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Le Barbie che dimorano a Barbieland sono convinte che nel Mondo Reale vada tutto a gonfie vele. E perché non dovrebbero? Rispondono a un intento di progettazione che le vuole amiche delle bambine, fonte di ispirazione per dimostrare loro che sì, possono essere tutto quello che desiderano. Sono bone e piene di talenti, non sono afflitte dallo scorrere del tempo e i loro tanti “mestieri” sono una dotazione genetica che – come la bellezza – richiede solo di esprimersi, giorno perfetto dopo giorno perfetto. Cordiali, sorridenti, allegre, canterine e capaci di campare sui tacchi – perché già di loro appoggiano il peso solo sulle punte – le Barbie vivono spensierate in un sogno collettivo realizzato e vincono Nobel a ripetizione, circondate da Ken che non hanno altro scopo se non quello di bearsi della loro vicinanza. Ma se si aprisse una crepa? E se quella crepa portasse la tragica domanda “ma che deve fare una donna oggi per cavarsela con dignità?”. Tutto, come Barbie. Ma nel Mondo Reale.

Gerwig affida a Margot Robbie la Barbie più neutra possibile. Anzi, la Barbie Stereotipo, quella non pensata per diventare pilota, fisica, presidente o chirurga, ma solo per incarnare lo standard della perfezione. Lei è lo stampo per tutte le altre, le contiene idealmente ma non ha altro da dare se non sé stessa – Barbie non ha bisogno di chiedersi se è “abbastanza [qualcosa]”, perché lei è tutto… e forse niente. Per proiettare un sogno ci vuole una tela bianca, ma Mattel – che nel film è un’entità corporate estremamente presente e anche disposta a stare al gioco e a farsi qua e là vituperare – ci sta vendendo una promessa realizzabile o sta contribuendo a farci sentire “peggio”?

America Ferrera, che abita nel Mondo Vero e fa la segretaria (?) del megaboss Mattel – Will Ferrell prosegue nella sua lunga carriera da Lord Business e qua è splendido, non tanto per “come fa” il megaboss ma per quello che Gerwig gli fa dire, trasformandolo nella macchietta di ogni CDA-staccionata che si crede avantissimo perché in azienda ci sono i bagni genderless ⚰️ – è un’ottima ambasciatrice delle nostre fin troppo tangibili menate. Lei, che per anni è stata Ugly Betty, conquista il titolo di Barbie Naomi Wolf ad honorem, restando umanissima e dicendo fuori dai denti quel che c’è da dire. Gerwig usa questa contaminazione fra donne e bambole per mettere in fila i concetti base del femminismo e, per quanto a mio gusto sia tutto un po’ TANTO didascalico, il risultato è salutare e anche molto divertente da vedere, proprio perché è satirico e “calcato”.

E Ken? Epico. Fin troppo, forse. Si ride praticamente sempre a sue spese, ma se Ken non scoprisse che nel Mondo Vero “comandano gli uomini” avremmo molto meno di cui discutere – e quasi niente da vedere, anche. Ryan Gosling non è contento, DI PIÙ. E per quanto il suo Ken resti drammaticamente un Ken – cosa che non accade a Margot Robbie, che ha la possibilità di far scorrere sulla plastica qualche lacrima sentita – pure lui è prigioniero. La cosa che forse mi ha fatto un po’ arrabbiare, nella parabola di Ken e dei Ken è che, in fin dei conti, sono ancora una volta le donne a doversi occupare di educarli. Ma probabilmente un altro dei grandi inghippi sta lì: a chi conviene cambiare le cose quando si ha il coltello dalla parte del manico?

Insomma, nel complesso ho amato. Ed è davvero interessante interrogarsi sui margini di manovra di “critica” che Gerwig tenta di esercitare. Mattel produce il film – oltre a fornire la materia prima per la storia – e, anche se presta il fianco a stoccate ben assestate, vien comunque da domandarsi quanto ci sia di strumentale in questo “vi sentiamo, donne! Sappiamo che negli anni abbiamo fatto i soldi vendendovi modelli figli del loro tempo! Ma ora eccoci qua!”. Sono dell’idea che retroattivamente ci sia poco da fare, se non acquistare consapevolezza di quel che è cambiato e del molto che ancora si può migliorare. E Gerwig ha sfornato quel che mi aspettavo, devo dire.

Note!
Colonna sonora nutritissima. Menzione d’onore a Dua Lipa che appare anche in veste di splendida Barbie Sirena – il suo Ken-tritone è JOHN CENA, in lizza per il cameo del secolo.
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Serve dire che i costumi e tutto il baraccone di Barbieland sono perfetti? Non serve.
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La promozione di questo film è stata lunga e MOLTO articolata. Ecco, fate conto che la prima metà del film l’avete già vista nei 2000 trailer, meme e frattagline pro-hype di questi mesi. Bastava meno, secondo me.
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BARBIE STRAMBA TVB.

Ever After High Wallpaper

In un annetto che traduco storie per ragazzi (più o meno cresciuti), sono capitate delle cose belle. Mi sono presa cura di un disgraziatissimo Oscuro Signore (precipitato sulla Terra e imprigionato da una maledizione nel gracile corpo di un bambinetto delle medie) e ho distrutto Cartagine insieme a dei boriosissimi legionari romani. Una fatica improba, distruggere Cartagine. Prossimamente sarò la compagna di banco di tre mostricciattole curiose, una teenager canadese con un sacco di problemi (e madre separata che sceglie solo fidanzati psicopatici) e un maiale della fattoria. Dovreste vedermi, col maiale. Ogni tanto mi alzo in piedi e declamo: “Io mi chiamo Maiale. Maiale sono io”. Amore del Cuore non sa più dove guardare, ma finché non comincio a grufolare credo che mi tollererà. La settimana scorsa, invece, è uscito il terzo libro che ho fatto. L’ha scritto Shannon Hale e si chiama Ever After High. Il libro dei destini. Ha le pagine tutte rosa e mi sono divertita come un saccottino all’albicocca. È adorabile, e ci sono dentro le figlie e i figli dei personaggi delle favole. C’è Raven Queen, che è la figlia della Regina Cattiva di Biancaneve. E pure Biancaneve ha una figlia, si chiama Apple White e – con grande orrore di tutti – è bionda. Poi c’è l’aitante erede del Cacciatore, un’intera nidiata di Principi Azzurri, e Madeline Hatter – perché anche il Cappellaio Matto si è riprodotto, in qualche modo. Vanno tutti a scuola insieme e, alla fine dell’anno, c’è questa promessa solenne, molto complicata e sentita. Dovranno giurare sul Libro dei Destini di essere pronti a fare la loro parte, rivivendo la storia dei loro genitori. Perché, a quanto dice il preside Grimm, quello è l’unico modo per non far morire le favole. Raven, però, non è che sia proprio presa benissimo. Lei non si sente cattiva-cattiva, e vorrebbe poter decidere da sola come vivere la sua fiabesca esistenza. Insomma, succede un gran casino, svengono principesse, tutti hanno un animalino magico da compagnia e ci sono parecchi misteri. C’è ironia. C’è avventura. Ci sono investigazioni e prodigi. E niente, è un piccolo spasso… e volevo dirlo anche qui perché ci ho lavorato volentieri, anche se dovevo star dietro a un glossario sterminato – la Mattel, che ha prodotto i cartoni e anche delle bambole FANTASTICHE, è molto severa… le cose bisogna chiamarle alla stessa maniera, da tutte le parti – e alla fine si sono dimenticati di scrivere nel frontespizio che l’avevo tradotto io. Comunque. Stamattina MADRE è andata a prenderlo alla Feltrinelli e, visto che ce l’avevano ancora in cantina nelle scatole, si è arrabbiata tantissimo. Grazie al suo provvidenziale e scomposto intervento, però, adesso è esposto anche in vetrina… che qualcuno le dia un drago.
Ecco, allora, in attesa che mi risarciscano con la collezione completa delle bambole (e che decidano di lanciare una linea di coroncine), vi metto qua la copertina, perché sono molto fiera e spero che lo leggano in tanti, piccoli e grandi.

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