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Allora, avere un infante comporta svariate e articolatissime responsabilità. Si va da quelle della sussistenza più basilare – la creatura deve mangiare, dormire, lavarsi e indossare dei vestiti puliti – a quelle relative all’apprendimento, al gioco e, più in generale, alla felicità e alla gioia. In entrambi i casi, bisogna industriarsi. Anche con una certa creatività. Perché non è detto che somministrare al proprio luminoso erede un piatto di penne al pomodoro richieda meno estro rispetto all’organizzazione di un teatrino delle marionette, certe volte. Cesare, per mia fortuna, mangia come un facocero senza farsi pregare particolarmente e, grazie al cielo, ha anche deciso di non aver più bisogno di essere cullato per un’ora e mezza in attesa del sopraggiungere del sonno, migliorando di molto la tenuta strutturale delle nostre schiene e dandoci finalmente la possibilità di sfoderare tutti i libri di favole che possediamo. In altri frangenti, però, il nostro spirito di inventiva resta indispensabile. Perché i piccoli umani vanno intrattenuti, e non possiamo di sicuro aspettarci che faccia tutto la scimmia George. La scimmia George va bene quando sei da sola in casa e devi preparare la cena, ma una volta riempito lo stomachino son fattacci tuoi. BISOGNA GIOCARE. Bisogna assecondare i movimenti delle macchinine. Bisogna lanciare palloni di ogni forma e dimensione. C’è il nascondino. Ci sono le costruzioni. Ci sono le robe sonore da schiacciare. Ci sono i balletti e le canzoncine. I carrettini. I puzzle con le bestie. I puzzle fatti a cubo. Il Didò. I pennarelli per scarabocchiare. Le impenetrabili barriere di cuscini. I libri con le finestrelle da finestrellare. I libri che ti spiegano il mondo e come si chiamano le cose. I pupazzi. Ci sei pure tu, tutta intera, che devi trasformarti a comando in un cavallo e passeggiare per casa con tredici chili di bambino EUFORICO sulla groppa.
E fin qui, va bene.
La faccenda molto CHALLENGING, però, è rinfrescare il repertorio ludico. Perché, certo, ci sono dei giochi preferiti che faremo credo PER SEMPRE – temo -, ma mica possiamo adagiarci sugli allori della routine. Gli infanti crescono e le curiosità si evolvono. E tu devi adattarti, estraendo dal cilindro nuove occupazioni e rivedendo il palinsesto dell’intrattenimento per evitare che le minuscole sinapsi del bambino si cementino. Perché bisogna provare, almeno vagamente, a star dietro a tutte le cose nuove che conosce e che sa fare.

Visto però che noialtri abbiamo un po’ dimenticato quella storia della meraviglia che solo la mente di un giovane virgulto sa cogliere anche nel più banale degli anfratti della creazione, ogni suggerimento è utile. Ogni supporto, invenzione o stampella creativa è da considerarsi un’ancora di salvezza nel burrascoso mare del COSA DIAVOLO POSSO ESCOGITARE ANCORA. E il cavallo l’abbiamo fatto. E nasconderci ci siamo nascosti. E i travasi ok. E il libro con gli animali bene. E quello con le filastrocche pure. CHE COSA POSSO FARE PER TE PICCOLO KRAKEN DIMMELO MALEDIZIONE.
Ebbene, ci sono mezzi a nostra disposizione.
Qualche tempo fa, è iniziata la mia avventura con Canon alla scoperta di un progetto da mamma, il Creative Park. Visto che con Canon siamo già amici da tempo e che, per i fatti miei, uso da mesi e con immensa felicità la loro app per lo smistamento (all’interno della famiglia) delle foto e dei video di Cesare – se volete documentarvi, si chiama Lifecake… liberatevi dalla schiavitù dell’invio multiplo di prodotti multimediali a nonni, zii e parenti lontani -, ho accettato di buon grado. Sono stata dotata di una stampante Pixma e sono partita all’avventura.

Ma che si può fare, in sintesi?
Creative Park è una piattaforma in cui Canon ha raccolto – con l’ausilio di creativi, designer e artisti dell’origami di caratura galattica – una serie di progetti ludico-ornamentali da fare con le proprie creature, usando semplicemente la carta, le immancabili forbici con la punta arrotondata e un po’ di colla. Tutti i progetti sono gratuiti, scaricabili e stampabili (istruzioni comprese) e hanno il nobile scopo di intrattenere i nostri pargoli con attività di vario tipo. Ci sono i disegni da colorare, le bestie da costruire, le grafiche da appiccicare al muro per rendere più gioiose le camerette, i modellini da far volare e le giostrine da far penzolare sui lettini. È una specie di enciclopedia tematica di strumenti per generare divertimento “manuale” e di risorse fai-da-te per riempirsi i muri di casa di teste di tirannosauro. O di comodi metri per misurare quanto crescono i nostri benedetti figli. Si può spulciare tutto il “cataologo” e si possono anche consultare le raccolte tematiche – a questo giro, per esempio, c’erano i gruppi di lavoretti coi dinosauri e pure quelli sullo spazio, coi razzetti e i pianeti. LA VITA.

Cosa abbiamo scelto noi? Cesare raggiungerà il ragguardevole traguardo dei due anni a settembre, quindi non posso aspettarmi che faccia “attivamente” gli origami. Può, però, beneficiare del risultato. Quindi mi sono stampata diversi pennuti da fargli saltellare davanti – visto che tra le nostre onomatopee preferite c’è indiscutibilmente CIP CIP – e, nella speranza di espandere le sue capacità verbali e/o definitorie, ci siamo anche lanciati con baldanza sui blocchetti di carte con gli oggetti e la fauna. Non paga, ci siamo anche dotati di allegre bandierine dal grande potenziale decorativo e di una foca che sta lì ad aspettare che qualcuno le tiri dei cerchi colorati sul naso.

Insomma, c’è varietà. E ci sono le basi per sentirsi più estrose di Dodò dell’Albero Azzurro. Il Creative Park è in grado di sopperire a tutte le esigenze ludico-educative dei nostri figli ed è pure garanzia di un’ammissione alla Normale di Pisa con quindici anni buoni di anticipo? No, ma mi pare una risorsa utile per genitori che, molto umanamente, possono aver bisogno di una spintarella sul lato creativo e che vogliono aggiungere qualche freccia al loro arco. Rinfrescare il repertorio, gente. Rinfrescare il repertorio!
Con la sentita speranza di aver segnalato qualcosa di utile a chi ormai ha giocato pure con le piastrelle del pavimento, torno a incollare le ali a un parrocchetto canterino e a pianificare un’intera Arca di Noè di bestiole pieghevoli e variamente rimbalzanti.
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papa unicorn

Il Tegaminario dell’Avvento sta già andando a farsi benedire. Niente. Venerdì, tanto per spiegarvi, ho avuto il grande onore di trascorrere l’intera giornata a uno SCIÚTING, in un capannone gelido e sperduto. Ho riacquistato la mobilità degli arti superiori solo a notte inoltrata, quando era ormai troppo tardi per deliziarvi con suggerimenti arguti ed illuminanti per rimpinguare la vostra wishlist festiva. Ieri, invece, in preda al deliquio per questi quattro insperati e benedetti giorni di ferie, sono rimasta sul divano per tutto il pomeriggio – avvolta in una coperta coi pon-pon e assolutamente impossibilitata ad esercitare le mie facoltà intellettive. Mi sono trasformata in un cuscino, in pratica. Ed è stato bellissimo.
Ma ora basta. Non possiamo sempre fingere di essere dei cuscini. È il momento di tirarci insieme.
Mentre Amore del Cuore combatte per due pomodori e un vasetto di ragù di cinghiale all’Esselunga di Viale Papiniano, dunque, mi sento finalmente in grado di informarvi dell’esistenza di PAPA – Play Art / Polygon Art -, un folle brand coreano specializzato in poetici e fiabeschi origami da parete. La prima collezione è composta da una fantastica triade. Teste di unicorno. Code di balena. Pappagalli volanti. Tutti disponibili in bianco, rosa e oro. La vita.

papa balena

papa unipink
papa bird
papa whalefloor

Ne avete bisogno, ammettetelo.
I gloriosi pezzi di animale vi arriveranno in una pratica confezione piatta, piena di istruzioni e cartoncini pazzi che dovrete meticolosamente piegare fino ad ottenere il vostro mirabile accessorio da parete di superdesign. Perché, diciamocelo francamente, ormai l’alce di legno e la casetta per i passerotti hanno anche un po’ rotto i coglioni.
Felici origami sognanti a tutti.

Vi siete persi qualche imprescindibile puntata del Tegaminario COLABRODO dell’Avvento? Andate su Pinterest. C’è addirittura un board!

Accadono un mucchio di cose, in questo periodo. E io sono contenta, perché ho gli occhi grandi e una specie di scomparto/cassapanca adibito alle curiosità e alle avventure che aspetta sempre di essere riempito. Nonostante le numerose spedizioni scientifiche e le rigorose analisi speleologiche, però, non s’è ancora capito se lo scomparto/cassapanca abbia un fondo. La teoria più accreditata vota per l’ipotesi abisso-senza-fine. Che è una buona notizia, se ci pensiamo, soprattutto quando si inciampa in una coccosità da raccontare. Perché non capita spesso, ma ogni tanto succede che si faccia qualcosa per la prima volta.

Perché io non sono abituata ad andare ai corsi di origami. Non so bene come funzionino, le vostre giornate, ma io non mi diletto abitualmente con la nobile arte della piegatura della carta. Non faccio quasi da mangiare, mi rifiuto di imparare a stirare. Figurati se mi metto lì a piegare dei pezzi di carta carina.

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1740465_209642815900497_2137399360_nChe a vederli così sembra facile. Ma volano le bestemmie, quando tocca a te.

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È successo che Sony si è inventata dei nuovi Vaio – tutti sottilissimi, tutti leggerissimi, tutti snodatissimi. Ce n’è uno con lo schermo che si stacca della tastiera gridando “sono un Transformer tablet-pc-e-viceversa! YOLO! Fai di me ciò che vuoi!”. E un altro ha lo schermo che gira al contrario tipo esorcismo-touchscreen. Ve lo giuro, me l’hanno aggeggiato davanti per quindici minuti ma non ho ancora capito quale stregoneria gli consenta di piegarsi di qua e di là. Un portatile, siori e siore, ma ora diventa un portatile con lo schermo ribaltato sul coperchio, siori e siore, non c’è trucco e non c’è inganno! -, dicevo, Sony si è inventata questi pc portatili che fanno i miracoli e, per farci divertire ancora di più, ha pure organizzato una lezione di origami con un’adorabile signorina maestra giapponese che era così giapponese che sembrava finta.

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sony experience tegamini 4

sony experience tegamini 1

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Dunque, Kayoko si è rimboccata le maniche del kimono, ci ha spiegato da dove vengono gli origami – i nobili giapponesi superglamour, intorno all’anno 1000, facevano regali a un sacco di gente… e molto spesso la piegatura della carta faceva parte del regalo, oltre che funzionare da sfarzosa confezione -, ci ha raccontato la storia della gru – leggiadro simbolo di speranza e pace – e ha cercato di insegnarci a piegare una farfalla e un fiore di loto. Io, che ho la manualità di un orso di pezza con la congiuntivite, ho più volte gridato aiuto. Li volevo far bene i miei origami, ci tengo tantissimo a queste imprese disperate. Mi appassiono, anche se ho le mani di legno. E poi come si può deludere una persona così tenera e adorabile? Kayoko è praticamente commestibile, santo il cielo!

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sony experience tegamini 2Ora pieghiamo GLU.
Anzi no, GLU è troppo difficile.

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Al posto di GLU, abbiamo fatto una farfalla e un fiore di loto. Gli origami dovrebbero donare un’anima alla materia inanimata, trasformare la carta in poesia, in arte e fantasmagorica illusione. Bene, la mia farfalla è l’unico origami che non solo non prende vita, ma riesce addirittura a far regredire la materia prima: da splendido quadrato di carta turchese di prima qualità a risma di fogli super economici per la stampante dell’ufficio.
Il fiore di loto, invece, m’è uscito con le proporzioni sbagliate. Ci vorrebbero tutti dei petali che avvolgono magicamente la corolla, ma io avevo solo la corolla. I petali sotto, stitici e storti, manco si vedono. Come esercizio di pura auto-flagellazione, vi invito ad individuare il mio fiore di loto, che spicca per scarsa grazia e assoluta asimmetria in mezzo alle meraviglie di Kayoko. Accidenti a lei e alle sue ditine affusolate.

Insomma, sono un’inetta, ma è stato molto istruttivo. E poi è successa un’altra cosa assolutamente surreale. Perché s’era fatta una certa, e ci hanno generosamente offerto la cena, con sushi, lasagnazze e tutti quei cosini nei bicchierini con le forchettine piccine picciò. La cosa fantastica è che se prendi una dozzina di blogger e li metti davanti a un buffet, i blogger rispetteranno il buffet. Si sistemeranno tutti quanti alla distanza più idonea rispetto alla tavola imbandita e, belli dritti in piedi, faranno le foto al cibo, perfetto e intatto – così com’è. Solo dopo aver fatto la foto al cibo – ed essersi assicurati che tutti i presenti ci siano riusciti senza interferenze e, anzi, con una buona angolazione -, ecco, solo in quel momento si sentiranno autorizzati ad avvicinarsi alla roba da mangiare.

Agli apericena ci vorrebbe un cordone di blogger che ripristinano l’ordine e la civiltà. Altroché pizza fredda e patate coi tocchi di salsiccia unta.
Armonia. Cibo fotogenico. Dagherrotipi.
Mi sembrava di stare alle corse di Ascot. O in una missione di James Bond, nel caso della tizia che fotografava le cosa con l’orologio.

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Come se non ci avessero cullati a sufficienza, poi, ci hanno anche donato delle cose utilissime. Un po’ di carta da origami – con istruzioni (per infanti) che riuscirò comunque a fraintendere mentre tento disperatamente di piegare un cuore per Amore del Cuore – e la manna delle manne, il bombarozzo-batteria portatile. Me n’ero appena comprato uno di quella serie lì, solo un po’ meno capiente, e già mi sentivo Robocop. Adesso che ne ho due posso sopravvivere anche in fondo a un crepaccio, con un’orda di stambecchi mannari alle calcagna. Anche perché, ormai, l’iPhone mi sta carico per tre ore, poi crolla al 22% e poi si spegne. Una vita grama. Tutte le volte che penso alla batteria dell’iPhone mi viene in mente quel gioco-esperimento per i bambini che amano la scienza… quello con la patata con tre elettrodi conficcati nella buccia che – non so come – fa funzionare un orologio, o qualcosa di altrettanto ininfluente dal punto di vista energetico. E’ così, l’iPhone, ha la batteria che va a patate.

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🙂

E niente. Volevo raccontarvelo, visto che è stato una tenerezza. Ho anche conosciuto @LaVyrtuosa, finalmente! 😀

Grazie, allora, Vaio-inventori. E’ stato proprio super divertente.
GLU a voi!