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La premessa è sempre la solita, ma ci vuole sempre. Spero che il listone 2023 possa aiutarvi a beccare il libro giusto per la persona giusta – facendovi anche fare bella figura. Le strenne funzionano così: sono volumi che per costituzione “fisica” dell’oggetto si prestano particolarmente a trasformarsi in doni o che per buona delimitazione tematica riescono egregiamente a rispondere a uno spiccato interesse. Sono un disco rotto, ma mi piace sempre ricordare che i libri non sono mai scelte “neutre”. Perché possano trasformarsi in veri tesori ci vuole un po’ d’occhio per le inclinazioni altrui, insomma. Di potenziali fermaporte è già pieno il mondo, non aggiungiamone di nuovi procedendo senza metterci un po’ di cuore, affetto e raziocinio.
I miei listoni natalizi sono sempre estremamente eterogenei, nella speranza di fornire spunti il più possibile versatili e flessibili. Mi diverto io e mi auguro che l’approccio possa risultare “ricco” anche per voi.

[Disclaimer: i link ai volumi vi portano su Amazon e sono quelli del programma di affiliazione. Nulla vi vieta di procurarvi i libri altrove e di organizzarvi come meglio credete, ci mancherebbe altro.]

Visto poi che i libri non scadono – ma al massimo diventano un po’ più difficili da trovare perché le tirature si assottigliano e le ristampe si diradano -, al termine del post troverete anche un agile recap delle liste natalizie precedenti. Visto che son sempre consultabili, si può allegramente pescare anche da lì.

Procedo?
Procedo.

Non guardate solo le figure e i grassetti, perché in mezzo ai testi ci ho ficcato degli altri suggerimenti che man mano mi sono venuti in mente e che sono degni di essere analizzati anche se non c’è l’immagine di copertina. 🙂


Michael McDowell | Blackwater (il cofanetto con i 6 volumi della saga)
Neri Pozza

Era quasi matematico che la famigerata saga della famiglia Caskey si sarebbe prima o poi tramutata in un cofanetto degno della cura estetica dei singoli volumi – le illustrazioni di copertina sono di Pedro Oyarbide – e trovare il prezioso SCRIGNO in libreria in vista del Natale è una mossa strategica degna di MaryLove. Per cultori del gotico “rurale”, delle epopee di famiglia, del sud degli Stati Uniti, delle noci pecan e dei colpi di scena più imprevedibili, Blackwater è un astuto e godibile connubio tra sovrannaturale e mondano, leggenda e affari.
Per approfondire, ne ho parlato qui con la straordinaria Giulia Paganelli.

Un’altra saga che approda in cofanettoI leoni di Sicilia di Stefania Auci.
Un romanzo molto letto (e molto discusso) che si guadagna un’edizione illustrata da Lorenzo Mattotti? I miei stupidi intenti di Bernardo Zannoni. E, visto che ci stiamo occupando di edizioni illustrate che ben si prestano a farsi donare, vi rammento anche dell’esistenza dell’Uomo che piantava gli alberi di Giono feat. Tullio Pericoli.
Per chiudere il cerchio, tra le 8053 edizioni di Harry Potter che potete acquistare, esistono anche quelle che fanno del campanilismo hogwartsiano la loro ragion d’essere. In parole povere: ci sono i cofanetti delle case.


Omero | Iliade
Blackie Edizioni

L’operazione “Classici liberati” di Blackie Edizioni è partita lo scorso anno con l’Odissea, volume gemello – per formato e intenzioni – di questa Iliade. Partendo dal presupposto che per far uscire un’Iliade o un’Odissea bisogna in primo luogo scegliere a quale “trascrizione” appoggiarsi (tra le tante possibili), da Blackie si son fatti dare una mano da Borges, che individua nella versione di Samuel Butler (scomparso nel 1902) quella più fedele, scorrevole, fruibile. Daniel Russo si è occupato della traduzione e l’opera è arricchita dalle illustrazioni di Calpurnio e da materiali aggiuntivi: un saggio di Andrea Marcolongo e Le Troiane di Euripide a cura di Alberto Conejero.


Caterina Zanzi | Conosco un posto anch’io
Magazzini Salani

Per chi abita a Milano o bazzica la città con una certa frequenza, Conoscounposto è un solido punto di riferimento per scovare luoghi dove mangiare bene, bere bene e sostentare numerose altre necessità dell’anima – dall’arte alla musica, dagli eventi allo shopping. Caterina e la redazione hanno già curato una guida alla città – che resta assai regalabile e ricca di suggerimenti – e, a questo giro, hanno deciso di produrre uno strumento utile e molto tenero a vedersi: un taccuino con schede da compilare per ricordare i “posti” e per tenere traccia di quelli ancora da visitare (tra le altre cose). Sì, la struttura è flessibile e non serve risiedere a Milano per poterlo usare con allegria. Sì, è perfetto per cartopazze/cartopazzi e per chi sente di poter competere con Alessandro Borghese.


Richard Thompson Ford | Dress code
Il Saggiatore

Dichiaro subito di essere in possesso della versione con fascetta tartan – sì, sono fascette, non sono pezzi “stampati” di copertina. In questo bel volumone, Ford affronta con estrema gradevolezza e notevolissimo sapere i risvolti politici, sociali, economici e comunicativi dell’abbigliamento. È una storia della moda raccontata per punti di svolta e capi emblematici, una mappa culturale per affermare con veemenza che IL CERULEO CONTA CARA LA MIA ANDY.

Bonus track in ambito moda? La collana Sfilate dell’Ippocampo vive e lotta con noi, espandendosi gradualmente e con implacabile efficienza. La novità più recente è il volume dedicato a Givenchy.

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Gabriella Gilberti | Love song for a vampire – Etologia del vampiro
Bakemono Lab

Una cosa che ho scoperto solo di recente e che mi ha mandato in visibilio è la matrice più antica – anche se non remotissima – di What We Do In The Shadows, serie TV divertentissima e assurda che utilizza la struttura del mockumentary per raccontare il tran tran domestico di un gruppo di vampiri che si smazzano la quotidianità ai giorni nostri. Ebbene, parte tutto da un film di una decina d’anni fa di Taika Waititi. Così, ci tenevo a dirlo perché in questo saggio si arriva pure lì e penso sia un tomo estremamente regalabile a chi coltiva un’ossessione per la progenie di Dracula ma magari fatica a trovare saggi aggiornati o capaci di abbracciare diverse “arti”, senza tralasciare le sconfinate praterie del pop.


Steve Brusatte | Ascesa e trionfo dei mammiferi
UTET

Brusatte – che è IL giovane paleontologo di riferimento nel battagliero comparto della divulgazione planetaria – prosegue l’opera cominciata con Ascesa e caduta dei dinosauri dedicandosi a quello che è accaduto in seguito alla loro estinzione. Come siamo arrivati fin qui? Possiamo piantarla, una buona volta, di immalinconirci per la dipartita del brachiosauro? La risposta è no, ma Brusatte dedica ai mammiferi il rigore che meritano e ricostruisce qui il loro onorevole cammino evolutivo.

Paleontologi e paleontologhe da accontentare? Ecco Fossili fantastici e chi li ha trovati di Donald R. Prothero– una storia dei dinosauri in 25 scoperte campali – e I cercatori di ossa di Michael Crichton – un romanzo tratto dalla vera “corsa ai fossili” di fine Ottocento.


Irene Canino | Il grande libro degli yōkai – Storie e leggende del folklore giapponese
Mondadori

La fascinazione per il Giappone ci abbandonerà mai? Ne dubito. Ma quanto sappiamo risalire alla radice di molte immagini diventate mainstream? Forse poco. Irene Canino s’incarica di sistematizzare, in questo bel volumone, la longeva parabola degli yōkai, spiriti ambivalenti e potentissimi che vivono al nostro fianco, non visti (tendenzialmente) ma capaci di esercitare enormi influenze e far deragliare destini. Il libro non è solo una raccolta di storie e leggende particolarmente emblematiche o avvincenti, ma offre un ricco apparato storico-teorico per aiutarci a comprendere più a fondo le basi culturali del mito.

Sempre sul tema, un approccio decisamente più “figurativo” firmato da Benjamin Lacombe.
Per rimanere in territorio giapponese e lasciarsi irretire da una penna delicata e poetica, segnalerei con gioia e ammirazione anche Il Giappone a colori di Laura Imai Messina, un viaggio che attraversa l’arte, la storia, le leggende e la letteratura del paese rileggendole attraverso la lente dei colori. Perché anche quelli – e come li usiamo – sono il prodotto di un processo culturale.


A cura di Carlotta Sanzogni – Dove si scrive, come si scrive 
Foto di Pietro Baroni

Rizzoli

Una domanda che faccio sempre quando mi capita di presentare il libro di qualcuno è “Ma tu, dov’è che scrivi? Quanto ci hai messo? Come lavori, di solito?”. Perché sì, a noi un libro arriva come oggetto compiuto, ma tutto quello che è servito per metterlo insieme resta sommerso e misterioso. E anche quelle sono storie degnissime di essere raccontate. Dove si scrive, come si scrive punta a soddisfare queste curiosità “di metodo”. Carlotta Sanzogni è riuscita a convincere 28 autori e autrici a spiegarci “come fanno” a scrivere e anche dove lo fanno – il dove è corroborato dai ritratti di Pietro Baroni. Da Chiara Valerio a Michele Masneri, da Licia Troisi a Jonathan Bazzi, da Walter Siti a Giacomo Papi, un’occasione ghiottissima per impicciarvi dei fatti lavorativi di tante penne amatissime del nostro presente.


Veronica Hinke | Titanic. Il libro di cucina ufficiale
Magazzini Salani

Non sono una gran patita di ricettari – o di cucina, a dirla tutta – ma negli anni ho sviluppato una discreta fissazione per i libri che trasportano prodotti filmico-televisivi in una dimensione d’applicazione quotidiana. Ho il libro di ricette di Hogwarts e ne ho ben TRE di Downton Abbey – quello ad ampio spettro, quello dei cocktail e quello col menu di Natale. Lo so, è inspiegabile, ma eccoci qua. Che caratteristiche hanno, questi assurdi volumi? Ci sono i piatti ben fotografati con tutto il loro bel procedimento di preparazione, ma ci sono anche un sacco di foto di scena e un pochino di ricostruzione “di contesto”. Questo ricettario del Titanic ci farà sentire come dei veri cagoni di Prima Classe anche se probabilmente avremmo tutti quanti diviso una cabina senza manco l’oblò in Terza.

Altri spunti culinari? Cucinava sempre di Sofia Fabiani per Mondadori – ciao Sofia, ti voglio bene – e Pranzi d’autore di Oretta Bongarzoni per Minimum Fax – una raccolta di ricette pescate da un sorprendente ventaglio di opere letterarie.
Volete specializzarvi in ? Non c’è problema, Francesco Rossi è qui per assisterci.
Cucina milanese per gente che vuole sinceramente imparare a gestire il risotto con l’osso buco e/o per quelli che ci tengono tantissimo a dirvi che a Milano si vive meglio che a casa vostra? Eccovi La cucina milanese di Fabiano Guatteri, con le illustrazioni di Andrea Antinori.


Giuseppe Morici | Non solo soldi! – Parole e storie per capire l’economia
Feltrinelli

Un libro che tenta di spiegare le parole fondamentali dell’economia. Servendosi di esempi tratti da situazioni quotidiane e di un linguaggio rigoroso ma accessibile, Giuseppe Morici si rivolge a ragazzi e ragazze per provare a rendere meno “astratti” e impenetrabili i numerosi concetti che ruotano attorno ai soldi, dalla gestione aziendale alla finanza personale, dal commercio fino alle grandi questioni di Stato.

Qualche altra “guida” rivolta alla gioventù? Proviamo con due proposte di Quinto Quarto.
Ciclo di Natalie Byrne – AKA il libro che avrei voluto avere a disposizione quando mi sono venute le mestruazioni. E La camera buissima di Elisa Lauzana – una storia “interattiva” della fotografia. Già, oggi eclettica. Dalle ovaie al dagherrotipo.


Maria Giuseppina Muzzarelli – Luca Molà – Giorgio Riello 
Tutte le perle del mondo – Storie di viaggi, scambi e magnifici ornamenti
Il Mulino

Vi vedo, gazze ladre. So che ci siete. Questo volume MAGNIFICO – e riccamente illustrato, come è d’obbligo dire in questi casi – è una storia cultural-commerciale delle perle, dalla simbologia artistica ai linguaggi del potere, dalle rotte di approvvigionamento alle botteghe orafe che le lavoravano.


Her Majesty – A photographic history (1926-2022)
Taschen

Devo ammettere di aver smesso di seguire The Crown quando i fatti narrati hanno iniziato a sovrapporsi a un periodo che ho vissuto da “spettatrice” delle vicende della famiglia reale. Insomma, per quanto mi riguarda, la coppia reale è ancora formata da Matt Smith e Claire Foy e, in generale, devo dire di non nutrire una particolare simpatia per la monarchia britannica. Là fuori, però, può esserci qualcuno a cui garberebbe un libro fotografico che ripercorre i momenti più ICONICI della sovrana recentemente scomparsa. E chi sono io per obiettare.

Vogliamo rendere onore al catalogo Taschen con temi che sento più affini al mio cuore? Perfetto. Ecco Stregoneria e gatti BELLISSIMI. E le biblioteche incredibili di Massimo Listri.


Sabina Minardi | Il grande libro del vintage
Il Saggiatore

No, non è una guida ai dieci negozi più TOP di Milano per comprare capi PRELOVED, ma una poliedrica riflessione sul nostro rapporto con la nostalgia. Mentre l’universo intero si proietta verso il futuro – o del futuro dipinge scenari foschissimi che in qualche modo dovremo capire come disinnescare -, un passato nemmeno troppo remoto continua a riaffiorare. Dai feticci degli anni Novanta ai miti della TV, dai brand che non soccombono al tempo al perpetuo cosplay delle nostre lontane gioventù, una raccolta ragionata di tutto quello che non riusciamo a lasciar andare – e sul perché ci rifiutiamo strenuamente di farlo.

Visto che ci troviamo nel territorio del Saggiatore e che tutta la nostalgia che accumuliamo ci rende esseri zoppi, sbilenchi e disorientati, non posso non citare Teoria del disagio contemporaneo di Andrea Antoni – patron di Cose Brutte Impaginate Belle… e genio multiforme.


Zerocalcare | Enciclopaedia calcarea
Bao Publishing

Lo dice la copertina: guida ragionata all’universo di Zerocalcare. Con una storia inedita. DAJE MICHELE.

Se v’intriga il genere “backstage” e avete amato le due serie Netflix di Zerocalcare, vi rammento anche l’Animation art-book, che ripercorre proprio il processo di lavorazione di Strappare lungo i bordi e Questo mondo non mi renderà cattivo.


Marin Montagut | Collezioni straordinarie
L’Ippocampo

Quanto mi fa rosicare la gente che nel corso di una vita intera è effettivamente riuscita ad allestire una wunderkammer o a dar seguito con eccelsi risultati estetici a un’ossessione estremamente specifica? MOLTO. Ma nonostante io m’incarognisca, dobbiamo rendere merito a Montagut per questa ricognizione fotografica fra le più sublimi collezioni di Francia. C’è di tutto, compresa un’ipnotica commistione tra illustrazione e ossessioni di catalogazione.

Sempre di Montagut – e per piantare la bandierina nel territorio delle guide, pure -, esiste anche Ricordi di Parigi. Sì, sono botteghe in cui si può andare davvero.


William Goldman | La principessa sposa
Marcos y Marcos

Non capita tutti gli anni che un romanzo così divertente, giocoso e folle festeggi il mezzo secolo dalla prima pubblicazione e mi pare estremamente opportuno che chi ancora non teme i veleni di Vizzini o non conosce la perseveranza che ogni vendetta richiede si avvicini a questo libro per rimediare senza indugi. Amori! Roditori aggressivi! Pirati! L’idea stessa di avventura! Un narratore invadente che leva le parti noiose e ci lascia solo il meglio e ce lo spiega senza problemi! Un capolavoro, in ogni tempo. Quest’edizione contiene diversi materiali “extra” che raccontano – tra le altre cose – la trasposizione cinematografica e indagano più a fondo la magia meta-narrativa che rende così speciale questo libro.

Bonus track: un busto parlante di Inigo Montoya. Se non avete ucciso suo padre, potete anche non prepararvi a morire. Altrimenti OCCHIO.


Matteo Bordone | L’invenzione del boomer
UTET

Userò quel filibustiere di Bordone come apripista della sezione “gente che cerca di riflettere sulle umane relazioni nel doloroso punto d’intersezione tra società e luoghi preposti alla comunicazione e/o alla grottesca rappresentazione di noi stessi medesimi”. Insomma: chi siamo insieme agli altri e chi diventiamo online, all’incirca. Bordone indaga il tentacolare simulacro del boomer, cercando di risalire alla fortuna vastissima di questo costrutto.

Altre idee? Pietro Minto con Come annoiarsi meglio – ora in un’edizione aggiornata che esplora il flop del metaverso -, Problemi di Jonathan Zenti, Sei vecchio di Vincenzo Marino e La correzione del mondo di Davide Piacenza,


Storie sotto l’albero
Panini Comics

Non sono una grande estimatrice della corrente “c’è questa festa, eccoti un libro che parla proprio di quella festa”, ma riconosco l’importanza capitale degli abitanti di Topolinia e di Paperopoli. Questo volume di generoso formato è una raccolta di storie di Natale dall’universo di Topolino – c’è scritto DISNEY da tutte le parti, ma se dico TOPOLINO capiamo meglio – e ben si adatta sia a lettori e lettrici di vecchia data che alle nuove generazioni da irretire (come è giusto che sia).

Vi piace la roba di Natale a Natale? Non c’è problema. L’ultimo numero di Cose spiegate bene del Post potrebbe farvi comodo. Un’antologia di Dickens nelle consuete edizioni arrogantissime di Oscar Vault? Ma pure La malizia del vischio di Kathleen Farrell, un astuto ripescaggio di Fazi pieno di PARENTISERPENTI che si ritrovano a Natale per detestarsi fortissimo.


MP5 | Corpus
Rizzoli Lizard

MP5 ha sconfinato spesso e volentieri nella grafica editoriale – oltre ad aver firmato illustri copertine di podcast e la “visual identity” di molte cause estremamente pressanti e valenti. Questo art-book cataloga il “corpus” artistico di MP5 parlando proprio dei tanti corpi essenziali ma eloquentissimi che troviamo nel suo lavoro.


Leo Ortolani | Tarocchi
Feltrinelli Comics

C’è qualcosa che Leo Ortolani non sa fare? Chissà. In questo volume – che è più grande del tavolino da caffè che nell’immaginario collettivo dovrebbe servire a reggere proprio questo genere di libri – troviamo la sua rielaborazione artistica degli arcani. Ogni figura è accompagnata da un paragrafo esplicativo che fa immancabilmente ridere – ma anche riflettere sul destino. O forse anche solo ridere.

Se volete restare in territorio ortolanesco, non posso non rammentarvi le sue raccolte di recensioni cinematografiche a fumetti – Il buio in salaIl buio colpisce ancora – e Dinosauri che ce l’hanno fattaVi va di esplorare lo spazio insieme a lui? Ecco qua.
Ancora tarocchi? Ci sono quelli di Dalì. Com’era Dalì? Ve lo racconta Amanda Lear.


Joshua Piven – David Borgenicht | Worst Case Scenario
Blackie Edizioni

Se sentite l’impellente necessità di produrvi in regali UTILI, cosa può esserci di più utile di un manuale di sopravvivenza multidisciplinare con tanto di disegnini esplicativi e istruzioni chiare e lineari? Ecco. Da come saltare da un’auto in corsa e come difendersi da uno squalo, passando per tracheotomie, paracaduti che non si aprono e fallout nucleari, Worst Case Scenario è il tomo che fa per noi. Non ci salverà, ma DIAMINE LASCIATECI ALMENO PROVARE.


Volete donare un abbonamento? Fate bene. Qualche spunto:
il progetto Apri: racconti che giungono per corrispondenza e hanno proprio la forma di un plico di lettere/cartoline/biglietti scritti a mano. Poetico, magnifico, matto.
la versione “di carta” di Rivista Studio (sono 4 numeri all’anno e ognuno sviluppa un tema specifico).
L’Integrale: una rivista di cultura gastronomica che utilizza quel che mangiamo come meraviglioso pretesto per esplorare chi siamo.
Brillo: un trimestrale interamente dedicato al mondo dell’illustrazione e della grafica.
La Revue Dessinée: giornalismo a fumetti bellicosissimo.
audiolibri in quantità su Storytel, come da tradizione.

Volete donare qualcosa di libresco che non è precisamente un libro?
Date un occhio alle tre box tematiche nate dall’immaginazione di Maddalena Notardonato. La costante è che contengano un quaderno rilegato artigianalmente (e illustrato da lei), più altre meraviglie fatte a mano, dalle candele alla ceramica. Ce ne sono tre: Poesia, Romanzo, Saggio.
O “il nécessaire libroso” di Elinor Marianne.

Ma ci sono altre liste come questa qua? Certo.
il listone 2022
il listone 2021
il listone 2020
il listone 2019
libri per piccoli (con galassia di link ulteriori)

Ho finito.
Che Bublé v’accompagni anche se in copertina ho messo Mariah.

Orbene, Dentro la vita di Luciana Boccardi riparte da dove eravamo collettivamente approdati con La signorina Crovato, confermandone il gradevolissimo e avventuroso andazzo.
Per inquadrare meglio, l’inizio-inizio ci colloca a Venezia nel 1936, a casa di una famiglia di musicisti – di illustre per quanto rovinosa discendenza – che sprofondano in una dignitosissima e alacre miseria dopo una disgrazia capitata al vulcanico padre clarinettista, Raoul. Cercando di sbarcare il lunario, la madre decide suo malgrado di allontanare temporaneamente Luciana. La bambina, crescendo, verrà chiamata a dare una solida mano per sostenere l’economia domestica, tra peripezie di ogni genere, la malaugurata ascesa del fascismo e impieghi assai variegati. Piena di risorse e di una forza d’animo invidiabile, date le grame circostanze, Luciana si industria per studiare e per trovare un impiego alla Biennale, polo culturale dell’arte, della musica, del teatro e del bel mondo dell’epoca. Ed è qua alla sua scrivania, non ancora diciottenne e fiera del grembiulino nero che porterà per quasi tutta la sua permanenza in Biennale, che la ritroviamo all’inizio del secondo volume della sua epopea personale.

Dentro la vita : Boccardi, Luciana: Amazon.it: Libri

Vera e romanzesca insieme, la parabola di Luciana Boccardi è uno spaccato di storia (e di storia del costume) che dai padiglioni in perenne fermento del Lido ci porta fino alle passerelle della moda parigina, tra macchine da scrivere, matrimoni non convenzionali ma funzionanti, grandi nomi e scorci lagunari. Una modernissima donna d’altri tempi, che ripercorre con orgoglio le tappe fondamentali di un’esistenza che forse poche e pochi – disponendo di una differente predisposizione d’animo – sarebbero riusciti ad affrontare con la medesima grazia divertita e con quella singolare capacità salvifica di cambiare pelle al momento giusto, riuscendo comunque a non tradirsi mai.

[Luciana Boccardi, firma storica del Gazzettino di Venezia, è scomparsa poco tempo fa, ma per darvi un’idea del piglio narrativo – che ben ritroviamo anche nei primi due capitoli della sua storia – ecco qua la sua ultima intervista. Era stato annunciato anche un terzo volume a concludere il ciclo, ma vediamo che accadrà…]

PERBACCO SONO FELICIONA.
Ecco, dovevo dirlo subito.
Ben giunte e ben giunti alla presentazione più o meno ufficiale di un’impresa folle e – almeno per noi – molto divertente. Anzi, credo non si tratti precisamente di un “progetto”, ma più che altro di un passettino ulteriore nella storia di un’amicizia nata su Instagram e in fase di gioiosa lievitazione. Siamo tre panettoni contenti, insomma, anche se con Elena e Francesca di République Fabrique non abbiamo ancora affrontato lo spinoso argomento. Magari a loro piace il pandoro – ragazze, vi piace il pandoro? A tutte e tre, comunque, piacciono indiscutibilmente le vestaglie. E abbiamo deciso di produrne un po’ per allietare il vostro Natale – e gli innumerevoli mesi a venire, perché di vestaglie c’è sempre bisogno.

Come?
Quando?
Perché?

Ho conosciuto Elena e Francesca grazie a uno dei numerosissimi DM che arrivano e che fanno all’incirca così: ciao Tegamini, possiamo mandarti uno dei nostri vestiti? Io non finisco sempre per accogliere tutti i vestiti (o inserisci qui oggetto casuale) che mi propongono, anzi. Nel caso di République Fabrique, però, è stato un po’ subito amore, forse anche per le somiglianze di percorso che son subito venute fuori. Anche Elena e Francesca hanno lavorato per tanti anni in “incognito”, coltivando nei ritagli di tempo quello che speravano di poter fare a tempo pieno. Cinque anni fa hanno aperto a Brescia il loro negozio/laboratorio/campo base per corsi di cucito, cercando di obbedire a una filosofia lodevole: inventare abiti unici – perché ogni pezzo è disegnato e cucito a mano con perizia e grande competenza da loro medesime –, portabili – perché cosa fai dei vestiti belli se poi possono stare bene a una tipologia umana molto ristretta – e poco inclini allo spreco – perché anche i ritagli più scalognati possono trovare una seconda vita. Oltre al negozio, si prendono indefessamente cura di uno shop online che ospita le loro collezioni stagionali e somiglia tantissimo a loro due – sono fan delle descrizioni di prodotto che sfornano. Conoscere il gatto Martino non è un’esperienza replicabile online, ma fidatevi. Sono andata a trovarle a Brescia e Martino è un aiutante prezioso.
Non mi ricordo bene come ci è venuta in mente la faccenda delle vestaglie. Forse scherzavamo. Forse abbiamo buttato lì un MA DAI SCUSA FACCIAMO LE VESTAGLIE. E poi ci siamo accorte che non era poi un’idea così bislacca – per i nostri standard, almeno. E me le sono ritrovate a Milano con una cartella di disegni e scampoli da selezionare. Abbiamo “stabilizzato” i due modelli, abbiamo fatto le necessarie prove a livello di tessuti e di vestibilità ed eccoci qua, con due vestaglie che spero possiate amare anche voi. Sì, sono bizzarre. Ma sono anche un’ottima sintesi di come siamo noi.

Le vestagline sono due.
La vestaglina di tartan.
E la vestaglina con le alucce.

Elena e Francesca raccoglieranno gli ordini sul sito e realizzeranno ogni vestaglia a mano – ricami compresi. Oltre al necessario “Team Vestaglia” – grido di battaglia d’elezione per la sottoscritta – si potrà aggiungere il ricamo che vi pare. Come potrete ben constatare dalle scemenze che ho scritto sul sito per presentare i due modelli, son vestaglie dotate di una spiccata personalità (anche se non prenderanno vita come il mantello del Dr Strange, non temete) e di materiali selezionati con attenzione. Facciamo sempre le pulci alle etichette di composizione dei maglioni… ecco, la vestaglia di tartan è di lana, per dire. Quella di tartan è un po’ più esuberante, mentre quella di felpa morbidosa è pronta ad assistervi con maggiore razionalità – dotandovi di aluccine per sostenervi durante la scalata delle menate quotidiane.

Vi risparmio i dettagli tecnici perché di quelli si sono già occupate egregiamente loro sul sito, ma spero di essere riuscita a convogliare davvero la fierezza che provo. La vestaglia è diventata la mia uniforme lavorativa e un po’ pure la mia bandiera, ma è anche il mio bozzolo contro le avversità. Il fatto che due ragazze così brave abbiano deciso di strutturare con me quest’impresa assurda e di “prestarmi” il loro talento, il loro tempo (ce n’è voluto e ce ne vorrà ancora di più) e il loro appoggio organizzativo è un regalo che potrebbe comodamente bastarmi per tutte le festività a venire. Insomma, spero amerete. E spero vi vestaglierete con foga.

Note conclusive all’insegna della praticità.

Per ogni quesito stilistico/logistico (es. Voglio donare una vestaglia alla mia amica Mariuccia per Natale, ma riusciamo a farla arrivare in tempo e a ricamarci anche su MARIUCCIA e magari a prevedere già una confezione da mettere sotto l’albero?) vi consiglio di leggere bene quel che c’è sul sito – vestaglina di tartan e vestaglina con le alucce. e di chiacchierare con Elena e Francesca, anche su Instagram.

Ho affidato alle cuorone un po’ di regalini cartaceo-libreschi che verranno infilati randomicamente nei pacchetti in partenza. Insomma, diversi ordini avranno anche un pensierino molto tangibile da parte mia.

Se volete usufruire di République Fabrique nel suo complesso, ecco qua un codice da utilizzare sullo shop.
Con TEGAMINIPARTY ci sarà il -15% su tutto lo shop – tranne le vestagline. In più: spedizioni gratuite con ordine di minimo di 100€.

Tutte le immagini che trovate in questo post (e troverete sul sito di Fabrique e sui nostri social) sono state scattate dalla sempre meravigliosa Eleonora Proietti, che mi tollera anche se sono infotografabile perché a) continuo a muovermi e b) non sto mai zitta – e non sto mai zitta perché le devo dire che secondo me in foto vengo male, creando una specie di circolo vizioso dell’assurdità.

Che altro aggiungere.
Spero di vedervi aderire con entusiasmo al Team Vestaglia.
Per me è un’avventura nuova. E sono vergognosamente felice di aver trovato due compagne di viaggio (più il gatto Martino) con cui condividerla.
E c’è posto anche per voi. 🙂

Come già ben sappiamo, gestire le proprie estremità durante i mesi di maggior calura (sempre che la calura si palesi, quest’anno) è una faccenda delicata, ma non del tutto utopica.
Nel 2018 ho fatto amicizia con Scholl, collaudando con estremo benessere sia la collezione primavera-estate che quella invernale. La missione, in generale, era un po’ quella di raccontare al mondo che una scarpa può essere sia comoda che gradevolissima alla vista e che Scholl sta applicando con ottimi risultati le sue tecnologie calzaturiere pro-confort anche a modelli più fru-fru, perché pure i nostri piedi sono meritevoli di considerazione.
Ebbene, anche nel 2019 continuerò a collaborare con Scholl – evviva! – e in questo post ho cercato di radunare tutti i modellini primavera-estate che sarei felice di mettere e che, spero, mi accompagneranno a spasso nei prossimi mesi.
Ulteriore notizia degna di nota, in coda al post troverete un codice sconto per far del bene anche ai vostri piedi e completare i vostri AUTFIT con sandali, ciabattine e/o degni zoccoli. Spero potrà esservi utile. :3

Cominciamo?
Cominciamo.

Mi sento molto capita da questa collezione. DICHIARIAMOLO SUBITO. C’è parecchia roba che splende, rifrange e luccica. O che fa molto peplo e monte Olimpo, come nel caso delle Chrysilla, le infradito dorate lì a sinistra. Se lo spirito da amazzone anima anche le vostre membra, date un occhio pure alle Alma.

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Ma vogliamo non infervorarci un po’ anche con le stampe zoologiche? Dedicandoci magari ai rettili? Ecco. Quelle a destra sono le Allyson. Metallizzate e pitonatine.
Per chi si sentisse un po’ più zebrona, invece, segnalo le Greeny galoppanti. Ma delle Greeny parleremo anche più avanti, visto che la capsule ha una storia avvincente sul fronte materiali ed ecologia.

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Il Team Perline, invece, ha deciso di schierare baldanzosamente le Chantal. Hanno un salutare tacco di 4 cm (come la maggior parte dei sandali Scholl) e il listellino regolabile davanti. Buon punteggio anche sul fronte plausibilità di sera.

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La mia nuova fissazione per i pantaloni da samurai (perché sì, anche a 34 anni ci si può accorgere di star bene con un modello che mai al mondo avevamo preso in considerazione prima) richiede calzature adeguate al dojo. Che poi va bene, nel dojo si entra scalzi, ma ci siamo capiti… è più una questione filosofico-visiva. Per il samurai in servizio ci sono le Malindi, mentre per il samurai in libera uscita c’è un modello simile, ma TUTTO ROSA e con il fiocco.

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Ma perché abbandonare la fantascienza e snobbare le cromature? Le Cynthia ci sono in varie versioni – argentatine o in oro rosa, tipo – ma le mie preferite sono queste qua a sandaletto, con il cinturino anche sul tallone. Per vederle tutte, vi consiglio vivamente un’esplorazione sul sito.

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Anche le Glam sono al vostro servizio sia in qualità di infradito che di ciabatta glitterata degna della miglior palla da discoteca. Le combinazioni si ramificano, comunque. Perché c’è glitter a base nera, glitter rosa e glitter argentato. Il glitter, in generale, ci capisce. Io voto per le Glam 2 a base nera perché rispondono maggiormente al mio bisogno di unicorni.

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Visto che sul sito vi conviene andare comunque a vedere tutto quello che è sfuggito a me – perché troppo abbagliata dagli scintillii metallici -, andateci armate di codice sconto.
Con CUORONI20 ci sarà il -20% su tutta la collezione SS19. Il codice funzionerà per due settimane (a partire dal 27 maggio). Si potrà usare solo sull’e-commerce e non è cumulabile con altre offerte.
Spero gradirete. Scholl è felice di replicare l’esperimento visto che la volta scorsa ne avete usufruito con entusiasmo.
Per il resto, buone esplorazioni, buone passeggiate e felici giretti estivi. 🙂

Ho battuto così tanto la fiacca con la Weekly Wishlist che alcune cose che desideravo hanno addirittura avuto il tempo di trasformarsi in un acquisto concreto. Incredibile! Prodigioso! Un processo decisionale che giunge a compimento! Non si era mai visto! Ma non crogioliamoci nell’autocompiacimento e proseguiamo con baldanza. Ecco un po’ di vari ed eventuali aggeggi (ed esperienze) che sto bramando in questo periodo o che ho già incamerato con soddisfazione.

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Sono riuscita ad andare al cinema a vedere Captain Marvel. E ora voglio il maglioncino di cotone di Carol Danvers. Questo è di Musterbrand, che sforna con grande efficienza indumenti “portabili” ispirati ai costumi dei nostri personaggi cinematografici e videoludici preferiti, da Star Wars a Zelda. Tempo fa mi sono regalata il cardigan lungo di Kylo Ren e ho felicemente constatato che i materiali sono buoni e anche la lavorazione. Insomma, l’obiettivo finale è andare in giro con un intero guardaroba da supereroe quasi in borghese. E non potendo disporre di un flerken, inizio dal maglioncino.

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A Ferrara, fino al 2 giugno a Palazzo dei Diamanti, c’è una mostra che credo potrebbe rimettermi al mondo: “Boldini e la moda”. Tra dipinti, abiti d’epoca e oggetti emblematici, la mostra esplora il rapporto tra Boldini, l’alta moda parigina e la Belle Époque. Perché il ritratto di una signora chic è anche il ritratto di un preciso e vasto mondo di riferimento.

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Mi sto riconvertendo gradualmente – e con successo – alle borse più piccole, da portare possibilmente a tracolla. La rivoluzione è partita dalla necessità di rincorrere un bambino senza ritrovarmi impicciata dai valigioni che di solito mi portavo in giro. Ebbene, le bottiglie d’acqua “classiche” ci stanno, nelle mie nuove borse? A volte no. E a volte sì, ma con immane fatica. Visto che la geometria solida non è un’opinione, ho dato retta alla mia amica Gabriella e mi sono presa una bottiglia piatta. Me la riempio prima di uscire e la caccio praticamente ovunque. Sì, somiglia a una fiaschetta da maestro di sci con una pesante dipendenza da grappa, ma è comodissima. Questa qua è la Memobottle formato A6 (375 ml), ma ce ne sono anche di più/meno capienti.

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La compagine europea di Hello Kitty mi ha donato, un po’ di tempo fa, una spazzola Tangle Teezer. Prima usavo le spazzole di legno e mi trovavo anche bene. Sapevo dell’esistenza delle Tangle Teezer, ma temevo fossero dei plasticoni inutili. Ebbene, facevo piuttosto male a partire prevenuta e, in tutta onestà, ho scoperto che con la Tangle Teezer faccio la metà della fatica, mi strappo meno capelli, sono assai più rapida e me li pettino pure meglio. Ho scoperto che esiste una Tangle Teezer con i denti più lunghi e solidi per i ricci e le chiome assai folte come la mia. E credo che procederò presto con l’investimento.

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Lavidriola è un brand spagnolo che sforna mirabolanti gioielli “artistici” dall’estremo potenziale pop. Sono robe giganti, stravagantissime e super dettagliate. Ci sono spille, collane che fanno provincia, orecchini e assurdità di ogni tipo. Si va dalla zoologia all’esplorazione spaziale, senza tralasciare Luna Lovegood con il copricapo da leone. Mi sento capita come poche volte al mondo.

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Visto che siamo già in ambito “sobrietà”, credo valga la pena soffermarci su Krukrustudio e sul suo catalogo di borse che somigliano a oggetti e creature vicine al sentire comune (dalle taniche di benzina alle sogliole). In più, c’è una gamma assai nutrita di pochette – con tracollina inclusa – a forma di libro. I titoli disponibili sono numerosi (dai grandi classici ai libri di testo di Hogwarts) e c’è una vasta scelta anche in termini di dimensioni. Diciamo che si può scegliere una borsa-libro paperback o una borsa-libro Treccani.

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Bene, mi fermo qua. La lista potrebbe proseguire fino all’orizzonte, ma teniamoci qualcosa anche per le prossime puntate. Nel frattempo, felici scoperte a tutti.

Vi avviso, questa Wishlist parte bene… e poi sprofonda nel surrealismo. Ma il bello dei desideri è anche quello: coltivare l’assurdo, il bizzarro, il poco plausibile. Siamo bravi tutti a comprare le cose che servono. Ma sono quelle improbabili che ci rimettono in contatto con le nostre pulsioni più autentiche, libere e vitali.
POTERE ALLE COSE A CASO! CHI SE NE IMPORTA!
Ecco.
Dopo questa interpretazione filosofica assai traballante, ecco che cosa mi sta piacendo molto in questo periodo.

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La passione per gli orecchini GROSSI continua ad animarmi furiosamente. E si scatena in tutta la sua potenza quando si tratta di pezzi unici, ispirati all’arte, alla storia del costume e all’Oriente. Dunque, Lebole Gioielli sforna una quantità di collezioni quasi ingestibile – e vale la pena frugarle un po’ tutte – ma, complice Giorgio Amitrano, mi sono particolarmente invasata con gli orecchini Iro Iro. Pietre naturali e ottone galvanizzato oro, più sete di antichi kimono. Ogni orecchino è diverso dall’altro. E penso proprio che “Lady” Murasaki approverebbe.

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Quando è partito il pezzo “autunnale” del mio lavoro con Scholl, sono stata travolta da numerose indecisioni. Perché, per quanto io ami gli stivaletti in nappa, mi sono anche resa conto di non avere praticamente nulla di veramente antipioggia. C’è anche da dire, però, che tutti gli stivali di gomma che vedevo in giro mi sembravano scomodi. Di quelli che ti fanno venire le bolle perché ti balla dentro il piede e passi la giornata sentendoti una papera storpia. Scholl, però, ha fatto i Taty, un modello super impermeabile ma con la suola Memory Cushion, come tutte le sue altre calzature, e una ragionevolissima fodera interna in tessuto confortevole. E sono pure splendenti, di un gioioso PVC lucido come il cranio di Alien – cosa per me assolutamente favolosa. Il problema è che la selezione delle scarpe per la stagione gelida l’ho fatta più o meno ad agosto e, influenzata da un’ottimismo insensato, ho deciso che la pioggia non esisteva e ho preso le Peyton. Che sono valentissime e che uso praticamente tutti i giorni, ma rispondono a un bisogno differente rispetto ai Taty. Insomma, alla fine della fiera, i Taty vincono un posto in wishlist. E mi sono rimasti sul gozzo.

Non mi dilungo ulteriormente sui miei dilemmi, ma vi comunico volentieri che Scholl ha deciso di sfornare un codice sconto solo per noi. È la prima volta che l’azienda fa un esperimento di questo genere, quindi spero di fare un’ottima figura ma anche di risultare utile a voi che vedete passare queste scarpe ormai da qualche mese. Ma veniamo ai dettagli pratici. Con TEGAMINI20 ci sarà il 20% di sconto fino al 22/11 su tutta la collezione autunno-inverno che trovate sullo shop di Scholl. È valido solo online, non è cumulabile ad altre promozioni in corso e si può usare anche più volte. Evviva!

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So di essere un po’ ridicola, ma se posso vestire Cesare con cose dall’aspetto zoomorfo sono sempre molto contenta. Mi sbizzarrisco con calzine coi musetti, pantaloncini con creste di dinosauro e l’ho portato in giro per lungo tempo (quand’era piccolo piccolo) in una surreale tuta imbottita da orsacchiotto. Spero che qualcuno mi fermi – magari addirittura lui – ma, nel frattempo, mi godo queste assurdità. Ho scoperto Donsje, un brand di Amsterdam che produce vestiti basic di ottima qualità e accessori (con materiali altrettanto favolosi) a forma di bestia. Il mio suggerimento è di spulciarvi tutto lo shop – soprattutto LE SCARPE -, mentre io pondero sull’effettiva possibilità che i capelli del mio infante stiano tutti quanti sotto a una cuffia da koala.

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Desiderare libri come condizione mentale perenne. Sto attraversando una fase di folle (e doveroso) entusiasmo per l’Ippocampo e ho appena scoperto un nuovo Atlante. Là fuori ci sono atlanti di ogni genere. atlanti dei luoghi maledetti e/o immaginari, atlanti delle isole misteriose, ATLANTI. A fine ottobre è uscito anche l’Atlante delle zone extraterrestri di Bruno Fuligni, un volume illustrato che ci offre una rigorosa mappatura – tra leggende metropolitane, oggetti volanti non identificati e iniziative scientifico-governative – dei presunti punti di contatto tra umanità e intelligenze aliene.

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Visto che abbiamo già abbandonato il pianeta, direi di proseguire fino alla più lontana lontana delle galassie. Nelle mie peregrinazioni esplorative alla scoperta di Amazon Moda, ho scovato una valida alternativa alle vestaglie in cui mi avvolgo quotidianamente per lavorare a casa. Ebbene, perché limitarsi a una vestaglia quando puoi metterti un confortevole mantello di Darth Vader? VOGLIO DIRE.

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E per questa settimana è tutto. Che il Lato Oscuro possa sempre vegliare sul vostro salvadanaio. :3

La mia ammirazione per le artigiane che si lanciano in progetti creativi, strambi e coraggiosi è ormai risaputa. Instagram è un luogo dalle dinamiche talvolta tortuose, ma sono felice di essermi costruita un feed di cose belle da guardare e di storie interessanti da veder crescere. Capita spesso che mi arrivino “cose” – da leggere, da mangiare, da indossare. Sono una creatura curiosa e amo sperimentare, ma quello che poi effettivamente arriva a casa è scelto con cura – rispettando quello che sono e anche il lavoro degli altri. Di tanto in tanto, poi, mi imbatto in meraviglie autentiche. E mi viene voglia di approfondire e di fare un tifo sfegatato per le ragazze (perché sono quasi sempre ragazze) che si impegnano ogni giorno in imprese un po’ magiche e immancabilmente “diverse”.

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Un post condiviso da Fil Rouge Jewelry (@filrougej) in data:

Quest’intervista è nata da una collana da bibliotecaria, ad esempio. E da un mio commento particolarmente euforico, dopo qualche settimana di cuori silenziosi da parte mia. Antonia mi ha scritto all’istante, ci siamo scambiate dei video – in cui cercavamo di dirci qualcosa mentre i nostri figli ci saltavano sulla schiena – ed eccoci qua ad approfondire la sua avventura di gioielliera-narratrice. Ho sempre pensato che gli oggetti, anche i più minuscoli, racchiudano un grande potere. Ci fanno ricordare, conservano insieme a noi la memoria, diventano simboli, raccontano storie. E Antonia, con Fil Rouge, amministra con cura le storie degli altri. Qui c’è la nostra chiacchierata. E, anche se cominciamo da Max Pezzali – re della ninna nanna, come vedrete -, ci troverete dentro un’idea preziosa. E una persona ancora più luminosa.

Esordirei con un aneddoto che non c’entra niente con il tuo lavoro, ma che mi ha fatto molto ridere, quando l’ho scovato sul tuo blog. Tu non lo sai ancora, ma anch’io ho passato diversi mesi a far addormentare Cesare cantandogli Come mai degli 883. Uno stratagemma infallibile. Che cosa mai farà Max Pezzali ai bambini?

Quando ho scoperto di aspettare un bambino avevo 21 anni, poca cultura sulle tecniche di crescita di un infante e sul mondo “mammesco” in genere. Questo, per assurdo, mi ha portato ad essere una brava mamma di Luce in quanto ho avuto un bambino quando non ero pronta e non avevo alba di quel che avrei dovuto fare ed è stato l’unico modo per fare le cose giuste. La mia relazione con Max nasce in una di quelle tipiche notti in cui tua figlia pensa di essere uscita da un utero lirico, di essere il primo soprano della Scala e di essere quindi totalmente giustificata ad urlare come una faina in amore. Alle 3 del mattino ho dovuto tirare fuori l’artiglieria pesante e contrattaccare: dal basso della mia preparazione sui metodi naïf e non per calmare un bambino, ho pensato semplicemente di riproporle quel che lei mi stava propinando da ore, così decisi di cantare a squarciagola l’unica canzone che conoscessi a memoria (grazie a qualche amica delle elementari un po’ già inconsapevolmente hipster), ossia “Come mai” degli 883. Il risultato è stato che Luce smise di piangere, io continuo ad usare il mio metodo MammaPsyco – distendendomi ad esempio in mezzo al negozio di giocattoli e battendo i pugni a terra quando fa i capricci (lo uso solo in situazioni estreme, non sono pazza) – e “Come Mai” è diventata la nostra ninna nanna.

Sono andata subito fuori tema. Rimedierò, dunque, con una classica domanda alla David Copperfield. Da dove vieni. Dove vivi. Cosa combinavi prima di creare Fil Rouge.
Ho sempre invidiato quelli che nascono e sanno esattamente chi sono e cosa vorranno diventare. Io provengo da una famiglia di creativi, grazie ai quali ho imparato l’arte della curiosità. Quando sei curioso finisci per conoscere le cose e quando conosci davvero le cose riesci sempre a trovarci del bello e se trovi del bello non puoi far altro che amarlo. Per questo motivo ho spaziato in lungo e in largo attraverso una serie infinita di progetti e lavori di diversa forma e genere; se poi abbini la creatività all’impegno finisci per fare un ventaglio di esperienze enorme, riuscendo bene in tutte e non sapendo poi alla fine dei conti quale fosse la cosa che ti sarebbe piaciuto continuare a fare.
Io sono nata a Trieste e cresciuta a Udine, ho avuto una vita spericolata e piena di colpi di scena, un’opera teatrale della quale non so se mi sono mai sentita spettatrice o attrice protagonista. Prima di iniziare questo progetto lavoravo da anni per una multinazionale dalla quale ho deciso di separarmi per il grigiore che regalava alla mia vita, facevo la mamma single di Luce, procedevo con gli studi in Moda e Design e mi assicuravo un esaurimento nervoso. Ad oggi ho aggiunto Fil Rouge che per quanto possa sembrar sottrarre tempo, momenti ed energia a una vita già moderatamente incasinata come la mia, in realtà ha solo aggiunto. Un mese fa mia figlia mi ha portato un ciondolo a forma di cuore trovato nell’uovo di Pasqua esordendo con una delle frasi più semplici per cui io abbia mai pianto: “Tieni mamma, usalo per le tue collane!”.

Raramente – ma anche forse mai – mi è capitato di imbattermi in un progetto così favolosamente stravagante come il tuo. Come hai cominciato?
Sembra un cliché ma le cose belle succedono quando meno te le aspetti e dalle persone che non immagineresti mai. Ho sempre trovato affascinanti gli oggetti recuperati, la loro anima piena di momenti vissuti da qualcun altro e che in un momento diventano tuoi, li trovo amuleti carichi di magia. L’idea di dargli una seconda possibilità, una sorta di riscatto, mi faceva credere di dare un’opportunità anche a me stessa.
Ho creato alcune collane secondo il mio gusto e le ho caricate su Instagram, raccontavano storie che avevo inventato, senza riferirmi a nessuno, ispirandomi semplicemente alla vita. Senza accorgermene però avevo parlato una lingua che nemmeno io conoscevo, quella di una ragazza che una notte mi disse di volerne tre, perché raccontavano di lei. Non ho mai creduto in me stessa e ho sempre lasciato grandi progetti a metà per codardia, quella notte invece c’è stata una ragazza che pensava di aver ricevuto qualcosa da me, senza rendersi conto di avermi regalato l’inizio della mia storia. Da lì ho iniziato a credere di star facendo la cosa giusta e da quella sera ho raccontato storie di madri, di figlie, di famiglie, di dolori, di ricordi, di attimi, di vite intere, di passioni, di amicizie, di sentimenti, di inizi e mentre nei miei precedenti progetti non concludevo mai perché avevo paura di portarli a termine, questa volta non concluderò questo progetto perché non c’è nulla da concludere, non c’è nulla da finire, la conclusione arriva ogni mattina quando devo rendere reale e tangibile una nuova storia.

Qual è il primo gioiello che hai deciso di inventare?
Il primo gioiello che ho inconsapevolmente creato è stato 4 anni fa, molto prima dell’effettivo inizio del mio attuale progetto. Avevo quattro ciondoli molto importanti in quattro diverse collane: un 13 portafortuna, uno scarabeo turchese, uno scorpione (sì, sono dello scorpione, ero indecisa se dirlo per non creare validissimi pregiudizi) e un ferro di cavallo. Ho pensato fosse davvero stupido tenere cose per me così importanti lontane le une dalle altre quando avrei potuto averle sempre in mezzo al petto; così le ho riunite in un unico filo che non ho mai più tolto e che racconta la mia storia – e con il tempo sono sicura ci sarà ancora molto da aggiungere. Il progetto è nato da lì, dall’esigenza di racchiudere in un unico luogo i momenti migliori della propria vita, perché è vero che sono perfettamente ancorati alla memoria, ma ho pensato che se ci sono libri, poesie, quadri, spartiti che parlano così bene dei ricordi, non vedo perché non possa farlo anche un gioiello.

E dove diamine vai a prendere tutte le micro-antichità e i ciondolini vintage che vanno a finire nelle tue collane? Ti immagino mentre setacci luoghi inesplorati, soffitte, bauli e mercatini di ogni parte del globo alla ricerca del pezzettino perfetto.
La ricerca delle tessere del mosaico nasce da una storia d’amore tra un’abitudine e un’attitudine che da quando suonano insieme hanno dato un nuovo senso alle difficoltà che avevano se prese singolarmente. Quando parlo di abitudine intendo quella dell’assidua e quasi compulsiva frequentazione dei mercatini dell’antiquariato, ossia il posto dove trovo quasi ogni pezzetto. Nasce dai miei genitori, appassionati di modernariato, che mi trascinavano a peso morto ogni domenica mattina lungo le stradine ghiaiose dei vari parchi infestati dalle bancarelle. Quando sei una bambina di 8 anni e finisci a trattare il prezzo per un corrimano del ‘700 a forma di artiglio d’aquila hai due alternative: o coltivi la passione e diventi grande prima del tempo, o scappi ai gommosi e resti bambina. Io per fortuna non ho mai amato gli out out e ho sfidato il tempo continuando ancora oggi a farle entrambe. L’attitudine invece riguarda l’ascolto. Sono sempre stata una buona ascoltatrice, ho ascoltato moltissime storie forse anche un po’ per alleggerire la difficoltà della mia. Col tempo e la consapevolezza ho scoperto anche una spiccata empatia, grazie alla quale non immagazzinavo più solo le parole, ma anche l’impercettibile. È una meravigliosa dote per una persona come me, che la vita aveva reso troppo dura. Mi ha insegnato la delicatezza, nella gioia, nel dolore, mio e degli altri.
Custodisci tutto quello che trovi in una specie di forziere e poi fai una selezione al momento del bisogno o ti lanci anche in ricerche personalizzate?
Devo essere sincera, da accumulatrice seriale quale sono ho raccolto un bel bottino di battaglia nel corso del tempo, al quale difficilmente attingo senza trovare soluzioni. Generalmente, però, per le “Creazioni su Storia”, avendo comunque un limite di tempo per la loro produzione e dovendo andare a colpo sicuro non mi fermo ad una ricerca limitata ai mercati, ma immagino un mio progetto e cerco di soddisfarlo tramite quel che ho, o compiendo una ricerca tramite internet e le varie piattaforme che offrono oggetti d’antiquariato.

Forse è solo una mia impressione, ma mi pare che i tuoi gioielli abbiano una spiccatissima componente narrativa. Che cosa vuoi raccontare, quando metti insieme qualcosa?
Hai presente i bambini che hanno il fatidico periodo del perché? Ecco, io da quel periodo non sono mai uscita. Sono una persona che ricerca sempre le motivazioni per cui una cosa esiste e che cosa l’ha portata ad essere quel che è. Questo accade su tutto: dal voler capire il procedimento che rende l’uva vino, alle motivazioni che stanno dietro il colore della pelliccia di uno scoiattolo, alle leggende che per secoli hanno motivato il colore dell’aurora boreale fino al perché certe persone sono quel che sono e, ad essere sincera, ho una grandissima passione per le cose che non sono quel che sembrano. Ad esempio, recentemente, ho trovato qualcosa che spiega perfettamente chi sono io. Le conchiglie hanno il loro colore grazie all’ambiente in cui vivono, il mollusco costruisce pian piano la sua casetta rubando al mare i granelli di sabbia che lo circondano, e va da se che più si sposta nell’arco della sua vita e più diversi saranno i colori della sua casa. Io sono una persona che non si è mai sentita al posto giusto e questo mi ha portato a viaggiare molto, lavorare in molti settori, appassionarmi alle culture e alle personalità più diverse. Ho preso tutti i granelli che ho trovato e li ho fatti diventare la mia corazza colorata, e senza rendermene conto, grazie a tutti quei colori quel mollusco è diventato una perla. Questa è la mia storia e mi piacerebbe avere una collana che parlasse esattamente così ed è quel che cerco di fare attraverso le mie creazioni, raccontare la vita delle persone attraverso le metafore più delicate che conosco.
La collana più bizzarra che ti è capitato di produrre.
Forse questa collana di bizzarro ha ben poco, ma indubbiamente è differente da tutte le altre. Una meravigliosa ragazza toscana qualche mese fa mi ha commissionato un gioiello da indossare nel giorno del suo matrimonio. Ha pensato che fosse più indicato qualcosa che seguisse il filo della sua storia d’amore, piuttosto che il classico girocollo di punti luce.
Un’altra situazione bizzarra mi è capitata quando una ragazza mi ha commissionato una collana che parlasse della sua nonna, mancata qualche tempo prima. Il giorno seguente in un mercatino ho trovato un bracciale con due ciondoli a forma di cuore con incise le loro iniziali, erano talmente aggrovigliate che sembrava che non volessero separarsi, mi ha commosso questo segno e mi è sembrato giusto far in modo che in qualche modo rimanessero insieme nello stesso posto, e il posto giusto era al suo collo.

Se una volenterosa lettrice (o un volenteroso lettore) volessero una collana Fil Rouge qual è il procedimento che dovrebbero seguire?
Le creazioni sono presenti sui social – Facebook e Instagram – e sul sito web.
Nel caso in cui invece qualcuno fosse interessato a una “Creazione su Storia”, basta che mi contatti tramite uno di questi canali e mi racconti di che storia vuole che la collana sia il filo conduttore. Una volta ascoltato il progetto io cerco i “capitoli” giusti per ricomporre la storia e, nell’arco di massimo 15 giorni, propongo la creazione finita. Una persona che mi contatta per avere uno dei miei lavori difficilmente lo fa se non è totalmente consapevole di avere qualcosa di importante da cercare o da dire e quando si ha qualcosa di importante da dire si cercano sempre le parole giuste per farlo. Io, dal canto mio, col tempo e sviluppando una certa sensibilità, ho imparato i vari alfabeti delle persone e ad oggi riesco a capirle anche se parlano di cose che non conosco. Si tratta di una una relazione, brevissima ma pur sempre una relazione: loro si aprono e si confidano con me e io ho il dovere di capirli perché di fronte all’intimo l’ascolto è fondamentale. E non si ascolta solo con le orecchie.
Grazie, cuora. E buon lavoro! 

Gli esseri umani contemporanei hanno smesso di affrontare le stagioni con il rassegnato fatalismo del villico timorato di Dio. Se il susseguirsi di climi e temperature diverse era, un tempo, un fatto incontrovertibile da accettare e mettere in saccoccia, oggi l’arrivo dell’inverno o dell’estate suscita virulente polemiche, alzate di scudi e battaglie più o meno epiche.

Perché mi sfuggi, infido palloncino!

Sarà che il cambio dell’armadio ci crea problemi organizzativi e furori generalizzati, sarà che forse il villico dell’Alto Medioevo – per quanto la sua esistenza fosse difficile e flagellata da pestilenze, carestie, signorotti prepotenti e superstizioni invalidanti – affrontava escursioni termiche meno drastiche e repentine delle nostre, sarà che ormai siamo rissosi e basta, ma poche cose al mondo hanno il potere di farci infervorare come il clima. E no, non parliamo del tempo atmosferico con l’aplomb dei britannici – che dopo secoli di pioggia finissima hanno elevato ad arte la conversazione a tema meteo -, macché. Le compagini che appoggiano l’estate o l’inverno sono assai più bellicose. Il primo giorno d’afa in giugno viene salutato da sentitissime sollevazioni – BRAVI VOI CHE AMATE L’ESTATE SIETE CONTENTI SI CREPA SUDO COME UNA BESTIA FACCIO SCHIFO SUI MEZZI PUZZANO TUTTI COMPLIMENTI EH CHE BELLE ROBE CHE VI PIACCIONO -, così come le prime nebbie autunnali – VENITEMELO A DIRE DI NUOVO QUANT’È BELLO L’INVERNO DAI SU SE AVETE CORAGGIO MA VI PARE LA NEBBIA SIETE DEGLI ASINI. E via così. Fino al successivo cambio di stagione.

Autunno, ho smesso di combatterti. Vago vestita da pescatore islandese. E bene che sto. 

Io, che di natura sono polemica in maniera generalizzata, ho deciso che la strategia migliore è trovare qualcosa di cui lamentarsi ad ogni stagione. Perché credo sia quello che in fondo ci preme davvero. E lo sappiamo tutti. Mica viviamo in un’area pseudotropicale dal caldone costante. Così come non dimoriamo in una distesa ghiacciata invasa da foche leopardo e narvali vendicatori. Lo sappiamo perfettamente che l’estate non durerà per sempre, o che l’inverno dovrà ben arrivare prima o poi. Ci lamentiamo perché ci piace lamentarci. E non dovremmo vergognarcene.

Qua son contenta perché ho interiorizzato la polemica.

L’estate, secondo me, è mirabile dal punto di vista della luminosità e della lunghezza quasi eterna delle giornate. E ci dona anche la possibilità di poltrire all’aperto sorseggiando cose. È pure più facile vestirsi in maniera interessante senza eccessivi sbattimenti. L’abbronzatura ci rende meno spettrali. In estate ci sono le vacanze.
Poi chiaro, per stare in piedi devo bere delle damigiane di Polase, le zanzare riemergono dai loro nascondigli per perseguitarci, fai venti metri e pezzi come un maratoneta, sui mezzi pubblici si soffoca (o si surgela), partono le guerre coi colleghi/i partner/i congiunti per la gestione dell’aria condizionata, vuoi andare in giro e basta e non lavorare mai più, sui Navigli c’è ressa, la miglior stampa persevera nel pubblicare articoli sulla cellulite delle star, truccarsi diventa impossibile e se hai i capelli lunghi passi due mesi col collo umido. Ma pure se te li tiri su.

L’inverno, di contro, spazza via insetti ed eccessive sudorazioni, ci propone soluzioni vestimentarie che ci mettono di fronte a crisi d’autostima di minor portata, c’è il Natale, c’è il fattore poesia della neve, le cose ricominciano a succedere, bere la cioccolata torna ad essere plausibile, raggomitolarsi sotto al piumone è bello, i gatti ti vogliono più bene perché hanno freddo e ti vengono vicino, risotti, polenta, anolini in brodo, pizzoccheri, bombardini sulle piste da sci.
Va bene, è pur vero anche che ci viene il raffreddore, ci si surgelano i piedi e che bisogna andare in giro con la cuffia, i guanti, la sciarpa e il demonio sa cos’altro e che quando arrivi in un posto ci vorrebbe un tavolo aggiuntivo solo per buttarci su tutto quello che hai addosso. C’è un’oscurità sconfortante e cimiteriale, i bambini si ammalano ogni ventisei minuti, se non possiedi tredici cappotti ti sembra di essere sempre vestita uguale, ci si impigrisce vergognosamente, bisogna vivere col burrocacao in mano o ti si crepa la faccia.

Ti ho afferrato, accidenti!

Però, che rivelazioni.
Che indagine!
Che osservazioni sagaci e assolutamente rivoluzionarie.
Ecco, il punto è proprio quello.
Lo sappiamo che funziona così. 
Cercare di prevalere sulla compagine opposta è del tutto inutile. Non ci farà sudare di meno d’estate così come non ci metterà al riparo dai terrori della sinusite d’inverno. Non ci farà risparmiare cerette nei mesi caldi così come non ci restituirà ore di luce a gennaio.
Perché accapigliarci, quando possiamo semplicemente unirci nel sacro hobby della lamentela? Lamentiamoci simmetricamente di tutto quello che ci pare.
Esercitiamo il diritto di detestare – sempre e comunque – gli aspetti più nefasti del clima stagionale, senza accusare il nostro prossimo di scarsa coerenza.
Sventoliamo vestitoni fiorati in allegria e spiaccichiamo zanzare con autentico furore. Godiamoci la tisana alzando al cielo i pugni pieni di fazzoletti smoccolati.
E appena ci saremo abituati a infastidirci collettivamente per quel che merita fastidio, la stagione cambierà di nuovo. E potremo ricominciare da capo.
Non è questione di schierarsi col Team Estate o col Team Inverno. Gli estremi meritano di essere combattuti da un fronte compatto di polemica. Alleniamoci a concordare sulle discordie, mentre ancora possiamo andare in giro col giacchino e basta. Winter is coming. E, per quanto gli alberi di Natale possano rallegrarci, i White Walkers non stanno simpatici a nessuno. Ammettiamolo, maledizione. Che ci costa. Team Polemica, per salvare i Sette Regni!

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Afferrare il nulla.

Le scarpine di questo post fanno parte della collezione autunno-inverno 2018 di Scholl, che mi sorregge sin dai primi caldi con le sue saggissime calzature – del tutto immuni alle polemiche, date le loro caratteristiche di spiccata comodità e suprema comprensione delle difficoltà strutturali di ogni stagione. Gli stivaletti si chiamano Peyton: sono super confortevoli – la mini-zeppa di 4 cm è provvidenziale, almeno per la mia schiena -, sono equipaggiati con la consueta tecnologia Memory Cushion (che li rende pantofolosi e ammortizzati, nonché caldissimi dentro) e i materiali sono ottimi (w il Nabuck).
Per dare un occhio a tutte le scarpe invernali, per trovare un negozio o per comprare cose direttamente online, ecco qua il sito di Scholl.
E buone battaglie stagionali a tutti.

Salto, che saltare fa sempre ottimismo. 

 

Dunque, sono finalmente riuscita a fare un po’ di repulisti nell’armadio. Ho eliminato quello che non mi va più bene da un pezzo – vedi cose troppo larghe o cose che palesemente non si addicono alla mia figura (e che credo di aver quindi comprato in momenti di scarsissima lucidità) – e quello che, più in sintesi, non mi va e basta. Lo dicevo mentre vagavo per Corso Vittorio Emanuele qualche tempo fa: non è che non ho niente da mettermi. È che non ho voglia di mettermi le cose che ho.
Ecco, se una roba sta lì a poltrire per un paio d’anni senza che ti venga l’ispirazione di infilartela, forse bisogna far pace con la sindrome da accumulo e decidersi a sgombrare il campo.
Visto però che non credo nel potere salvifico del minimalismo e dell’armadio vuoto come una cattedrale dopo LA MESSA È FINITA ANDATE IN PACE, vorrei cogliere anche l’occasione per rinnovare un po’ il guardaroba. Niente di drastico. Niente container che parcheggiano davanti a casa. Solo qualche integrazione e due o tre cose che si combinano effettivamente tra loro e che, potenzialmente, potrebbero anche funzionare con qualche altro indumento che già possiedo.
Ed è così che, armata di questi obiettivi vecchi come il mondo – ma comunque sempre validissimi e anche piuttosto affini all’indole umana -, mi sono avventurata alla scoperta della sezione moda di Amazon. Ora, io su Amazon ci compro perlopiù i libri in inglese (perché quello che voglio io non c’è mai in libreria) e tonnellate di aggeggi che servono ad amministrare un bambino piccolo. Dal grembiulino di plastica per dipingere all’asilo alle confezioni di pannolini grandi quanto il Principato di Monaco. Poi sì, capita pure che ci prenda armadi portagioie appendibili – un oggetto di rara e provvidenziale funzionalità. Mi ero abbastanza imposta, però, di non addentrarmi mai nella parte FASHION, perché sapevo che probabilmente non ne sarei mai più uscita. Un po’ come Jennifer Connelly nel labirinto di David Bowie. Amazon, qualche tempo fa, mi ha però chiesto di fare un tentativo. Ed eccoci qua.
Che ho preso, a questo giro? Diverse cose. Con un’ottima percentuale di fibre naturali, pure. E una spiccata predilezione per la private label “principale” di Amazon, Find. Voi lo sapevate che Amazon ha diverse private label che sfornano cose molto carine? Io no. Non so mai niente, NIENTE.
Lacune personali a parte, ecco cos’ho deciso di incamerare – sostenuta da motivazioni assolutamente adamantine, come vedremo.

VUOI NON AVERE UNA CAMICIA A QUADRI MOLTO GRUNGE?

Ecco, ho la fermissima intenzione di mettermela esattamente così. Pantaloni neri, una delle mie magliette pazze a prevalenza di bianco/nero, stivalini o Gazelle e via… a far finta di pogare in una palestra stranamente fumosa.

Dove:Find.
Alternativa meno cara e più a base di rosso.
Alternativa più cara e più sul nero, con vezzoso ricamino.

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VUOI NON AVERE UNA SEMPLICISSIMA MA SVOLAZZANTE GONNA MIDI PER L’INVERNO?

Ho deciso che questa gonna sarà molto utile. Perché è una di quelle robe che diventano più o meno “importanti” a seconda di quello che ci metti sopra o sotto. E in vita ha l’elastico – suprema comodità.

Dove: Find.
Alternativa più sciantosa (e dotata di leopardatura su base scura come la tenebra).

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VUOI NON AVERE UNA SORTA DI CAMICINA STELLATA CHE UN PO’ T’AIUTA A DIMOSTRARE LE TUE TEORIE SULLA GONNA DI PRIMA E UN PO’ TI FA SEMPLICEMENTE CONTENTA?

Fiocchi! Galassie! Nebulose globulari! Vezzose maniche a sbuffo!

Dove: Find.
Alternativa in versione vestito-a-portafoglio-che-tende-a-star-bene-a-tutte.
Alternativa col medesimo taglio ma tempestata di volatili orientaleggianti. 

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VUOI NON AVERE UNA TRACOLLA COMODA DI DIMENSIONI SENSATE?

Con l’arrivo di Cesare sono stata costretta a ridimensionare molto le mie aspettative in fatto di accessori. Ho dato via quasi tutte le clutch e diverse borse a spalla troppo grosse. Ho tenuto le borsine piccole “da sera”, perché ogni tanto esco ancora, la roba vintage di MADRE e di mia zia e mi sto ricalibrando sui secchielli coi manici lunghi e sulle tracolle basic. Perché sì. Se vado in giro con l’infante non posso permettermi di avere la mani occupate o della roba sotto l’ascella che mi limita nei movimenti. Ed è pure ora di non vagare più per la città come uno sherpa tibetano, trascinandomi dietro cinque chili di roba tutte le volte. Ben vengano, quindi, le tracolle semplici e razionali. Cara borsa nuova, diventerai la mia borsa standard, quella che va lasciata vicino alla porta con già dentro l’essenziale per sopravvivere nel mondo esterno. Questa, poi, ha una fodera pazza che sono certa mi consolerà dalla fobia per l’indubbia semplicità della struttura.

Dove: Christian Lacroix.
Alternativa più cara e tondeggiante.

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VUOI NON AVERE UN FELPOTTO ARABESCATO PER MIMETIZZARTI CON LA CARTA DA PARATI?

Per quanto ami le stampe, non ho ancora un parco maglioni degno delle mie aspirazioni. I miei maglioni invernali sono quasi tutti neri e quasi tutti a tinta unita. Ho ancora qualche assurdità tempestata di gattini, ma non mi sembrano sufficienti a contrastare la preponderanza della roba “normale”. Insomma, questo aggeggio che somiglia a un divano fru fru mi sembrava una buona soluzione. E poi è cortino… dunque posso cacciarlo pure sopra alla famosa gonna di prima, nuovo perno del mio universo.

Dove: Only.
Alternativa a collo alto con gioiosi intrecci da maestro di sci.

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VUOI NON AVERE DEGLI ORECCHINI POMPOSI DA ABBINARE AL FELPOTTO E ALLA CARTA DA PARATI?

Metti mai che m’invitano a corte.

Dove: Johnny Loves.

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Avrei voluto anche dell’altro? Ma certo. Per il momento, però, cerchiamo di cominciare con un minimo di razionalità. Se volete comunque godervi le mie aspirazioni animalier e altri portentosi svolazzi, qui c’è la wishlist degli Indumentini, che alimenterò con religiosa dedizione.
Sostienici, moda autunnale!

L’estate è finita, è arrivato il momento di lamentarci perché non abbiamo niente da mettere. O perché abbiamo meno tempo per leggere e fare i pisolini. O perché abbiamo posticipato troppa roba all’autunno e adesso stiamo crepando male. La panacea universale a ogni genere di difficoltà, però, è coltivare sani desideri. Io, in tutta sincerità, sto già pensando al Natale. Perché in fondo sono un’ottimista.
Ecco qua un po’ di cose che ho apprezzato – e che magari vorrei pure comprarmi o fare in modo che mio marito me le regali – nell’ultimo periodo.

Come di consueto, può capitare che ci siano aggeggi che ho scoperto, amato e scelto grazie alla solerte sollecitazione di un ufficio stampa o di un brand con cui sto lavorando volentieri. Li trovate segnalati con un agile *.

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Buone nuove all’orizzonte (soprattutto per i miei piedi): Scholl* continuerà a volermi bene e a farmi passeggiare con le sue multiformi calzature anche quest’autunno. Per un agile riassunto delle puntate precedenti, ecco qua i primi due post che sono usciti: UNO e DUE. Accantonando i sandali estivi in vista del ritorno di temperature adeguate e più clementi, sto scegliendo le scarpe da collaudare nei prossimi mesi. C’è di tutto – stivali e stivaletti compresi -, ma penso che partirò dalle sneakers, un po’ perché tra le mie necessità c’è quella di rincorrere un bambino velocissimo, e un po’ per soddisfare una curiosità quasi scientifica: le scarpe da ginnastica sono già, praticamente per definizione, le scarpe più comode che ci sono. A quali assurdi livelli di comodità può arrivare una scarpa da ginnastica Scholl? Ecco, spero lo scopriremo. Sono assai tentata dalle Charlize. Ci saranno in grigio e in nero (con gli sberluccichi metallici) e, indipendentemente dal colore, saranno dotate della consueta e saggissima tecnologia Memory Cushion – la soletta, in pratica, è studiata per redistribuire bene il peso e ammortizzare in modo ottimale la pianta del piede. In attesa di passeggiare in loro compagnia, ecco qua i primi modelli disponibili della collezione autunno-inverno.

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Chronicle Books sforna, in generale, libri pazzeschi – senza mai trascurare il feticismo innato che lega una vasta porzione della popolazione dei lettori ai libri in quanto “oggetti fisici”, oltre che vascelli per ogni possibile meraviglia. Ebbene, è da poco uscito un tomo illustrato di Jane Mount che celebra questa nostre fissazioni per tutto quello che è libresco. Si va dai gatti che hanno deciso di vivere nelle librerie ai negozi più belli del mondo, in un susseguirsi di colori, scaffali meravigliosi e libri ritratti al massimo delle loro potenzialità – in pila, insomma. Per farti capire che li devi ancora leggere.
Date un occhio a Bibliophile qui – c’è qualche immagine degli interni – o mettetelo nel carrello qui.

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Il mio entusiasmo per i grandi rettili preistorici è ormai di dominio pubblico. Tra una maglietta di Jurassic Park e l’altra, però, non ho di sicuro dimenticato l’altra mia surreale passione: LE STAMPE PAZZE. Ebbene, sono felice di comunicarvi che sarà un autunno gloriosissimo per chi ha intenzione di andare in giro con addosso dei dinosauri.
Le stampe in concorso sono due (più svariati accessori).
Tanto per cominciare, ci sono le camicette e i vestiti FAVOLA (sia midi che lunghi) di Ottod’ame.

Ma sul treno dei dinosauri – che è pure un cartone animato per bambini, lo trovate su Netflix – c’è anche Lazzari. Ogni anno, all’interno della collezione “principale”, c’è anche una capsule affidata a un’illustratrice. E a questo giro l’incombenza è toccata a Carolyn Suzuki, che ha deciso di deliziarci con questa fantasia che, personalmente, mi fa venire voglia di stramaledire il meteorite per averci privati di animali così mirabili.

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Non va bene per il mio iPhone, ma sono comunque felice di segnalarvi una cover di Tiger a forma di pavone.

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Nemmeno quest’estate sono riuscita a procurarmi una borsa di paglia. Ma la fissa per gli intrecci non mi è sicuramente passata. Mentre inizio a domandarmi se mai me ne libererò, ho deciso di appassionarmi agli accessori di Studio Sarta, un brand nato nel 2017 a Palermo. La “struttura” delle borse ricorda le sedie di paglia di una volta, ma in versione super minimal. I secchielli sono i miei preferiti. Ci sono diverse combinazioni di colori e sono tutti fatti in Italia con rattan, velluto (per il sacchettino-fodera) e pelle (per fibbie, manico e tutto il resto). Lui si chiama Pablo.

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Primark Beauty ha sfornato una linea di spazzole per capelli con le cattive Disney.
Ciao.
Addio.
Sogno di una vita.
Pettinami, Ursula. PETTINAMI.

Altroché arricciaspiccia!

Orbene, anche questa volta abbiamo finito.
Al prossimo tornado di desideri!