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Il mio San Valentino con Ottone von Testimonial doveva andare diversamente. Purina, con grande dispiegamento di mezzi e di ottime intenzioni, ci aveva addirittura fornito un magico kit pieno di romanticherie. Avevamo un mazzo di fiori, gente. Era dal mio matrimonio che in casa nostra non entravano dei fiori. E, col senno di poi, non è difficile capire il perché.
Ottone von Edward Scissorhands adora i fiori.
Ma non per le ragioni giuste.

ottone 6ilmiosanvalentino

Dopo aver prontamente divorato una porzione di Gourmet MonPetit ed essersi prestato a un brevissimo – ma intenso – SHOOTING fotografico all’insegna dell’abbracciosità e della felice interazione con un mucchio di nastrini colorati – nastrini che, come tutti potrete ben immaginare, contribuivano all’integrità del compianto omaggio floreale -, Ottone von Kratos si è avventato sui margheritoni, riducendoli a un ammasso informe e piangente di fogliame sminuzzato.
Erano belli, i nostri fiori. E vogliamo ricordarli così, all’apice della loro fugace avvenenza.

6ilmiosanvalentino fiori

I fiori, teoricamente, dovevano aiutarci a celebrare la festa degli innamorati con grande trasporto e coreografica dignità. E invece niente. Ottone non è sensibile. Ottone non comprende le smancerie. Se fosse un uomo, Ottone mi verrebbe a dire che non ho bisogno di un regalo di San Valentino. Per noi, amore, San Valentino è tutti i giorni. Che bisogno c’è di riempirsi la casa di cioccolatini? Neanche li mangi, i cioccolatini!
Ecco.
Ottone funziona così. Ma può permetterselo.
La prima cosa che mi sono domandata, quando Gourmet mi ha chiesto di festeggiare San Valentino col mio gatto – anzi, la seconda cosa che mi sono domandata. La prima-prima era “mi hanno forse presa per una gattara pazza?” – è stata la seguente: ma Ottone, alla fin fine, mi vorrà un po’ di bene? Cioè, ci sono almeno novemila cose al mondo che Ottone sembra apprezzare più di me. Ottone adora i sacchetti di carta, si diverte a grattare gli armadi alle 2 del mattino, ama follemente le falene, rompe con gusto bicchieri, vasi e piccoli soprammobili e, in generale, si venderebbe l’anima per una ciotola di carnina e pescetti in umido. Io, così a spanne, sono solo una comparsa nel vasto universo delle passioni ottonifere. Divento rilevante quando mi avvicino allo sportello dei mangiarini ma, per il resto, sono quasi completamente d’intralcio.
Dopo un attimo di discreto scoramento, però, mi è venuta in mente una cosa bellissima che succede tutte le mattine. 
Ho la fortuna di abitare molto vicino all’ufficio e, in pratica, quando Amore del Cuore è pronto per uscire di casa, io devo ancora trovare le forze di risorgere dalle coperte. Amore del Cuore, un po’ per incoraggiarmi ad alzarmi ad affrontare la vita e anche e un po’ perché gli sembra disdicevole andarsene senza salutarmi, viene sempre a sedersi sul bordo del letto. Mi abbraccia, mi saluta, mi coccola e mi dice una quantità di cose incredibilmente rassicuranti. Dopo quindici secondi, chissà poi perché, arriva anche Ottone. E ci ritroviamo lì tutti insieme ad augurarci buona giornata, gatti e umani, gente vestita e gente in pigiama, felini vispi e tizie addormentate, uomini grossi e gatti poffosi. Allegramente aggrovigliati in un angolo di letto.
E niente.
Non so perché Ottone lo faccia. E non credo che nessun gatto si azzarderebbe a chiamarlo “amore”. Ma a me, ogni mattina, la sensazione che arriva è proprio quella. Insieme all’idea che, da quando c’è Ottone, la mia “nuova” famiglia sia un po’ più grande e un po’ più bella.

Troppa tenerezza? Non preoccupatevi, c’è sempre un video – che Gourmet, nella sua infinita gentilezza, di sicuro non si merita.

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Portate pazienza. Siamo un po’ tutti degli Ottone.
Non regalateci dei fiori. Non li sappiamo gestire.
<3

Come ormai sanno anche le lumache senza guscio, mi sto caoticamente facendo crescere i capelli in vista delle Matrimoniadi. Un paio di settimane fa sono anche tornata a Piacenza per fare amicizia con una potenziale acconciatrice – che lavora in un atelier di sconvolgente bellezza, un posto che somiglia a un mini-museo di carinerie vintage – e sto cercando (nonostante l’inettitudine, la pigrizia e il sonno perenne) di prendermi un po’ cura della mia criniera. Perché è una criniera, in pratica. O un covone, se la giornata è particolarmente infausta. Ho quindi accolto con trasporto – e discreta commozione – l’invito di Testanera a farmi acconciare l’esuberante cranio in questo loro magico cubo (#StylingCube, si chiama, con l’#… senza # non vale) piazzato in mezzo a Via dei Mercanti per la Fashion Week. Non potendo ancora deliziarvi con dei post da aristocratica stanca di vivere – tipo “Come superare la Fashion Week senza farsi venire i calli e l’ulcera” o un  “Povera me, la Fashion Week è un calvario” o un imprescindibile “Santi numi, se vedo un’altra sfilata vomito champagne” -, vi allieterò con i miei sublimi boccoli. Se non vi va bene, andate a leggervi le didascalie di Instagram di Chiara Biasi.

Ciò detto, mi sono molto divertita. Sono arrivata lì con la mia sciarpa a forma di cigno, la BB Cream in faccia e della roba sugli occhi che, almeno per i miei standard, era pure messa bene. E invece no. Vieni, Tegamini, che ti diamo una sistemata al trucco, che ce n’è proprio bisogno. E io mi sono seduta su uno sgabello e ho tentato in tutti i modi di giustificarmi: piccola truccatrice gentile, con il cinturone pieno di pennelli, devi sapere che sono gravemente astigmatica. Ti trucchi un occhio, ma sull’altro occhio puoi solo ipotizzare vagamente quel che succede. E non importa se ti metti le lenti o no, sono riflessi condizionati. Io so che dal sinistro non ci vedo, e lo chiudo. Mi trucco il destro al buio, così, freestyle. Capiscimi.
Ma cosa faccio? Direi che si può dare la precedenza al video, così poi vi racconto quello che hanno tagliato, che è più divertente 😀

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Perdonatemi, ho un faccione largo così. Ma sono piena di buone intenzioni.
Lì in mezzo alla strada, oltre a dare una confusa definizione di Tegamini – che è la cosa più difficile al mondo da descrivere, per me… la prossima volta me la preparo: TEGAMINI E’ UN WUNDERKAMMER. Bam. Ciapa – ho anche dichiarato che alle sfilate non mi invitano perché sono strana. Poi ho raccontato che la sciarpavolpe e la sciarpacigno sono grandi amiche, anche se preferisco la sciarpacigno perché la sciarpavolpe lascia un sacco di pelucchi arancioni fotonici sulle cose.

testanera tegamini stradaNon potete immaginare l’astio delle SCIURE lì fuori. In fila da tre ore per farsi fare la piega e io che arrivo tutta saltellante e mi fanno anche delle domande. M’avrebbero impalata, altroché.

E poi mi hanno tutta arricciolata. Ero molto contenta perché con Max, l’EIRSTAILIST, abbiamo chiacchierato piacevolmente del Plastic. Il Plastic è l’unico posto dove mi piace andare a ballare. Ovvio, ci puoi andare una volta al mese, ma massimo, perché ti scotenna nel corpo e nello spirito, ma è sempre una gioia. Mentre mi faceva degli assurdi boccoloni, gli ho raccontato di quando ho ordinato a Stefano Gabbana di farmi un gin-tonic (la prossima volta gli chiedo se mi invita alla sfilata, che lui secondo me ha un concetto molto elastico e amichevole di “stranezza”) e abbiamo ricordato con allegria di quando la resident-drag-queen s’è lamentata dei calli, esordendo con un “ve lo voglio e ve lo devo dire”.
Comunque, ecco un po’ dell’arricciamento.

testanera tegamini zero doppie punteQuesta è per dimostrare che non ho le doppie punte. Se volete vi faccio pure vedere la foto 3.200 pixel che mi hanno mandato. Ho pianto, quando mi sono vista le punte. 

testanera tegamini specchioOh, le meta-cose mi piacciono. Inception dal parrucchiere.

testanera tegamini schienaMai al mondo m’era capitato di vedermi il dietro del cranio con una tale chiarezza.

testanera tegamini leoneScar, non avrai il mio regno!

testanera tegamini roarE allora? Dov’è la mia carrozza?

Alla fine c’è stato grande imbarazzo, perché mi dovevo girare verso sinistra di ben novanta gradi e sorridere alla telecamera. Magari intonando una breve frase di Baby One More Time. Ce l’hanno fatta tutte. Io mi sono girata, ma ho anche battuto le mani un po’ di volte. E ho sgambettato. E credo anche di aver gridato EVVIVA e di essermi ficcata le mani in testa. E infatti nel video superglam non c’è nulla di tutto ciò. E alla domanda “e adesso a che evento andrai?” – che l’idea era “ora che hai dei capelli tutti ricci e belli dovrai pur partecipare con fierezza alla Fashion Week” – non sapevo bene cosa dire, che dovevo tornare a casa a finire di inserire le correzioni alla traduzione che dovevo consegnare il giorno dopo… altroché Arco della Pace e fashion blogger senza calze con -12 gradi. Per non sprecare la pettinatura, dunque, ho chiamato Amore del Cuore e siamo andati a fare un BRUNCH. Cosa c’è di più ICONICO di un brunch.

 

Ah, signora mia! Alle sfilate non mi invitano perché sono strana. E perché faccio le smorfie.

Una foto pubblicata da Francesca Crescentini (@tegamini) in data:

 


Io figurati, mi emoziono quando mi regalano una chiavetta USB, figurati quando mi fanno diventare carina. E’ bello, quando si prendono cura di te. Quando interviene qualcuno che ti arriccia con criterio. Fare i leoni non è mica da tutti, bisogna avere un casino di lacca. E mettersi la maschera dopo lo shampoo. E chi lo sapeva, che esiste la lacca. Credo di averne in testa ancora un po’, ma a distanza di una settimana. Insomma, non mi capita mica ogni quarto d’ora… tutte queste coccole le affronto quasi con sospetto. Credo sia colpa di MADRE: quando le racconto che devo andare a fare delle cose incredibili perché mi invitano – “che ho il blog” -, l’unico e universale commento è “occhio, che magari alla fine ti chiedono di pagare”. E’ questo l’ottimismo con cui affronto l’esistenza. Grazie MADRE. E grazie a Testanera per la sciantossisima esperienza. Se mi abituo è un casino. Che ho talento, per la vita da ricca principessa riccioluta.
🙂


MADRE s’inerpica col fido bob

***

Ormai ho capito: senza di me, i miei genitori si divertono pazzamente.
Danzano di fronte al fornello mentre aspettano di buttare la pasta, passeggiano in cerca di animalini del bosco, vanno in mezzo a un campo per veder passare la stazione spaziale, mangiano gelati e approdano al mare solo in settembre, quando il turismo diventa leggermente più civilizzato.
Ecco. Se la ridono, alla faccia mia… e col frigo pieno di culatello.
Ho anche capito che a voi MADRE piace tantissimo, ma che dico, preferite MADRE a me. E non vi biasimo. Anzi, per non farvi sentire in colpa per questa disdicevole faziosità, vi dimostrerò, una volta e per sempre, che MADRE merita ogni vostro sentimento.
Che sportività. Ho un cuore grande così.
È con orgoglio, dunque, che vi regalo qualcosa di epico, roba da proiettare al cinema e sulle facciate dei principali monumenti del nostro bel paese. Vi dono MADRE che va sul bob, con tutti e sessantaquattro i suoi anni. Grazie al coraggio di Padre – che all’inizio vi allieterà con le dita sull’obiettivo, cosa bizzarra per un mago dell’audiovideo ma giustificabile dato il principio di assideramento che probabilmente l’attanagliava -, la festosa discesa di MADRE è ora a disposizione del mondo. E vi prego di notare la toccante esortazione di Padre alla prudenza, con quel “VAI PIANO” allegramente ignorato dalla mia genitrice, che anzi, affronta l’insidia delle curve con la baldanza di una nobile zarina in slitta a cavalli.
Amate MADRE – senza smettere di aver paura -, perchè se lo merita.

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E se vi sembra che MADRE vada piano, siete degli stolti. Non solo è più veloce della vostra Clio, ma anche immensamente più contenta.

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MADRE umilia i veicoli motorizzati

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Che dire, la Pepsi soffre di un antico complesso d’inferiorità nei confronti della Coca Cola. E come potrebbe essere altrimenti? La Coca Cola ha l’ingrediente segreto (uuuuu mistero), la Coca Cola ha creato il moderno distributore automatico, la Coca Cola ha la bottiglietta più iconica e riconoscibile del mondo, la Coca Cola ha inventato Babbo Natale. Come fai a competere con l’invenzione di Babbo Natale, nemmeno Gesù è riuscito a superare la popolarità di Babbo Natale, figurati la Pepsi, che non fa nemmeno parte di un qualche genere di trio trino. La cosa triste è che quando la Pepsi è lì lì per risollevare il capo e passeggiare spedita verso il frigo di qualcuno, la Coca Cola è irrimediabilmente in agguato, cinica e spietata. Ma facciamo un esempio, trasportiamo la disputa nel mondo reale, anzi, facciamoci trasportare dalla disputa sull’Intercity Lecce-Torino, un treno che è stato maledetto nei secoli da generazioni di viaggiatori, e soprattutto da te, che sei a Piacenza e ci sali dopo che un’umanità molto varia ci ha passato su ore e ore, stringendo amicizie che dureranno per tutta la vita. Perchè è verissimo, sali su un treno simile e dopo due scompartimenti ti accorgi senza possibilità d’errore che sono diventati tutti amici, tutti si vogliono bene, si incoraggiano, si nutrono vicendevolmente a pane e salame, urlano IN BOCCA AL LUPO al vicino che si alza per andare in bagno e nemmeno aprono il finestrino, tanto arrivano ad adorare i compagni di viaggio e i loro affettuosi effluvi.
Insomma, è un treno che fa paura di spavento.
Ma sul Lecce-Torino ci sali lo stesso perchè non hai alternative, vai al tuo posto e di fronte, in tutta la sua confusa gloria, trovi il paladino delle bollicine zuccherose.