Diario

Il costume da sposa

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Tutta la mia vita è una menzogna.
Credevo di avere la verità in pugno, ma brancolavo nelle tenebre.
Credevo di sapere, ma affondavo in una vischiosa ignoranza.
I dogmi si fanno cenere.
Gli incubi si disgregano come Polaretti al sole.
Perché ora so.

PROVARSI I VESTITI DA SPOSA È BELLISSIMO.

E chi l’avrebbe mai detto.

Lo scorso weekend, ammantata dal più cupo pessimismo, sono tornata a Piacenza per il primo appuntamento di prova-abiti-da-sposa. Con MADRE. 
Ecco, visualizziamo per un attimo il mio scoramento pre-Vestitiadi come un grosso fiume minaccioso, alimentato da due arcigni affluenti:

UNO.
Dopo aver visto da vicino un certo numero di abiti da sposa ed essere riuscita ad esaminarne un campione statisticamente significativo rispetto alle indispensabili variabili “qualità”, “arroganza” e “meraviglia” – per dire, dalla fetida fiera al Forum di Assago alla boutique gne-gné di via Montenapoleone, passando per gli aperitivi superfashion da Pronovias -, sono arrivata alla seguente conclusione: gli abiti da sposa sono orribili. E se proprio non sono orribili, sono fatti di cartone. O sembrano delle lussuose sottovesti.

DUE.
Fare shopping con MADRE, fosse anche per dei calzini di spugna, è traumatico. MADRE è il Gordon Ramsay dei negozi di abbigliamento. E voi, nonostante una provvidenziale quanto insperata metamorfosi fisica,  sotto sotto vi ricordate molto bene del vostro impervio passato di voluminosa adolescente coi capelli a spazzola e le sopracciglia martoriate. E MADRE c’era, in quel momento della vostra vita. Uscivi dal camerino e te la trovavi lì davanti, più tignosa di Anna Wintour, pronta a sventrare la tua già esigua autostima con commenti tipo “Tremendo. Sembri un orso marsicano”.

Immaginate dunque il mio entusiasmo: anche questi abiti da sposa saranno ridicoli e fatti di lana di vetro! E c’è pure MADRE, che in un negozio non mi ha mai detto una parola gentile (o anche solo neutra)!
Alé.
Trenino.
Mi sposo con la maglietta di Ironman.

Poi sono arrivata in questo posto qua:

tegamini abiti sposa

Vi dico subito che, ad un certo punto, ho chiesto di brandire l’unicorno e sono stata accontentata. Ma senza problemi. Vuoi l’unicorno? Ecco, tieni l’unicorno.
Le adorabili madamigelle di Poesie Sposa mi hanno fatto provare circa centoventi abiti. La cosa sorprendente è che non ce n’era uno che mi stesse male-male. Cioè, se guardi una puntata di Abito da sposa cercasi, la percentuale di obbrobri è elevatissima. E alla fine arriva quel tizio che somiglia al pupazzo di un ventriloquo e ti fa scegliere il meno peggio. Con quei vestiti lì no. Morbidi, fluentoni, coi corpettini tutti interessanti. Si oscillava da “bene” a “strabiliante”, ma pure coi mollettoni sulla groppa. Ad un certo punto mi hanno fatto provare un nuvolone di poffosità di sedici metri di diametro con tutti i lacci sulla schiena. Ero aggrappata a questo stipite della porta che gridavo “Vai! Stringi, stringi! Come Rose sul Titanic!”. Avevo molta paura di cadere dalla pedana o di inciampare in un orlo, o di starnutire facendo scoppiare tutti i bottoncini, ma nulla di male è capitato. Una serenità. Un tornado di cose belle. Un sacco di lampadari dipinti di bianco appoggiati per terra. Rotoloni di pizzo in ogni angolo. Pace! Pulcini!
Se ci ripenso mi rallegro all’istante.
Comunque, abbiamo trovato una buona base di partenza. E la cosa fantastica è che ci potremo inventare delle cose insieme. Sarà un gigantesco e felice Giralamoda. Più gonna, un po’ di rosa, fiocchetti… si può fare tutto, e potrò partecipare e rompere i coglioni come non mai. L’abito-ipotesi aveva così senso che mi hanno addirittura messo in testa il velo, quello lungo. Stavo là in mezzo, su questo tappeto sofficione a forma di luna piena, col mio strascico e il mio velo e mi sembrava di essere quasi plausibile, con su un costume da sposa.

E MADRE?
MADRE non si è messa a piangere come in tv. Non si è scomposta, non mi ha gettato le braccia al collo e non ha ululato malvagità irripetibili. Era moderatamente soddisfatta. Anzi, se c’era qualche corpetto che mi schiacciava le tette si lamentava con veemenza. Non siamo mica delle Fantaghirò, vogliamo sposarci con le tette al loro posto. Fiere e spavalde. C’è da dire, però, che ho scelto la strada della prevenzione: alla prima smorfia di disappunto ho impugnato l’unicorno, ho sistemato la gonna e mi sono vendicata come un’adolescente.  “Taci, MADRE, che te ti sei sposata con una gamba ingessata”. E da lì tutto è andato meglio.

12 Comments

  1. Quando ho visto, nella prima foto l’unicorno, ho capito che tutto sarebbe andato per il meglio 🙂

  2. Meraviglia! Pensare che mi devo sposare anche io, a Settembre, ma la mia cerimonia sarà intimissima e non ho idea di che vestito indossare…ansia!!
    Comunque evviva! Anche io ho paura della prova abito, essendo io una che non si mette la gonna neanche a capodanno. 😀
    Incrocio le dita perché l’esperienza si rivela fiabesca come la tua. 🙂

  3. In un posto così tutto deve andare bene per forza!
    Io adesso a casa mia voglio: un unicorno, un albero e pure un paio di lampadari da mettere a terra! Ecco.

  4. Lolly Pocket Reply

    Premettendo che non mi devo sposare, e che non so nemmeno se lo farò, l’esistenza di un posto simile con tanto di unicorno… mi rincuora!
    Posso considerare la maglietta di Yoda solo la seconda opzione 😉

  5. Uno dei primi commenti di mia madre all’annuncio del matrimonio è stato: “vabbé, prima di anche solo pronunciare la parola abito devi perdere almeno dieci kg”. Lei si è sposata in tailleur e borsalino in tinta. Dieta o non dieta, alla data X mancano appena 198 giorni e al momento ancora non ho una “location”, quindi direi che l’abito non è ancora il mio problema. E viste le premesse, credo avrò tanto bisogno di un unicorno anch’io!

  6. Questo articolo è meraviglioso!Riesci,in una paginetta ,a raccontare in modo straordinario ciò che ho sempre pensato ma che nessuno che io conosca condivide.Per questo vorrei proporti di visitare la mia pagina facebook…ma mi piacerebbe,dopo aver lasciato un saluto a tutti,che ci contattassimo in privato…ciao Grazie!

  7. La stessa cosa è stata per me……dopo un paio di prove in negozi Milanesi e Piacentini dove le commesse ti facevano un favore a seguirti e i vestiti pungevano come la lana sulla pelle nuda…ho deciso di sposarmi in jeans e maglietta bianca………
    Poi un po’ “scoglionata” sono arrivata con la mia troupe di damigelle madre e suocera da Poesie…..e da lì non me ne sono più andata, non ci si po’ che innamorare, degli abiti, dell’ atelier e delle “FATINE” meravigliose, non smetterò mai di ringraziarle e vorrei risposarmi 1000 volte!

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