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Chi bazzica da queste parti già da un po’ conosce bene le difficoltà calzaturiere che mi assalgono puntualmente all’inizio di ogni stagione estiva, protraendosi implacabilmente fino al sopraggiungere dell’autunno. Me ne lamentavo nel lontano 2016, ma il trascorrere dei mesi non ha di certo eliminato il problema. Perché sarà anche vero che il tempo lenisce ogni ferita, ma l’antico adagio non si applica alle bolle che ti vengono quando ti metti i sandali per la prima volta – o per le ennemila volte successive, se è per quello. Trovare dei sandali che non mi affettino le estremità è una delle grandi missioni della mia vita – insieme alla ricerca del pantalone nero perfetto -, perché ho i piedi di margarina e un’andatura che evidentemente produce attriti ancora sconosciuti alla biodinamica. I due fattori, combinati, mi condannano a trascorrere l’estate con la borsetta piena di cerotti e il cuore che trabocca d’odio sincero per tutte le commesse che mi hanno mentito con i loro solertissimi GUARDI POI DIVENTANO MORBIDE SONO DAVVERO COMODE LE HO PRESE ANCH’IO.
Brava, buon per te.
Io sembro una vittima dell’Enigmista.

Comunque.

Siamo qui per due ragioni, principalmente.
Uno. La vita è troppo breve per avere mal di piedi. Ed è ora di smetterla di zoppicare sul selciato cittadino, offrendo spettacoli splatter agli incolpevoli passanti e sognando di poter tornare a casa il più presto possibile per potersi finalmente dedicare a pediluvi ristoratori.
Due. La vita è troppo breve per andare in giro con le scarpe brutte. E qui penso non siano necessarie ulteriori elaborazioni del concetto.

tegamini.francescacrescentini.scholl.shoes.loveeverystep.christianfregnanHo tagliato i capelli di ben tre dita, io ve lo dico.

Quando hai una grana che ti pare non abbia soluzione, tendi a diventare molto ricettiva. Accogli consigli di ogni genere, riponi una fiducia del tutto inedita nelle esperienze altrui, ti apri al metodo sperimentale con la speranza incrollabile di chi ha ricevuto una condanna ingiusta.
Ecco, io ho deciso di dare retta a Scholl. E di provare a farmi soccorrere da loro. Sarò (mio malgrado) molto sincera: avevo delle riserve. Perché Scholl, in casa mia, corrispondeva agli zoccoli che MADRE ha portato per decenni al mare e in campagna. O, al massimo, alle scatole gialle che vedevo nel negozio di ortopedia a cinquanta metri da casa, quando andavamo a comprare una pancera nuova per mia nonna Lelia. Insomma, che le scarpe Scholl fossero comode e ben studiate era universalmente risaputo, ma non ero molto fiduciosa riguardo alla componente estetica. Perché sì, sono una ragazza superficiale e nella vita ho spesso comprato calzature ingestibili solo perché erano incredibilmente carine – per poi lamentarmene con veemenza. Che devo fare, ognuno ha le sue aree di imbecillità.
Ma torniamo al processo decisionale.
Scholl mi ha proposto un bel progetto, ma tentennavo un po’. Poi mi hanno mandato il catalogo primavera/estate e mi sono resa conto che potevo anche smetterla di preoccuparmi come una Paris Hilton qualunque. Perché la collezione è molto bella, molto “varia” e sicuramente adatta anche a chi ha meno di ottantaquattro anni. Anzi, è una collezione studiata principalmente per sostenere chi macina chilometri dalla mattina alla sera, con l’ambizione di rincasare coi piedi interi e, possibilmente, di potersi servire di calzature gradevolissime alla vista.
E mandatemi queste scarpe, allora. Se mi risolvete il problema vi sarò grata per l’eternità.

Il primo modello che ho collaudato è questo qua. Si chiamano Elara e sono di un colore incredibilmente allegro per i miei tetri standard. Quando c’è fiducia può capitare. Ma no, basta scarpe nere, datemi quelle rosine!

tegamini.schollshoes.milano.christianfregnanCi siamo a lungo interrogati sulla possibilità di utilizzare la poltroncina, ma non volevamo essere troppo invadenti col gentile e ospitale fioraio.

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Come tutte le calzature Scholl, anche le mie possono fregiarsi di dettagli studiatissimi. Progettazione biomeccanica – sono loro che si adattano a voi e non il contrario, favola! -, soletta antiscivolo, altezza del tacco anti-mal di schiena, mille test sulla calzata, tecnologia Bioprint per la suola – che favorisce la stabilità supportando bene l’arco del piede – e zeppa che sembra di legno ma che in realtà è leggerissima – perché è di sughero naturale. Sono adatte anche a chi ha la pianta larga – tipo me, che ho dei piedi che sembrano pale per la pizza.

francesca.crescentini.tegamini.scholl.scarpe.christianfregnanQui mi stavo domandando perché mai l’anno scorso non ho comprato una borsa di paglia.

tegamini.francescacrescentini.schollshoes.milano.IG.christianfregnanMADRE mi diceva sempre di guardare bene dove mettevo i piedi. Sono una figlia molto obbediente.

Visto che la mia indole è scrupolosa e diffidente, ho deciso di testare le Elara su varie superfici. Milano offre infinite opportunità di inciampo e ci mette quotidianamente alla prova con terreni sconnessi, pavé, sassetti tondi e marciapiedi sbilenchi. La passeggiatina è stata piacevole, ammortizzatissima e assai confortevole. Le fasciotte dei sandali sono di una morbidezza che non vi so ben raccontare. Per la prima volta nella vita, poi, ho avuto l’opportunità di intrattenere gli astanti mettendomi in posa in mezzo alla strada come una che sa quel che fa. Nella mia testa risuonava costantemente la voce di Paolo Bonolis che commenta la sfilata finale di Ciao Darwin, ma ho deciso di procedere a testa alta, limitandomi a scoppiare a ridere di tanto in tanto.

tegamini.francesca.crescentini.schollshoes.feltrin.milano6.christianfregnanUn sentito ringraziamento alla Ka alle mie spalle, che ha un po’ rovinato la poesia.

tegamini.francesca.crescentini.schollshoes.milano.feltrin.christianfregnanGuarda là, la pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno!

tegamini.francescacrescentini.schollshoes.loveeverystep.milan.IG.christianfregnanModello Giuditta. E qui Paolo Bonolis risuonava potente nel mio cranio.

tegamini.francescacrescentini.schollshoes.milan.IG.christianfregnanCercare su Google “rimozione forzata Ka”.

tegamini.francescacrescentini.schollshoes_official.librini.christianfregnanLasciarsi sospingere in via Scaldasole da solide brame libresche – segnalo edizione ambitissima della “Regina dei dannati” di Anne Rice sulla panchetta lì fuori.

Insomma, sono contenta e mi sono trovata bene. Non avrò mai un futuro da modella, ma di sicuro potrò contare su un paio di scarpe rispettose delle mie estremità e del mio bizzarro senso estetico. Il che è molto positivo, visto che Scholl mi farà compagnia per un po’ di tempo. Abbiamo in programma un’altra avventura sul Naviglio – perché se riesci a percorrere quella pavimentazione senza impazzire sai di poter fare qualsiasi cosa – e, più avanti, anche il collaudo della collezione autunno/inverno. Nel frattempo, però, pensiamo al caldo che incombe. Volete farvi del bene? Date un occhio alla collezione estiva. È la volta buona che riusciremo tutte quante a sentirci carine facendo a meno dei cerotti. Estate, non ti temo!

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Credits
Foto del pazientissimo e ADORABILE Christian Fregnan.
Trucco della portentosa Anna, una metà delle Feltrin.
Il fioraio bellissimo è Clori, in piazza Sant’Eustorgio.

Alla veneranda età di 33 anni ho scoperto gli orecchini.
Ben arrivata, diamine. Perché ci hai messo tanto? Amare gli orecchini non è difficile, che problemi hai?
Ebbene, ho sempre avuto i buchi alle orecchie. Nel periodo più inquietante della mia adolescenza ne avevo quattro a sinistra e quattro a destra. Ma tendevo a non appenderci cose gigantesche. File di perline. File di borchiettine. File di brillantini di diverse dimensioni. File di scemenzine che non penzolavano e che si notavano solo per accumulo.
Ma col tempo mi sono ridimensionata e ora, tipicamente, vado in giro solo coi brillanti che mi hanno regalato per aver conquistato la laurea triennale nei tempi prestabiliti, con una valutazione più che onorevole. Non ho cambiato gli orecchini per anni. Me li tolgo di tanto in tanto per pulirli, ma quelli sono e quelli restano.
Poi, a caso, ho cominciato a raccogliermi i capelli in un’acconciatura molto voluminosa che somiglia in maniera preoccupante a un ananas. E mi è venuto in mente che, con i capelli “su”, le orecchie si vedevano. E forse valeva la pena appenderci qualcosa di interessante. Ma così, in maniera sperimentale.
Appendi oggi e appendi domani, mi sono invasata con gli orecchini.
Ed eccoci qua a parlare di artigiane e piccoli brand handmade che creano orecchini favolosi, interessanti, insoliti e – soprattutto – GROSSI. Perché adesso che me li metto, voglio che si vedano dallo spazio.
E qui c’è un piccolo elenco di ragazze che ho conosciuto grazie a Instagram. E di cui parlo volentieri perché se lo meritano. Mi hanno regalato monili favolosi di ogni genere e, visto che me li sono messi con gioia e che sono oggettivamente splendidi, mi sembrava giusto contribuire a diffondere la lieta novella.
Fate shopping. E addobbatevi.

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Gioielli e Conigli

Colori pastellosi e tonnellate di perline intrecciate e assemblate nelle maniere più scenografiche. A parte le collane da regina Nefertiti, nello shop troverete anche orecchini penzolanti e cerchi (dal diametro più o meno importante) rivestiti di piccoli motivi a maglie perlose.

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Leo Feliz

Tre caratteristiche molto spiccate: nappine, vintage, mood tropicale – quanto mi sento Vogue a scrivere MOOD. Comunque, gli orecchini sono tutti pezzi unici con nappine nappinate a mano e accostamenti imprevedibili fra diversi materiali. Il pezzettino che finisce sui vostri lobi, per dire, può essere una spilla recuperata chissà dove. O una coppia di vecchi bottoni che mai avrebbero pensato di potersi trasformare così. Vantaggio delle nappine: orecchini grossi e scenografici… ma leggerissimi.

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Sissy Tranchese

Perle, resine, stelline, ceramiche e pietre semipreziose: orecchini (e gioielli) coloratissimi e giocosi – lo dobbiamo al cuore partenopeo della designer, secondo me – realizzati a mano in forme stupefacenti. Io non sono molto il tipo da scongiuri e riti propiziatori, ma devo riconoscere che anche i cornettini portafortuna sono molto coccosi.

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Lou Lou Creative Lab

Lo shop di Lou Lou Creative Lab è un po’ il paradiso delle gazze ladre. Ci sono tonnellate di cristalli, perle e principessame assortito. La specialità della casa sono gli orecchini chandelier (più o meno elaborati) e, in generale, le combinazioni di luccicosità. Oltre ai Lavinia qui sopra – che mi fanno sentire molto Maria Antonietta – ho i Paulette da sovrana del Nilo e i Mirta da nobildonna russa che va a teatro con la slitta. La verità, comunque, è che scegliere è praticamente impossibile. È raro trovare tanta bellezza tutta insieme.

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Bonus track: SelenKhloe

Federica sta lanciando la sua prima collezione “vera” e, anche se non ho ancora almeno un paio dei suoi INCREDIBILI orecchini che sembrano delle infrastrutture azteche – ma lievemente più minimaliste -, ci tengo lo stesso a ficcarla nell’elenco. Così, come operazione di buon auspicio. Non ho idea di come costruisca dei gioielli del genere, ma da quel che ho capito c’è uno scheletro di tessuto su cui vengono applicate minuscole perline o appese delle formine in resina dall’aria cristallosa. Adoro il super contrasto bianco e nero, ma ho visto anche spuntare dei rossi assai VAVAVOOM. E niente, tenetela d’occhio.

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Elenco breve, ma valoroso. Che allungherei volentieri. Siete a conoscenza di artigiane/i che sfornano con marziale efficienza orecchini giganteschi? Condividete il sapere. Fate il possibile per contribuire alla mia rovina economica. Lasciate che tutte quante possano addobbarsi con il medesimo entusiasmo. PARLATE, insomma. Ne abbiamo bisogno!
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Che belle queste robe a cadenza settimanale che poi faccio un po’ quando capita. Che organizzazione, signora mia. Pugno di ferro. Disciplina. Un calendario editoriale fra i più coriacei dell’internet!
Tralasciando le mie difficoltà esistenziali e pianificatorie, però, i desideri non ci abbandonano. Anzi, si moltiplicano e ci assistono. Che cosa sto bramando ultimamente? Ecco qua un po’ di cose.

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Sto entrando prepotentemente in modalità-sandali e/o scarpe pazze per l’estate. Meglio se prodotte da calzaturifici storici della Riviera del Brenta, perché “questo è il luogo dove i maestri delle botteghe artigiane hanno creato le scarpe per Dogi e Principesse” – recita il CHI SIAMO di Pas de Rouge. Dogi e principesse! E pure noi, adesso. La collezione estiva sembra un incrocio fra le scarpe delle guerriere Sailor e una specie di sogno pastelloso pieno di bottoncini e stringhine. Amo tutto e voglio approfondire.

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Orbene, due designer newyorkesi – Jesse Reed e Hamish Smyth – hanno fondato nel 2014 un marchio editoriale indipendente con uno scopo ben preciso: archiviare e conservare pietre miliari della storia del design in modo da poterle rendere disponibili alle generazioni future. Standards Manual propone, dunque, ristampe di manuali grafici di particolare rilevanza e raccolte tematiche che esplorano una specifica corrente estetico-funzionale. Sono libri assurdi, super curati e fascinosissimi. E il NASA Graphics Standards Manual del 1975 mi fa iperventilare copiosamente.
Cioè.

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Ho deciso che il minimalismo non fa per me. Datemi dunque vestitini gonfi, maniche arroganti, gonne voluminose e arricciamenti boriosi di stoffe. Insomma, datemi un po’ tutto quello che c’è sul sito di Le’One.

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Non si sa per quale ragione, ma Lavazza ha deciso di dedicare un’edizione limitata delle sue macchine del caffè Jolie Plus a Star Wars. Ma non solo a Star Wars così, in generale, al Primo Ordine proprio. Il risultato è una macchina del caffè che non credo faccia niente di più di una Jolie Plus normale… ma che di sicuro starebbe bene sul ponte di comando di un sano Star Destroyer.

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Quando ci siamo conosciuti, Amore del Cuore aveva l’abitudine di scarrozzarmi in giro a bordo della MINI decappottabile che condivideva con sua sorella. L’Alice, ai tempi, ha dovuto fare a meno della sua automobile per numerosi weekend – perdonami, Alice! -, perché Amore del Cuore mi portava continuamente al mare, facendomi ascoltare Rino Gaetano a palla e scappottando ogni volta che il clima lo consentiva. Credo sia da lì che è nata l’ambizione di imparare a mettermi dei foulard in testa come una vera signora.

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Il Disney Store mi ha regalato un Funko Pop e sento di volermi abbandonare a un collezionismo sfrenato. Non so perché quei cosini siano così amabili e nemmeno mi capacito del grado di estensione della gamma dei giocattoli disponibili, ma non importa. Prima o poi dovrò cominciare – ma magari non precisamente dalla Diva Plavalaguna, che ormai è introvabile e costa tipo 90 IUROS. Qualcuno è vittima di un pesante invasamento per questi aggeggi? Come ci si comporta? Che devo fare? Quanti ne avete? Pensate di poterne uscire, prima o poi? Perdiamo il senno insieme.

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Avrò desiderato a sufficienza?
Giammai!
Alla prossima puntata – che non so quando capiterà, ma capiterà.
Giuro.

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Tutte le signore della mia famiglia andavano regolarmente dalla sarta. Erano altri tempi, certo, e credo pure si trattasse (in parte) di imprinting domestico – mio nonno faceva il pellicciaio e l’idea che gli indumenti fossero roba che si confezionava a mano, su misura, era decisamente molto radicata – ma anche, di certo, di un approccio diverso alla “costruzione” del proprio guardaroba. Meno cose, ma cose belle. Che resistono. Che mi stanno bene. Che durano nel tempo perché, in un certo senso, sono fatte anche per quello.
Io, di base, sono pigra. E negli anni mi sono convinta di essere troppo povera per permettermi la sarta. Ma più che oggettiva e drammatica indigenza, la mia è una forma di scarsa oculatezza. Sbaglio il metodo, più che altro. E solo di recente sto imparando ad affrontare la faccenda-armadio con del sano raziocinio. Perché è vero che il fast-fashion ci salva e ci aiuta sotto innumerevoli punti di vista, ma ci spinge anche un po’ a sbragare, ad accumulare montagne di cose che ci stufano all’istante e che magari non ci convincono nemmeno molto – “mi sta un po’ sbilenca, ma non costava niente e l’ho presa lo stesso”. E tutti questi “non costava niente”, reiterati su milioni di schifezzuole che non ci convincono e ci intoppano gli armadi, finiscono per corrispondere al valore di un paio di cose belle per davvero. Che poi sono quelle che ti metti regolarmente e che ti fanno sentire FAVOLA, lasciando da parte il resto.

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Orbene, qualche tempo fa mi ha scritto Caterina – che trovate in giro col nome di battaglia di Mis Katen -, per propormi un’incursione nel magico mondo del “su misura” e per raccontarmi il suo lavoro. Dopo aver a lungo militato nella moda – elargendo anche la sua saggezza alle nuove leve del domani – e aver gestito negozioni di abbigliamento, ha deciso di fare quello che le è sempre sembrato di dover fare: la sarta. Anzi, la sarta pop. Pure un po’ psicologa e/o consulente di stile, a dire la verità. Ma basta vederla. È una di quelle persone che vanno in giro con addosso solo cose dall’aria “speciale”. Non so bene come descrivere il fenomeno, ma è vero. La vedi e ti viene da pensare che sarà perfettamente in grado di farti sembrare molto più interessante di quello che sei – o che credi di essere – e di tirare fuori dal cilindro qualcosa che non somiglia a nient’altro… perché somiglia a te.

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Ma come abbiamo cominciato?
Sono andata a trovare Caterina – che credo abbia la casa-laboratorio tra le più incredibili di Milano e mi domando sinceramente quand’è che qualche prestigiosa rivista di interior design o interiorqualcosa deciderà di dedicarle un numero intero – e abbiamo dato il via alle grandi manovre. Che poi, in realtà, non sono per niente complicate. Non più di un caffè con una tua amica, all’incirca.

Caterina ha un’idea ben precisa di quello che vuole fare con le fortunate che vanno a vestirsi da lei. Il suo obiettivo è inventare degli indumenti che possano raccontare davvero chi li porta, assecondando le più svariate esigenze funzionali e adattandosi – ma proprio dal punto di vista morfologico – al fisico delle sue fortunate clienti. Ah, la commovente magia del su misura! Non parliamo però di abiti dalla gestione complessa – “per carità, è bello ma non me lo metto che poi lo devo portare in tintoria e sai che sbattimento” o “no, guarda, è fantastico ma è troppo importante per uscirci di pomeriggio, lo lascio lì per quando si sposa la cugina Concetta” -, ma di vestiti super speciali per gente che la roba bella la può usare (e la vuole usare) sempre… e che ambirebbe anche a lavarli a 30° in lavatrice.

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Come funziona, in soldoni? Caterina ti osserva e ti misura, si fa spiegare quello che ti serve e ti dice se è plausibile. Se le tue ambizioni sono poco realistiche, si producono alternative maggiormente in grado di assecondare spigoli, ciccette, braccia molicce, cosciotti poderosi o clavicole sporgenti. Perché puoi avere addosso anche la più inestimabile creazione da passerella ma, se non ti senti a tuo agio, sarai sicuramente meno baldanzosa. E sono le cose che ci stanno BENE che ci fanno sentire belle e in pace, c’è poco da raccontarsela.

Dopo aver elaborato qualche alternativa a livello di “taglio”, Caterina pensa ai tessuti. Ha una specie di fanta-armadietto che contiene chilometri di stoffe di ogni genere e composizione. Le prende e, in base all’abito che ha progettato – perché non tutti i vestiti “tengono” con tutte le stoffe, o producono il medesimo effetto – ti aiuta a sceglierne una. Io sono stata particolarmente rompicoglioni perché, nonostante avesse già in casa un mucchio di tessuti, è andata dal suo misterioso e onnipotente fornitore a cercarmene degli altri, in un posto che immagino come una specie di antro delle meraviglie dove vanno a finire gli scampoli della TROPPAMODA milanese. La mia unica indicazione: STAMPE PAZZE. MEGLIO SE CON ANIMALINI E/O NATURA.
E direi che ci ha preso.

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C’è anche un festoso video in cui mi specchio per la prima volta con il vestito “finito”.
(Avvertenza: urletti).

Caterina, oltre ad occuparsi delle signore, pensa anche agli infanti. Il suo progetto Mini-Me, di solito, è per mamme e bimbe, ma per il Cuorino ha deciso di lanciarsi in un energico esperimento. E ora abbiamo anche un bellissimo pagliaccetto per l’estate pieno di minuscoli pugilini – stampa che ben si addice alla personalità della creatura. Anche qui, l’idea non è di mandare in giro mamme e figli/e con i vestiti identici, ma di creare un piccolo dialogo tra i due pezzi, usando colori e rimandi e vestendo – GRAZIE AL CIELO – i bambini da bambini.

Progetti futuri?
Per forza.

Sospinta da una felicità degna di una cotoletta impanata, mi farò confezionare un top. Anche in questo caso, indicazioni molto chiare. E pacate.
ALUCCE.
ALUCCE OVUNQUE.
E FIOCCHI.
FAI TU.
BASTA CHE CE NE SIANO MOLTI.

Sarò riuscita a rendere giustizia al processo?
Me lo auguro.
Caterina, secondo il mio modestissimo parere, è un talento raro. È creativa, ma realistica. È sincera, ma non ti traumatizza. È saggia, ma originalissima. È brava ad ascoltarti, ma riesce a sorprenderti con una versione “migliorata” di quello che potevi avere in mente. E poi è brava a fare la sarta, c’è poco da fare. Credo che persino l’esigentissima MADRE si farebbe vestire di buon grado da lei. E con questo potenziale scenario miracoloso mi sento autorizzata a concludere, lasciandovi un po’ di credits e contatti. Chiamate Caterina, fatela diventare ricca. E fatevi un regalo, che ve lo meritate.

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Il sito di Mis Katen
Mis Katen su Instagram
Mis Katen su Facebook

Le fotone sono del pazientissimo Christian Fregnan.
Non è colpa sua se guardo sempre in terra. Lui è bravone. Sono io che mi imbarazzo.

Dunque, come funziona il Natale. Il Natale è pieno di regali, panettoni, lucine, renne, elfi sottopagati che fanno gli straordinari, calendari dell’Avvento, addobbi, maglioni brutti che in realtà sono bellissimi, fiocchi di neve, “se non ci vediamo più ti faccio gli auguri”, alberi più o meno arroganti e sciarpone. E di mercatini. I mercatini natalizi sono FONDAMENTALI. Quando poi sono anche mercatini belli il trionfo è assoluto. Qualche giorno fa sono andata a fare un giro al mercatino natalizio organizzato dalle super bravissime di Cotton Friday e, visto che non ho trovato un banchetto dove non avrei lasciato volentieri parecchi soldi, ho deciso di mettere insieme un’agile carrellata delle espositrici. Perché magari avete ancora dei regali da fare o, in generale, condividete la mia fissazione per l’handmade super creativo e di qualità eccelsa.
Ecco qua chi c’era, dunque.
Divertitevi, fate amicizia, compilate wishlist, comprate cose e sprigionate entusiasmo. Se lo meritano.
E grazie a Petit Pois Rose, Juice For Breakfast, Nigutindor e Tamago Craft per avermi invitata a iperventilare insieme a loro. Conoscervi è stato stupendo.

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Momò & Cose

Riciclo creativo e intere cittadine fatte di casette minuscole e colorate. Monica è anche assai brava a inventare delle scatoline personalizzate – che somigliano un po’ a dei diorama (o diorami? Chi può dirlo) – per raccontare una storia o celebrare degnamente un vostro ricordo speciale.

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Gummy Illustrations

Elena è un’illustratrice di rara inventiva e versatilità. Per Natale ha deciso di donare al mondo una serie di animalini paffuti che vi aiuteranno ad addobbare l’albero – fornendovi anche numerosi messaggi motivazionali -, ma produce anche oggetti spettacolari con Luna Lovegood ed Eleven – più parecchi altri personaggi che non possiamo fare a meno di amare – e stampe fascinosissime.

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Babel

Ecco, io vorrei tutto e basta. Serigrafie anatomico-scientifiche in ogni angolo di casa. Cuscini con le nappine e occhioni spalancati. Ci sono quadri, aggeggi bizzarri, spille che ti dicono le cose e vari ornamenti che sembrano usciti da Penny Dreadful o dallo studio di uno scorticatore dotato di un eccellente senso estetico.

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Idee Country

Sabrina crea accessori tessili per piccoli e grandi. Ci sono i set da asilo – sacchettini super comodi per il cambio con asciugamanini coordinati -, le custodie imbottite per i vostri preziosi device, le borse, le pochette e gli astucci. La scelta delle stampe è molto coccosa e i materiali sono superbi.

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Fab for a Jellyfish

Una sartoria creativa fatta di pattern insoliti, tessuti scelti con cura e materiali ricercati che diventano camicine per bimbi, abiti per grandi e accessori per capelli. Insomma, cucire con creatività, usando stampe uniche e molto speciali, spesso scovate in viaggio o rinvenute in vasti giacimenti di tessili vintage. Il laboratorio organizza anche corsi di cucito, pittura, fotografia e teatro – sia per adulti che per piccoli.

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Ohioja

Ylenia aveva un registratore di cassa giocattolo, un muro con un tricheco dai baffoni di lana e una cassetta di verdure fatte all’uncinetto – tutte felicissime, tranne il limone… che i limoni sono tipi acidi, si sa. Stavo già impazzendo, ma poi ho visto delle fette di pizza e un bricco di Estathé e ho completamente perso il senno. La nobile arte della riproduzione uncinettistica di roba da mangiare e oggettini vari si chiama amigurumi. Ed è all’incirca la cosa più bella del mondo.

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Fotini di LauVmade

LauVmade

Accessori geometrico-grafici (sia per addobbare le persone che le case) stampati su legno e tagliati a mano. Ci sono orecchini, spilline e spillone (ma anche le coppie di spillette per il colletto della camicia), ciondoli e coaster per i vostri pretenziosi cocktail domestici. Sembrano minimal, ma se guardi bene ti accorgi che sono pieni di minuscole renne, galline e motivi fiabeschissimi.

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Fotini di MouMee 🙂

MouMee

Un intero zoo di creaturine e bestiole in pasta di amidi, modellate e dipinte a mano.

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La Nana

A livello di stampe, il giro al mercatino di Cotton Friday è stato una felicità vera. Dalla Nana ho visto maglie con maniche tempestate di tigri e tucani, pois di tulle e velluto, tessuto tecnico ricoperto di lecca lecca a forma di cuore e tantissime cose assai originali ma anche di taglio portabilissimo. EVVIVA – anche per i gattoni neri!

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Laura Cortinovis

 Laura è un’illustratrice e un’autrice di libri per bambini. Lavora ad acquerello ed è specializzata in fiabeschissime rappresentazioni della natura. Tutte le sue creature (immensamente tondeggianti e coccose) e le sue bellissime infiorescenze hanno dato vita a una gamma di oggetti di cartoleria di grande delicatezza e pastellosità.

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Fotini di Crazy Cat Café 🙂

Crazy Cat Café

Il fatto che io non ci sia ancora stata è gravissimo, ma anche Milano – come ogni metropoli che si rispetti – ha il suo cat café. Oltre a nutrirvi e abbeverarvi, il Crazy Cat Café ha inventato una linea di merchandising musical-gattoso (i felini immortalati sono quelli del locale) e vende anche una collezione di accessori miciosi per la casa (LE TAZZINE CON LE ORECCHIE) e per le vostre personalissime esigenze d’addobbo.

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Piutì by èvita

Erica è una fabbricatrice di pupazzi inconfondibili che possono anche trasformarsi in gioielli o oggetti di supporto quotidiano. Ci sono le sardine-braccialetto, i pesciolini da portare al collo, le balene da compagnia e i molari felici che vi custodiscono le chiavi del portone. Tutto è cucito, imbottito e dipinto a mano.

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Fotini di Frrink 🙂

Frrink

Stampe, incisioni e linocut da appendere nelle vostre fortunate case o da godervi sotto forma di lampada o di accessori su tela e tessuto. L’ordine, l’armonia, la pace.

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Fotini di Beads and Tricks 🙂

Beads and Tricks

Gioielli artigianali in metallo e pietre dure che sembrano usciti da un tesoro vichingo. Anche qui, se volete imparare a fabbricarvi un anello o un monile tutto vostro ci sono corsi e laboratori. E io amerei molto cimentarmi. Per poi partire alla conquista di un’isola remota.

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Leo Feliz

Vorrei essere una ragazza-minimal, ma la verità è che sono molto più incline a mettermi addosso centosei cose parecchio complicate. I gioielli di Leomi sono stupendi. Anima caraibica e nappine a profusione – create a mano a partire da innumerevoli matassine di cotone variopinto. Gli orecchini sono tutti unici e spesso sono un incontro tra materiali di diverse provenienze. Ci sono i bottoni vintage rivestiti di tessuto e le perline, ma anche spille bizzarre che hanno cambiato destinazione d’uso. Datemi un pareo e tanti saluti.

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Le Petit Rabbit

Cartoleria! CARTOLERIA COCCOSA! Giulia è una graphic designer che sforna ripetutamente cose di carta di mille tipi diversi – ci sono i quaderni, le agende, i biglietti d’auguri, i posterini e i kit da festa con piatti e bicchieri – ma anche articoli tessili di varia utilità. Ci sono le sacchine stampate con la coulisse, gli zainetti, le tote e anche i cilindroni di carta spessa dove riporre i giocattoli (o quel che vi pare). Tutti i suoi pattern sono adorabili e pastellosi e la scelta dei colori regalerebbe la serenità anche a un troll con l’orticaria.

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Bene. Direi che un rapido recap l’abbiamo fatto.
Vi lascio frugare pacificamente fra i profili e gli shop.
Wishlistate con calma.
O regalatevi subito qualcosa di fatto con il cuore.
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Una delle mie più longeve fissazioni è Cléo Ferin Mercury. Torno periodicamente sul sito per sincerarmi che la meraviglia sia ancora tutta lì e per scoprire quali nuovi animalini sono stati aggiunti alla collezione. Il brand è specializzato, infatti, in sciarpe di seta (e/o altri materiali altrettanto meritevoli) a forma di bestiole… con tanto di zampine e codine. La mia più recente passione è il giaguaro albino. Ma amo molto anche le maglie in seta e cotone con le maniche piene di felini. Per chi odia i gatti, comunque, ci sono cerbiatti, lupi, panda, roditori, bassotti e un intero serraglio.

small+jaguar+with+pink+snow+silk+scarf

White+Cat+Blouse+In+Black+-+Cat+Print+Top+-+Womens+-+Cotton-Silk+(flat)

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Ma addentriamoci ancor di più nel tunnel zoologico! Minna Parikka fabbrica ormai da anni delle scarpe da ginnastica provviste di orecchie da coniglio e codino poffosino. Ce ne sono di centomila tipi – inclusi i mocassini e gli anfibi -, ma sono dell’idea che, se decidi di comprarti un paio di sneakers da coniglio, il minimo che puoi fare è sceglierle glitterate e puntare alla massima assurdità.

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Mi sto invasando con Italian Stories. È una sorta di mappa/catalogo di workshop artigianalissimi, contro il logorio della vita moderna. Si può scegliere l’area geografica da raggiungere e il materiale con cui lavorare (vetro, ceramica, oro, lana e che ne so, CARAMELLE GOMMOSE)… e sfogliare le esperienze prenotabili in un sacco di laboratori artistici e artigiani. C’è di tutto. Crea il tuo timbro personalizzato! Crea un piccolo arazzo! Scolpisci una polena per il tuo vascello fantasma! La vita, veramente. I laboratori sono più o meno avventurosi, potrete fare il burro in malga o imparare la serigrafia in contesti urbanissimi. Dipende un po’ da voi. Io inizierei con il giro alla fattoria degli alpaca e il mini-corso sulla tintura della lana di queste bestie prodigiose che amo ormai da tempo immemore. Anche se l’ideale, devo dirlo, sarebbe imparare una cosa nuova tutte le settimane. Ci attrezzeremo.

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Ho scoperto che Soviet Visuals ha anche un negozio e ora voglio tutte le magliette del programma spaziale russo. Questa è quella dello Sputnik.

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Non so cosa facciate voi, ma io mi strucco con l’acqua micellare. Ieri ho fatto un giro all’eventone di Sephora per la presentazione delle novità natalizie – già, sono molto efficienti – e ho scoperto che FaceD ha inventato un’acqua micellare in spray. Il flacone è gigante – 200 ml – e l’acqua si spruzza direttamente in faccia. Rimuove anche le matitazze più nere e, in teoria, dovrebbe rendere più efficienti le operazioni, riducendo anche un po’ lo spreco – il dischettino di cotone non si berrà più i 3/4 del prodotto, per dire. C’è dentro anche un po’ di acido ialuronico, che male non fa mai.

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Minimum Fax, di questi tempi, sforna saggi molto interessanti. Il 12 ottobre esce La gente di Leonardo Bianchi, una specie di viaggio nel risentimento collettivo, un’indagine sull’indignazione e sulle sue derive – quasi sempre grottesche e completamente disgiunte da un qualsiasi principio di realtà. Una riflessione sulla rabbia perenne e sull’incapacità ormai conclamata di indirizzarla in maniera costruttiva.

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Per la rubrica “là fuori c’è tutto un mondo di meraviglie inesplorate” – ma anche “l’universo conosciuto non termina nello stanzino degli accessori di H&M” – e con la complicità di numerose giovani donne piene d’entusiasmo che hanno deciso di scegliere per me dei regali molto belli, ho deciso di compilare (FINALMENTE) una lista incredibilmente esaustiva di splendori-handmade scoperti in questi mesi, mesi pieni di gioia ma quasi del tutto privi di salutari e terapeutici momenti dedicati allo shopping.
Ecco dunque, in ordine assolutamente casuale, un prezioso elenchino di talentuose artigiane, artiste e creative che dovreste immediatamente ricoprire di miliardi. Perché se lo meritano.

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Character-designer di rara coccosità, Giulia sviluppa VISUAL AIDENTITIES per chi ne ha bisogno (dai piccoli business a chi, semplicemente, deve spedire le stramaledette partecipazioni di matrimonio) e sforna una vasta gamma di teneri prodotti pieni di pattern adorabili.

Una foto pubblicata da Francesca Crescentini (@tegamini) in data:

 

Gioielli e Conigli

Esplorando ogni possibile sfumatura cromatica inventata dalla natura (e ogni tecnica esistente di combinazione delle perline) da Gioielli e Conigli troverete collane, orecchini, anelli, braccialetti e carinerie a profusione a base di pietruzze luccicanti, fiocchi e nappine. Belle, luminose, comode e solide – e per solide intendo resistenti alle manine infernali di un bambino di quattro mesi.

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Tamago Craft

Pupazzi grassi, giacche dalle fodere imprevedibili, pois minuscoli e animali coloratissimi (e glitterati, nel mio caso) che fanno capolino su ogni genere di micro-capo d’abbigliamento. Vestiti allegri per bambini ancora più allegri.

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Some Wood Ideas

Arredamento, design e accessori pazzi, completamente in legno. Tra le ultime invenzioni, una collezione di animaletti-spilletta che rasenta la perfezione zoologica.

Una foto pubblicata da Francesca Crescentini (@tegamini) in data:

 

Cicilla Handmade

Abbigliamento per minuscoli umani, con una magnifica selezione di stampe (CIAO NOI ABBIAMO I DINOSAURI), una grande cura nella scelta dei materiali e un saggissimo orientamento alla praticità. Troverete vestitini, pantaloncini, bavaglini, copertine e bustine (da riempire con i generi di prima necessità più disparati). Sto seriamente pensando di fregare il bavaglino a Minicuore e usarlo come FÙLAR.

Una foto pubblicata da Francesca Crescentini (@tegamini) in data:

 

Nigutindor

Oggetti per la casa in ceramica e argilla, rigorosamente dipinti a mano – o decorati in bella calligrafia, come avrebbe detto la mia maestra delle elementari. Ciao, maestra Silvana. Si va dalle tazze piene di gatti agli scatolini portagioie che si fingono musicassette.

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Petit Pois Rose

Grafica, crafter e illustratrice, Clara cuce cuscini a forma di fette di pizza e ha la capacità di trasformare qualsiasi cosa in un unicorno. Il tutto, ovviamente, avvalendosi dei colori più pastellosi di sempre. Che qualcuno le affidi il restyling dell’intera civiltà occidentale.  

Una foto pubblicata da Francesca Crescentini (@tegamini) in data:

 

Prettyinmad

Fatto a mano, con amore. Erika non ha praticamente più bisogno di presentazioni, ma una tote, una bustina o una fascia per i capelli con una stampa bellissima (in solido ed estroso cotone americano) è sempre una buona notizia. La gamma viene continuamente aggiornata con nuovi modelli e invenzioni… quindi andate e frugate. Io viaggio con fenicotteri e costellazioni nella borsa e sono una ragazza felice.

Una foto pubblicata da Francesca Crescentini (@tegamini) in data:

 

Bene. Rompete i porcellini e sbizzarritevi.
E cuorosità handmade a tutti.

Per farla breve, Lazzari riesce all’incirca a rappresentare tutto quello che amo.
Come avrete modo di sentire anche nel magistrale Snapchat-video che ho appiccicato un pochino più sotto, sono una di quelle classiche persone che ogni due giorni molesta pubblicamente Lazzari con esortazioni di questo tenore: CHE COS’HA IL VENETO CHE NOI NON ABBIAMO? PERCHÉ NON APRITE A MILANO, PERCHÉ! CHE COSA DOBBIAMO FARE PER CONVINCERVI? ANCHE NOI VI MERITIAMO. NON POSSO MICA VENIRE A VERONA OGNI TRE GIORNI.
Lazzari, il mio personalissimo Winner Taco.

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Crociate per l’apertura di punti vendita milanesi a parte, di Lazzari amo con trasporto soprattutto le stampe. E l’attenzione un po’ folle per il dettaglio, soprattutto zoologico. La gonna-squalo? Ce l’ho ancora sul gozzo. I colletti con i narvalini? Svengo. Anna Kövecses che disegna alpaca e gattini neri che giocano coi gomitoli? LEGATEMI ALL’ALBERO MAESTRO.
Per celebrare degnamente la collezione autunno-inverno, mi sono magicamente trasformata in una #LazzariGirl ricoperta di cigni e ho fatto l’unica cosa che sembro in grado di fare con una certa efficacia: consigliare dei libri da leggere. Possibilmente in tema con il mood ricercato, giocoso e originale del brand.
Il risultato, come vi conviene moltissimo verificare qua sotto – se già non vi siete visti tutto quanto su Snapchat -, è una puntata speciale di #LibriniTegamini, con quattro nuovi consigli di lettura.

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Per i più inclini alle comodità dell’acquisto d’impulso, ecco dove trovare i quattro preziosi tomi:
Michel Pastoureau, Bestiari del medioevo
Martin Hopkinson, Ex Libris: The Art of Bookplates
Robert Sabuda, Encyclopedia Prehistorica: Dinosaurs
Benedetta Craveri, Amanti e regine 

Per chi volesse giustamente riempire Lazzari di miliardi e lingotti d’oro, invece, ecco qua il favoloso shop.

E niente. È stato bellissimo. Cignetti e libri fantastici a tutti.

Priscilla Crowley è un personaggio destinato a suscitare inevitabili sospetti – sia per le sue burrascose e spiccate qualità che per lo studiato riserbo da sempre coltivato dalla sua autrice. Amatissima dalle lettrici di tutto il mondo, Priscilla vive (pericolosamente) sulla pagina, ma sembra sempre meno intenzionata a rispettare i confini convenzionali della narrazione. E, dopo ben otto romanzi di successo, è quasi legittimo domandarsi dove cominci Priscilla e dove finisca Lizzie Rust. Perché, quando ci si ritrova faccia a faccia con una protagonista così dirompente, la romantica tentazione di sovrapporre la sua voce e le sue avventure a quelle della sua creatrice può farsi inevitabile… specialmente quando si sa così tanto dell’eroina e così poco della scrittrice. E l’ultimo capitolo della saga – Priscilla e l’enigma di Twiggy -, con la sua ambientazione fiorentina e gli inevitabili nuovi batticuori, non ha certamente aiutato a chiarire l dubbi, più o meno giustificati, del pubblico.

Lizzie Rust camera

“Capita all’uscita di ogni romanzo della serie. E, ogni volta, mi domando se non sia finalmente arrivato il momento di liberarmi di lei”, racconta Lizzie Rust. “Prima dell’Enigma di Twiggy ci stavo pensando seriamente. Adoro Priscilla e a lei devo moltissimo, ma non so quanto questo continuo gioco di specchi possa giovare, alla lunga, alla nostra ‘relazione professionale’. Priscilla, per me, è diventata una vicina di scrivania – quella che si veste sempre meglio di te, la ragazza brillante con una scorta inesauribile di storie da raccontare e l’aria di una che è appena tornata da un weekend favoloso, chissà poi dove”.

Che poi è come si sentirebbe chiunque se si trovasse a lavorare con lei…
“Macché. L’unica vera passione che condivido con Priscilla è quella per i viaggi. E per la moda. E per l’arte. Va bene, non è poco – ma non è nemmeno tutto”.

E che cosa le invidia?
“La sfacciataggine. E la capacità di lasciarsi andare, di distruggere e ricostruire. Si pensa sempre che siano i personaggi a somigliare agli scrittori, ma ho sempre pensato che le cose funzionino esattamente al contrario. Priscilla ha pochissimo di me – e il coraggio di fare quasi tutto quello che io non ho mai ritenuto possibile”.

Priscilla è mai davvero riuscita a sconfinare nella vita reale?
“Mi piace credere che senza Priscilla non avrei mai finito l’Enigma di Twiggy... ma forse la sto sopravvalutando. Il merito è tutto di Firenze. Ci sono rimasta per pochi giorni, ma ho fatto tesoro di ogni scorcio e di ogni incontro. Non sono momenti che dimenticherò facilmente”.

Lizzie Rust Firenze

Si è parlato molto, in effetti, di una sua presunta fuga romantica.
“Si parla troppo. E quasi sempre a sproposito”.

E ci sarebbe anche un ritratto
“Il famigerato ritratto! Com’è la storia? Dipinto in un pomeriggio. Anzi, al tramonto. Dipinto nella luce tremula del tramonto da un amante appassionato ma già perduto. Un pittore apparso dal nulla per strapparmi il cuore. Devo ammetterlo, nemmeno Priscilla sarebbe riuscita a fare di meglio”.

Forse no, in effetti. Ma forse, ancora una volta, Lizzie Rust sta scegliendo con la consueta cura che cosa farci sapere davvero. Che l’unica, autentica depositaria del segreto sia proprio Priscilla? Non ci resta che mettere in borsa L’enigma di Twiggy e lasciarci travolgere, per l’ennesima volta, dal piglio irresistibile della sua protagonista.

Lizzie Rust borsa

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Ma… chi è davvero Lizzie Rust?
www.lizzierust.com

C’è chi passa le giornate su Youporn e chi, invece, prova un piacere quasi fisico nell’osservare, collezionare e catalogare la cancelleria. Le due categorie umane potrebbero ipoteticamente incontrarsi in uno di quei filmini con la studentessa bionda (con codini, gonna scozzese e calzettoni) che piglia vigorose ripetizioni di matematica da un professore maiale, ma preferisco non approfondire. L’unica cosa molto bella di questi porno, secondo me, sono le lavagne.

Io, comunque, tifo per la cancelleria.

La mia passione segreta – per quanto immotivata – sono i cofanetti. 
Da piccola, per Santa Lucia, ricevevo regolarmente una scatola bellissima di pastelli – di quelle con la custodia di legno e tutti i colorini ben disposti in ordine cromatico – e, se proprio quell’anno lì non arrivavano dei Minipony, i pastelli erano decisamente il regalo che aspettavo di più. Un tempo li usavo anche, i pastelli. Poi sono diventata una persona incapace di gestire le sfumature e per secoli ho disegnato in nero e rosso, con le penne schifose che trovavo nell’astuccio. Ora, mio malgrado, non solo non disegno più, ma sull’agenda scrivo a matita perché sono una pasticciona. Anzi, sono piena di blocchetti bellissimi e quaderni che non oso utilizzare perché sono troppo belli e ho paura di rovinarli con le mie zampe sconsiderate.

Come mi consolo?
Sbavando su invenzioni cartoleristico-artistiche sfrenatamente lussuose tipo il box condominiale ad edizione super limitata – ben 2.500 esemplari alla modica cifra di 2.500€ l’uno – di Karl Lagerfeld per Faber-Castell.

Mettete momentaneamente da parte la razionalità e lasciatevi travolgere dalla gioia mistica che questo benedetto cofanetto irradia.
Cioè, avete forse mai visto qualcosa di più meraviglioso?

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Mi viene da piangere. Pur senza nutrire una particolare simpatia per Karl Lagerfeld.
KARLBOX.
Accidenti a lui.
Comunque. Ci sono i pastelli acquerellabili, i pastelli bellissimi “normali”, i gessetti, i pennarelletti, le matite, i carboncini e un casino di altra roba che mi mette addosso una commozione che non vi so spiegare. 350 aggeggi in totale. Non solo ci sono dentro delle cose che se le sai usare sei l’eroe del mondo, ma arreda pure. Ti riconcilia col cosmo. Riesci a farti apprezzare ogni delicata tinta del creato. Vedi un Karlbox e poi muori. Vedi un Karlbox, trovi il pennarello più fotonico e vai a cercare quella smorfiosa di Choupette per scarabocchiarle il pelo.

 

KARLBOX-open

Per esplorare ulteriormente (e con una qualche serietà) i meandri del Karlbox vi consiglio di fare un giro sul patinato sito ufficiale – con tanto di pretenziosa Karl-quote d’apertura. Io, alla fin fine, ho deciso di parlarne perché ho il mal di denti da due giorni e avevo bisogno di guardare qualcosa di bello. Mentre cerco di capire quante Tachipirine posso ragionevolmente inghiottire mentre aspetto di essere ricevuta da un qualsiasi dentista del capoluogo lombardo, vi auguro col cuore di trovare 2.500€ da investire in un oggetto di pura armonia e perfezione che non avrete mai il coraggio di toccare – ma che migliorerebbe di molto la vostra esistenza.