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Il GGG è il secondo libro che ho letto. Ho cominciato con Le streghe e, visto che mi ero trovata bene con Roald Dahl, ho deciso di fidarmi della collana. Li avevo letti al mare, nella stessa estate. Avevo sette anni e una libreria di fiducia. Ci passavamo la sera, dopo aver finito il gelato. Coi gelati non ti fanno entrare, in libreria. C’era uno scaffale basso pieno di Istrici. Io sceglievo, MADRE pagava. E tutto funzionava molto bene. Una ventina d’anni dopo, Amore del Cuore mi ha regalato la nuova edizione del GGG. Sempre un Istrice, ma con la copertina rigida. L’avevo letto in mezzo pomeriggio, mentre aspettavo che tornasse dal lavoro. Rileggerlo è stato terapeutico. Mi sono sentita super fiera della piccola me. Con tutto quello che c’era nella libreria del mare, io ero riuscita a pescare i due libri per ragazzi (e per persone grandi) più belli mai scritti. La gente non ha a disposizione un numero illimitato di ottime decisioni, nella vita. Io me ne sono giocate due a sette anni nel budello di Loano, in provincia di Savona. E non credo di averne a disposizione molte altre. Cercheremo di farcele bastare.
Ma perché mai ci troviamo qui?
Siamo qui perché la Disney ha finalmente deciso di sfornare il teaser trailer del GGG, diretto da Steven Spielberg. E il mio cuore trabocca di timori e di vaghe speranze. E pure di una certa ilarità. Che ci devo fare. Il GGG, in inglese, si chiama The BFG. E io, accidenti a me, non riesco a vederci un innocente The Big Friendly Giant. Per me è un tragico THE BIG FUCKING GIANT. Per sempre. E senza rimedio. Addio poesia, addio meraviglia dell’infanzia. E millemila applausi alla delicatezza dell’acronimo italiano. Grande Gigante Gentile. Un titolo che è riuscito a preservare la mia innocenza fino a un’età francamente eccessiva.
Ma com’è questo benedetto trailer?
Beccatevelo qua.

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Trattandosi di un teaser, non è che si capisca un granché. La piccola Sofia ha un greve accento inglese e un taglio di capelli di un’inclemenza rara. L’orfanotrofio è un orfanotrofio regolamentare. E il GGG è sufficientemente grande da suscitare un legittimo timore. Non sappiamo se le sue orecchie saranno della dimensione giusta. Non c’è traccia della sua bizzarra sintassi. Non c’è ombra di cetrionzoli. Il procedimento di soffiaggio dei sogni non è stato ancora affrontato. Non ci sono giganti selvaggi e crudeli. La regina d’Inghilterra non ci ha ancora onorato della sua presenza – con o senza corgi. Insomma, ne sappiamo come prima. Ma possiamo cominciare a crederci. È un trailer incredibilmente cauto e guardingo. Il che, forse, può farci ben sperare. Perché la cautela e la circospezione possono anche essere sintomi di estremo rispetto – per un libro meraviglioso e per noi ex-mini persone che hanno imparato ad amare la lettura grazie a questa storia. Non nutro una fede cieca e assoluta nelle capacità di Steven Spielberg. Certo, mica è il primo cretino che s’incontra dal panettiere… è che, di base, non sono il tipo. Propendo per i presagi di sventura, così poi non ci rimango male. In questo caso, però, vorrei provare a sperarci. Spero che Spielberg non si sia dimenticato di noi. E che, in qualche modo, abbia provato a immaginare tutto quello che ho immaginato io da piccola, in spiaggia, con il mio Istrice in mano e MADRE che m’inseguiva per spalmarmi la crema solare. È un libro incredibilmente conciso, per la vastità di quello che racconta. Lo schermo del cinema sarà grande abbastanza? Vedremo. Intanto, proviamo a metterci un po’ di fiducia. Metti mai che, per una volta, finirà per andarci bene.

 

Ci sono momenti in cui sentiamo il bisogno di veder trionfare la giustizia. Ma con enfasi. Con incisività. Con clamore.Non sto parlando di condanne agli arresti domiciliari in una villa sontuosa. Sto parlando della luminosa e selvaggia gioia che si prova quando il cattivo muore – possibilmente soffrendo – in una qualsiasi opera di fantasia prodotta dall’ingegno umano.

Escludendo i vegani in odore di santità e i personaggi pubblici con uffici stampa particolarmente puritani, la gente di ogni latitudine ambisce alla coltivazione del disdicevole sentimento della vendetta, come forza capace di riequilibrare il cosmo. Non c’è da andarne fieri, per carità, ma ci sono ben poche cose spontanee di cui vantarsi in giro. Insomma, in questa faglia – piena di smottamenti e pietre che rotolano – che separa quello che sarebbe educato pensare e quello che, invece, ci sgorga puro ed incandescente dal cuore, a metterci una pezza sono da sempre accorse le arti.
I libri, i fumetti, i film – e il resto di quello che è bello ma finto – ci forniscono efficacissimi stratagemmi per rallegrarci delle disgrazie altrui senza che arrivi un capo Scout a dirci che siamo dei mostri. Dobbiamo ammettere che, di tanto in tanto, abbiamo bisogno di qualcuno che impali la strega Ursula con la prua acuminata di una nave. È importante che Edward trafigga coi forbicioni l’ignorantissimo fidanzato di Winona Rider. L’imperatore Palpatine non può passarla liscia, deve arrivare uno che lo solleva di peso e lo scaraventa giù dalla passerella, perché se lo merita, santo cielo, ha soggiogato la galassia per decenni, ha rovinato la vita di Anakin Skywalker, ha contribuito a spettinare la principessa Leia… ci deve finire, giù per quel pozzo, poche balle.
Bene.
Tra gli eroi dispensatori di giustizia, numerosi come le stelle del cielo, capita, ogni tanto, che si verifichino disdicevoli episodi d’immeritato oblio. Perchè Iron Man sarà anche un fenomeno, ma nessuno è ancora riuscito a riportare ordine sulla bilancia del karma con la sublime efficacia dimostrata dal dimenticatissimo dilofosauro di Jurassic Park.

Come certamente ricorderete, l’unico personaggio da disprezzare con autentico e funesto sdegno era Dennis Nedry, programmatore panzone, incaricato di sottrarre con l’inganno gli embrioni dei dinosauri e di fuggire, dopo aver mandato a puttane l’intero sistema di sicurezza e controllo del parco. Detestato sin dalla prima scena dal sempre affabile Samuel L. Jackson – e giustamente -, l’avido contrabbandiere avrebbe meritato ogni male anche se non fosse stato prescelto come unico e autentico cattivo del film. Il signor Hammond, ideatore e finanziatore di tutto il baraccone era, in fondo, animato dalle buone intenzioni dei sognatori ed evidentemente incapace di prevedere la devastazione che si sarebbe abbattuta sull’isola tutta intera. Ed era anche un po’ rincoglionito, oltre che bonario sognatore, valà.
Quindi, se ben ci pensiamo, è tutta colpa di Nedry.
Dalla prima all’ultima disgrazia.
È Nedry che spegne i recinti, uccide i telefoni, spalanca le porte, ferma le macchine e rapisce i dinosaurini in provetta. Dalle sue scellerate azioni – a scopo di lucro, per altro – scaturiscono sfighe colossali: i velociraptor fuggono – mettendoci ansia a ripetizione -, i tirannosauri mangiano la gente, i grossi erbivori abbattono le piante, bambini finiscono sulle cime degli alberi, i gallimimus vengono azzannati e nessuno pensa al triceratopo col cagotto, ancora convalescente dopo l’intervento della dottoressa Sattler.

Subdolo e unto, Nedry approfitta dello scompiglio per darsi alla fuga col malloppo – ficcato in una latta di schiuma da barba refrigerata, perché è avanti -, senza incontrare la minima resistenza. Nessun ostacolo, nessuno che si fosse accorto di quant’era stronzo, nessuno che facesse caso a lui. Capire se Nedry fosse un genio del crimine o se fosse solo un delinquente di bassa lega circondato da babbei non è al momento rilevante. Quel che ci interessa è ben altro, perché qualcuno, nel folto della foresta, aveva capito… ed era pronto a fare giustizia.
Il dilofosauro, diamine.
Il dilofosauro è un fenomeno, è come un ninja col premio Nobel
.
Coraggioso e indomito, si fa trovare al posto giusto nel momento giusto… e non per caso: il dilofosauro sapeva che Nedry si sarebbe impantanato proprio là e sapeva pure che ci sarebbe stata una violentissima tempesta tropicale. Ma che dico, il dilofosauro ha provocato la tempesta tropicale, senza spiegarci come, perchè non potremmo in ogni caso capire. Dimostrando uno spiccato senso del teatro, poi, il nostro eroe appare per la prima volta quando si tratta di fare sul serio – comodi gli altri, con la capretta lì pronta per essere mangiata – e, puntuale come una maledizione, svolge con impareggiabile perizia la seguente sequenza di attività:

– ingannare e raggirare il malvagio (apparendo tenero e totalmente innocuo)
– terrorizzare all’improvviso, su più livelli percettivi (visivamente e sonoramente)
– sputazzare roba velenosa e acida in faccia al malvagio (schifo totale più immenso dolore)
– scomparire in silenzio
– osservare con compostezza mentre il malvagio si dibatte cieco nel fango
– osservare con compostezza (questa volta anche un po’ divertita) il malvagio che per un commovente attimo culla l’illusione della salvezza
–  ricomparire dove nessuno s’aspettava
– divorare con inaudita ferocia e stridore di denti il malvagio accecato

Bellissimo. Elegante. Tattico. Il dilofosauro è un maestro.
È l’eroe che spazza via il male, mettendoci la cattiveria che ci metteremmo noi se solo fossimo indignati dinosauri fittizi. Quando ogni speranza è persa, quando la luce è lontana e l’equilibrio karmico è sfasciato e pericolante, il dilofosauro ci salva, fiammeggiando nell’oscurità. Vota DILOFOSAURO, per un mondo finalmente giusto!