteriosa che si impadronisce lentamente dell’equipaggio, mentre il capitano – bloccato nella sua branda -, tenta di districarsi nei meandri di una realtà allucinatoria e sconosciuta.

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Michael Crichton
I cercatori di ossa
(Longanesi)

Traduzione di D. Comerlati

Che vi devo dire, Il regno distrutto è piaciuto solo ad Amore del Cuore. Chissà che cosa direbbe Crichton di Jurassic World e seguiti vari, CHISSÀ. Ma non soffermiamoci su domande che non avranno mai risposta. Leggiamo, piuttosto, il primo romanzo a base di dinosauri del compianto creatore di Jurassic Park. La storia è ambientata nel selvaggio West nel 1876. Qui, in mezzo alla polvere e a indiani battaglieri, un paleontologo si accinge a riportare alla luce una scoperta sensazionale, che gli verrà però contesa da una spedizione rivale, pronta a tutto per fargli le scarpe. E forse anche la pelle.
I cercatori di ossa è una specie di evento. Il libro, infatti, è stato “rinvenuto” – non si sa se sottoterra o no – dieci anni dopo la morte dell’autore e non era mai stato pubblicato da nessuna parte.

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Elena Ferrante
L’amore molesto
(E/O)

Della Ferrante ho letto solo la quadrilogia dell’Amica geniale. E, onestamente, vorrei approfondire. E/O ha inaugurato da qualche mese una collana – Le Cicogne – che raccoglie i titoli più emblematici e “famosi” della casa editrice. E il libro che ha fatto conoscere la Ferrante al grande pubblico non poteva mancare. Sempre ambientato a Napoli, L’amore molesto è la storia del rapporto vastissimamente problematico tra una madre (che si ammazza) e una figlia che cerca di sottrarsi al potere soverchiante del loro rapporto.

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Teju Cole
L’estraneo e il noto
(Contrasto)

Traduzione di G. Guerzoni

Teju Cole è un intellettuale a tutto tondo. Fotografo, narratore, artista e viaggiatore, è una delle penne più eclettiche e curiose del panorama culturale contemporaneo. L’estraneo e il noto è una raccolta di articoli e piccoli reportage – mai comparsi in Italia – in cui Cole affronta temi diversissimi, toccando argomenti di pressante attualità (come il movimento Black Lives Matter) e rileggendo gli eventi più disparati attraverso la lente della creatività e della riflessione artistica.

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Isaac Bashevis Singer
Satana a Goraj
(Adelphi)

Traduzione di A. Dell’Orto

Un testo di rara potenza linguistica, fatto di foschi presagi e vasti misteri. Siamo nel 1666, tempo di fedi ferventissime, paesaggi desolati, maledizioni e catastrofi. Sprofondare nel peccato e nell’oscurità per riemergerne purificati: gli ebrei polacchi della piccola comunità di Goraj attendono l’arrivo (profetizzatissimo) del nuovo Messia, che porrà fine al loro Esilio e li condurrà nuovamente in Terra Santa. Peccato che a tirare le fila della sfrenata deriva morale di Goraj ci sia il diavolo in persona e che nessuna promessa, quando c’è di mezzo Satana, può dirsi sacra.

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Tristan Garcia
7
(NN)
Traduzione di S. De Sanctis

Qui basta proprio “il concept” del libro. Sul mercato c’è una nuova droga. Se la prendi avrai la possibilità di ritornare al tuo “schema cognitivo” dei trent’anni, dei venti o dei dodici. Non ho idea di come questa roba possa svilupparsi all’interno di una narrazione o che cosa diamine capiti partendo da queste premesse, ma sono già travolta dalla fascinazione.

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Piero Angela
Il mio lungo viaggio
(Mondadori)

L’autobiografia di Piero Angela. Non penso sia necessario aggiungere altro.

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Tara Westover
L’educazione
(Feltrinelli)

Traduzione di S. Rota Sperti

La vicenda di Tara Westover è così incredibile che, sulle prime, ero convinta che L’educazione fosse un romanzo e non un memoir. Cresciuta in una famiglia di mormoni in mezzo alle montagne dell’Idaho, Tara vive all’interno di un microcosmo completamente scollato dalla realtà. In casa non ci sono libri e non ci sono giornali. Andare a scuola è vietatissimo, la medicina “scientifica” è bandita e le uniche occupazioni possibili per lei e per i fratelli sono aiutare i genitori a mandare avanti il rottamaio del padre o bollire erbe per la madre guaritrice. A diciassette anni, però, Tara scopre un’alternativa… e sceglie di emanciparsi con l’unica arma su cui può ragionevolmente mettere le mani: l’educazione.

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C. S. Lewis
Lontano dal pianeta silenzioso
(Adelphi)

Classicone della fantascienza. Un professore di filologia viene rapito da due scienziati e trasportato su un altro pianeta, Malacandra. Il professore riuscirà a fuggire e partirà per una personalissima esplorazione del mondo su cui è coercitivamente capitato. Incontrerà le creature più impensabili che, condividendo con lui i segreti del loro pianeta, gli sveleranno in realtà il grande mistero della Terra, “pianeta silenzioso” che ha smesso ormai da millenni di comunicare con gli altri mondi.

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Eleonora C. Caruso
Le ferite originali
(Mondadori)

Per la rubrica “Esperimenti arditi”, tuffiamoci nel groviglio della più subdola seduzione. Dunque, trattasi di complicatissimo triangolo sentimentale con devastante resa dei conti finale. Anzi, quadrangolo. Anzi, facciamo così: c’è un bellissimo ingannatore. Si chiama Christian. Christian sta, contemporaneamente, con Dafne – che studia medicina -, Davide – che studia ingegneria fisica – e Dante – un fascinoso quarantenne con famiglia e una RAL assai robusta. Nessuno dei tre, ovviamente, è a conoscenza della vastità delle panzane che Christian – tra un’ondata e l’altra di euforia/autodistruzione da disturbo bipolare – va loro spiattellando. Che accadrà? Ne usciranno mai? Ne usciranno interi? Chissà.

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LIBRI CHE HO GIÀ LETTO (PIÙ O MENO RECENTEMENTE) E CHE SECONDO ME SONO VACANZIERI E MERITEVOLI

Valeria Fioretta
Se tu lo vuoi
(Piemme)

Dunque, seguo Valeria ormai da qualche anno. Amo il suo blog e mi piace ascoltarla dai remoti albori di Snapchat. Sono molto contenta che sia riuscita a trovare il tempo di scrivere un romanzo e sono ancor più felice di averlo apprezzato. Perché quando qualcuno che “conosci” – anche solo virtualmente – scrive qualcosa la faccenda si fa sempre spinosa. Vorresti avere la possibilità di parlarne bene, ma mica è detto che escano sempre delle meraviglie. Niente, Valeria mi ha fortunatamente liberata dall’imbarazzo scrivendo un libro godibilissimo. È una storia di sentimenti, di cuori che si aggiustano e di avventure cittadine estive (in quel di Torino). La protagonista, Margherita, viene brutalmente mollata da un uomo che le piaceva parecchio – e che aveva cercato di irretire con ogni mezzo, fallendo -, evento che la fa sprofondare repentinamente in una specie di rabbiosa letargia da abbandono. Si riprenderà facendo una cosa lontanissima dal suo “personaggio”: la tata per una bambina sveglia ma molto riservata, figlia di un papà single. Già, l’impianto è da commedia romantica… perché sì, è una commedia romantica, alla fin fine. E funziona bene. È un libro leggero (nell’accezione più positiva del termine) e spigliato, pieno di battute sagaci e di sinceri interrogativi sullo stare al mondo. Si legge volentieri, Valeria ha una voce narrante molto caratteristica e si finisce per fare il tifo per Margherita… il che è un ottimo segno, perché ci si affeziona veramente solo ai personaggi che funzionano.
Portatevelo in spiaggia insieme a un bricco di Estathé. La morte sua.

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Marco Marsullo
Due come loro
(Einaudi)

Altro romanzo ad alto tasso di ombrellonabilità, con tanto di Dio in camicia hawaiana e Diavolo che stappa ottime bottiglie di rosso. Non è un libro che vi spalancherà reami inesplorati dell’interiorità, ma la storia è piacevolmente caciarona, nonostante la posta in gioco sia la salvezza eterna delle anime. Come funziona? C’è un tizio piuttosto derelitto e cialtrone – che risponde all’improbabile nome di Shep – che serve (a insaputa delle controparti) sia Dio che il Diavolo. Il suo compito, per entrambi, è quello persuadere gli aspiranti suicidi a gettarsi di sotto (un punto per il Diavolo) o a scendere dal cornicione (un punto per Dio), garantendo così l’equilibrio ultraterreno. Shep, che ancora non si è ripreso dalla rottura con l’amatissima Viola, si barcamena in questo scenario impossibile, facendo del suo meglio per non farsi stramaledire da nessuno dei due importanti committenti e cullando perennemente il sogno di riconquistare la fidanzata perduta – ormai instradata verso una nuova vita.
Portatevelo a bordo piscina – ma solo la piscina è piena di smandrappone come quelle che piacciono a Dio – o in cima a un vulcano. In ogni caso, non scordate il salvagente e non sporgetevi nel cratere.

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Jean Echenoz
Inviata speciale
(Adelphi)

Traduzione di F. Di Lella e L. Di Lella

Echenoz ha una scrittura che, lì per lì, potrebbe anche risultare fastidiosa. Perché è perennemente arguto. In maniera quasi sfiancante. Ogni frase è un piccolo mondo in miniatura dove ogni nevrosi, stramberia o dettaglio insolito vengono amplificati fino ad ottenere un festival dell’assurdità umana. Ciò detto, è così bravo che stai lì e ti sciroppi tutto. Questo libro è una specie di spy-story surreale, che si apre con il sequestro di una bella donna – con poco senso pratico – e si sviluppa in maniera ancor più imprevedibile, trasformandosi in un tentativo di destabilizzazione della Corea del Nord. Lo so, sembra una barzelletta, ma Echenoz vi tira scemi fino alla fine, nonostante le estenuanti descrizioni della vastissima rete metropolitana parigina.

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Temo di essere stata eccessivamente ambiziosa. Ma il buonsenso è palesemente una virtù che non mi appartiene. Quindi metto in valigia… e parto. Sperando di aver scelto bene.
La vostra brama di mamozzi da leggere non si è ancora placata? Date un occhio alle numerose liste e recensioni che popolano coraggiosamente la categoria Libri e il video-archivio dei #LibriniTegamini. E godetevi delle corroboranti vacanze all’insegna della miglior nullafacenza.

L’inesorabile trascorrere del tempo e l’addio – immagino irreversibile – alla possibilità di passare i weekend a ronfare a letto non son cose che fanno bene alla pelle. Mi illudevo, in gioventù, di poter per sempre fare a meno di spalmarmi in faccia le sostanze più disparate, ma mi sto rendendo conto di aver ormai bisogno d’aiuto. Perché sì, nonostante la pigrizia, la tirchieria e lo scetticismo, ci sono prodotti che mi stanno effettivamente sostenendo in questi tempi impervi e difficili. Per i miracoli c’è ancora margine di manovra, ovvio, ma qualcosa di buono sta comunque accadendo. E mi fa piacere parlarne.

Un piccolo assortimento di DISCLAIMER
– Non sono un’esperta mondialgalattica di skincare. Sono una persona normale con problemi ancor più normali che cerca ogni giorno di svegliarsi con una faccia tollerabile. E, visto che non ne so abbastanza, raccolgo di buon grado i consigli di chi è depositario della saggezza che manca a me, o di chi si occupa di BIUTI per lavoro. I prodotti che mi sono presa la briga di elencare, dunque, è da lì che vengono. Qualcuno, in un momento imprecisato, ha deciso di impartirmi un po’ di nozioni-base e di darmi una mano a scegliere quello che poteva funzionare per me.
– Tipologia di pelle: la mia faccia è secca come una pergamena del Basso Medioevo e tende anche ad assumere un favoloso color lapide (specialmente nei mesi non particolarmente baciati dal sole). Quel che c’è qui, dunque, è orientato a risolvere quel genere di menate.
– Capita, ormai molto spesso, che mi propongano doni di ogni tipo. Se c’è qualcosa che penso potrebbe farmi del bene, io accetto di buon grado. E poi provo. Mi trovo bene con tutto quello che mi mandano? Giammai. Non mi compro più niente da sola? Ma magari, MAGARI. Indipendentemente dalla provenienza delle cremine e degli aggeggini, dunque, il criterio di selezione è stato il seguente: roba che mi ha giovato e che mi ricomprerò quando finisce.

Mi sarò dimenticata qualcosa di fondamentale? È probabile.
In ogni caso, ecco qua un piccolo elenco di quello che mi cazzuolo volentieri in faccia.

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SCRUB

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L’esfoliazione è una pratica profondamente gratificante. Perché sortisce effetti immediati e ti fa subito pensare di non aver buttato via una barca di soldi in attesa di ipotetici risultati futuri. Faccia spenta e pietrificata? Bene, ti fai lo scrub, levi di torno uno strato di pelle morta e ti senti subito un essere umano. Favola.
Questo scrub di Caudalíe è un grande amico. Si fa sulla pelle umida – appena uscite dalla doccia, tipo – perché è bello deciso e potrebbe scorticare un po’. Super granuloso e anche un po’ affilatino, pulisce a fondo e spazza via le schifezze ormai defunte, permettendo di fatto a una faccia nuova di zecca di riemergere.

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La lista comprenderà numerosi prodotti Origins, io ve lo dico. La colpa è principalmente di Aurora, che sa fare bene il suo mestiere e che, soprattutto, ha imbroccato in pieno praticamente ogni consiglio. Comunque. Questo scrub è più delicatino e nutriente del precedente. Si basa maggiormente sul fattore-frizione rispetto al fattore-particelle-scorticanti (senza perderci troppo in incisività, comunque) e si può dunque applicare anche sulla pelle asciutta. Stupefacente e luminosa setosità finale, insieme a una prima base di idratazione, che schifo non ci fa mai. Consiglio spassionato: NON CACCIATEVELO NEGLI OCCHI. Ripeto. NON CACCIATEVELO NEGLI OCCHI.

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MASCHERE

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Entrare nel tunnel delle maschere era inevitabile. Quelle di Lavera non saranno tempestate di panda e teneri ortaggi kawaii, ma fanno comunque il loro sporco lavoro – con un pragmatismo davvero apprezzabile. Uno dei problemi principali – o almeno, uno dei problemi che affliggono me, poi magari voi lo sapete – delle maschere spalmabili è MA QUANTA ME NE DEVO METTERE? Ecco, Lavera ha una piccola gamma di ottime maschere saggiamente divise in due porzioncine. Una maschera = una porzioncina. Idratazione e funzionalità. Senza dover prendere tanto le misure.

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Skincare coreana… RESPECT (in quantità industriali). Ho scovato su Amazon, per puro culo, un paccone da 16 maschere Dermal in tessuto a 15 euro. E vuoi non prenderle? Vuoi non fare un tentativo? Vuoi non lasciarti affascinare da ingredienti pazzi, estratti da ogni possibile vegetale, minerale, alga e sostanza presente nella tavola periodica? Ebbene, mi pare di averci imbroccato. Sono tutte a base di collagene, costano poco e sono ultra-imbevutone. E c’è anche una specie di tapparellina che potete appoggiarvi sulle palpebre.

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Visto che con il cargo da 16 maschere generaliste non mi sembrava di aver affrontato i miei problemi più pressanti con sufficiente incisività e precisione, ho preso anche una confezione da 5 di maschere (sempre in tessuto) Hydrolock.

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SIERI

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Il siero di The Ordinary all’acido ialuronico… wow, GROUNDBREAKING. Non ne avevamo proprio mai sentito parlare! Per fortuna ci sei tu, Tegamini! Niente, so di non essere particolarmente innovativa o originale, ma questo coso è la vita. Non lo so, è una specie di concentrato di “faccia bella” liquida da mettere prima della crema idratante. Descrivere l’effetto è complicato, ma la sensazione è un po’ quella di passare da arbusto avvizzito a frutto polposo.

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Il Make a Difference Plus+ è un po’ più “cremosino” rispetto al siero di The Ordinary, ma si assorbe in tre millisecondi comunque. In questo caso l’obiettivo è idratare profondissimamente, grazie al fondamentale contributo della Rosa di Gerico, famigerato vegetale che ha bisogno di una gocciolina d’acqua soltanto per risorgere da uno stato di secchezza apparentemente letale. Faccia, prendi esempio dalla Rosa di Gerico.

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GIORNO

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Ginseng e caffè – ma non caffè al ginseng, che non berrei neanche sotto tortura. La GinZing si prefigge di risvegliare la pelle spentissima del viso garantendo un’idratazione prolungata che possa sostenervi dall’alba al tramonto. Ve la spalmate dopo il siero e via, i fiori non appassiranno più al vostro passaggio.

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EFFETTI SPECIALI

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Tra i vari brand che prosperano sotto l’ombrello Deciem c’è anche Hylamide, che pare avere molto a cuore la resa-Instagram dei nostri volti affaticati. L’HA Blur è un finisher – che va messo dopo la crema idratante e prima di spalmarvi la “base colorata”, che si tratti di fondotinta o BB o CC o RTRUIRERIIFW – a base di acido ialuronico che uniforma la carnagione e produce un effetto da filtro-bellezza di Stories (anche se i filtri-bellezza di Snapchat avevano una marcia in più, devo dirlo). Sembrerete automaticamente una Kardashian dopo 14 ore di trucco pro? No. Ma la pelle ne esce ultra vellutata e visibilmente meno disomogenea. Io queste robe non me le mettevo e non ne conoscevo nemmeno l’esistenza. Ma fanno.

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Mentre attendevo che un nuovo tubetto di HA Blur mi venisse recapitato, ho provato la nuova Matte Crème di Erborian, che ha sempre l’obiettivo di uniformare, opacizzare, sgrossare la grana della pelle e piallare un po’ ma ha anche una piccola componente illuminante (senza però scadere in un effetto stroboscopico poco gestibile). Sarà la ninfea bianca? Io non lo so, ma sulla mia faccia produce luminosità.

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BB CREAM

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Dunque, non ho ancora trovato un fondotinta che mi doni davvero. Sembro sempre un ibrido tra il Fantasma dell’Opera e Data di Star Trek. Il che non è positivo. Non so, forse me lo metto male. Forse non mi sono dedicata a sufficienza alla ricerca del fondotinta perfetto. Io non lo so, ma non mi sento a mio agio. Quindi uso la BB Cream, e bene che sto. La mia preferita al mondo è la BB al ginseng – ma è ovunque questo diamine di ginseng – di Erborian. Non secca – perché un altro fantastico pregio della mia faccia è quello di ritrasformarsi in un foglio di polverosa cartapesta appena mi applico la base del trucco, nonostante io mi sia già messa siero, crema idratante e finisher -, non sembra una maschera funeraria micenea e si adatta bene al tono della pelle. Io, con una crema colorata sbagliata divento subito gialla, per dire. Ma anche quando mi pare di essere riuscita a scegliere la tonalità adatta. Ecco, questa no. E la amo.

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NOTTE

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Non mi diffonderò in nozioni sugli struccanti, perché mi strucco con l’acqua micellare… e non credo ci sia nulla di stupefacente da segnalare. A parte che bisogna struccarsi.
Comunque.
Ho scoperto che per svegliarsi con una faccia decente conviene andare a letto con un minimo di impegno. La High-Potency Night-A-Mins di Origins è pensata per defibrillarvi la pelle con un concentrato di vitamine e minerali vivacizzanti, che combattono l’opacità e fanno del loro meglio per idratare a lungo e in profondità. È bello sapere che mentre dormi ci sono delle sostanze pazze che si danno da fare per te.

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Il contorno occhi trama ai nostri danni. Ora, non ho ancora delle drammatiche zampe di gallina o delle rughe d’espressione devastanti – sarà che per tutte le scuole superiori non ho mai sorriso -, ma qualche accartocciamento comincia a intravedersi. Avevo provato una crema alla bava di lumaca, ma mi bruciava – oltre a farmi un po’ schifo come idea. Mi sono dunque attivata per evitare il disastro incipiente con un’alternativa molto più saggia: il contorno-occhi di Double B a base di acido ialuronico (acido ialuronico my old friend… e via di chitarra) e argan.

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La Drink Up-Intensive è una maschera notturna, tecnicamente. Ma non è che vado a dormire con due dita di crema in faccia. Sarebbe ingestibile a livello di cuscino e anche un po’ di qualsiasi altra cosa. Anche perché non sono il tipo che appoggia il capo su un trespolo di legno per non rovinare l’acconciatura o gli impacchi, come le geishe. Ciò detto, è una crema ricca da applicare generosamente prima di ronfare. Ti svegli sensibilmente più morbida – ma non unta – ed è anche profumosina e albicoccosa.

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LABBRA

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Non ho una bocca particolarmente voluminosa, ma se non me ne occupo scompare, in pratica. Divento Voldemort. Credo di aver provato circa 3289 olietti, burrocacai, stick, semi-gloss, volumizzanti e accidenti del genere, ma l’unico che davvero mi lascia le labbra idratate (a lungo), “volumizzate” e morbide è questo aggeggio di Clarins. È addirittura in grado di sostenere l’applicazione delle tinte labbra senza farmi somigliare alla mappa orografica di Lake Powell. E sì, ok, il rossetto liquido di Kat von D è, di base, meno prosciugante di moltissimi altri, ma un po’ di preparazione ci vuole lo stesso.

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Non so che cosa ne penserebbe il buon McGuyver, ma io sono molto fiera di questa soluzione. I mesi invernali mi hanno donato screpolature devastanti sulle mani (come al solito) e labbra spaccate. Visto che nulla sembrava riuscire a placare il problema labiale, ho fatto un tentativo con la crema Medela alla lanolina che mi ero comprata per evitare che Cesare mi staccasse i capezzoli quando allattavo ancora. Cioè, se ci fate caso, le labbra e i capezzoli hanno un po’ una consistenza simile – PERCHÉ NON TENTARE, DUNQUE. Ebbene, avevo ragione. La lanolina è anche un favoloso burrocacao.

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E niente, dovrei aver finito.
Sono arrivate altre cose da collaudare, ma non ho ancora trovato il modo di alterare l’attuale routine per riuscire a soddisfare la grande curiosità che mi anima… e non mi va di iniziare centosei creme contemporaneamente, che già sono disorganizzata di mio. Ho diversi prodotti dell’Estetista Cinica che vorrei usare con criterio, ad esempio. Ma so che vanno applicati con certi accorgimenti e che funzionano meglio insieme ai loro “fratelli”. Insomma, devo studiarmela meglio. E per le prossime puntate – o per dei “come mi sto trovando” in versione lampo – possiamo riaggiornarci su Instagram Stories, se vi va. Per suggerimenti e “oddio, Tegamini, sto usando sostanze miracolose VOGLIO GRIDARLO AL MONDO”, invece, i commenti sono sempre una buona idea.
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E ora teniamoci per mano, scrubbiamoci, mascheriamoci e idratiamoci al grido di #LIVTYLERSUBITO.

Una delle mie più longeve fissazioni è Cléo Ferin Mercury. Torno periodicamente sul sito per sincerarmi che la meraviglia sia ancora tutta lì e per scoprire quali nuovi animalini sono stati aggiunti alla collezione. Il brand è specializzato, infatti, in sciarpe di seta (e/o altri materiali altrettanto meritevoli) a forma di bestiole… con tanto di zampine e codine. La mia più recente passione è il giaguaro albino. Ma amo molto anche le maglie in seta e cotone con le maniche piene di felini. Per chi odia i gatti, comunque, ci sono cerbiatti, lupi, panda, roditori, bassotti e un intero serraglio.

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White+Cat+Blouse+In+Black+-+Cat+Print+Top+-+Womens+-+Cotton-Silk+(flat)

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Ma addentriamoci ancor di più nel tunnel zoologico! Minna Parikka fabbrica ormai da anni delle scarpe da ginnastica provviste di orecchie da coniglio e codino poffosino. Ce ne sono di centomila tipi – inclusi i mocassini e gli anfibi -, ma sono dell’idea che, se decidi di comprarti un paio di sneakers da coniglio, il minimo che puoi fare è sceglierle glitterate e puntare alla massima assurdità.

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Mi sto invasando con Italian Stories. È una sorta di mappa/catalogo di workshop artigianalissimi, contro il logorio della vita moderna. Si può scegliere l’area geografica da raggiungere e il materiale con cui lavorare (vetro, ceramica, oro, lana e che ne so, CARAMELLE GOMMOSE)… e sfogliare le esperienze prenotabili in un sacco di laboratori artistici e artigiani. C’è di tutto. Crea il tuo timbro personalizzato! Crea un piccolo arazzo! Scolpisci una polena per il tuo vascello fantasma! La vita, veramente. I laboratori sono più o meno avventurosi, potrete fare il burro in malga o imparare la serigrafia in contesti urbanissimi. Dipende un po’ da voi. Io inizierei con il giro alla fattoria degli alpaca e il mini-corso sulla tintura della lana di queste bestie prodigiose che amo ormai da tempo immemore. Anche se l’ideale, devo dirlo, sarebbe imparare una cosa nuova tutte le settimane. Ci attrezzeremo.

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Ho scoperto che Soviet Visuals ha anche un negozio e ora voglio tutte le magliette del programma spaziale russo. Questa è quella dello Sputnik.

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Non so cosa facciate voi, ma io mi strucco con l’acqua micellare. Ieri ho fatto un giro all’eventone di Sephora per la presentazione delle novità natalizie – già, sono molto efficienti – e ho scoperto che FaceD ha inventato un’acqua micellare in spray. Il flacone è gigante – 200 ml – e l’acqua si spruzza direttamente in faccia. Rimuove anche le matitazze più nere e, in teoria, dovrebbe rendere più efficienti le operazioni, riducendo anche un po’ lo spreco – il dischettino di cotone non si berrà più i 3/4 del prodotto, per dire. C’è dentro anche un po’ di acido ialuronico, che male non fa mai.

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Minimum Fax, di questi tempi, sforna saggi molto interessanti. Il 12 ottobre esce La gente di Leonardo Bianchi, una specie di viaggio nel risentimento collettivo, un’indagine sull’indignazione e sulle sue derive – quasi sempre grottesche e completamente disgiunte da un qualsiasi principio di realtà. Una riflessione sulla rabbia perenne e sull’incapacità ormai conclamata di indirizzarla in maniera costruttiva.

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Direi di cominciare subito con l’oggetto più inspiegabile della wishlist di questa settimana. Perché nemmeno io so bene da dove provenga questo irrefrenabile bisogno di piazzare sulla mensola dei DVD il cofanetto completo delle sette gloriose e indimenticabili stagioni di Buffy l’Ammazzavampiri, il telefilm che rimarrà – temo – il mio preferito di sempre. Me lo voglio riguardare tutto, dalla prima all’ultima puntata. Voglio continuare a detestare Angel e a tifare tantissimo per Spike. Ci sono mille cose che non mi ricordo più – le prime stagioni le avrò viste quand’ero ancora alle elementari, fra un po’ – e lo trovo intollerabile. VOGLIO QUESTI BENEDETTI DVD PERCHÉ NON C’É UNO STRACCIO DI COSO ONLINE TIPO NETFLIX DOVE POSSO VEDERE BUFFY. E VA BENE CHE È COMINCIATO NEL 1997, MA MI PARE ASSURDO CHE NON ESISTA UN BLU-RAY RESTAURATO! È UNO SCANDALO, NON CI MERITIAMO LE PETTINATURE FAVOLA DI SARAH MICHELLE GELLAR! DOVEVI LASCIARCI SPROFONDARE ALL’INFERNO, BUFFY! GUARDA CHE ROBA, FA SCHIFO PURE L’IMMAGINE DEL COFANETTO. TUTTO QUESTO È UN SACRILEGIO BELLO E BUONO!

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Bene.
Sono calma.
Riprendiamo.

Nonostante La bella e la bestia con Emma Watson e il buon Matthew di Downton Abbey mi abbia fatto sbadigliare come nulla al mondo – seriamente, la noia che ho provato era solo parzialmente mitigata dalla continua necessità di domandarmi perché mai la povera Belle dovesse andare in giro con la gonna mezza tirata su da una parte -, comunque, il film non mi è piaciuto, ma ho scoperto che la Disney ha incaricato Christopher Kane di sfornare una costosissima capsule collection tematica, assai tamarra. E mi sono immediatamente invaghita della felpa col faccione pietrificato della Bestia. Il vero amore è orbo, no?

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È da poco uscita per Fandango una graphic-novel politicamente scorrettissima e molto ben documentata dal punto di vista storico, sociologico e scientifico dedicata all’organo sessuale femminile e alla storia della rappresentazione del corpo della donna. Si chiama Il frutto della conoscenza ed è opera di un’autrice svedese di nome Liv Strömquist che, con un grande senso dell’umorismo e una sacrosanta voglia di mandare tutti a quel paese, si è incaricata di demolire secoli di teorie strampalate e assurdi pregiudizi. Grande curiosità.

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La fashion week milanese è passata e su Instagram ho visto parecchie cose belle. Diverse tra le mie donne preferite sono andate felicemente in giro con le 289 by Saragiunti, delle borsine dall’aspetto assai coccoso e piene di trovate utili. Per dire, dentro c’è una fila di piccoli LED che si accendono per non farvi frugare invano alla ricerca dei vostri effetti personali (problema che continua ad angosciarmi non poco) e di un gioioso collegamento Bluetooth che vi farà vibrare fortissimo la borsa quando vi telefonano o vi arrivano notifiche assortite – io mi spavento con le suonerie e non mi accorgo mai della vibrazione, quindi UTILITÀ. Mi piace tanto la Cecile (qua sotto), ma approvo assai anche la Gaelle. I colori pastellosi della collezione estiva erano la vita, ma anche i neutri della nuova stagione, con la stampa con i ventaglietti d’ordinanza, mi garbano parecchio.

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E concluderei con un’altra eterna ambizione: una faccia normale. Ho provato con successo e discreta commozione la BB Cream dell’Erborian (una delle rare BB e/o fondotinta che non mi facciano diventare gialla come un omino del Lego, sgradevole faccenda che capita regolarmente con qualsiasi prodotto abbia un qualche tipo di colore) e mi piacerebbe collaudare anche la CC alla centella asiatica. Promette di illuminare e rianimare la pelle, idratando e pigmentando in maniera non troppo invasiva. Skincare koreano, soccorrimi.

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Ebbene, anche oggi è una giornata magnifica per desiderare delle cose!
Procediamo con baldanza.

Mi sono recentemente resa conto di essere piena di buste, bustine e bustone che dovrebbero aiutarmi a tenere in ordine le borse, contenendo di volta in volta insiemi di oggetti di varia utilità quotidiana. Le mie borse, nonostante questo nobile sforzo classificatorio, restano però un casino e, invece di frugare una volta sola nelle vaste profondità della borsa principale finisco per frugare anche in tutte le bustine, non trovando comunque una mazza. Basta, mi sono rotta i coglioni di frugare. Voglio solo bustine trasparenti. Su Sticker Stack – sito specializzato in cancelleria asiatica (e in tutto quel vasto mondo che può circondare il termine CANCELLERIA) – ce ne sono diverse. Hanno un’aria superbamente funzionale e alcune sono addirittura carine.

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PBteen – sito che per motivi anagrafici non dovrei visitare, lo ben so – ha lanciato da poco una bellissima collezione di aggeggiame domestico disegnata da Anna Sui. È un tripudio di farfalle, cassettiere goticheggianti, specchi arzigogolati e pavoni. E c’è anche un cuscino con un unicorno sciantosissimo.

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Un sabato sono andata a lavorare alla libreria Open – perché sì, capita di lavorare al sabato – e, mentre andavo a sedermi al tavolone dei volenterosi COWORKERS, ho individuato una pregevole scatolina di Parole orrende magnetiche. Da ciaone ad apericena, nulla deve sfuggire all’odio. Sfogatevi sul frigo.

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Mi sto convertendo alle borse a tracolla. Se devi spingere un passeggino o maneggiare un infante sono decisamente più comode. Vado graziosamente in giro con roba che penzola nell’incavo del gomito solo quando sono in solitaria, ormai. E ci sta, ci si riadatta. E la cosa positiva è che puoi dichiarare di aver bisogno di borse nuove offrendo solidissime motivazioni. I miei entusiasmi più recenti si stanno riversando sulle tracolle tondeggianti di ban.do. C’è anche rosa.

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Odio le pagine Facebook con le robe che “fanno ridere”. Ma i Dinosauri Onesti sono la vita. E ho scoperto che ci sono anche le magliette. Le vorrei tutte – come rinunciare a SI SA CHE IL NUOTO È LO SPORT PIÙ COMPLETO – ma, per deformazione professionale, credo che sarebbe bello cominciare da questa.

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Il ritorno dalle vacanze è anche un po’ il ritorno alle nostre solite facce di pietra. Non so voi, ma io divento grigia appena rimetto piede in casa mia. Come una lapide in un cimitero bretone. Visto che amo moltissimo gli scrub e le acquette spruzzette di Caudalie (FANNO EFFETTIVAMENTE QUALCOSA) vorrei provare anche il Fluido Pelle Perfetta della linea Vinoperfect, che promette di resuscitare pure i sassi. Basterà? Spero di scoprirlo presto.

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Sul fronte lettura, invece, vorrei mettere le mani il prima possibile sul nuovo romanzo di Peppe Fiore – da me già molto apprezzato qualche tempo fa, quando uscì Nessuno è indispensabile. Dimenticare mi pare un po’ diverso, come toni – un cupo mistero, una storia di solitudine e di ricordi che riaffiorano per chiedere il conto -, ma sono molto fiduciosa. E curiosona.

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