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Sciare è un’attività umana di difficile gestione. Se provi a pensarci razionalmente, a sciare non ci vai. E basta. Fa freddo – se non freddissimo, ti devi svegliare presto, ti viene un mal di gambe inaudito, puoi romperti le ossa, capita di schiantarsi contro i pini, la seggiovia fa paura, c’è scomodità, si puzza, ti cola sempre il naso, ti si ghiaccia la faccia, bisogna combattere per un posto sullo skibus, il burrocacao non è mai sufficiente, fare la pipì è laborioso, è necessario trasportare oggetti pesanti, la vestizione è complessa, ti si ammaccano gli stinchi, ti si staccano le mani e devi passare una giornata con i piedi negli scarponi. Non ha alcun senso. Ecco perché si comincia a sciare da piccoli. Perché, quando sei piccolo, riesci ad accettare con maggiore disinvoltura anche le assurdità più madornali – tipo il catechismo al sabato pomeriggio. Io, che devo sempre essere più bionda e più speciale degli altri, da piccola sciavo, ma proprio come sport. Durante la settimana avevo tre allenamenti di tennis e, non paga, trascorrevo i miei weekend al Tonale. Ma non sulle piste civilizzate, con la pausetta per la cioccolata calda e il pisolino sulla sdraio al rifugio… noi ci svegliavamo all’alba e andavamo sul Presena, dove l’unico impianto di risalita era un’ancora installata dal Dio dell’Antico Testamento in mezzo a una bufera orizzontale di giavellotti di ghiaccio.
L’ancora.
Se non sapete che cos’è un’ancora non ve lo spiegherò. Perché darvi un dolore, quando potete continuare a vivere serenamente la vostra vita, lontani dalla sofferenza e dal mal di culo?

baby tegamini sciatrice

Comunque.
Nonostante passassi a un metro e mezzo dai pali, la mia luminosa carriera di piccola sciatrice non fu malissimo. Conquistai un secondo posto ai campionati provinciali del Piacenzashire – dove di femmine che sciavano ce n’erano all’incirca sei -, un secondo posto in slalom speciale – solo perché fui l’unica, a parte la vincitrice, a non inforcare – e un secondo posto in gigante ai campionati italiani Libertas, categoria Cuccioli. Io, in realtà, avevo un anno in più e dovevo gareggiare nei Ragazzi, ma s’era ammalata la mia compagna e mi avevano utilizzata come controfigura. Nella mia categoria non mi ricordo come andò a finire, ma da Cucciola conquistai una medaglia d’argento che mi proibirono di andare a ritirare. Trascorsi il resto della serata a nascondermi nell’ombra, come un ninja col pile. A scanso di equivoci, poi, i miei amici più impressionabili continuarono a chiamarmi Valentina per il resto della settimana.
Insomma, prima di abbandonare l’approssimativa pratica agonistica che aveva caratterizzato gli anni più belli della mia esistenza, non sospettavo che lo sci potesse anche avere una valenza ludica. Fu soltanto dopo, con le settimane bianche messe in piedi con i miei compagni delle superiori, che mi resi conto della verità. Sciare non era solo sofferenza, schienate in terra, cunette assassine e vomitate sui tornanti (dal finestrino di un Ducato). Sciare poteva anche essere divertente. Grappini alla mela verde. Palle di neve. Sole in faccia a marzo. Sveglia alle dieci meno un quarto. Copricaschi rosa con le orecchie da coniglio. Tavolette di cioccolato.
Favola!

Una foto pubblicata da Francesca Crescentini (@tegamini) in data:

Il risultato, una ventina d’anni dopo aver messo gli sci per la prima volta, è che a sciare ci vado volentieri. Sono consapevole dell’improbo sbattimento che mi attende, ma sono comunque presa bene. Anzi, mi piacerebbe poter andare in montagna più spesso. Poche settimane fa, in un impeto di decisionista che raramente si ripeterà, abbiamo addirittura prenotato una stanza a Canazei e siamo partiti. Io e Amore del Cuore, per onore di cronaca, non siamo mai andati a sciare insieme. Anzi, lui si è cimentato con lo snowboard per un totale di tre volte in vita sua. Pur preoccupandomi assai della sua effettiva capacità di arrivare incolume in fondo a una pista, ho deciso di fidarmi del suo ottimismo – Ma certo che vengo giù. Al massimo me la faccio a piedi. Capirai. – e di riporre ogni speranza nella sconfinata potenza dei suoi gamboni. Ma ripercorriamo insieme i principali HIGHLIGHTS dei quattro giorni trascorsi in montagna della famiglia del Cuore.

Mi sono ostinata a sciare con i miei sci. I miei sci potevano considerarsi nuovi nel 2004. Erano i primi carving, con le punte e le code appena appena spalettate e una lunghezza assolutamente incomprensibile per gli standard attuali. Le persone, oggi, hanno gli sci più bassi di loro. Io no. L’unica cretina nell’intero comprensorio del Sellaronda con gli sci di una spanna più alti. Vero, ti senti un sacco stabile, ma non li giri mai. Anzi, li giri finché sei giovane e sportiva. È quando diventi trentenne e impiegata che sulle cunette insulti i santi.

Amore del Cuore ha trascorso quattro giorni a pendolare. Credo sia riuscito a produrre, in totale, un massimo di cinque vere curve. Per il resto, si è spostato come una benna spalaneve, oscillando da un gambone all’altro – indipendentemente dalla natura del pendio – e affrontando con una discreta sicumera ogni genere di difficoltà. Visto che stavamo badando all’efficacia e non di certo allo stile, la sua performance è stata nobilissima. Ad un certo punto, vista l’indiscutibile efficacia della Tecnica Pendolo, lo mandavamo avanti a spianare i maledetti dossi. L’unico problema, come può testimoniare questo prezioso documento filmico, erano i pianetti. Amici snowboarder, ma chi ve lo fa fare. Sul serio.

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Nonostante sia il mio posto preferito per sciare, non sono ancora riuscita a capire come funziona il Sellaronda. Non posso farci niente, il Sellaronda è troppo per me. Mettetevi ovunque e in un paio d’ore capisco come funzionano le cose, ma con il Sellaronda è tutto inutile. Panico e disorientamento. Il risultato è che devo sempre essere accompagnata da un adulto e, da sola, non ho speranza di sopravvivere.

Una foto pubblicata da Francesca Crescentini (@tegamini) in data:

Cado poco, ma tendo a cadere in maniera piuttosto plateale. A questo giro, per dire, ho affrontato un mucchio di neve con eccessivo entusiasmo, sono decollata e sono atterrata dall’altro lato della stradina – a ventiquattro centimetri dalle code di un tizio che, seppur con le sue difficoltà, passava di lì per caso. Decisa a salvargli la vita, ho frenato bruscamente. Non l’ho travolto, ma ho perso uno sci e, come una catapulta, ho superato il bordo della pista, rotolando con un certo impeto giù per un piccolo pendio che conduceva all’incirca al letto di un torrentello. Non mi sono spaccata la testa e non ho riportato danni di alcun tipo, anche se – a ben pensarci – sotto a quella nevona sofficiona poteva esserci praticamente di tutto. La scena si è conclusa con Amore del Cuore che, brandendo lo snowboard, correva minaccioso verso l’incolpevole sciatore-passante gridando – in maniera assolutamente immotivata – VATTENE CHE ALTRIMENTI T’AMMAZZO.

Sciare, comunque, ci trasforma tutte in scaldabagni.

Una foto pubblicata da Francesca Crescentini (@tegamini) in data:

Grazie ai numerosi falsopiani che, ad intervalli regolari, impedivano ad Amore del Cuore di avanzare alla nostra velocità, sono riuscita a fotografare un casino di paesaggi e mirabili scorci naturalistici che mai al mondo avrei pensato di poter immortalare. L’impresa è stata ancor più facilitata dalla fortuita scoperta di una FEATURE fondamentale dei miei guanti. I miei guanti nuovi, infatti, hanno gli elastichini per bambini. C’è un braccialetto con un cordino cucito al guanto, così tu te lo puoi sfilare senza che ti precipiti dalla seggiovia. O giù per la Sasslong come una scatola di sgombro. La vita. La pace. La comodità. L’agio. L’abbondanza fotografica.

Una foto pubblicata da Francesca Crescentini (@tegamini) in data:

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Una foto pubblicata da Francesca Crescentini (@tegamini) in data:

  Uno dei motivi per cui la gente dovrebbe andare in montagna, secondo me, è la roba da mangiare. In montagna si mangia bene. Ad un certo punto, vergognandomi abbastanza della quantità di cibo che avrei potenzialmente potuto postare su Instagram, mi sono auto-censurata… ma non ho sicuramente smesso di masticare. Anzi, colta da un’improvvisa caldana da polenta con il capriolo, mi sono levata il maglione con eccessivo trasporto e, nel bel mezzo di un ristorante molto tipico, molto affollato e molto frequentato da gente a modo, ho inavvertitamente suonato un campanone da vacca – che lì si trovava per valenze ornamentali – sgomentando l’intera sala. Grazie, capriolo. Grazie per avermi fatto scampanare.

Una foto pubblicata da Francesca Crescentini (@tegamini) in data:

Oltre a una commovente carne salada, a piatti di ravioli coi finferli (ravioli grigi, anche se non mi ricordo più il perché) e a poderosi taglieri di salumi, sono riuscita a incamerare anche diversi quintali del mio piatto montanaro preferito: UOVASPECKEPATATE. Visto che con “Uova, speck e patate” non credo di rendere al meglio l’idea, ho deciso di scriverlo maiuscolo e tutto attaccato. UOVASPECKEPATATE ammazzerebbe anche un arrotino bielorusso, ma vi assicuro che è possibile mangiarne una porzione a pranzo per tre giorni di fila e tornare comodamente a sciare. Quando vi ricapita di poter usufruire di UOVASPECKEPATATE? Mica c’è, a Milano. E, anche se ci fosse, a Milano mica avete l’alibi dello sci. Ah, mi serve un po’ di energia! A sciare si brucia un sacco! Non risparmiatevi, dunque. UOVASPECKEPATATE ogni venti minuti.
L’esemplare più interessante di UOVASPECKEPATATE l’ho mangiato in un rifugio adorabile, pieno di addobbi di fiocchi di neve in gommapiuma. E mi è arrivato insieme a una specie di infrastruttura lignea reggipadella – visibilmente superflua ma molto coreografica. Padroneggiare l’hardware non è stato un granché semplice, ma ho amato fortissimo ogni secondo del pranzo. E, come potrete facilmente desumere dalla qualità della foto, non avevo sbatti. Quando ti trovi davanti una cosa pazzesca da fagocitare, anche Instagram passa in secondo piano.

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Per concludere, vorrei dire che sì, mi sono riconciliata con lo sci. Ne comprendo gli evidenti svantaggi, ma sono comunque in grado di apprezzarlo. Sarà che, quando cominci a lavorare, la cosa peggiore del mondo diventa all’improvviso il dover stare in ufficio… e anche una bufera di stalattiti, in confronto, è subito FAVOLA. Questione di prospettiva? Questione di ferie – che sono già belle proprio perché SONO ferie? Chi può dirlo. La roba migliore dello sciare, comunque, è sempre la stessa: levarsi gli scarponi e bersi una birra – in calzamaglia di lana – per festeggiare l’impresa (e l’integrità dei propri arti a fine giornata).
CHEERS, amici della neve.

Una foto pubblicata da Francesca Crescentini (@tegamini) in data:

 

sochi logo

Durante i miei cinque anni di onorato pendolarismo universitario, io e Sky ci siamo fatti della compagnia, come un anziano signore col suo cantiere preferito. Perché, arrivando da Piacenza e studiando in Porta Romana, la cosa più razionale da fare è scendere dal treno a Rogoredo e pigliare la metro gialla. Rogoredo è un posto che in pratica non esiste, e prima del palazzo di Sky non aveva nemmeno l’orizzonte, c’era soltanto una steppa grigia piena di erbaccia. Poi si sono messi a costruire il palazzo di Sky e, finalmente, ho trovato qualcosa da guardare. E niente, aspettavo il treno e ogni tanto mi giravo per vedere a che punto erano con il mega quartier-generale di Sky. Chissà quanta gente ci sarà dentro. Ma saranno contenti? Boban avrà un ufficio tutto suo? Ci sarà una stanza solo per i tubini neri di Ilaria D’Amico? Come è possibile che tutti quanti abbiano almeno un amico (o un amico di un amico) che lavora da Sky? Tegamini, ma vuoi venire da noi a Sky Sport a commentare la cerimonia d’apertura delle Olimpiadi invernali? Ci saranno anche delle altre personcine, e poi vi facciamo fare un giro in regia e negli anfratti più nascosti e vi spieghiamo delle cose. C’è pure da mangiare.
Perbacco. Certo che ci voglio venire, a vedere una cerimonia d’apertura a casa vostra.

Dopo essermi sincerata una volta per tutte della posizione di Sochi – è al mare… e immagino che il mare ci sia anche nel logone olimpico ufficiale perché non volevano farsi prendere in giro senza combattere: “Va bene, gente, lo sappiamo anche noi che c’è il mare… c’è il mare, ed è un mare di vodka liscia. Avete ancora da dire?” – e aver salvato sull’iPad di Amore del Cuore una serie di irriverenti creature dei mille colori dell’arcobaleno – da twittare obbligatoriamente ad ogni apparizione di Putin -, ho riempito la borsa di spinotti e aggeggi per tener carico il telefono (finirà, prima o poi, questa lenta agonia?) e sono tornata a Rogoredo. Ma con entusiamo, questa volta. Anzi, superato il magnifico sottopassaggio, sono finita sotto le mura del poderoso palazzo e ho gridato ENTRA IN SKY! …OK, MA DA DOVE? 

***

È stato tutto estremamente coccoloso e divertente. Eravamo in questa saletta piena di divani morbidini, con le tv e le focaccette. Sono venuti a trovarci il direttore di Sky Sport – messer Giovanni Bruno -, il prode Giorgio Rocca – che mi ha pure fatto il caffè – e la leggiadra Claudia Morandini, che dobbiamo applaudire – oltre che per l’affabilità e l’imperioso stacco di coscia – anche per un’esauriente panoramica della felice situazione.

Nadia di Gazduna, poi, ha anche avuto l’onore di veder sfrecciare Tomba in corridoio, ma da noi non è venuto perché probabilmente doveva mettersi tantissimo gel nei riccioloni e non faceva in tempo. Messer Rocca, in compenso (E PAPPAPPERO), ci ha fatto anche vedere i tatuaggi a fiocco di neve. Che pazienza infinita.

Comunque.
Prima che potessi cominciare ad ammorbare illustri ex-olimpionici con le mie storiacce da Sci Club
– “Una volta a Borno sono arrivata seconda nello slalom speciale perché tutte le altre sono cadute. Pure io. Ho inforcato alla penultima porta, ma in qualche modo devo essermi girata e me l’hanno tenuta buona. Il mio amico Vittorio, invece, è uscito dal cancelletto con le punte incrociate ed è atterrato di faccia. E a quel punto ha lasciato perdere. Poi, quell’estate lì, ho trovato Michele con le tibie rotte. Eravamo in Marmolada che facevamo i pali di pomeriggio, con la neve sciolta. Anzi, erano i funghetti, mica i pali. C’era il solco, si è incastrato con gli sci sotto al funghetto, ha fatto leva e CRAC, tibie. Gridava da far paura… però, dai, ci si divertiva anche” -, dicevo, prima di far paura a tutti con le mie gloriose imprese allo Sci Club Libertas Bettola – “Oh, una volta mi è cascato uno sci dalla seggiovia” -, ci hanno presi per mano e siamo andati a fare un tour delle regie e di un mucchio di posti pieni di bottoni e schermini a mosaico. C’è anche una selfie collettiva in ascensore. E indovinate un po’ chi è l’unica che non aveva capito dove guardare.

FAAAAAAAAIL.
Qua, però, ci sono un po’ di fotine fantascientifiche. Perché noialtri lavoriamo a una scrivania normale, ma c’è gente che sta in plancia sull’Enterprise.

regia sky

regia sky 2

Sul quinto cerchio che s’incaglia e rimane lì come un carciofino sott’olio, direi che ha già fatto tutto Buzzfeed. Stesso discorso per la tragicomica accoglienza riservata ad atleti e giornalisti: se volete approfondire, ridervela moltissimo e vedere della gente che cerca con tutte le sue forze di prenderla con sportività, c’è il fantastico @SochiProblems. Quando c’è stato il super-segmento Guerra e pace, vi dirò senza vergogna che stavo mangiando delle robe con dentro gli spinaci e non sono stata attenta. Idem per il momento dei monumenti gonfiabili fosforescenti, con la bambina terrorizzata che c’era all’inizio e che, stavolta, è stata costretta a camminare sulle mani di una folla di pagliacci. Ma sulle sognanti mascotte zoomorfe alte dodici piani, però, posso fornire uno struggente documento originale a base di occhi dolci:

mascotte sochi giorgio rocca

Sciatori e conigline di dodici piani. C’è del feeling.
Oltre a tutte queste faccende belle e divertenti, al giro #SkyOlimpiadi è successa un’altra cosa che, ne sono certa, avrà ripercussioni geopolitiche di una certa rilevanza. Ho incontrato tre quarti dei Chiamarsi Bomber Tra Amici Senza Apparenti Meriti Sportivi. E mi hanno regalato una maglietta. C’è scritto sopra 100X100 BOMBERINA e ne andrò fiera finché vivo. Me la metterò quando vado a vedere Amore del Cuore che gioca a tennis, in un profluvio di Bomber di qua e Bomber di là. Che han tutti una gamba di legno e la voglia di correre di un paguro guercio, ma Bombereggiano con orgoglio.

E niente. Mi sono divertita come un fringuello. Sono tornata a casa con qualche tweet buffo, una maglietta da Bomberina e un kit da piccola spettatrice delle Olimpiadi. Ho conosciuto dei personaggi bizzarri, ho applaudito la coerenza degli atleti delle Bermuda in bermuda, ho osato dire che le divise dell’Italia – disegnate da Re Giorgio Armani in persona – sembrano delle tute da benzinaio e ho partecipato a un’operazione collettiva di disturbo della pubblica quiete lavorativa di un numero spropositato di indefessi dipendenti di Sky. Che bello. Ma la facciamo, una gita sugli sci tutti quanti insieme? Messer Rocca, portaci tu. Da piccola prendevo al volo l’ancora sul ghiacciaio del Presena! Sono sopravvissuta a una lastra di ghiaccio di 450 metri, in mezzo a una pineta! Ho fatto La Longia senza mai fermarmi… col telefonino in mano! SONO STATA AZZURRA DI SCI! Portaci, Messer Rocca! Saremo il tuo orgoglio! Intanto che ci pensi, però, vorrei ringraziare Sky per l’ospitalità, per i donini e per tutte le cose nuove che ho scoperto. Avessi incontrato pure ZVONIMIR Boban – anche se gli sport invernali non sono il suo campo – piantavo la tenda nel pratino in mezzo ai palazzoni di vetro, con vista su Rogoredo e una bandiera piena di minipony arcobaleno che nitriscono in cirillico.
Grazie. E infrastrutture olimpiche – funzionanti – a tutti!